Covid, la stagione 2020 presenta il conto ad alberghi e B&B. In soli tre mesi quasi 10 miliardi in meno
In Italia oltre 200 mila esercizi extra-alberghieri e circa 32 mila alberghi. Una attività economica che ammonta ad oltre 90 miliardi di euro all’anno. Una “industria” da oltre 5 milioni di posti letto e decine di migliaia di addetti, colpita pesantemente dalla pandemia.
Di Mauro Alcamisi
L’Italia è al primo posto in Europa per quantità di esercizi ricettivi. Un dato che la porta a più del 30% del totale UE. Ed è un dato in costante crescita. Ad aumentare i numeri di questa percentuale, negli ultimi anni, è intervenuta una moltitudine di strutture extra-alberghiere di media e piccola dimensione. Cosa che ha portato il numero complessivo ad oltre 200 mila esercizi extra-alberghieri che si sommano ai circa 32 mila alberghi, in leggero calo.
Una attività economica che, calcolata in percentuali sull’intero sistema produttivo italiano, ammonta ad oltre il 6% del valore aggiunto, pari a circa 90 miliardi di euro all’anno.
Questo è il quadro economico che viene fuori dai dati presentati nell’ultimo CST, il Conto Satellite del Turismo, lo strumento più autorevole per valutare la dimensione economica dell’industria turistica. Tale conto considera esclusivamente le attività produttive caratterizzate dal turismo quali alberghi, pubblici esercizi, trasporti, agenzie di viaggio, servizi ricreativi e culturali, commercio al dettaglio, servizi abitativi e case vacanza. Ed è lo strumento usato anche a fini statistici dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, nella elaborazione dei report annuali. Il CST è uno strumento abbastanza preciso, in quanto include indici e dati esclusivamente afferenti all’impatto diretto delle attività turistiche e non tiene conto né di quello indiretto né dell’indotto.
Così, l’ultimo rapporto utilizzabile ai fini analitici è quello che fotografa l’anno 2018 nel suo complesso, che identifica una quantità di posti letto complessivi che oltrepassa i 5 milioni e 113 mila, divisi tra alberghi (2 milioni e 260 mila) e strutture extra alberghiere (2 milioni e 852 mila). Queste ultime ancora in crescita nel 2019.
I posti letto sul territorio nazionale sono quindi solo per il 44,2% nelle stanze d’albergo, concentrati soprattutto nel nord e nel Lazio (15,4% in Veneto, 11,1% in Toscana, 9% in Emilia-Romagna, 7,6% in Lazio e 7,3% in Lombardia. E sono molto frequentati dai turisti stranieri.
L’Italia, infatti, è in cima alla classifica europea per quota di presenze straniere, preceduta solo dalla Spagna, rispetto al totale delle presenze turistiche, ovvero sommando anche i numeri del turismo domestico. Se ne desume che il settore, dopo gli anni difficili a cavallo tra il 2008 ed il 2009, è tornato a trainare anche un consistente indotto.
Nel solo 2019 il settore turismo ha fatto registrare 130,2 milioni di arrivi e 434,7 milioni di presenze nelle strutture ricettive. Numeri in crescita, che è stata trainata dal settore extra-alberghiero. Tuttavia gli alberghi e le catene alberghiere mantengono il primato quanto a presenze con il 64% del totale. Gli ospiti stranieri sono la componente maggiore presso tutte le strutture con un 50,6% assestato nel 2019 e con un ritmo di crescita quasi doppio negli ultimi tre anni. Il Veneto guida la graduatoria con il 16% del totale degli stranieri in Italia mentre nella parte meridionale della penisole e nelle isole, l’unica regione a raggiungere il 5% è la Campania.
Effetto covid-19 – uno stop drastico nel periodo di ripartenza. Ciò che è successo nel corso di quest’anno si può paragonare, per i primi mesi di sviluppo della pandemia, che hanno coinciso con i primi mesi di profitto del settore ricettivo per la stagione 2020, ed a seguito delle misure di contenimento dei contagi e del lock-down generalizzato, ad un vero e proprio azzeramento dell’attività turistica che proprio nel trimestre marzo-maggio ha la sua fase di rilancio annuale e stagionale. La dimensione della perdita direttamente collegabile a questo periodo del 2020 può essere calcolata facendo riferimento allo stesso periodo dello scorso anno e paragonando i numeri.
Nel trimestre marzo-maggio del 2019 in Italia si sono registrati 81 milioni di turisti, una cifra che corrisponde al 18,5% del totale annuale. Nello stesso trimestre la media europea è leggermente superiore (20,9%) perché tiene conto delle percentuali, sempre più alte rispetto all’Italia, di Germania, Regno Unito e Spagna, legate alla differente distribuzione del turismo nell’arco di tutto l’anno.
Dunque in primavera la fotografia dell’Istat mostra il 56% di turisti esteri che prenotano per il 70% in strutture alberghiere, a scapito di case vacanza e B&B. Così nel periodo si concentra il 20% del totale delle presenze annuali negli alberghi. Le strutture a 4 e 5 stelle raggiungono in questo periodo la quota più elevata di presenze rispetto a tutto il resto dell’anno con oltre il 22% contrariamente alle strutture extra alberghiere che non vanno oltre l’11% e 19% per B&B e affittacamere. Un trimestre estremamente importante per l’economia del turismo italiano.
Ed è stato proprio questo il periodo maggiormente colpito dalle restrizioni durante il 2020. Era impossibile muoversi da regione a regione, i confini con molti stati esteri erano chiusi, si stavano attivando periodi di quarantena per chi doveva necessariamente viaggiare e molte altre difficoltà, oltre, naturalmente al fattore umano, la paura del contagio. Tutto ciò ha, di fatto, azzerato le entrate turistiche di uno dei periodi più favorevoli dell’anno, ed il danno economico può facilmente essere quantificato grazie ad uno studio sul turismo internazionale commissionato dalla Banca d’Italia per il 2019.
L’anno scorso, infatti, la spesa complessiva dei viaggiatori stranieri in Italia ammonta a circa 44,3 miliardi di euro, dei quali circa 22 miliardi sono stati destinati ai servizi di alloggio, poi la ristorazione, con circa un quinto del totale ed infine lo shopping ed il trasporto. Considerando il solo trimestre marzo-maggio questa componente nel 2019 ammontava complessivamente a circa 9,4 miliardi di euro. Cifra che che, nel 2020, è stata praticamente azzerata dalle condizioni imposte dalla pandemia.
Mancano quindi, nel bilancio del turismo, quasi 10 miliardi di euro per il solo trimestre in esame. Ulteriori dati saranno disponibili nei primi mesi del 2021. E l’importanza del contributo alle entrate effettuato dalla clientela straniera è confermata anche dai dati di flusso della spesa turistica annua del periodo pre-crisi che mostrano, tra marzo e maggio, una incidenza della componente straniera significativamente più elevata (21,4%) di quella domestica.
Purtroppo l’attuale crisi è destinata a perdurare e peserà enormemente negli investimenti futuri per il turismo considerato che il settore ricettivo fattura mediamente 26 miliardi di euro con le sue oltre 52 mila imprese, delle quali 24 mila alberghiere e 27 mila extra. Un insieme di imprese che conta 283 mila addetti e che adesso rischia di vedere vanificati gli sforzi di crescita ed i capitali investiti negli ultimi 5 o 6 anni.