Salta l’opportunità del “governissimo” in Enasarco. Troppa tensione ed obiettivi opachi da ambo le parti
In Enasarco sarebbe servita una maggiore maturità e spirito di collaborazione da parte delle opposte fazioni, una sorta di “governissimo”, basato su larghe intese, che finalmente si potesse occupare delle istanze della categoria, la quale attende ancora gli aiuti economici che solo una maggioranza stabile può finalmente garantire.
Di Alessio Cardinale*
La tensione, soltanto mascherata dal silenzio, si tagliava con il coltello prima ancora dell’assemblea dello scorso 23 Dicembre 2020, ma pochi si aspettavano che l’irragionevolezza ed i giochi di potere potessero prevalere ancora una volta sulla necessità – diventata urgentissima, dopo otto mesi di ritardo – di garantire rapidamente una governance stabile alla cassa di agenti di commercio e consulenti finanziari e mettere finalmente mano sui concreti provvedimenti straordinari su cui 220.000 iscritti contano.
Spiace dirlo, ma dopo il risultato elettorale sarebbe stato più opportuno che la maggioranza uscente – che già si era resa protagonista di un rinvio “sine die” delle elezioni, suscitando tensioni e polemiche – fissasse una data ravvicinata per l’assemblea dei delegati, anziché prendersi tutto il termine previsto dai regolamenti: ciò avrebbe rappresentato un segnale di efficienza, nonchè la volontà di segnare quel punto di svolta cui molti, da entrambe le parti, si sono ispirati in campagna elettorale: sediamoci al tavolo comune e risolviamo i problemi.
Andare immediatamente in assemblea – cosa mai poteva impedirlo? – avrebbe evitato il crescere della tensione che, dopo essersi accumulata per mesi, si è scaricata il 23 Dicembre con tutta la sua forza, facendo perdere a più di qualcuno le necessarie lucidità e lungimiranza, insieme ad un discreto ammontare di dignità personale da parte di qualcun altro.
Ciò che è accaduto, in fondo, era prevedibile, perché le forze in campo sostanzialmente si equivalevano, ed era sufficiente l’assenza di un solo delegato per far prevalere uno schieramento sull’altro. Infatti, la “campagna acquisti” estiva era già finita (non senza polemiche), e dominava la speranza che le tensioni potessero cessare una volta riuniti attorno allo stesso tavolo. In considerazione dei risultati elettorali, l’unica maggioranza possibile era quella di 8 consiglieri a 7, e con un simile margine non si va da nessuna parte: è sufficiente che uno dei consiglieri sia virtualmente assente – il WiFi e le connessioni non sono una scienza esatta – per determinare una situazione di stallo su decisioni importanti, inaccettabile dopo i recenti trascorsi.
Pertanto, serviva maturità e spirito di collaborazione, una sorta di “governissimo”, basato su larghe intese, che finalmente si potesse occupare delle istanze degli iscritti che ancora attendono i provvedimenti straordinari di sostegno economico alla categoria. Invece, il risultato più degno di nota scaturito dall’assemblea del 23 Dicembre 2020 sembra essere stato il fitto mistero sulla presenza di un delegato che, pur avendo asseriti problemi di connessione, contestualmente non risponde alle insistenti telefonate dei compagni di lista che lo richiamano disperatamente alla votazione. Ma questa, per fortuna, è materia che lasciamo volentieri alla coalizione di cui fa parte, affinchè si chiariscano le circostanze, magari per farne tesoro ed evitare gli stessi problemi “tecnici” nelle future riunioni del CdA da remoto.
La sensazione prevalente, in ogni caso, è che entrambe le coalizioni siano guidate da obiettivi opachi, e che nessuna di esse sarà all’altezza di governare Enasarco, tanto più da sole. In teoria, entrambe dovrebbero coltivare l’arte del compromesso, al quale però non sembrano tanto avvezze. Sempreché non intervengano i ministeri vigilanti a dettare forzosamente la fine delle ostilità ed un “tutti a casa”.
* Direttore editoriale di Patrimoni&Finanza