Mercato dell’arte in recessione imminente. Ecco perchè
Il 2023 è candidato ad essere l’anno in cui anche il mercato dell’Arte conoscerà la sua recessione. Scambi crollati e prezzi in discesa generalizzata, tranne quelli dei capolavori.
Di Alessio Cardinale
Il dibattito sull’eventuale impatto di una recessione sul mercato dell’arte ha trovato conferma nei dati complessivi, ma le cose non sono andate poi così male. Infatti, il primo semestre 2023 ha risentito della “gelata” che ha raffreddato il sistema, e l’ultima asta di Christie’s di giugno, a Londra, ha registrato un calo del 66% rispetto all’anno scorso, ed un calo globale del 23% rispetto al primo semestre 2022. Tuttavia, i risultati del settore del lusso risultano in aumento (+43% per Christie’s), e si è consolidato l’apporto del collezionismo asiatico, grazie al quale il mercato non ha offerto dati peggiori.
Su tutto, sebbene il contesto socio-economico sia estremamente precario, i capolavori della storia dell’arte si confermano un investimento senza ombre, poiché continuano ad aumentare anno dopo anno il proprio valore; ed anzi, una congiuntura come quella attuale li fa apparire ancora di più come bene-rifugio per i clienti più ricchi, i quali hanno beneficiato dei guadagni realizzati dal 2020 al 2022 e non hanno sentito il bisogno di modificare i propri modelli di spesa. Di conseguenza, l’investimento nell’Arte, ancora una volta, non appare connesso alle variabili dei mercati finanziari, manifestando una marcata de-correlazione e una valida funzione di protezione dei grandi patrimoni nei periodi molto difficili come quello che stiamo attraversando.
Tra i momenti più significativi di questo 2023 c’è stata la doppia vendita, a distanza di poco più di un mese, di due grandi opere di Klimt da parte di Sotheby’s. “Lady with a Fan” (99,2 milioni di euro a giugno) e “Island in the Attersee” (48,9 milioni a maggio) sono rispettivamente il secondo e il quinto quadro di Klimt più cari ad essere passati di mano in asta (al primo posto “Birch Forest”, venduto nel 2022 da Christie’s per 104,3 milioni). Per la cronaca, il mercato di Klimt è in crescita da vent’anni, con un indice di prezzo quasi triplicato (da 100 a 268,5, dati Artprice).
Naturalmente, ci si riferisce alle opere d’arte tradizionali, quelle da sfoggiare in una bella parete. L’arte contemporanea speculativa (NFT), invece, rimane altamente volatile e difficilmente può essere considerata come un bene-rifugio. Rispetto all’arte tradizionale, però, ha il vantaggio di essere più “liquida” nel mercato secondario, e non avere quella intrinseca “illiquidità” che costringe i collezionisti ad attendere tempi più lunghi prima di vendere un dipinto in tela e cornice. Ciò dipende dal fatto che nel mercato dell’Arte domina la sfera dei sentimenti e delle emozioni; per cui, se chi compra prova scarso entusiasmo per un’opera, non la comprerà nemmeno se è a buon mercato.
La de-correlazione tra il mercato dell’Arte e quello azionario, tuttavia, non è assoluta. Esiste, infatti, un collegamento tra aumento della ricchezza generata dalle plusvalenze azionarie e aumento degli scambi di opere d’arte, ma c’è uno sfasamento temporale tra le due grandezze: chi realizza grossi guadagni in borsa nelle fasi di mercato al rialzo, comincia a diversificare nell’Arte con un gap temporale di due anni, poiché prima fa di tutto per conseguire il massimo profitto nelle azioni. Al contrario, una congiuntura negativa dell’economia mondiale porterà una diminuzione degli scambi in Arte con un “ritardo” di pari durata. Ebbene, nonostante le borse internazionali abbiano cominciato il loro lungo trend al rialzo nel 2011 – grazie alle continue politiche monetarie espansive messe in atto dalle banche centrali fino al 2021 – gli investimenti alternativi (come quello in opere d’arte) hanno cominciato ad aumentare scambi e prezzi nel 2013. Il 2023, pertanto, è candidato ad essere l’anno in cui anche il mercato dell’Arte conoscerà la sua recessione.
L’aumento rapidissimo dei tassi di interesse, che a lungo sono stati talmente bassi da incoraggiare l’indebitamento per l’acquisto di beni di investimento alternativo, sta altrettanto velocemente riducendo la quantità di denaro in circolazione, e questo certamente influisce sugli scambi di opere d’arte e, molto presto, sui prezzi. Questo ha creato una profonda spaccatura tra i nuovo modelli di business – quelli basati sulla tecnologia e sugli NFT – e i vecchi modelli, e cioè quelli che consentono ad un ristretto gruppo di miliardari e deca-milionari di decretare il successo di un’asta. Costoro, infatti, sono ancora in grado di spendere cifre importanti, ma il crollo dei mercati azionario e obbligazionario ne ha ridotto il numero e la predisposizione all’investimento alternativo. Sotto di loro, in basso, un’orda di venditori che non può far altro che aspettare tempi migliori, tra due o tre anni (se va bene).