La mente umana e i bias cognitivi nelle decisioni di investimento: mai silenziare il “Sistema 2”

Nel processo cognitivo la mente umana si lascia guidare da due “sistemi” aventi funzioni differenti, entrambi necessari per prendere decisioni senza farci dominare dagli istinti primordiali e senza crearci inutili complicazioni.
Di Giovanni Tommaso Olivieri
In un precedente articolo pubblicato su P&F abbiamo già affrontato i due bias (errori) principali in cui la nostra mente cade durante il processo di investimento in strumenti finanziari: il bias di disponibilità, ovvero quel processo mentale per il quale tendiamo a prendere in considerazione gli eventi più recenti come veri ed assoluti rispetto a quello che accadrà nel futuro, e l’overconfidence bias, che si manifesta quando siamo talmente sicuri del nostro operato passato e dei nostri schemi mentali da ritenere corrette e prive di errori tutte le operazioni future.
Secondo Daniel Khaneman – Premio Nobel per l’Economia nel 2002 – nel processo cognitivo la mente umana si lascia guidare da due “sistemi” aventi funzioni differenti, il Sistema 1 ed il Sistema 2. Il primo è quello che svolge le mansioni per così dire automatiche: parlare con il passeggero mentre guidiamo un’auto su una strada libera e senza ostacoli, rispondere a quesiti elementari (“quanto fa 2+2…?”) senza bisogno di alcuna riflessione, digitare il numero di telefono del nostro smartphone (a meno che non abbiate appena cambiato numero), chiamare per nome il vostro cane che sta urinando sulle rose del vicino ed altri comportamenti, catalogabili tra quelli che utilizzano i c.d. pensieri rapidi. Il Sistema 2, invece, è quello che governa i pensieri per i quali è richiesta una maggiore concentrazione e la necessità di estraniarsi dagli automatismi, al fine di analizzare ciò che sta succedendo in quel preciso istante: svolgere una operazione matematica complessa, rispondere in modo appropriato durante un colloquio di lavoro, spiegare a qualcuno la teoria della relatività di Einstein etc (i c.d. pensieri lenti). Entrambi i due sistemi sono necessari per proseguire la nostra esistenza senza farci dominare dagli istinti primordiali e senza crearci inutili complicazioni, così permettendoci di svolgere mansioni semplici e necessarie in automatico.
Ebbene, la mente umana utilizza i due sistemi a seconda delle circostanze e si trova alla continua ricerca di un giusto bilanciamento tra pensieri rapidi e pensieri lenti, e deve evitare che un sistema prevalga sull’altro togliendo razionalità alle decisioni di particolare rilevanza. I bias cognitivi, sfortunatamente, si inseriscono perfettamente all’interno dei due sistemi, creando scompiglio nel “Sistema 2”, ossia in quello che dovrebbe rappresentare per la mente umana un momento di pura analisi e ragionamento, strumentale a non commettere errori anche fatali.
Tra i più interessanti si annovera la “Paura del rimpianto” o herding behaviour, un bias molto diffuso che opera nella nostra mente quando decidiamo di non compiere o compiere un azione per paura che questa sviluppi in noi una sorta di rimpianto. In finanza, questo accade quando, per esempio, una persona decide di non vendere un prodotto finanziario (azioni, obbligazioni, ETF, fondi, etc) o, al contrario, di comprare uno di questi prodotti senza un attenta analisi dell’azione che si sta compiendo. A causa di questo bias, per smarcarci da una assunzione di responsabilità verso noi stessi – e quindi da una scelta più
razionale verso la quale temiamo di provare poi rimpianto – prendiamo per buono il comportamento di massa. Se questa scelta dovesse rivelarsi sbagliata, il soggetto tenderà in automatico ad attribuire l’errore al gruppo, così attenuando il rimpianto di aver compiuto quell’azione. Questo bias agisce soprattutto nei momenti di incertezza di mercato, quando troviamo più conveniente osannare i gestori di una singola casa d’investimento senza prima aver valutato tutte le opzioni disponibili sul mercato, o comunque senza aver approfondito analiticamente la parte statistica e delle scelte da mettere in campo.
Un altro bias degno di nota è il c.d. Mental Accounting. Ognuno di noi, studiandolo, riconoscerà di avere agito almeno una volta nella vita seguendo questo bias. Il Mental Accounting è definito così poiché ognuno di noi elabora nel tempo, quasi in maniera automatica, una sorta di “contabilità mentale”, in base alla quale suddividiamo i risparmi/guadagni in categorie differenti. In parole semplici, i soldi che ricaviamo dal nostro lavoro, al quale abbiamo dedicato una parte importante del nostro tempo e dei nostri sforzi, vengono solitamente considerati come una parte del patrimonio da difendere, e quindi siamo tentati di investire quel denaro in strumenti a basso rischio/volatilità. Invece, il guadagno derivante da una
vincita o da un lavoro che ha richiesto poco impegno è visto nella maggior parte dei casi come la parte da “scialacquare”, e quindi è più probabile che venga investito in strumenti più ad alto rischio, oppure utilizzato per spese poco utili al nostro sostentamento ed alla nostra sicurezza. Questo bias, oltre ad essere uno dei più frequenti è anche il più gestibile, soprattutto se ci si avvale di un professionista che ci aiuti a non silenziare il Sistema 2 e a farci assumere, in ogni campo (come in quello finanziario), decisioni razionali o comunque adottate grazie ad un percorso di attenta analisi delle migliori opzioni disponibili.