Dicembre 12, 2024

Poliziotto buono e poliziotto cattivo, Italia sotto torchio da 1.416 ore. BTP e borsa in pericolo?

Come nel più classico dei polizieschi, l’Italia ed il suo sistema finanziario sembrano essere in stato di fermo dalla notte del 7 Marzo scorso. In questa immaginaria saletta degli interrogatori, le istituzioni della UE si alternano, ora con aggressività ora con gentilezza, per strappare al nostro Paese la confessione di un “reato” non ancora commesso.

di Massimo J. Bonaventura

Nella notte tra il 7 e l’8 marzo, con un nuovo decreto, Conte limitava le possibilità di movimento nelle zone più colpite dal contagio, in entrata e in uscita e all’interno dei territori. La sera del 9 marzo, con un nuovo decreto, tutta l’Italia diventava zona rossa, mentre il successivo 11 Marzo l’OMS dichiarava che l’epidemia di Covid19 fosse ufficialmente una pandemia, con oltre 165 paesi nel mondo coinvolti nel contagio. Da quella notte di venerdì 7 Marzo, però, l’Italia veniva posta in una sorta di “fermo di polizia comunitario” che, in tutta evidenza, continua ancora oggi, con un balletto di attori che si alternano per tenere sotto torchio il nostro Paese da ben 1.416 ore.

Come nel più classico dei film polizieschi, ci sono tutti i personaggi: l’imputato (Conte), i poliziotti cattivi (Merkel, Lagarde e soprattutto il rude olandese Rutte, dal cognome che evoca buona digestione) ed i poliziotti buoni (il presidente della Repubblica tedesca Frank-Walter Steinmeier, Ursula Von Der Leyen e Mario Draghi). Ci sono anche quegli attori (Commerz Bank) che, in una immaginaria storia di complotti internazionali, interpretano la parte degli sgherri senza scrupoli, pronti ad eseguire ordini da chi li foraggia – non importa se i buoni o i cattivi – pur di rendere l’imputato ricattabile. Tutti costoro si danno il cambio più o meno settimanalmente, ora con aggressività ora con gentilezza, per strappare all’imputato la confessione di un “reato” non ancora commesso, ossia la sua uscita dall’UE, sfruttando la presunzione di colpevolezza di una Italia considerata inaffidabile per via dell’ampiezza del suo debito, e mascherando il desiderio di tenersela, invece, così com’è, fragile e accomodante, invece di avere un avversario economico temibile com’era un tempo, prima del suo ingresso nell’UE.

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Passando dal piano della fantasia – e nemmeno tanto – a quello di realtà, l’intervento dal perfetto tempismo della Corte Costituzionale tedesca fa seguito al downgrade sull’Italia deciso da Fitch e precede solo di qualche giorno (8 Marzo) il giudizio sul rating del debito italiano delle due agenzie Moody’s e DBRS, preannunciando un mese di Maggio 2020 ad alta tensione per la borsa italiana ed i BTP. Infatti, dopo il rinvio del 24 marzo, la Corte federale  si è finalmente pronunciata sulla legittimità degli acquisti di titoli di BCE nell’ambito del Quantitative Easing, creando scompiglio laddove, invece, c’era bisogno di adottare maggiore sensibilità giuridica; ergo, maggiore livello di compromesso, necessario date le circostanze. Così, la Corte ha accolto solo in parte il ricorso sulla legalità del Quantitative Easing della BCE, sottolineando che alcuni suoi aspetti violerebbero la legge tedesca e concedendo al governo della Merkel tre mesi di tempo per fare chiarezza sul programma. Pertanto, adesso Christine Lagarde deve dimostrare a Berlino che la BCE ha fatto il suo lavoro come si deve, e questo la dice lunga su chi comanda in Europa.

Onestamente, quella di una Corte costituzionale tedesca indipendente dai chiari desideri di supremazia politica ed economica della Germania, portati avanti dai conservatori che tengono in piedi la Merkel, non se la beve nessuno, tanto più che la scelta della Corte di aumentare il periodo di “riflessione” di tutta l’Unione Europea sui futuri strumenti da adottare non sembra accadere per caso, ed è certamente collegabile all’avversione della Germania verso gli eurobond. Pertanto, ci vuole poco a scommettere su una Merkel che userà la decisione della Corte federale per apparire “con le mani legate” ed opporsi alla emissione di un debito comune (e questo la dice lunga sulle istituzioni tedesche “indipendenti” che non farebbero politica…).

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Inoltre, la Corte interviene in un momento gravissimo per l’Europa, e nonostante ciò lancia un messaggio inaccettabile, secondo il quale il diritto deve essere rispettato anche il mondo andasse a rotoli, senza alcun cambio dell’ordine delle cose e a qualunque costo (degli altri). Una posizione, a ben vedere, molto cara alle banche tedesche: come non collegare l’uscita di Commerz Bank dell’1 Aprile, in occasione della quale la seconda banca tedesca dava per scontato il declassamento del debito italiano a livello “junk” (spazzatura), con la decisione odierna della Corte? 

Per chi vuol vedere il bicchiere mezzo pieno, potremmo dire che la Corte avrebbe promosso parzialmente il piano di QE già lanciato da tempo dall’Eurotower, dichiarando di “….non avere riscontrato una violazione del divieto di finanziamento monetario dei bilanci degli Stati membri“; però, allo stesso tempo, i giudici costituzionali hanno aggiunto che governo federale e Bundestag tedesco avrebbero violato i diritti dei ricorrenti (gli imprenditori tedeschi Heinrich Weiss, Patrick Adenauer e Juergen Heraeus, molto vicini ai conservatori) per non aver intrapreso iniziative contro la BCE allo scopo di verificare se le misure inerenti al QE avrebbero travalicato il principio di proporzionalità.

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C’è da dire che una bocciatura da parte della Corte tedesca, pur escludendo la partecipazione della Bundesbank dagli acquisti dei titoli (cioè, del maggiore acquirente), non avrebbe bloccato il QE della BCE, ma avrebbe comunque dato un segnale politico di crisi irreversibile dell’Unione Europea che, alla luce dei fatti, necessita ancor di più di una revisione dei suoi trattati, di cui la decisione della Corte federale tedesca ha rivelato tutta la fragilità.

Inoltre, a causa di tutto ciò, il prossimo 8 Maggio si potrebbe aprire un capitolo dolorosissimo per la borsa italiana e, soprattutto, per i BTP. Infatti, un ulteriore downgrade segnerebbe l’ingresso dei titoli di stato italiani nell’inferno dei junk bond (titoli spazzatura), e la decisione della Corte tedesca pone già il veto alla Merkel di permettere il loro acquisto nel programma di QE e costringerebbe la Lagarde – che ogni tanto veste i panni del poliziotto buono – a fare i salti mortali per fare accettare la continuità dello stesso programma.

In ogni caso, è chiaro che all’Italia verrà chiesto di fare un passo indietro sugli eurobond.

E speriamo soltanto su questi.  

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