ll cambiamento climatico detta l’agenda degli investimenti (e degli investitori) responsabili
Gli investitori di tutto il mondo stanno esprimendo un maggiore interesse per gli investimenti ESG, che sono aumentati del 50% dal 2018 al 2020. La valutazione di questi potenziali investimenti è fondamentale, ecco dove informarsi prima di sottoscrivere.
Di Adriana Cardinale*
Dall’uragano Ida agli incendi in California, gli esperti indicano che questi sono i segni evidenti del cambiamento climatico in atto nel nostro pianeta. Secondo un recente sondaggio condotto dalla società di servizi professionali Accenture, anche gli investitori ne stanno prendendo atto, e nel corso del 2020 il 59% di quelli che sono assistiti dai consulenti finanziari ha chiesto loro informazioni sugli investimenti socialmente responsabili. Inoltre, l’84% degli investitori intervistati ha manifestato la propria intenzione di investire i propri soldi negli strumenti “ESG sensitive” nel corso di quest’anno.
In Europa e negli Stati Uniti, la maggior parte degli investimenti che tengono conto dei fattori ESG viene effettuata da investitori istituzionali, come fondi pensioni e fondi assicurativi, ma gli investimenti tematici sottoscritti da investitori individuali sono in crescita. Infatti, secondo il Forum for Sustainable and Responsible Investment (US SIF) le attività ESG detenute da singoli investitori sono aumentate del 50% dal 2018 al 2020, a 4,6 trilioni di dollari dai 3 trilioni di due anni prima. “Il cambiamento climatico, per la maggior parte delle persone, è qualcosa a cui vedono più facilmente un collegamento nel processo di investimento”, ha affermato Lisa Woll, CEO di US SIF.
Altre questioni, in particolare negli USA, stanno attirando più interesse da parte degli investitori, che oggi si mostrano più sensibili ai temi di giustizia razziale o di genere, ma proprio come qualsiasi altro tipo di investimento, è importante assicurarsi che siano in linea con i valori e obiettivi dichiarati. In tal senso, è bene leggere con attenzione il prospetto informativo degli strumenti di risparmio gestito oppure la scheda riassuntiva di un titolo, che dichiareranno con chiarezza se la strategia di investimento tiene conto dei fattori ESG.
Nato negli Stati Uniti già da diversi anni, il Forum US SIF fornisce agli investitori americani una tabella online di fondi comuni di investimento e di ETF sostenibili, confrontando i costi e le performance che contribuiscono a stilare uno speciale indice di gradimento grazie anche all’opinione dei lettori. As You Sow, invece, è un’organizzazione no-profit incentrata sulla responsabilità sociale delle imprese, ed offre uno strumento online che confronta la classifica dei fondi in base alla loro partecipazione in titoli di aziende che operano nei settori “no-ESG” come la deforestazione, i combustibili fossili, le armi da fuoco ed il tabacco. In tutto il mondo, poi, anche la società di ricerca sugli investimenti Morningstar fornisce valutazioni dei fondi in base al loro livello sostenibilità secondo i criteri ESG.
Sulla scia di quanto fatto fino ad oggi nell’industria del risparmio gestito, anche le società quotate in borsa spesso includono informazioni, nei loro siti Web, sulla responsabilità aziendale e sulla sostenibilità, nonché politiche e prestazioni in materia di fattori ESG. La speciale classificazione di aziende fornita da Just Capital, per esempio, analizza i titoli quotati in base al trattamento riservato ai lavoratori e al suo impatto ambientale, mentre il Corporate Human Rights Benchmark e il Business & Human Rights Resource Center monitorano le prestazioni delle aziende in materia di diritti umani.
Di recente, il rispetto dei criteri ESG è stato fatto proprio anche dalle banche di sviluppo comunitario e dalle cooperative di credito, che aiutano le comunità a reddito basso e moderato sostenendo progetti edilizi per la messa in commercio di alloggi a prezzi accessibili, oppure di credito alle micro imprese e alle organizzazioni non profit. Siti web come Inclusiv, National Community Investment Fund, Community Development Bankers Association e CDFI Funds possono aiutare a identificare tali istituzioni, che però faticano ad entrare in Europa per via delle forti restrizioni del sistema MiFID e dell’ESMA.
* Segreteria di redazione P&F