Prevenire gli effetti dell’inflazione è difficile, soprattutto quando non sai esattamente come farlo

Il presidente della Fed Jerome Powell afferma che il controllo delle aspettative di inflazione è la chiave per raggiungere i doppi obiettivi della banca centrale di stabilità dei prezzi e massima occupazione. Il problema è che non è chiaro come la Fed possa farlo mentre l’economia emerge prepotentemente dalla pandemia.
Leggendo i manuali di economia, in molti sono portati a pensare che le banche centrali abbiano il controllo assoluto di variabili come l’inflazione, come se questa non possa essere influenzata da altri fattori che, al contrario, non sono controllabili se non quando si sono già avverati e stanno cominciando a far sentire i propri effetti. Le aspettative tra i consumatori, per esempio, possono variare notevolmente a seconda della loro età e del sesso, e non sono particolarmente sensibili a ciò che fa e dice la banca centrale. Inoltre, gli atteggiamenti delle imprese, probabilmente gli attori più importanti nel processo di inflazione perché fissano i prezzi, sono spesso imperscrutabili per via della scarsità di sondaggi che diano indicazioni del loro pensiero sull’argomento. Oggi, in particolare, risulta difficile gestire quelle aspettative quando ti trovi in una situazione nuova e, a detta dell’ex governatore della Fed Randall Kroszner “non sai esattamente come farlo”.
L’attenzione della banca centrale americana si è spostata sul tentativo di fermare l’aumento vertiginoso dei timori di inflazione dopo un aumento annuale dei prezzi del 5% e un balzo delle aspettative dei consumatori al loro livello più alto dal 2013 in un sondaggio mensile della Fed di New York. Powell sostiene che i forti aumenti dei prezzi si dimostreranno in gran parte transitori, e che le aspettative nel complesso sono nel punto in cui la Fed le vuole. Le proiezioni a più lungo termine sono salite a “un intervallo coerente con i nostri obiettivi”, ha detto ai giornalisti quindici giorni fa, dopo che i responsabili delle politiche hanno inaspettatamente previsto due aumenti dei tassi di interesse nel 2023 rispetto alla loro impostazione attuale vicina allo zero.
Nonostante alcuni economisti abbiano minimizzato l’importanza dei cambiamenti nelle aspettative, sostenendo che ci sono poche prove dagli anni ’80 che modificazioni nelle aspettative abbiano portato frizioni nel tasso di inflazione effettiva, le persone che in passato hanno vissuto un’alta inflazione, hanno aspettative sistematicamente più alte, nonchè una maggiore avversione per l’inflazione rispetto alle persone che non hanno avuto questa esperienza. Ciò è emerso dall’ultimo sondaggio della Fed di New York: i consumatori di età pari o superiore a 60 anni, che hanno vissuto gli anni ’70
inflazionistici, avevano aspettative notevolmente più elevate rispetto a quelli di età inferiore ai 40 anni, che conoscevano solo prezzi bassi e stabili. Inoltre, le donne tendono anche ad avere prospettive di inflazione più elevate rispetto agli uomini perché spesso fanno più acquisti per la spesa, hanno detto i ricercatori accademici. “Per la tipica famiglia statunitense, le loro aspettative saranno altamente correlate al prezzo della benzina o al prezzo del cibo. La gente non presta attenzione a ciò che sta facendo la Fed“, ha detto Gorodnichenko, professore dell’Università della California.
Questa volta, però, il salto delle aspettative potrebbe rivelarsi più insidioso, perché il boom dell’economia post-pandemia rende improbabile un altro crollo del prezzo del petrolio, come nel 2008. Anzi, i continui tagli alla produzione stanno facendo risalire il prezzo verso gli 80 dollari al barile. L’opinione standard degli economisti è che se i consumatori pensano che i prezzi saranno significativamente più alti domani, acquisteranno beni e servizi oggi invece di aspettare che il loro prezzo aumenti, spingendo così ulteriormente in su i prezzi. E’ la situazione opposta alla deflazione, durante la quale i consumatori pensano che i prezzi saranno più bassi domani, per cui rinviano gli acquisti e, così facendo, spingono in basso i prezzi. In realtà, secondo gli esperti, il processo attuale è molto più
complicato, dal momento che i consumatori stanno associando l’inflazione alla sensazione – indotta dagli effetti durevoli della pandemia -di una cattiva economia, e invece di spendere di più tagliano le loro spese. Infatti, secondo il sondaggio dell’Università del Michigan di giugno, questo atteggiamento dei consumatori è alla base del fatto che l’attitudine all’acquisto di veicoli e abitazioni è scesa ai livelli più bassi dal 1982, mentre il numero di intervistati che ha fatto spontaneamente riferimento a prezzi elevati per tali acquisti ha superato il record del novembre 1974.
Relativamente alle prospettive delle imprese, le informazioni su come le aziende percepiscono le prospettive di inflazione sono ancora più discutibili, soprattutto perché i sondaggi sui loro atteggiamenti sono scarsi. L’indice della FED sulle aspettative di inflazione comune, per esempio, è composto da 21 misure diverse, ma nessuna di esse copre direttamente le aziende. Secondo la Fed di Atlanta, le aziende, al pari dei consumatori, vedono un’inflazione più rapida nell’imminente futuro. Le aziende di quel distretto, che comprende Florida, Georgia e Alabama, prevedono che i loro costi unitari aumenteranno del 3% in media nei prossimi 12 mesi.
A dire il vero, il recente spostamento dell’attenzione della Fed dall’inflazione – interpretata come fenomeno passeggero – ha calmato le preoccupazioni dei mercati finanziari, ma le lacune degli economisti sulla dinamica delle aspettative e su come si formano non lascia ben sperare e induce un po’ di prudenza. “Anche in tempi normali, placidi e stabili, il compito di misurare le aspettative di inflazione è arduo e difficile”, ha affermato David Wilcox del Peterson Institute for International Economics. “In tempi come questi, quella difficoltà viene amplificata molte volte. Oggi non vorrei essere al posto di Powell“.