Prospettive dei mercati finanziari e congiuntura economica nel 2022
La Cina rimane il grande punto interrogativo del 2022, e ci si chiede se sarà in grado di effettuare un soft landing su livelli di crescita del 4-5% annui, oppure si posizionerà su livelli più bassi, in ciò influendo negativamente sui mercati.
Il 2021 è stato caratterizzato da almeno tre elementi di interesse. Il primo è indubbiamente il “risk on” che ha visto quasi tutti i mesi dell’anno registrare performance competitive dei mercati azionari, con la prevalenza di Wall Street ma con ottimi risultati anche dalle borse europee. Pertanto, i rendimenti azionari dei maggiori indici americani ed europei sono a doppia cifra, mentre hanno deluso la borsa di Hong Kong – con una performance negativa del 10% – e quella brasiliana. Nel dettaglio, il 2021 ha registrato da un lato il riequilibrio delle performance tra i comparti Growth e Value, dopo molti anni in cui il primo aveva visto risultati brillanti a scapito del secondo e, dall’altro, risultati meno confortanti delle borse dei paesi emergenti, che hanno abbastanza deluso le aspettative di inizio 2021, nonostante i risultati positivi, poichè hanno sottoperformato rispetto alle piazze più mature.
Il secondo elemento di interesse del 2021 è rappresentato dalla evoluzione dei tassi di interesse, che dopo tre anni hanno fatto registrare un aumento sensibile dei rendimenti sui treasuries americani, e meno pesante sui bund tedeschi. A questo fa da contraltare l’aspettativa sull’innalzamento dei tassi futuri, dal momento che se si prendono in considerazione i tassi impliciti dei contratti future sui tassi interbancari, a cominciare da quelli relativi all’Euribor 3 mesi, si può evidenziare come il mercato prezzi in ampio anticipo il ritorno in territorio positivo dell’Euribor 3 mesi da metà 2026 a metà 2024, e in qualche occasione dell’anno scorso si è visto prezzare in territorio positivo il contratto future sull’Euribor 3 mesi anche durante il 2023. A riprova di ciò, si segnala che gli indici sulle aspettative di inflazione indicano un aumento sia in Europa che negli Stati Uniti, a riprova dell’esaurimento del periodo di bassa inflazione e di contenimento delle spinte inflazionistiche che si era consolidato fin dal 2008.
Il terzo ed ultimo tema del 2021 riguarda le valute, con il Dollaro americano che dopo una partenza incerta ed un conseguente indebolimento nella prima parte dell’anno passato, ha registrato un netto recupero nel secondo semestre, sia sull’Euro che sullo Yen, sulla scorta degli annunciati interventi da parte della Fed nel breve periodo. Poche sorprese, infine, sul versante delle materie prime, che hanno finito per confermare i significativi segnali di ripresa che erano già emersi nell’ultima parte del 2020, accentuando la stessa tendenza nel corso del 2021.
Passando agli scenari prospettici per il 2022, i temi oggetto di riflessione ed attenzione sono essenzialmente due. Il primo riguarda la solidità della congiuntura economica e in seconda battuta il ritorno dell’inflazione dopo molti anni in cui l’andamento dei prezzi al consumo si era mantenuto su livelli oggettivamente contenuti e bassi.
Con riferimento alla dinamica della crescita globale, non si può fare a meno di sottolineare che i tassi di crescita del PIL mondiale sono stati superiori alle aspettative di fine 2020, e che le indicazioni di fine 2021 sono confortanti per le principali economie occidentali. Gli Stati Uniti, per esempio, presentano degli indici anticipatori sostenuti anche in chiave prospettica per il 2022. Occorre anche sottolineare come l’area dell’Euro abbia conseguito livelli di PIL positivi del tutto inattesi, specialmente in Italia e Francia, e come gli indici PMI si stiano posizionando su livelli di crescita sostenuta. L’unica delusione è rappresentata dalla Cina, che non ha confermato la prontezza del rimbalzo avvenuto dopo lo scoppio della pandemia, ed anzi ha visto una decelerazione nel corso del 2021 sia sul versante della produzione industriale che su quello della domanda interna. L’economia cinese, pertanto, è il grande punto interrogativo del 2022, ed in particolare ci si chiede se la Cina sarà in grado di effettuare un soft landing su livelli di crescita soddisfacenti del 4-5% annui, oppure si posizionerà su livelli più bassi, in ciò generando una sorpresa negativa. Non è un caso, infatti, che i tassi cinesi abbiano subito una limatura nel corso del 2021, a differenza di quelli europei ed americani.
Il grande tema che dominerà almeno la prima parte del 2022 è l’inflazione, che è balzata su livelli che non venivano segnati da almeno trent’anni nelle economie occidentali, che sono ascrivibili alla presenza di più variabili contemporaneamente. Innanzitutto dal rincaro delle materie prime e dall’aumento dei prezzi per il trasporto, come accaduto nei noli marittimi che hanno visto un grande balzo, soprattutto per i container. A questi due elementi, comuni a tutte le economie, negli Stati Uniti si aggiunge l’aumento dei salari medi, che ha raggiunto percentuali del 6% come non accadeva da un trentennio.
Da ultimo, rimane sostenuta la domanda interna, anche in questo caso maggiormente negli Stati Uniti, come testimonia la robustezza delle vendite al dettaglio. Pertanto, il mantenimento di una atteggiamento “risk on” richiederà necessariamente la stabilizzazione dell’inflazione su livelli più contenuti rispetto a quelli degli ultimi mesi, ma non così bassi come quelli a cui ci eravamo abituati nel corso del decennio precedente, quindi con un target del 3% per gli Stati Uniti e del 2-2,5% per quanto riguarda l’Europa, tenuto conto del mutamento del target del 2% medio (e non più come massimo assoluto) concordato dalla Bce per fronteggiare le fasi più gravi della crisi pandemica.
* Cristiano Iacopozzi, docente di Asset Allocation (facoltà di Economia, Università di Siena)