Reti di consulenza, il recruitment dei bancari secondo i cacciatori di teste
Nell’ultimo biennio c’è stato un forte risveglio dell’attività di ricerca e selezione delle banche-reti nel mondo dei bancari. Per analizzare il perché di tale tendenza abbiamo intervistato una delle principali aziende di cacciatori di teste italiane.
Intervista di Alessio Cardinale
Tutti coloro che hanno svolto attività di recruitment in qualità di manager di rete, sanno quanto sia stato importante, tra il 1997 ed il 2005, ricercare potenziali consulenti finanziari tra i bancari che gestivano i rapporti con la clientela. Si trattava di pochi candidati, di solito corrispondenti con i responsabili del “borsino titoli” o dei direttori della filiale, in un epoca in cui in banca il risparmio gestito era snobbato e si vendevano ancora obbligazioni bancarie e titoli di stato; le polizze unit linked emettevano i primi vagiti e chi, negli anni successivi, ha inventato il termine “bancassicurazione”, probabilmente andava ancora al liceo.
A quel tempo il recruiting manager si incaricava di mappare le filiali del territorio e, se non aveva una assistente personale brava a gestire le telefonate, si occupava personalmente di contattare i bancari target, mettendo a frutto la specifica formazione ricevuta sull’argomento. Nell’ultimo biennio c’è stato un forte risveglio dell’attività di ricerca e selezione delle banche-reti nel mondo dei bancari, per cui vale la pena analizzare come le modalità di recruiting dei bancari siano cambiate negli ultimi quindici anni. Infatti, sembra che oggi quasi tutti i manager non si occupino più di chiamare direttamente i candidati (salvo qualcuno che lo fa con modalità discutibili), né “appaltino” il contatto telefonico alle proprie assistenti, ma pagano delle aziende di “cacciatori di teste” – i c.d. headhunter – che si occupano di effettuare la ricerca e la selezione dei candidati. P&F ha intervistato il CEO di Startup Italia, Valerio Giunta*, a cui abbiamo posto alcune domande.
Da quanto tempo la sua azienda si occupa di recruiting verso il personale bancario per conto delle reti di Consulenza Finanziaria?
Startup Italia è attiva già dal 2011 nel campo delle ricerca e selezione del personale da inserire nelle organizzazioni commerciali e nelle reti ci vendita, e dal 2012 ha iniziato ad operare anche per le banche-reti, cominciando dalla città di Rimini per poi estenderci pian piano in tutto il territorio nazionale, per conto di alcune tra le maggiori reti di consulenza finanziaria.
Vi occupate personalmente di selezionare i candidati, oppure ricevete anche candidature spontanee?
Noi siamo fondamentalmente dei “cacciatori di teste”, e operiamo in modo tale da proteggere la riservatezza dei potenziali candidati. Per cui, tranne un paio di auto-segnalazioni l’anno, non riceviamo candidature spontanee, ma individuiamo direttamente i candidati tra gli iscritti all’Organismo Unico o tra il personale bancario con portafoglio clienti.
Come riuscite a capire se un candidato bancario ha le caratteristiche adatte per affrontare i profondi cambiamenti imposti nella migrazione da lavoratore dipendente a libero professionista?
La prima cosa da fare per selezionare un potenziale candidato è sgombrare il campo da eventuali possibilità di insuccesso nel passaggio dal lavoro dipendente al lavoro autonomo. Questo approccio pragmatico ci consente di tutelare sia gli interessi del nostro interlocutore, che ha una famiglia ed un proprio equilibrio finanziario su cui essa si regge, sia quelli della società mandante per cui operiamo. Noi stimiamo che un candidato proveniente dalla banca tradizionale possa riuscire a far migrare presso la banca-rete un terzo della clientela che lì gestiva. Di conseguenza, al fine di evitare che l’entusiasmo di un candidato possa trascinarlo verso una scelta sbagliata, difficilmente prendiamo in considerazione dipendenti con meno di 50 milioni di portafoglio. Inoltre, chiediamo subito che tipo di relazione è riuscito a costruire con i primi 10-15 clienti per valore di portafoglio, e come questi potrebbero reagire di fronte ad un eventuale cambio di banca e di professione. Così diamo al candidato un immediato spunto di riflessione e ci facciamo subito una idea di chi abbiamo di fronte, e soprattutto se è il caso di proseguire il colloquio o meno.
4) Vi fermate ai dati numerici oppure esiste una fase di “approfondimento” sulla persona?
Certamente sì. Nel rispetto di questo approccio prudenziale, chiediamo al candidato alcune notizie sulla organizzazione familiare, ad esempio se è l’unico portatore di reddito e se ha impegni debitori come il mutuo per la casa, oppure se ha impegni presi nell’interesse dei figli, come gli studi all’estero o altro che richieda un impegno economico. Solo dopo aver ricevuto queste informazioni approfondiamo il grado di interesse e di motivazione del candidato verso un cambiamento che comporta, anche per noi, un elevato livello di responsabilità. In tal senso, se le informazioni ricevute non soddisfano tale principio di responsabilità e riteniamo che il candidato possa avere dei problemi nel cambiamento lavorativo, gli suggeriamo di non proseguire, anche contro il suo parere. In tal senso, non prendiamo incarichi da parte di manager di rete “aggressivi”, che presentino alla società mandante candidati con alte probabilità di insuccesso. Il nostro buon nome viene prima del guadagno.
5) Come si svolge un iter di selezione, dal primo incontro alle dimissioni e alla firma del contratto con la società mandante?
A causa del lockdown, raramente oggi facciamo primi colloqui in presenza, preferendo quelli da remoto, in video conference, che ci danno anche maggiore possibilità di vedere candidati in tutto il territorio nazionale e in meno tempo. In ogni caso, dopo aver selezionato e contattato il candidato, effettuiamo noi il primo incontro in assenza del manager della società mandante, che interviene dal secondo incontro in poi, allo scopo di presentare la banca-rete e spiegare quali sono i suoi punti di forza. Nel frattempo, noi registriamo i rispettivi feedback, del candidato e del manager, e durante il terzo incontro verifichiamo se le rispettive motivazioni di ricerca e cambiamento sono allineate e consentono il proseguimento degli incontri. In particolare, il candidato deve analizzare l’opportunità del cambiamento avendo presente i vantaggi che da esso possono derivare per la clientela, facendo attenzione ai costi a cui essa va incontro nel migrare il proprio patrimonio nella nuova banca.
6) Quindi a quale fase si ferma il vostro intervento, e comincia quello della mandante e dei suoi recruiter?
Non c’è un momento sempre uguale in cui ci fermiamo, perché molti degli aspetti della fase di recruitment sono condivisi con il management della banca. A volte il candidato ci vuole accanto fino alla fase della decisione, poiché manteniamo comunque un atteggiamento neutrale fino all’ultimo.
7) Quali sono, in ordine di priorità, le motivazioni che spingono un bancario a valutare l’offerta di una rete di consulenza finanziaria?
Certamente le motivazioni personali sono prevalenti rispetto ad altri elementi ugualmente importanti, come lo stile etico della banca e del manager. Chi ha maggiori spinte al cambiamento è guidato da fatti personalissimi, che sono anche di natura economica ma più spesso di natura relazionale. Le stesse banche hanno acquisito una certa consapevolezza di questi elementi, ed evitano di affidare la selezione ai manager più “aggressivi”, che magari assicurano un elevato numero di candidati ma anche un alto numero di insuccessi; e nessuno può permettersi oggi di selezionare un bancario che non migliora la propria posizione personale, ed anzi la peggiora. Gli altri elementi, come la piattaforma informatica e la c.d. architettura aperta sono solo di contorno, ciò che conta è l’etica.
8) Avete registrato un incremento delle candidature di bancari negli ultimi anni? Se sì, in che percentuale?
Certamente c’è stato un incremento, sebbene non siamo in grado di stimarlo con precisione a livello generale. Possiamo dire, però, che a seguito del primo lockdown molti bancari hanno provato un certo disagio, perché non erano in grado di raggiungere la clientela e continuare la gestione dei portafogli in un momento di grande volatilità dei mercati e di incertezza, al contrario dei consulenti finanziari abilitati fuori sede. Inoltre, le continue fusioni tra gruppi bancari ha determinato una certa incertezza sia sulle nuove procedure sia sulla solidità della propria posizione lavorativa. Ciò ha permesso un raffronto “a pelle” tra le due realtà ed ha innescato profonde riflessioni. Un fatto innegabile è che oggi abbiamo maggiore risposta da parte dei bancari rispetto a due anni fa.
9) Quanto pesa lo stress accumulato nel lavoro in banca sulla scelta di cambiare radicalmente la propria posizione lavorativa?
Lo stress pesa molto, è uno dei motivi principali per cui si cambia, ma non può essere quello prevalente. Per quanto detto prima, è importante che sussistano certi elementi quantitativi, qualitativi e motivazionali, tra i quali c’è anche lo stress da lavoro. Sottolinea, però, che anche la professione di consulente finanziario può vivere momenti di stress, ma sicuramente inferiori a quelli di un bancario.
10) Quali sono le sue previsioni per questo segmento specifico di recruiting nei prossimi anni?
A nostro avviso i prossimi saranno gli ultimi anni in cui il recruitment avrà le attuali caratteristiche. L’abbassamento dei margini di ricavo, imposto indirettamente dalla MiFID, peserà anche sui c.d. “cambi di casacca”, sia da una rete all’altra, sia da una banca tradizionale ad una rete. Il punto di pareggio sugli investimenti effettuati dalle banche-reti per mettere dentro buoni candidati, fino ad oggi a 5 anni, verrà ridotto sensibilmente per dare stabilità ai conti economici. C’è anche da tener presente che, nei prossimi 3-4 anni, le operazioni di M&A bancario produrranno un buon numero di fuoriuscite, per cui le reti potrebbero trovarsi di fronte ad una domanda abbondante, che potrà essere intercettata da aziende come la nostra.
* Valerio Giunta, CEO Startup Italia e delegato nazionale assemblea Enasarco