Aprile 16, 2024

Intatto lo scenario di ribasso per i mercati azionari. “Sell on rally”

Considerare transitorio lo scenario inflazionistico è molto rischioso per il posizionamento strategico di portafoglio, poiché l’inflazione procurata da eventi geopolitici e macroeconomici non può essere gestita dalle banche centrali.

Di Maurizio Novelli*

Mentre tutti credono che il futuro dell’inflazione possa dipendere solo dall’andamento dei prezzi del gas e del petrolio, altri fattori di rischio si stanno delineando all’orizzonte, ponendo diversi ordini di interrogativi. Infatti:

1) cosa succederebbe se tra sei mesi finisse la guerra in Ucraina e iniziassero le discussioni sulla ricostruzione? I prezzi delle materie prime salirebbero ancora prima che venisse speso un Euro per ricostruire il Paese. L’Europa sarebbe all’epicentro del problema, dato che si trova in prima linea nei progetti di intervento. La ricostruzione dell’Ucraina e la sua successiva integrazione nell’economia europea, avrebbe lo stesso effetto dell’integrazione dell’economia della Germania dell’Est nella Germania Ovest. Se qualcuno non si ricorda cosa è successo dopo la caduta del muro, può sempre andare a vedere il grafico del Marco tedesco e del bund in quel periodo (tassi su, DM forte, DAX in ribasso);

2) cosa succederebbe se la Cina superasse definitivamente la pandemia, come già avvenuto in Occidente, e l’economia procedesse a un full reopening? La riapertura dell’economia cinese avrebbe un effetto reflazionistico, i prezzi delle materie prime salirebbero e l’inflazione globale salirebbe ulteriormente.

3) cosa succederebbe se la global value chain, attualmente super concentrata in Asia, venisse rivista verso un approccio più locale o regionale, al fine di proteggersi da futuri eventi geopolitici? Probabilmente i costi produttivi salirebbero, dato che Est Europa e America latina, a parità di costi di manodopera, hanno una colossale carenza logistica a supporto della produzione rispetto a quella cinese. Costruire nuove infrastrutture per supportare una nuova value chain farebbe salire i prezzi di materie prime ed energia in tutto il mondo, come già avvenuto durante la fase di sviluppo in Cina.

Pertanto, l’unico scenario conforme con un’inflazione in discesa è quello compatibile con una recessione. Prima sarebbe “utile” avere una recessione e poi, per uscirne, potremmo ripartire da Cina e ricostruzione post bellica. Puntare ad un soft landing adesso vorrebbe dire esporsi ad un nuovo shock inflattivo con ulteriori pressioni sui tassi e seri problemi di sostenibilità del debito pubblico ma soprattutto privato. La decisione più saggia sarebbe quella di sgonfiare gli asset finanziari e raffreddare l’economia con una breve recessione. Qualsiasi tentativo di contrastare questo scenario non farebbe che accrescere i problemi e renderebbe sempre più complicato il lavoro dei policy makers, allungando l’agonia ribassista sui mercati finanziari ed esponendo il sistema ad un ciclo inflazionistico devastante e di lungo periodo.

Consenso: no recessione, inflazione giù e tassi in significativa discesa

A questo punto, posizionarsi per uno scenario inflazionistico transitorio è molto rischioso, dato che ci sono in atto fenomeni strutturali sull’inflazione procurati da eventi geopolitici e macroeconomici tali che non possono essere gestiti dalle banche centrali. Credo quindi che il picco dei tassi d’interesse sarà molto più legato ai rischi di recessione che al picco, probabilmente transitorio, dell’inflazione. I tassi quindi rimarranno tendenzialmente più alti di quanto oggi sconta il mercato, salvo che non ci arrivi addosso una recessione “non tecnica”, con conseguente decisa revisione al ribasso degli utili societari. Quindi, le attese di un ritorno al contesto “anomalo” di tassi bassi e QE richiederebbe un ulteriore shock negativo sul fronte economico. Per questo motivo lo scenario di ribasso per i mercati azionari rimane intatto e il recente ampio rimbalzo, costruito su scenari improbabili, è un “sell on rally”. La nostra strategia sull’Equity rimane decisamente negativa e si confermano i livelli di discesa indicati in precedenti note mensili.

Il problema della potenziale ricostruzione post bellica è un elemento di rischio sui tassi Ue sottovalutato dai mercati. La Bce sarà decisamente più restrittiva delle attese e produrrà un overshooting sull’Euro vs dollaro Usa per contrastare l’inflazione importata da un ulteriore aumento delle materie prime. L’attuale posizione long sui mercati UE rischia di essere sgretolata da tassi più alti delle attese. Nell’operazione di “ricostruzione” non acquisterei il mercato azionario Ue ma solo le società legate ad infrastrutture e materials che potrebbero beneficiare dell’evento. Per molti altri settori, non strettamente legati al processo di ricostruzione, peseranno tassi più alti e costi più alti a causa di un’inflazione persistente. La Bce, a un certo punto, sarà più aggressiva della Fed e anche l’Euro più forte peserà sulla redditività delle aziende UE estremamente dipendenti dall’export. Non credo quindi a nessun decoupling tra i mercati Usa ed Europa secondo la narrazione oggi circolante, che ha portato ad accumulare ingenti posizioni long su Eurostoxx e DAX. Il mercato sarà molto più selettivo e ad alta dispersione settoriale.    

Non avrei poi tutta questa fretta di riempirmi di bonds a lunga scadenza sugli attuali livelli dei tassi, in particolar modo sull’area Euro. Lo scenario post bellico imprimerà ulteriori pressioni al rialzo sui tassi Bce e credo che le opportunità di acquisto potrebbero verificarsi a rendimenti più elevati di quelli attuali. La Bce sarà costretta a mantenere un atteggiamento restrittivo anche quando la Fed si avvicinerà al picco dei tassi. L’attuale forza di dollaro rischia di non durare e, dovendo scegliere un’allocazione valutaria per i prossimi due/tre anni, preferirei avere Euro, CHF e JPY rispetto al dollaro. L’Oro sarà supportato da uno scenario globale di inflazione strutturale più alta e dollaro debole, provocato da una Bce più restrittiva delle attese e Boj che uscirà dai tassi zero. L’attuale resistenza dei mercati azionari ad ulteriori ribassi è basata su scenari di un ritorno alle politiche monetarie “non convenzionali” con tassi in discesa, mentre l’economia continuerebbe a crescere e l’inflazione scenderebbe al 2%. Francamente, appare alquanto difficile immaginare che, con la fine del conflitto in Ucraina e la riapertura dell’economia cinese, l’inflazione possa scendere con l’economia in crescita, mentre le banche centrali sarebbero pronte ad avviare una discesa dei tassi. Non c’è nessuna coerenza logica in questa narrazione e l’era del caos è appena iniziata.

* Gestore del fondo Lemanik Global Strategy Fund

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