Imprenditori e fiscalità internazionale. Gianfranco Conti: nel mio libro un percorso nato dall’esperienza
Esistono strumenti giuridici del tutto legali che permettono a chiunque di aprire una partita IVA all’estero costituendo una società e operando con questa anche in Italia. Come in tutte le cose, però, è bene non improvvisare al fine di evitare gli errori e i rischi più comuni.
E se vi dicessero che aprire un’azienda all’estero è molto più semplice di quello che pensate? Il libro di Gianfranco Conti, punto di riferimento italiano per la consulenza fiscale internazionale, pone esattamente questa domanda e, grazie ad una esperienza sul campo che ha pochi eguali in Italia, fornisce anche la risposta.
L’autore, fondatore della Dike Consulting, da più di 25 anni offre agli imprenditori una alternativa alle esigenze finanziarie delle proprie aziende, alle quali fornisce consulenza attraverso una rete di collaboratori sparsi per tutta Europa e di corrispondenti presenti in quasi tutto il mondo.
Il testo, acquistabile su Amazon, racconta un modello di consulenza denominato “Estero Sicuro“, con il quale Gianfranco Conti traccia un percorso sostenibile sul tema della fiscalità estera e risponde alle tipiche domande degli imprenditori:
– come aumentare i guadagni e conseguire il giusto carico fiscale,
– come trovare una burocrazia che abbia rispetto dell’imprenditore,
– come proteggere il patrimonio aziendale e personale,
– come riconoscere le “trappole” del web.
E’ bene sapere che esistono strumenti giuridici del tutto legali, attraverso i quali chiunque può aprire una partita IVA all’estero, costituendo una società e operando con questa anche in Italia. Come in tutte le cose, però, è bene non improvvisare, al fine di evitare di cadere negli errori più comuni. Il più frequente è quello di non creare una vera attività all’estero, ma una iniziativa dai contorni tipici dell’evasione o della c.d. estero-vestizione. Invece agli italiani – così come a tutti i cittadini europei – non è vietato esercitare all’estero delle attività imprenditoriali, né è vietato operare con partita IVA straniera in Italia; l’importante è seguire strettamente le uniche due strade possibili, e cioè:
1) aprire una partita IVA all’estero ma continuare a vivere in Italia, dichiarando i redditi nel nostro Paese;
2) stabilire l’attività direttamente all’estero, dove eleggere il centro dei propri interessi, e dichiarare i redditi nel paese in cui si è stabilita la sede principale dell’azienda.
Nel primo caso, non ha alcuna importanza che la società abbia realmente uffici e personale all’estero, perchè il Fisco la considera comunque una società appartenente ad un soggetto italiano (le tasse e le imposte eventualmente pagate all’estero potranno essere compensate con quelle pagate in Italia). Nel secondo caso, invece, dopo l’apertura di una società nel paese prescelto – l’equivalente di una S.R.L. si apre ed è operativa all’estero anche in 24 ore – si potrà lavorare direttamente (e prevalentemente) in quel paese, e lì si pagheranno le imposte.
Ad esempio, trasferendo la propria attività di produzione e/o servizi in Albania (paese profondamente legato al nostro, oltre ad essere vicino geograficamente), dal 1 Gennaio del 2021 non si applicherà alcuna aliquota di imposta sul reddito fino a 113.000 euro di giro d’affari, e le aliquote successive sono molto più basse di quelle italiane. Altro esempio: per chi vuole garantita l’assoluta riservatezza, la Repubblica Ceca consente agli imprenditori che volessero trasferire lì la propria attività principale di costituire partecipazioni societarie in forma totalmente anonima.
In entrambi i casi (Albania e Repubblica Ceca), si tratta di due Paesi “Onshore”, appartenenti all’Unione Europea, e non di c.d. “paradisi fiscali” (“Offshore”), ossia quelli facenti parte della Black List internazionale.
L’errore da evitare, in definitiva, è mantenere il centro dei propri interessi in Italia anche quando si è costituita la propria società estera e si lavora prettamente su mercati esteri: si tratta di un indizio che il Fisco italiano riterrà rilevante per sostenere l’ipotesi di una mera estero-vestizione, messa in atto al solo scopo di evadere le maggiori imposte del nostro Paese.
Coerentemente, un altro errore da evitare per chi costituisce una società all’estero è aprire il sito internet dall’Italia e intestarlo a soggetti residenti in Italia (altro indizio inopportuno).
Alla fine, come sostiene l’autore di “Estero Sicuro”, la prima cosa da fare è scegliere il Paese giusto dove stabilire la propria attività prevalente o esclusiva, lavorando “caso per caso”, scegliendo la struttura giuridica idonea e seguendo le regole di quel paese.
Per fare tutto questo ed entrare nella operatività di una scelta così importante, certamente la lettura di un libro non sarà sufficiente, ma consentirà al lettore di potersi confrontare domani con il professionista esperto della materia – uno come Gianfranco Conti, per intenderci – senza dover cominciare da zero.
“Il mio libro – dichiara l’autore – è il risultato di un percorso nato dall’esperienza di chi, come me, si è dedicato per tanti anni esclusivamente ad una missione professionale ben precisa, quella di osservare le leggi e le regole esistenti per sostenere l’imprenditoria italiana nel mondo. Tanti imprenditori che ho assistito, se non avessero trasferito all’estero la propria attività, sarebbero falliti o avrebbero abbandonato. Questa per me è la più grande soddisfazione possibile”.