Novembre 3, 2024

Dematerializzazione delle quote di SRL: una rivoluzione per PMI, start-up e investitori

Il “DDL Capitali” prevede la dematerializzazione delle quote di SRL, con la quale per le PMI e le startup diventa più facile raccogliere capitali e per gli investitori privati investire nell’economia reale.

Mentre si discute ogni giorno di inflazione e del futuro andamento dei tassi di interesse, una rivoluzione è alle porte nei mercati finanziari. Il testo del c.d. DDL Capitali (“disegno di legge sulla competitività dei capitali”), infatti, prevede la dematerializzazione delle quote di SRL, ossia della forma giuridica societaria più diffusa nell’economia reale italiana ed europea.

Il DDL Capitali è una riforma che di fatto semplifica i vincoli burocratici e incentiva le operazioni di quotazione societaria. All’art 3 c’è la previsione relativa alla possibilità (quindi su base volontaria e non obbligatoria) di dematerializzare le quote delle Srl, come già previsto per altri strumenti finanziari. Pertanto, le quote delle Srl potranno assumere forma scritturale e la società emittente potrà richiedere l’assegnazione del codice Isin – il codice internazionale che identifica in maniera univoca gli strumenti finanziari – con conseguente inserimento dello strumento finanziario nel conto titoli detenuto dai singoli investitori presso i propri Istituti di credito. La semplificazione nella circolazione dello strumento finanziario favorisce anche la creazione di un mercato secondario – su piattaforme debitamente autorizzate dall’Autorità Finanziaria – e conseguentemente la “liquidabilità” dell’investimento.

La nuova norma contiene una serie di importanti misure a sostegno del mercato dei capitali in un momento davvero critico, nel quale le PMI incontrano grandi difficoltà di accesso al credito per vie della stretta creditizia e, di conseguenza, hanno bisogno di nuove strade per attuare il finanziamento tramite una maggiore partecipazione esterna di terzi soggetti (gli investitori) al capitale di rischio. E così, con questa rivoluzionaria previsione normativa – che mentre scriviamo si trova a circa metà strada nel suo iter di approvazione – si creerebbe ope legis un nuovo mercato secondario che fa delle quote di Srl una vera e propria asset class da introdurre nei portafogli degli investitori più evoluti, con l’effetto implicito di realizzare un maggior livello di “democratizzazione” degli investimenti e una spinta verso nuovi programmi di educazione finanziaria. Quest’ultima, infatti, è la risorsa imprescindibile per attribuire consapevolezza sul rischio connesso e per far sì che l’investimento nella economia reale – di per sé molto più rischioso di quello in capitale di rischio di grandi aziende – non crei un esercito di investitori scontenti.

L’aspetto del rischio potrebbe essere mitigato dal Risparmio Gestito, che sulla dematerializzazione delle quote di Srl troverebbe nuova linfa e, allo stesso tempo, darebbe all’investimento in economia reale quella implicita sicurezza derivante dalla polverizzazione del rischio, risparmiando al risparmiatore-investitore l’onere di scegliere dove investire senza avere la necessaria preparazione e conoscenza delle aziende su cui investire.

Secondo Antonella Grassigli (nella foto), CEO e Co-Founder di Doorway, “l’entrata in vigore di questo provvedimento rappresenta un’occasione irripetibile per veicolare parte dei 2.000 miliardi di euro dormienti sui conti correnti degli italiani verso l’economia reale, restituendo alla finanza il suo ruolo originario e nobile”. Nella pratica – prosegue Grassigli – gli effetti della dematerializzazione sono dirompenti: il 60% del risparmio italiano è ancora governato all’interno del classico circuito bancario, e le operazioni di acquisto e scambio di quote societarie sono gestite da consulenti finanziari che registrano le operazioni sul conto titoli. Per poter passare attraverso il conto titoli è però necessario che le azioni dispongano di un codice Isin: di fatto con la dematerializzazione le quote delle Srl entreranno per la prima volta nel circuito bancario. Inoltre, finora per PMI e startup la possibilità di scambio delle quote era regolamentata attraverso operazioni autenticate da notai o commercialisti, con relativi costi per il deposito dell’atto di acquisto e la certificazione del passaggio di titoli e azioni. Anche questo passaggio viene eliminato”. “Su tutto – conclude Antonella Grassigli – sarà importante poi scegliere le piattaforme che garantiscano rigorosa selezione delle opportunità d’investimento da parte di operatori in grado di valutare il potenziale di crescita dell’azienda e sostenibilità del suo modello di business, in modo da ridurre il rischio di execution: informazioni che devono essere disponibili per l’investitore, rese di facile lettura e comprensione per favorire un investimento informato e consapevole. La formazione, attraverso la disintermediazione guidata, è quindi un pilastro fondamentale per far crescere i singoli e l’ecosistema in generale”.

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