Novembre 3, 2024

La Fed rallenta l’economia per spegnere l’inflazione. Titoli growth giù, ma i value fanno peggio

Investitori USA alla ricerca di occasioni scommettono in titoli tecnologici a forte crescita, mentre la Fed combatte per rallentare l’economia statunitense e domare l’inflazione rovente.

I titoli c.d. growth, quelli cioè legati alla crescita dell’economia o dei singoli settori di appartenenza, nell’ultimo decennio hanno sbaragliato i loro concorrenti value, ma hanno subito il peso maggiore della svolta “da falco” della Federal Reserve, con l’indice Russell 1000 Growth in calo di oltre l’11% da inizio anno. Al contrario, le azioni value, spesso definite come azioni negoziate a sconto rispetto al loro valore totale, sono state sostanzialmente piatte nell’arco dell’anno. Alla base di queste mosse, c’è la percezione che la lotta della Fed contro l’inflazione manterrà i tassi di interesse in aumento, erodendo i flussi di cassa futuri su cui i titoli growth basano la loro valutazione. Le azioni value, nel frattempo, hanno trovato sostegno da un’economia forte e dall’aumento dei prezzi delle materie prime.

Questa dinamica potrebbe cambiare se l’inasprimento della politica monetaria della Fed rallentasse l’economia, poiché ciò aumenterebbe l’attrattiva dei titoli growth per alcuni investitori che credono che i loro profitti dipendano meno da una più ampia forza economica. Per la cronaca, la Fed ha aumentato i tassi di interesse di 25 punti base il mese scorso, e ha accennato ad aumenti più consistenti in futuro. Pertanto, le aspettative di una Fed aggressiva hanno trasformato brevemente in negativo lo spread tra i rendimenti dei Treasury a 2 e 10 anni, un fenomeno che è spesso visto come un’indicazione di preoccupazioni per la crescita economica. Infatti, le recessioni hanno seguito sei delle ultime sette inversioni della curva dei rendimenti dal 1978, per cui la statistica non ci sorride. In particolare, i titoli growth hanno avuto la tendenza a sovraperformare nei sei mesi successivi alle inversioni della curva dei rendimenti, con l’indice Russell 1000 Growth aumentato in media del 6,4% durante tali periodi dal 1978, rispetto a un guadagno del 4,4% per i titoli value. I titoli growth, poi, sono diminuiti in media dello 0,6% durante le recessioni, mentre i titoli value sono diminuiti in media del 6,8%.

Infine, il Russell 1000 Growth Index è aumentato del 320% negli ultimi 10 anni, rispetto a un aumento del 145% per la sua controparte incentrata sul valore (value). Per questi motivi, nonostante la maggiore incertezza geopolitica, l’aumento dei prezzi delle materie prime e le preoccupazioni per una Fed più aggressiva abbiano rallentato i tentativi di recupero o di riduzione delle perdite di borsa realizzate da inizio anno, gli investitori hanno continuato ad alimentare con incrollabile fiducia i fondi-indice che replicano gli indici azionari a forte crescita, come quelli del settore sanitario e del settore tecnologico a grande capitalizzazione (Microsoft soprattutto), poiché l’atteggiamento “da falco” della Fed potrebbe causare un rallentamento dell’economia ed una forte correzione dei titoli value. E’ ormai chiaro, infatti, che la Fed abbia come priorità quella di combattere l’inflazione, e che l’unico modo per farlo è rallentare la domanda.

Alcuni analisti di Wall Street sono scettici su un rimbalzo dei titoli growth, soprattutto perché i rendimenti obbligazionari continuano a salire vertiginosamente. I rendimenti del Treasury decennale statunitense hanno recentemente raggiunto il 2,71%, il livello più alto dal 2019. Pertanto, il periodo di tassi di interesse estremamente bassi – che è stato molto positivo per i titoli growth e molto impegnativo per gli investitori value – sembra essere arrivato al capolinea, ed è probabile che la strada da percorrere adesso sia diversa, ridando un discreto spazio anche alle strategia di scelta basate sul valore. In ogni caso, sarà importante scegliere i titoli giusti. Alcuni gestori americani, per esempio, hanno ridotto la propria esposizione nei titoli energetici, trasferendo la liquidità in titoli di aziende di software come Adobe e SalesForce, che si prevede saranno in grado di aumentare i prezzi anche in un contesto di continua inflazione elevata.

In definitiva, i titoli growth che stanno davvero soffrendo sono quelli più speculativi, ma ce ne sono molti altri che andranno bene indipendentemente dal ciclo dell’economia, assumendo ufficialmente per la prima volta il ruolo di “anticiclici”.

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