Febbraio 15, 2025

La FED ridurrà gli stimoli prima della BCE, sostenendo il dollaro. I tassi invariati la vera sorpresa

Secondo Filippo Garbarino, l’inflazione sarà  al picco in estate, ma più bassa nella seconda metà dell’anno, mentre i tassi dei Treasury a 10 anni andranno  verso quota 2% a fine 2021. Dopo la riunione del FOMC, la vera sorpresa sarebbe quella di non alzare i tassi, nonostante gli annunci di una stretta monetaria per il lontanissimo 2023.

Da qualche settimana, i tassi di interesse hanno cominciato ad essere al centro dell’attenzione per via della spinta inflazionistica generata dalla ripresa economica. Va da sé che questa “spinta” sui prezzi al consumo ed alla produzione stia avvenendo con diverse modalità a seconda dell’area geografica del mondo industriale: più cauta in Europa, “violenta” negli USA. A fine giugno, con ogni probabilità l’economia americana avrà annullato le perdite accusate con la pandemia, e ciò avverrebbe con oltre un anno di anticipo rispetto all’Eurozona.

In particolare, gli Stati Uniti – tradizionalmente molto “diretti” nell’annunciare le proprie politiche monetarie a breve termine – oggi stanno confondendo, e non poco, gli operatori. Infatti, prima del dato di Maggio sull’inflazione USA (+5% su base annuale) il segretario del Tesoro, Janet Yellen, aveva ribadito un concetto espresso nei mesi scorsi, e cioè che, di questo passo, il rialzo dei tassi da parte della FED sarà necessario per evitare il surriscaldamento dell’economia. Ebbene, il futuro rialzo dei tassi è stato fatto intravedere con un po’ troppo anticipo dal FOMC, che lo avrebbe programmato per il 2023 in modo da orientare i mercati senza troppi scossoni. Pertanto, visto il larghissimo anticipo (siamo ancora abbondantemente nel 2021, per cui mancherebbero due anni prima di una eventuale stretta monetaria), possiamo dire che la FED e la politica monetaria USA è più che mai accomodante, e sta dando la sensazione che la crescita sostenuta dell’inflazione sia un fatto temporaneo e destinato ad affievolirsi, consentendo così di mantenere gli stimoli inalterati (piano di acquisti di titoli da 120 miliardi di euro al mese). Invece il governo, come in un role playing ben sceneggiato, non perde occasione per mettere in guardia i mercati sulla probabile stretta monetaria, senza dire quando potrebbe accadere.

La vera sorpresa, pertanto, sarebbe quella di far rimanere immutati i tassi, nonostante i ritmi di ripresa del PIL e dell’occupazione suggeriscano di fare il contrario per evitare di perdere il controllo dei prezzi. “È probabile che il tasso di inflazione arrivi a un picco durante l’estate per poi attestarsi su livelli inferiori nella seconda metà del 2021. In tale contesto inflazionistico, è lecito aspettarsi un prosieguo nel rialzo dei tassi, con una pendenza però inferiore rispetto a quanto visto nel primo trimestre. Plausibile un tasso di circa il 2% per il Treasury Bond decennale Usa per la fine 2021 e un dollaro forte, sostenuto dalla possibile fine degli stimoli monetari da parte della Fed”. È l’analisi di Filippo Garbarino, gestore del fondo Lemanik Global Equity Opportunities. 

L’inflazione Usa negli ultimi mesi è salita a livelli che non si vedevano da tempo. Tuttavia ci sono alcuni fattori importanti da considerare. Tra le categorie che hanno contribuito maggiormente al rialzo dell’inflazione vi sono quelle che erano state più colpite dalla pandemia, per esempio l’alberghiero, con il +8%, i biglietti aerei con il +10%, le macchine usate con il +10%. Era assolutamente prevedibile che tali categorie, venendo da un periodo di chiusura globale, subissero un aumento di domanda e conseguentemente anche di prezzi. Le banche centrali considerano tali pressioni transitorie. Anche le aziende industriali, che hanno costi di input legati alle materie prime, non ritengono che il rialzo possa essere duraturo. 

Filippo Garbarino

Ora l’economia globale si trova in pieno rimbalzo post pandemico, ma la ripresa non è sincronizzata, poiché alcuni paesi emergenti come India e Brasile sono rimasti indietro nel contenimento del virus. I tassi dovrebbero continuare a salire ancora per alcuni trimestri, esercitando pressione sui prezzi delle obbligazioni. Sul medio-lungo periodo però vi è molta più incertezza sulla loro direzione, visto che permangono i soliti fattori deflazionistici: alti livelli di indebitamento, trend demografici in stagnazione e impatto negativo della tecnologia sui prezzi. “In questo contesto, si raccomanda un portafoglio obbligazionario con una esposizione mista sia in termini di duration (corta/lunga) sia in termini di tasso (fisso/variabile/inflation linked)”, sottolinea Garbarino. “Per quanto concerne l’esposizione al rischio cambio, si raccomanda un approccio non coperto, mantenendo esposizione al dollaro, in quanto riteniamo che la FED anticiperà la BCE nella exit strategy dagli stimoli monetari e questo dovrebbe favorire la valuta Usa”.

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