Il ruolo dei consulenti patrimoniali nei modelli familiari “fluidi” e nelle separazioni
La “confusione patrimoniale” spesso anima le fasi più accese delle crisi familiari. In queste circostanze, si comprende l’utilità di allargare la sfera d’azione del consulente fin dal momento della formazione della coppia e poi lungo tutto il suo ciclo di vita.
Di Alessio Cardinale
L’osservazione della famiglia nella società moderna, in relazione ai rispettivi ruoli familiari, suggerisce sempre più chiaramente l’affermarsi di un nuovo modello di “famiglia fluida” che, al contempo, rivela anche una certa sua fragilità, testimoniata da frequenti separazioni e divorzi anche nelle coppie in età più matura. Ed è in riferimento a queste ultime che il consulente finanziario-patrimoniale viene investito oggi di una funzione rilevante, per via del suo grado di immediata prossimità alle famiglie clienti che altre categorie professionali non hanno.
Per meglio comprendere quali sono gli ambiti di applicazione della professione di consulente all’interno delle dinamiche familiari, è bene partire dai modelli di unione giuridicamente riconosciuti, analizzarne i differenti regimi patrimoniali e poi individuarne i bisogni in relazione alla tutela del patrimonio e dei componenti della famiglia sia nelle coppie unite che in quelle in fase di crisi. In linea di principio, infatti, dobbiamo distinguere tra un regime patrimoniale c.d. Primario, e cioè quello della comunione legale, ed alcuni regimi patrimoniali c.d. secondari, che corrispondono a quello della separazione dei beni, quello della comunione convenzionale ed al fondo patrimoniale. Traducendo i principi in fattispecie degne di tutela giuridica, invece, dobbiamo distinguere tra matrimonio/unione civile e convivenza assistita da relativo contratto, per entrambe le quali è possibile scegliere il regime della comunione o della separazione dei beni.
Per la convivenza more uxorio, infine, non è previsto alcun regime patrimoniale e, pertanto, le tutele giuridiche per la coppia sono pressoché inesistenti.
Se il consulente finanziario-patrimoniale prende coscienza che dalla mutevolezza delle forme familiari deriva per lui la necessità di adeguare la propria offerta di servizi, egli dovrà aggiornare la sua cultura in relazione alle numerose implicazioni patrimoniali di un panorama così fluido, e aggiungere degli specifici strumenti di protezione del patrimonio, soprattutto quando la mancata osservanza di specifici doveri di un cliente possa incidere sul patrimonio in caso di futura crisi familiare e realizzare, in tal modo, il rischio di perdita di una proficua relazione professionale. La separazione di due coniugi-clienti, infatti, rappresenta per il consulente un momento di grande coinvolgimento emotivo del tutto simile a quello della dipartita di un cliente. La disgregazione della coppia, infatti, rappresenta comunque la “morte in vita” di un legame affettivo, e apre una sorta di “successione tra coniugi” che nessun notaio o avvocato potranno disciplinare con la stessa autorevolezza del consulente patrimoniale.
Negli ultimi venti o trenta anni le coppie di nuova costituzione hanno fatto ricorso sempre più spesso al regime della separazione dei beni, che nel 2019 riguardava il 72,8% dei matrimoni (era al 62,7% nel 2008 e al 40,9% nel 1995). Quello della comunione, pertanto, è ancora molto diffuso, ma è possibile ritrovare diverse sfumature di “comunione in senso lato” anche nel regime della separazione dei beni (una casa acquistata in comproprietà, per esempio). In ogni caso, con la separazione tra i coniugi il tribunale scioglie il regime patrimoniale della comunione dei beni, e gli “ormai ex” coniugi potranno dividere tra loro i beni facenti parte della comunione, potendo successivamente acquistare beni in totale libertà, senza il timore di pretese dall’ex coniuge.
Nel caso di beni acquisiti in comunione nonostante il regime di separazione dei beni, invece, per il loro scioglimento si dovrà fare ricorso al tribunale con una specifica istanza e chiedere al giudice di disciplinare tale scioglimento. E’ il caso, per esempio, dell’acquisto della casa coniugale effettuato in comproprietà dai coniugi immediatamente prima o durante il matrimonio. Ebbene, all’interno dell’abitazione familiare sussisteranno arredi ed altri beni che, oltre ad aggiungersi al valore delle rispettive quote di proprietà dell’immobile (di solito il 50% per ciascun coniuge, ma non sempre), devono essere ricondotti alla effettiva proprietà personale – si pensi ai regali di matrimonio, e da quale ramo familiare provengono – o, in caso di impossibilità o disaccordo, assegnati dal giudice secondo equità.
In caso di convivenza di fatto, invece, è bene specificare che gli acquisti fatti da ciascuno rimangono nella proprietà esclusiva di chi ha acquistato, anche se all’acquisto ha partecipato economicamente – in fiducia, per così dire – l’altro convivente. Quest’ultimo, in caso di rottura del legame affettivo-familiare, si troverebbe nella posizione di non poter recuperare la somma di denaro erogata per l’acquisto di un tal bene, causando un depauperamento del patrimonio personale che solo una eventuale azione di ingiustificato arricchimento, debitamente documentata e contestualizzata, potrebbe annullare a posteriori e dopo anni di battaglie legali.
Tornando al ruolo del consulente patrimoniale al verificarsi delle crisi familiari, bisogna distinguere quale possa essere la sua area di competenza e, soprattutto, di influenza, poiché nella generalità dei casi egli potrà intervenire solo DOPO l’inizio della crisi, non potendo fare nulla per evitarla nel caso di una sua irreversibilità. Pertanto, viene da chiedersi se la consulenza patrimoniale non possa allargare la propria sfera d’azione fin dal momento della formazione della coppia e lungo tutto il suo ciclo di vita. In tal senso, il suo ruolo verrebbe allargato anche ad altre funzioni fondamentale e socialmente rilevanti, poiché potrebbe aiutare la coppia a:
– analizzare la posizione della coppia all’interno del suo ciclo di vita e individuare il tipo di unione;
– individuare il “modello economico” dal quale far dipendere il funzionamento della famiglia;
– elaborare, preventivamente al matrimonio, la mappatura dei rispettivi patrimoni;
– ipotizzare il regime patrimoniale e le eventuali convenzioni (es. fondo patrimoniale);
– sensibilizzare la coppia sui rischi che una separazione “disordinata” può far sorgere sui rispettivi patrimoni;
– nel corso del matrimonio, individuare eventuali soggetti deboli (es. figli o coniuge con disabilità) e aiutare la coppia a predisporre adeguati mezzi di tutela patrimoniale nel loro interesse giuridicamente meritevole.
Più delicato è il ruolo del consulente nella transizione post-separativa del patrimonio, soprattutto in presenza di disparità di reddito e patrimonio tra gli ex coniugi. La separazione, infatti, “esaspera” le diversità che nel perdurare dell’armonia della coppia venivano superate per spirito di convivenza, ed in circostanze come queste il consulente si trova ad essere l’unica persona presente in tutte le fasi del ciclo di vita del cliente e della sua famiglia. Pertanto, nei momenti che precedono la disgregazione della coppia sarà importante aver già svolto il lavoro di “mappatura” dei rispettivi patrimoni. Fatto questo, si potrà dare seguito alla procedura di pianificazione patrimoniale da osservare, in caso di separazione, nel modo seguente: il patrimonio familiare già mappato precedentemente va diviso al 50% al momento della separazione; a ciascuna delle quote così determinate deve essere sottratta la componente di patrimonio generata da ognuno dei due coniugi prima del matrimonio, che la legge considerale personale e che resta di proprietà esclusiva di ciascun coniuge (es. immobili acquistati o ricevuti in donazione prima del matrimonio, o avuti in eredità durante il matrimonio). L’immobile acquistato durante il matrimonio in regime di comunione, infatti, rientra nella c.d. “comunione immediata” anche se intestato solo ad uno dei due coniugi, a meno che quest’ultimo non dimostri che l’acquisto sia avvenuto con denaro generato prima del matrimonio.
Pertanto, in qualunque rapporto di consulenza patrimoniale instaurato durante l’unione della coppia sarà importante osservare alcuni principi utili ad evitare quella “confusione” di rapporti economici che sta alla base di molti attriti tra ex coniugi, e che portano i contendenti a spendere tempo e denaro in procedure legali.