Mercati, il sentiment della settimana. Strette monetarie sempre più vicine
Mentre la fiducia degli investitori sale nella zona Euro, le vendite piovono sui titoli di stato europei. Secondo alcuni analisti, il mercato sta prezzando troppo la sua scommessa sui tassi. In USA scontati cinque rialzi nel 2022.
Titoli di Stato funestati da forti vendite in questo inizio settimana per via di attese che vedono la Bce più aggressiva nel contrastare l’inflazione, con un conseguente anticipo temporale nel rialzo dei tassi di interesse. E così, il rendimento del Bund decennale è salito stamattina fino allo 0,24%, e i rendimenti del Btp decennale italiano sono arrivati all’1,89%.
A pesare sul sentiment generale sono i timori di una brusca stretta monetaria da parte della Bce e di una riduzione delle misure di protezione adottate dalla banca centrale sul debito della zona euro. Tutto questo, pertanto, oltre a ridurre lo slancio dell’economia farebbe riemergere la differente “qualità” del debito di Italia e Spagna rispetto a quello dei c.d. frugali. In più, in Italia si avverte un senso di incertezza sulla tenuta della maggioranza e soprattutto sulla permanenza di Mario Draghi alla guida del governo. Ne è ampia dimostrazione lo spread Btp-Bund, che nel frattempo si è allargato a ben 165 pb, trainato anche dalle dichiarazioni di Klaas Knot, presidente della Banca centrale olandese e membro del consiglio direttivo della Bce, che ha manifestato pubblicamente le sue aspettative per un primo aumento dei tassi di interesse già a Settembre, e per un secondo aumento nella primavera del 2023. Knot ha aggiunto che l’inflazione dell’area euro, arrivata al record del 5,1% lo scorso mese, è in gran parte “esogena” e ciò confermerebbe che il mercato sta scontando troppo i rialzi, prezzando già oggi 50 punti base entro la fine dell’anno.
Nonostante ciò, la fiducia degli investitori della zona euro è salita in questo primo scorcio di Febbraio, grazie alla maggiore stabilità della situazione economica mondiale, ma si comincia a sentire una certa mancanza di slancio che alla lunga evidenzierà la carenza di aspettative di miglioramento.
Negli Stati Uniti, il protagonista di questa settimana è l’indice dei prezzi al consumo del mese di Gennaio, che sarà pubblicato dal dipartimento del Lavoro Usa il prossimo 10 febbraio e costituisce un oracolo per la determinazione dell’andamento dell’inflazione. Secondo le anticipazioni, il dato sarebbe salito di più del 7% su base annua (come mai si vedeva da febbraio 1982). Sembra però che, anche in USA, il mercato abbia scontato più strette monetarie di quelle che molti analisti hanno previsto per il 2022 (si parla di cinque interventi), e al momento stia già dando probabile un aumento di 50 punti base già nella riunione di marzo, anche per via dei dati sfavillanti del report occupazionale Usa di gennaio, che ha evidenziato una crescita dei nuovi posti di lavoro (467.000 unità) di gran lunga maggiore del dato previsionale di 150.000.