Novembre 3, 2024

Patrimonio Enasarco, la maggioranza non molla la presa. Chi è in buona fede non teme le elezioni

Per chi governa, le elezioni non dovrebbero fare paura, bensì incoraggiare la partecipazione, ed essere un traguardo prima del quale poter confermare la bontà del proprio operato e mettere a tacere critiche e rilievi. Pertanto, cosa ha da temere l’attuale maggioranza del Consiglio di Amministrazione di Enasarco?

Editoriale di Alessio Cardinale*

A poche settimane (o mesi, non è dato saperlo) dalle elezioni in casa Enasarco, non sorprendono i toni della contese tra le opposte fazioni. In particolare, chi ha contribuito a governare la Cassa fino ad oggi parla, già da tempo, di un “tentativo di scalata” – lo ha fatto, tra gli altri, Antonello Marzolla, componente, del Consiglio di Amministrazione, in rappresentanza dell’USARCI, da più di 14 anni – messo in atto da “…..gruppi finanziari e politici attratti dalla possibilità di gestire a loro piacimento un patrimonio di circa otto miliardi di euro e non sicuramente da quello di assicurare le pensioni degli Agenti di commercio”. In pratica, secondo questo principio, voler partecipare alla tornata elettorale, come previsto dalle regole di governo di Enasarco, viene visto (da chi probabilmente le teme) come un atto di “belligeranza”, e non come l’effetto della necessaria democrazia cui anche Enasarco, da qualche anno soltanto, deve sottostare.

Evidentemente, qualcuno non si è ancora abituato al pensiero di poter perdere il controllo della Cassa. Infatti, a giudicare dalle reazioni un po’ scomposte di alcuni “ufficiali di brigata” – e dei loro fedelissimi caporali, mandati in avanscoperta sui social dai loro leader – si ricava la sensazione esatta e contraria, e cioè che chi abbia governato fino ad oggi non intende “mollare l’osso”, e vorrebbe rimanere saldamente attaccato alla poltrona continuando a gestire quel patrimonio come se nulla fosse successo nel frattempo.

Naturalmente, il forte interesse strategico di organizzazioni come ANASF a poter gestire, oltre gli immobili, i circa 4,5 miliardi di patrimonio mobiliare non è certamente infondato, e nessuno – quindi, neanche ANASF – ha la “patente” di bravo gestore, ma coloro che oggi siedono in maggioranza nel CdA di Enasarco dovrebbero comunque tenere presente che il giudizio sul loro operato, prima e dopo il confronto elettorale, è un fatto ineluttabile, come le stesse elezioni. A meno che, pur di non farle, essi non preferiscano arroccarsi definitivamente – magari sperando in un ritorno autunnale del virus – e attendere i lunghi tempi previsti affinchè una certa politica accomodante si produca in un salvifico commissariamento.

Relativamente alla passata gestione, c’è da dire che i rilievi delle Istituzioni ai gestori del patrimonio Enasarco non sono mai mancati, anche durante la precedente presidenza di Brunetto Boco. Già nel Gennaio del 2015, la Commissione bicamerale di controllo sugli enti gestori di forme di previdenza privatizzate (presieduta dall’on. di Gioia), alla luce delle risultanze di una indagine conoscitiva sulla Fondazione, aveva segnalato ai ministeri vigilanti l’opportunità di procedere al commissariamento dell’Ente. La Commissione era arrivata a tale conclusione dopo aver svolto indagini proprio sulla gestione finanziaria e immobiliare dell’Ente, probabilmente ritenendo poco soddisfacenti le audizioni dei vertici della Cassa avvenute nei mesi precedenti. In più, sulla gestione dell’Ente erano state presentate decine di interrogazioni parlamentari di qualunque colore politico, una serie di esposti del M5S alla Banca d’Italia, alla Consob, alla Covip, alla Corte dei Conti, e la richiesta di istituire una commissione parlamentare di inchiesta (On. Ricchiuti, PD). Anche un servizio televisivo di Report (su RaiTre), contribuiva non poco a gettare ombre sulla gestione del patrimonio.

Il 2019 di Enasarco, peraltro, si qualificava come annus horribilis per i suoi ruoli apicali, costretti com’erano a fronteggiare anche due vicende piuttosto imbarazzanti. La prima è quella relativa ai fondi immobiliari Megas e Michelangelo Due, controllati in maggioranza dalla Cassa e gestiti in precedenza da Sorgente SGR, a seguito della quale l’Ente dava mandato per un esposto alla Procura della Repubblica del Tribunale di Roma contro il presidente di Sorgente Valter Mainetti, e l’ex presidente di Enasarco, Brunetto Boco, querelava per diffamazione lo stesso Mainetti (che veniva rinviato a giudizio). La seconda riguarda Il palazzo londinese di Sloane Avenue, venduto al Vaticano dal finanziere Raffaele Mincione ad un prezzo triplo rispetto a quello d’acquisto,  finito al centro di un’inchiesta della Procura di Roma che ha indagato lo stesso Mincione, insieme ad alcuni funzionari di Enasarco, per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla truffa. Gli accertamenti svolti dai carabinieri del ROS, infatti, avevano ipotizzato che per comprare il lussuoso palazzo londinese fossero stati utilizzati i soldi che l’Ente aveva destinato ad altre finalità.

Verso la fine del 2019, all’avvicinarsi del momento delle elezioni (poi rinviate sine die), le polemiche montavano come un’onda di tsunami che si avvicina alla costa, alimentate dal disappunto dei consiglieri di opposizione che lamentavano come tutti i loro appelli a discutere le modifiche statutarie relative all’ampliamento dell’elettorato passivo, alla trasparenza gestionale ed al maggior ruolo dell’Assemblea dei Delegati – tutte misure tese a favorire maggiore partecipazione alle decisioni della Cassa – fossero caduti nel vuoto, e la Commissione che si occupava di studiare le modifiche allo Statuto ed ai regolamenti fosse stata chiusa insieme a tutte le altre commissioni consiliari proprio con il voto del presidente e della forte maggioranza (10 contro cinque) che lo sostiene.

Lo scorso mese di Marzo, in piena pandemia, avviene l’epilogo: la governance della Cassa, con una delibera dei consiglieri di maggioranza del CdA uscente, adottata in occasione di un consiglio straordinario convocato ad hoc, approva (con il voto contrario di tutti e cinque i consiglieri di minoranza) il rinvio sine die delle elezioni già previste per la seconda metà di aprile, motivando che la crisi epidemica in corso rendeva impossibile svolgere riunioni elettorali e dibattiti tra liste di candidati ed elettori. Una decisione “schizofrenica”, per così dire, se consideriamo che quattro anni prima la Cassa aveva finalmente deciso di darsi una governance democratica, dopo decenni di gestione pressoché ininterrotta della Confcommercio, prevedendo l’adozione del voto elettronico, e favorendo così le prime elezioni democratiche della Fondazione svolte con modalità digitali, senza richiamare la necessità di comizi o assemblee preventive (e senza neanche il Covid19 a fare da alibi). 

Sull’argomento è recentemente intervenuto anche Manlio Marucci, Segretario di Federpromm-Uiltucs, secondo il quale “La mia posizione è che le elezioni sono una fase irrinunciabile della vita dell’Enasarco, e non si possono rinviare ancora senza causare ulteriori disagi e malintesi. In ogni caso, in occasione della riunione del prossimo 30 Giugno è mia intenzione presentare una mozione d’ordine proprio sulle elezioni, affinchè si tengano il più presto possibile”.

L’atteggiamento dilatorio dimostrato in occasione delle elezioni, poi, è stato confermato dalla dirigenza dell’Ente in occasione della discussione sull’anticipo del FIRR, misura reclamata a gran voce dalle migliaia di agenti in estrema difficoltà finanziaria a causa della pandemia. Su questa vicenda, Patrimoni&Finanza è già intervenuta con un articolo premonitore – a Marzo, quando nessuno ancora si sognava di parlarne – e con un approfondimento successivo, che ha suscitato le ire scomposte di qualcuno sui social network.

Ci sono andati giù pesante i consiglieri in quota FIARC, Confesercenti, ANASF e Federagenti, che hanno attaccato duramente “un consiglio sottoposto alla sconsiderata volontà di una maggioranza di 10 consiglieri su 15, che a colpi di delibere si è incatenata alla propria poltrona, rinviando a data da destinarsi le elezioni…un consiglio che ha insozzato la richiesta dell’anticipo del FIRR riducendola a una mera mancetta elettorale (il 10%, anziché il 30%, n.d.r.)….. Enasarco non ha soldi per gli iscritti (nemmeno quando si parla di soldi “degli” iscritti) perché anche in questi quattro anni all’amministrazione è mancato un piano serio, strutturato e trasparente”.

Del resto, la decisione di rinviare la tornata elettorale a data da destinarsi deve essere stata davvero difficile da prendere, tanto da paralizzare persino chi, nella Fondazione, cura l’aggiornamento della relativa pagina web, ancora bloccata alle date del 17-30 Aprile 2020, senza alcun doveroso riferimento ufficiale del rinvio.

LEGGI ANCHE: Enasarco si pronuncia sull’anticipo del FIRR, ma delibera una sola tranche su tre. Un inutile contentino

Pertanto, appare chiaro che l’attuale governance della Fondazione – e con essa, tutte le sigle che la sostengono in modalità “lungo sonno” da molti anni – abbia molto da spiegare, ai propri elettori, per rimanere in sella e non apparire come esclusivamente “incollata” alla poltrona. Non è mai utile, infatti, mostrare insensibilità alle richieste di cambiamento in termini di governance più condivisa, di maggiore controllo da parte dell’assemblea dei delegati, di efficiente organizzazione della struttura e di soddisfacente risultato delle politiche degli investimenti, i quali devono assicurare un rendimento tale da conservare ed accrescere la sostenibilità dei risultati e delle prestazioni di previdenza e assistenza.  Non è mai utile utilizzare le calamità naturali per opporre rinvii a data da destinarsi, senza apparire in preda alla paura per la possibile (e probabile) sconfitta. Gli elettori, infatti, fanno presto a fare cattivi pensieri, e magari immaginare, senza alcun fondamento, chissà quali inconfessabili irregolarità possono venire alla luce dopo il cambio di guardia.

Per chi governa, le elezioni non dovrebbero rappresentare un evento di cui aver paura, bensì un incoraggiamento alla partecipazione, un traguardo prima del quale poter confermare la bontà del proprio operato e mettere a tacere critiche e rilievi. Pertanto, se si è in buona fede, e si può dimostrare di aver operato nell’interesse della Cassa e degli iscritti, non c’è alcun motivo di tardare ancora il confronto elettorale. Giusto?

* Direttore editoriale di Patrimoni&Finanza

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