Borse, la variante Omicron determinerà un crollo dei mercati?
Il “venerdì nero” della scorsa settimana non è certo il primo episodio di questo tipo accaduto nei mercati azionari dall’inizio della pandemia, ed il pesante storno appare legato all’azione dei ribassisti e a prudenti prese di beneficio. Il destino ancora in mano alle banche centrali.
Di Massimo Bonaventura
La scoperta della variante Omicron e dei suoi possibili effetti sulla diffusione del contagio hanno dominato la giornata di venerdì 26 Novembre. Tutte le maggiori borse sono crollate: Milano ha perso il 4,6%, Madrid il 5%, Parigi il 4,7% e Londra il 3,6%. In mattinata erano già scese pesantemente le borse asiatiche, e la settimana ha chiuso il fuso orario borsistico con il forte calo della borsa americana. E’ crollato pesantemente il prezzo del petrolio (mediamente -10%), le società produttrici di aeroplani (Airbus e Boeing) e naturalmente le compagnie aeree. Viceversa, i titoli delle aziende del comparto tecnologico/informatico, che potrebbero trarre benefici da nuovi lockdown, sono cresciute (come Zoom, per esempio).
Tutto secondo copione, in fondo, come già accaduto in occasione della precedente “variante Delta” e come probabilmente accadrà ogni volta che ne sarà scoperta una nuova e capace di far danni, poiché questo virus si comporta come una normale influenza che varia le proprie capacità di contagio ogni anno, mutando continuamente. In particolare, hanno risentito del crollo i settori più sensibili alle eventuali restrizioni (viaggi, banche e auto), ma in realtà i dati a disposizione su Omicron sono davvero scarsi al momento, e ci vorranno parecchi giorni per avere valutazioni scientifiche più affidabili. Tuttavia l’aumento dei contagi nella regione di provenienza (Gauteng, Sud Africa) giustifica pienamente questi timori.
Pertanto, è corretto pensare che l’economia mondiale si possa fermare a causa di questa variante, come nel 2020, e che di conseguenza i mercati azionari possano stornare pesantemente? La risposta a queste domande è duplice e contraria, nel senso che difficilmente la produzione e (soprattutto) la distribuzione delle merci potranno nuovamente rallentare il proprio corso, ma lo storno delle borse potrebbe esserci, e non certo per via della variante Omicron, o soltanto per essa. Infatti, i media non avevano ancora finito di martellare gli utenti con la notizia della variante virale, quando già cominciavano ad essere diffuse le notizie che, in tutta probabilità, riporteranno la calma nel giro di qualche giorno: per “aggiornare” i vaccini in relazione ad Omicron ci vorranno al massimo tre mesi, per cui l’industria e la distribuzione non si fermeranno, poiché semplicemente non ce ne sarebbe il tempo.
Per tutti, aziende a persone, sarà sufficiente osservare più rigidamente le regole di distanziamento sociale sia in famiglia che nei luoghi di lavoro, e probabilmente la diffusione della variante spingerà i governi ad imporre – in modo diretto oppure, come in Italia, con modalità di “persuasione indiretta” – la vaccinazione a bambini e studenti, la cui percentuale di contagi preoccupa come nel 2020 e la cui messa in sicurezza adesso appare necessaria per scongiurare gli effetti più gravi del contagio e il raggiungimento di un livello di occupazione delle strutture ospedaliere tale da imporre nuove pesanti restrizioni. Tutto ciò, ovviamente, qualora non venga scoperto che la variante Omicron non sia capace di ridurre i vaccini come un colabrodo.
E i mercati azionari, quali sviluppi si possono prevedere? A tal proposito, c’è da dire che la maggior parte degli analisti era concorde nell’affermare che la risalita dei nuovi casi in Europa avrebbe potuto rallentare la ripresa economica, ma si trattava comunque di una sorta di “atto dovuto previsionale” che, nel periodo invernale di ogni pandemia, ci sta sempre bene come il prezzemolo. Della serie “io intanto lo dico, così potrò sempre sostenere di averlo previsto”. Invece, nonostante il peggioramento della situazione sanitaria in Europa, “gli indicatori economici di breve periodo continuano a essere nel complesso favorevoli” (Ignazio Visco, Governatore Banca D’Italia).
Pertanto, al momento il pesante storno appare legato all’azione dei ribassisti e a prudenti prese di beneficio, mentre il vero pericolo non sembra tanto la nuova versione del virus ed i suoi possibili effetti sull’economia mondiale (che ha già dimostrato tutta la sua capacità di adattamento), bensì la circostanza che le banche centrali, anziché prolungare saggiamente le politiche espansive – o, meglio, rallentare o sospendere quelle restrittive – possano proseguire come se niente fosse nel loro disegno attuale, e cioè quello di frenare gli stimoli tramite il tapering anche qualora la variante Omicron si manifestasse come potenzialmente distruttiva e costringesse tutti a nuovi lockdown. E se tutto ciò dovesse accadere proprio nel momento in cui la spinta inflazionistica non avesse ancora terminato il suo corso “temporaneo” al rialzo, a quel punto sarebbe persino difficile intravedere la fine della correzione dei mercati azionari.
Queste ipotesi, però, appaiono poco probabili, poiché anche le banche centrali hanno dimostrato di sapersi adattare rapidamente alle circostanze, e alla BCE basterebbe semplicemente annunciare la possibilità di un futuro potenziamento del PNRR per dare serenità in un colpo solo. “Frugali” permettendo, naturalmente: senza la Merkel, quest’ultima possibilità non è più così scontata.