Le previsioni economiche, la costruzione del consenso e il “disordine finanziario”
L’industria finanziaria ha tra i suoi obiettivi prevalenti la “costruzione del consenso” che riflette il mondo che vorremmo avere e non quello che in realtà abbiamo. A rischio i principali motori di crescita dell’economia mondiale.
Di Maurizio Novelli*
L’economia globale procede spedita verso una recessione, di cui non è possibile prevedere la profondità. dato che tutto quello che viene elaborato dalle banche d’investimento o dal Fmi si basa su modelli econometrici che non tengono conto di cosa può accadere alle variabili finanziarie; come nel caso degli asset illiquidi non monitorati da alcun modello, che oggi hanno una dimensione pari al 45% del Pil Usa. Per rendersi conto di questo, basta guardare alle previsioni di consenso elaborate dal Fmi prima delle crisi del 2001 e del 2008. Tutte previsioni ottimistiche, salvo che l’impatto sull’economia provocato dal disordine finanziario è stato devastante.
L’industria finanziaria ha tra i suoi obiettivi prevalenti la “costruzione del consenso” che, nella maggior parte dei casi, riflette il mondo che vorremmo avere e non quello che in realtà abbiamo. Quello che abbiamo dipende prevalentemente dalle politiche che implementiamo e che spesso procurano conseguenze spiacevoli , nascoste fino alla fine. D’altronde, il concetto di negazione della realtà è descritto da Freud come una “forma di difesa del mio equilibrio interiore” (Freud, La negazione – 1925), e appare del tutto normale che il sistema applichi alla lettera tale principio, esattamente come tendono a fare gli individui. I mercati finanziari costituiscono un esempio di “difesa del mio equilibrio interiore” di tipo collettivo, cercando di ritardare il più possibile ogni riconoscimento di eventuali cambiamenti di contesto che possano turbare gli animi.
In base a questo atteggiamento, si può cercare di prevedere quello che accadrà in base a ciò che si vede, anche se il vero concetto di rischio, nel mondo della finanza come nella vita quotidiana, dipende spesso da ciò che non si vede. È proprio nei rischi non monitorati, o ignorati a volte volontariamente, che si nascondono gli eventi negativi. Questo è quello che è sistematicamente accaduto in tutte le crisi economiche e finanziarie della storia. Il consenso tende a concentrare le proprie attenzioni su quello che tutti sanno già, costruendo un contesto psicologico di sicurezza che le cose siano effettivamente così: la cosa più importante è che la maggioranza ci creda. Infatti, nel momento in cui la fiducia nella narrazione cede, si innesca il cedimento del consenso. In questo momento, appare sempre più evidente che tutti sono molto concentrati nel formulare previsioni che possano essere conformi alle posizioni detenute dagli investitori, al fine di generare “la forma di difesa del mio equilibrio interiore”, ovvero «dimmi solo quello che voglio sentirmi dire».
Pertanto, nell’analizzare “ciò che non si vede” (e che non crea consenso), è opportuno sbilanciarsi in previsioni di scenario molto diverse da quelle narrate finora:
1) la dimensione dei rischi finanziari non monitorati nel sistema non è mai stata così elevata nella storia. Tali rischi sono sparsi nel sistema attraverso il canale dei Private Markets che hanno raggiunto la dimensione di 9 trilioni di dollari, pari al 45% del Pil Usa a fine 2022. La maggior parte di tali asset è detenuta dallo Shadow Banking System, che non è sottoposto ad alcuna sorveglianza significativa da parte dei regulators;
2) tali asset sono totalmente illiquidi (si veda il recente caso di blocco dei riscatti dei fondi Blackstone per un importo complessivo di 120 mld di dollari) e possono produrre effetti di contagio sugli asset più liquidi se si manifestano esigenze di liquidità da parte di chi li detiene (si veda il caso dei Fondi Pensione UK);
3) una eventuale recessione, provocata da politiche mirate a frenare l’inflazione, potrebbe accentuare i problemi recentemente emersi in tali segmenti del mercato finanziario. Poiché durante una recessione il principale problema è sempre connesso alle esigenze di liquidità di coloro che hanno investito in strumenti illiquidi, l’allocazione di ingenti investimenti su tali asset può accentuare un eventuale credit crunch di sistema, esattamente come nel 2008;
4) gli investimenti illiquidi sono privi di un reale prezzo di mercato, e rendono difficile l’utilizzo di tali asset come collaterale da fornire a eventuali prestatori di ultima istanza. La Fed dovrebbe chiedere al Congresso l’autorizzazione ad acquistare partecipazioni in Private Equity, Private Credit e Real Estate Funds a valori difficilmente verificabili;
5) l’attuale struttura del mercato finanziario fa pensare che ci sono elevate probabilità di Balance Sheet Recession, ossia esigenze di deleverage da parte di intermediari ed investitori che possono impiegare tempi molto lunghi per essere realizzate, sia per la dimensione accumulata che per l’illiquidità evidente di tali posizioni;
6) una probabile recessione potrebbe anche essere “poco profonda”, come si tende a far credere. La manipolazione di mercato e dei dati può essere un meccanismo per attenuare il panico. In questi ultimi mesi i dati sul Pil Usa, sull’occupazione e sul paniere dell’inflazione rilevata fanno storcere il naso a chi li sa leggere. Ma quello che può essere un vero problema, è un eventuale scenario di stagnazione, abbastanza compatibile con una situazione di Balance Sheet Recession. In questo caso si delinea uno scenario “giapponese” per le economie occidentali, indipendentemente da quello che la Fed farà sui tassi d’interesse.
* Gestore del fondo Lemanik Global Strategy Fund