Mifid sbriciolata dalla “finanza delle catastrofi”. Le scelte di investimento tornino in mano agli uomini
I modelli matematici attualmente usati dagli intermediari, costruiti sulla possibilità che le mutazioni dei mercati siano generate da fattori interni al sistema economico, non hanno valutato adeguatamente i loro stessi limiti, ossia staticità ed efficienza del mercato di fronte ad un fattore esterno come il Coronavirus.
Di Maurizio Nicosia*
Ogni volta che un c.d. cigno nero – di qualsiasi natura fosse – ha aleggiato sui mercati, ed i risparmiatori hanno subito notevoli riduzioni del valore dei loro investimenti, si è implicitamente addossata la colpa soprattutto agli intermediari, rei di non avere rispettato l’indole del cliente e la sua reale propensione al rischio.
C’è da dire che i vecchi modelli scaricavano tutta la responsabilità delle scelte esclusivamente agli investitori, assolvendo del tutto l’operato di chi in realtà consigliava, così come oggi continua a fare (e farà sempre). Ma poi è arrivata la MIFiD, che nella versione primordiale – ed ancora di più in quella attuale – rimetteva le cose a posto: intermediari e consulenti potevano consigliare gli strumenti idonei e/o adeguati al cliente solo dopo aver effettuato un analisi soggettiva ed oggettiva del grado di rischio che egli è in grado di tollerare.
Gli intermediari, quindi, hanno creato modelli di controllo del rischio molto specifici, individuando delle regole fisse e rigide che li sovrintendono, applicando uno schema matematico a ciò che in realtà è mera statistica, in ciò preparando il terreno a quello che è avvenuto allorquando un elemento esogeno ai mercati ed alla politica economica ha invaso il campo dei players tradizionali. Infatti, quello che si sta verificando adesso nel sistema finanziario è sotto gli occhi di tutti, e dimostra che i modelli di controllo del rischio non solo non hanno evitato ai portafogli riduzioni di valore ben superiori a quelle tollerate dal cliente e dichiarate durante la “MIFiD-intervista”, ma hanno anche impedito la possibilità di apportare le correzioni idonee a riallineare i portafogli alle mutate condizioni di mercato.
Dalla moderna teoria della composizione di un portafoglio abbiamo imparato a distribuire il rischio e costruire i portafogli modello che, in un dato arco temporale, ci permettano di raggiungere gli obiettivi concordati con gli investitori; ma i modelli attualmente usati dagli intermediari, costruiti sulla possibilità che le mutazioni dei mercati siano generate da fattori endogeni al sistema economico, non hanno valutato adeguatamente (o del tutto) i loro stessi limiti, ossia staticità ed efficienza del mercato sottostante di fronte ad un elemento esogeno al sistema. Pertanto, adesso ci si ritrova in una situazione “schizofrenica” (il sistema di controllo del rischio mi spinge ad intervenire per riallineare il portafoglio ma, allo stesso tempo, il contesto e lo stesso sistema me lo impediscono), e se oggi decidessimo di seguire i modelli tradizionali saremmo costretti ad operare sulla base delle seguenti conclusioni:
1) “caro cliente, devi aspettare” – aspettare che il mercato ritorni a livelli di normale volatilità, dipendente dalle economie di pace (e non di guerra, come quella scatenata dal Coronavirus), ed oggi siamo chiusi per ferie, causa forza maggiore;
2) “caro cliente, dobbiamo disinvestire le azioni” – siccome il portafoglio, in relazione alle mutate condizioni di mercato e di valore, risulta essere più rischioso di quello costruito a suo tempo in funzione dei modelli classici, bisognerebbe disinvestire almeno il 50% degli asset azionari, così il rischio del portafoglio, calcolato dai valenti “scienziati del rischio”, rientrerebbe nell’alveo della normalità;
3) “caro cliente, il tuo portafoglio modello prevede maggiore componente azionaria? Bene, scordati dei tuoi obiettivi: oggi ti devi salvare, oppure buttarti giù dalla nave!”.
I consulenti finanziari, addetti ai lavori, che stanno leggendo queste righe sanno bene di cosa stiamo parlando, perchè molti di loro stanno vivendo sulla propria pelle quanto descritto sopra. Pertanto, ci si chiede se non sia meglio, alla luce dei fatti, responsabilizzare maggiormente l’azione umana, soprattutto in circostanze straordinarie, come quella che stiamo vivendo, che richiede una sensibilità sconosciuta a qualunque sistema non umano, per quanto molto affidabile.
E’ evidente, infatti, che la concezione matematica dei controlli del rischio di marca MIFiD si sia letteralmente sbriciolata alla prova della “finanza delle catastrofi”, e che oggi si stia galleggiando alla disperata ricerca di soluzioni che non arriveranno se non dall’uomo.
* Area Manager di primaria rete nazionale di consulenza