L’inflazione non va accettata, ma conosciuta in tutte le sue conseguenze per le singole aree d’affari
E’ assai opportuno utilizzare lo strumento della formazione per alimentare la conoscenza del fenomeno inflattivo, non solo sotto il profilo macroeconomico, ma anche in tutte le sue conseguenze sulle diverse aree d’affari.
Di Giuseppe G. Santorsola*
Il cambiamento è storico e sconosciuto per quasi tutti i dipendenti e collaboratori delle banche: dagli anni ’80 e dal controllo dell’inflazione, i tassi erano scesi costantemente. Nel 1990, gli emittenti pubblici migliori hanno preso in prestito al 10%; nel 2000, al 5%; nel 2010 al 2%; e ad un tasso leggermente negativo nel 2021. Con il 2022 i tassi hanno ripreso a salire, fino ai livelli di quarant’anni prima.
Ciò premesso, è necessario analizzare il fenomeno che presenta alcune caratteristiche strutturali consuete e talune diversità ai più sconosciute. In particolare, si è manifestata l’ipotesi della stagflazione. Questa è una condizione non troppo frequente del ciclo economico, nel quale si registrano contemporaneamente una elevata inflazione e una crescita bassa o nulla. Il termine fu utilizzato per la prima volta nel 1965 in Gran Bretagna per descrivere “il peggio delle due parole”, non solo l’inflazione da una parte e la stagnazione dall’altra, quanto una combinazione delle due con sommatoria algebrica negativa.
È difficile per le Banche Centrali contrastare un fenomeno senza alimentare l’altro. Per mitigare la crescita dei prezzi, la Banca Centrale può intervenire sulla quantità di moneta circolante all’interno dei sistemi economici e sul tasso di interesse. Ciò può avvenire attraverso una contrazione dell’acquisto di titoli di stato. Questi, infatti, vengono effettuati tramite moneta che poi entra all’interno dei circuiti economici. Riducendo questi acquisti (praticando quindi una politica monetaria restrittiva), si riduce la moneta circolante e automaticamente aumentano i tassi di interesse praticati nel sistema economico. Questo porta a una riduzione dei consumi e degli investimenti. Di conseguenza si ha una decrescita dei prezzi del mercato e un’inversione della pressione inflazionistica. Bloccare i consumi significa però andare direttamente a incidere sulla crescita del Pil, che in una situazione di stagflazione è già in rallentamento. Il tutto si va a riflettere sul tasso di disoccupazione, che chiaramente in condizioni in cui l’economia è in difficoltà continua a salire.
E’ necessario evidenziare come Banche Centrali, mercati ed operatori economici tendano a rifiutare l’ipotesi di una stabilizzazione delle condizioni inflazionistiche. Un atteggiamento ottimistico, secondo alcuni forzato, ha certamente aiutato la compressione di molte conseguenze. Resta il fatto che l’ottimismo di per sé non è sufficiente, sebbene sia un fattore comportamentale necessario per non abbandonarsi alla mera accettazione del fenomeno, che tende ad avvitarsi nel proprio sviluppo e a dispiegarsi in modo asimmetrico e, quindi, con modalità “socialmente pericolose”; invece, è assai opportuno utilizzare lo strumento della formazione per alimentare la conoscenza del fenomeno, non solo sotto il profilo macroeconomico, quanto per tutte le sue conseguenze sulle diverse aree d’affari tradizionali.
Pertanto, sono necessarie idonee conoscenze operative in merito a:
– l’impatto operativo delle diverse misure assunte dalle Banche Centrali sulle soluzioni di risparmio e di investimento nei confronti della clientela;
– le conseguenze dell’inflazione sui mercati finanziari ed i relativi strumenti tradizionali più diffusi;
– una approfondita conoscenza degli strumenti finanziari emessi con caratteristiche idonee a difendere i risparmiatori nell’attuale scenario;
– la gestione di portafogli della clientela in presenza di titoli con quotazioni in forte ribasso;
– l’impatto sulle politiche del credito nelle sue diverse forme;
– l’analisi delle possibilità offerte da alcuni investimenti alternativi, comunque idonei per la clientela retail;
– le soluzioni più efficaci nel contesto dei sistemi e degli istituti di pagamento;
– l’applicazione dei principali strumenti di analisi del rischio e del rendimento degli strumenti finanziari con esercitazioni pratiche e test di verifica.
Tutte queste opportunità si coniugano con metodi didattici “blended”, in parte a distanza e in parte necessariamente in presenza. La finalità è quella di rassicurare i partecipanti, per poter affrontare al meglio le evidenti e naturali incertezze della clientela.
* Professore Ordinario di Asset Management, Corporate Finance e Corporate & Investment Banking presso l’Università Parthenope di Napoli