Tempi di vendita degli immobili, lieve rallentamento. Milano e Bologna le metropoli più veloci
Analisi dei tempi di vendita negli ultimi 10 anni. Il 2012 l’anno peggiore, poi una costante diminuzione fino ai giorni nostri, dove si rileva un peggioramento dovuto alla pandemia.
La pandemia di Covid-19, com’è noto, ha apportato profonde mutazioni al mercato immobiliare e, in linea generale, alla propensione al risparmio mobiliare delle famiglie italiane, le quali hanno destinato alle abitazioni, in termini di masse complessive, uno stock inferiore rispetto al 2019. Inoltre, anche i tempi di vendita degli immobili si sono fisiologicamente allungati. il tempo necessario per collocare con successo la casa sul mercato, in particolare, è da sempre un indicatore dello stato di salute del mercato immobiliare.
Secondo l’analisi condotta dall’Ufficio Studi Tecnocasa dal 2010 ad oggi, limitato alle grandi città, evidenzia un picco dei tempi di vendita nel 2012, l’anno peggiore per il mercato, mentre dal 2013 i giorni necessari per vendere un immobile iniziano a diminuire progressivamente. Fino ad arrivare ai giorni nostri: l’ultima rilevazione effettuata conferma un lieve peggioramento, che era nelle attese.
Sono state prese in considerazione le grandi città, i rispettivi hinterland e i capoluoghi di provincia. Gli ultimi dati dicono che, nelle metropoli, i tempi di vendita sono di 118 giorni contro i 109 gg di un anno fa, quando ancora la pandemia non era scoppiata.
Nei capoluoghi di provincia si rileva una media di 146 giorni, e nell’hinterland delle grandi città di 157 giorni. I primi hanno registrato una contrazione di soli tre giorni, a conferma della buona tenuta dei piccoli centri rispetto a quelli più grandi.
Tra le grandi città, i tempi di vendita maggiori si sono avuti a Bari (162 gg), mentre le metropoli “più veloci” sono ancora una volta Milano (60 gg) e Bologna (57gg). Il capoluogo lombardo, in particolare, mostra un leggero peggioramento.
Questi dati fotografano una realtà che, dopo una ripartenza veloce subito dopo il lockdown dello scorso anno, nella seconda parte del 2020 ha frenato a causa di una maggiore prudenza dei potenziali acquirenti di fronte ai timori legati al secondo lockdown, alla tenuta del posto di lavoro e alla maggiore attenzione da parte degli istituti di credito all’analisi dei mutuatari e dei loro datori di lavoro.
Ad essere più “veloci” sono stati soprattutto gli acquirenti le cui condizioni reddituali non sono state scalfite dalla crisi economica indotta dalla pandemia, e coloro per i quali l’acquisto migliorativo non era più procrastinabile.
Relativamente a chi ha deciso di vendere, è stato più celere chi aveva necessità di cambiare l’abitazione o chi aveva necessità di reperire liquidità.