L’inflazione italiana prende fiato ad aprile, ma il trend rimane al rialzo
Le riduzioni delle tasse governative su energia e carburante sono riuscite a fermare l’aumento dell’inflazione complessiva solo temporaneamente. Possibile una stabilizzazione dell’indice dei prezzi al consumo dopo il secondo trimestre.
Di Adriana Cardinale*
Il rallentamento dell’economia italiana nel primo trimestre ha ceduto il passo ad una lieve contrazione, quando l’impatto della guerra in Ucraina ha aggravato altri fattori negativi che avevano già colpito consumatori e imprese. Nonostante le misure compensative messe in atto dal governo, pertanto, sembra altamente probabile una recessione tecnica.
La stima preliminare del PIL del primo quadrimestre 2022 indica una contrazione dello 0,2% su base trimestrale (+5,8% il dato annuale mese su mese), in linea con le aspettative di consenso. Sebbene i dati non lo abbiano ancora confermato, pare che la domanda interna abbia dato un contributo positivo alla crescita trimestrale, soprattutto grazie alle costruzioni – alimentate dai bonus, ogni città è un grande cantiere – ma a frenare sono state le esportazioni nette e i consumi privati, questi ultimi rallentati dalla diminuzione del reddito reale dei consumatori e del livello di fiducia, che ha raggiunto il livello più basso da Novembre 2020.
A livello di macro-settori, è andata bene l’Agricoltura, stabile l’Industria e male il settore dei servizi, ed è possibile che il consuntivo economico del terzo trimestre alla fine sarà uguale a quello precedente, nonostante le misure introdotte dal governo per stemperare gli effetti di una inflazione elevata di lontana memoria – neanche gran parte dei millennials se la ricordano – e del caro-energia che peserà molto quest’anno sull’equilibrio finanziario delle famiglie. Del resto, anche la fiducia delle imprese è ai minimi termini, dal momento che la bassa disponibilità di attrezzature e materiali è ancora di ostacolo alla produzione. Inoltre, la fiducia dei consumatori è nuovamente scesa, sebbene una buona novella sembra arrivare dal settore turistico, che per questa estate e inizio autunno si prevede in grande crescita.
Nel dettaglio, secondo l’ISTAT l’inflazione ad Aprile si è abbassata al 6,2% su base annua dal 6,5% di Marzo), grazie alla riduzione temporanea della tassazione sui carburanti e sui prezzi regolamentati dell’energia, ma senza queste misure l’inflazione complessiva sarebbe aumentata di nuovo. Le pressioni inflazionistiche maggiori provengono dal comparto energia (+42,4%) e dai generi alimentari (6%), mentre nei servizi il tasso di inflazione è stato solo del 2,1%. Le previsioni degli economisti indicano probabili ulteriori pressioni sul fronte dell’inflazione core, dal momento che le imprese riverseranno sui prezzi alla produzione i maggiori costi che hanno ridotto i margini di profitto. Di conseguenza, il governo sarà sottoposto a crescenti pressioni politiche per allargare i cordoni della spesa pubblica e compensare famiglie e imprese, magari prorogando fino a giugno i tagli alle tasse sui carburanti. Questo – attenzione – non farebbe diminuire l’inflazione, ma solo farla stabilizzare intorno al 6,5%, salvo nuovi e più gravi sviluppi dalla guerra in Ucraina e dal caro-petrolio/gas.
In definitiva, il dato peggiore di tutti è quello del sentiment, ossia cosa frulla per la testa degli investitori e cosa sentono “di pancia” i consumatori: nessuno di loro riesce ad abituarsi all’idea di una guerra combattuta sul campo, che si riteneva essere ormai un retaggio del secolo scorso, una cosa da raccontare a figli e nipoti. Invece, di fronte all’atteggiamento della Russia di Putin – e per alcuni anche dell’Ucraina e di Zelensky, ma non entriamo nel merito – persino la Cina ci sembra un tranquillo approdo di pace, equità sociale e democrazia progressista.
* Segreteria di redazione P&F