Marzo 19, 2025

Perché le riunioni iniziano sempre in ritardo? Problemi e soluzioni per i manager

In occasione delle riunioni, una forza misteriosa sembra costringere il manager ad iniziare ”puntualmente  in ritardo”. Eppure, i rimedi per ottimizzare una riunione sono tanti.

Chi per mestiere, o per necessità, viene invitato a partecipare con regolarità alle riunioni presso i luoghi di lavoro, sa di cosa parliamo: noia, pensieri che volano via verso l’infinito, sogni ad occhi aperti sulla/sul collega di bella presenza, smartphone che vibrano e dita sempre pronte ad aprire lo screen, battute di spirito fuori luogo e manager disperati che cercano di mantenere il focus della riunione sul tema specifico.

Con lo scoppio della pandemia e l’abuso indispensabile delle videoconferenze, poi, questi fattori si sono in un certo senso sublimati, e la possibilità di inibire lo schermo e persino il microfono (pur rimanendo formalmente “dentro” la riunione virtuale) ha creato una nuova generazione di partecipanti-cuochi, partecipanti-babysitter e persino di partecipanti-in-palestra. Tra la fine del 2022 e il 2023, finalmente, il meeting “in presenza” ha ripreso il suo spazio nel coordinamento dei team di lavoro, e con lui anche le vecchie abitudini di partecipazione, tra ritardatari e distraenti cronici.

Cercando di approfondire le cause del disagio da riunione – piuttosto diffuso – la sensazione istintiva, fin dal momento della convocazione,  è quella di essere costretti a dilatare l’orario di lavoro, con buona pace dei propri impegni  quotidiani e delle solide abitudini che, nella loro combinazione, costruiscono la nostra zona di comfort sul luogo di lavoro. In genere, la cultura organizzativa italiana è incline a tollerare il ritardo, e da questa inclinazione, se non si interviene per correggerla, discende una serie di problemi quasi irrisolvibili per coloro che hanno il compito di organizzare e gestire un meeting. Un tempo, quando la pratica regolare della riunione non era ancora diffusa e le decisioni piovevano dall’alto nella forma di ordini da rispettare, per i direttori naturali di fantozziana memoria arrivare in ritardo era quasi un segno di potere e privilegio sui “sottoposti”.

Verso la fine degli anni ’70, il meeting di stampo anglosassone si era già affermato anche da noi, e con esso il sistema di condivisione degli obiettivi che aumentava il consenso dei dirigenti e la produttività dei collaboratori, ma imponeva un nuovo codice di comportamento, in cui la puntualità diventava segno di rispetto per tutti. Purtroppo, in Italia il recepimento di questo strumento di conduzione dei gruppi di lavoro si è sempre scontrato con i costumi nazionali, e questo contrasto tra teoria della puntualità e tolleranza del ritardo si è trascinata fino ai giorni nostri. Infatti, se i ritardatari vengono bonariamente attesi da coloro che sono arrivati in orario, si innesca un circolo vizioso, in base al quale anche la categoria dei “puntuali” sarà implicitamente sollecitata a credere che, in quel gruppo di lavoro, la puntualità non è un valore importante, e potrebbero arrivare in ritardo anche loro in occasione delle riunioni successive, perchè “tanto si può fare”.

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Pertanto, il manager che convoca le riunioni ha un ruolo profondamente educativo, quasi come un genitore con i propri figli; i colleghi, però, non sono figli piccoli a cui impartire ordini, ma adulti di cui guadagnare il consenso. Del resto, organizzare una riunione non è un lavoro da poco. Infatti, bisogna trasmettere informazioni importanti e di prima mano, che diano al team nuovi strumenti di lavoro e vantaggi operativi concreti, sia in termini motivazionali che strettamente commerciali; per cui, l’incontro va attentamente pianificato, con un ordine del giorno adeguato e un programma fisiologicamente ragionevole, adattato alle caratteristiche della maggior parte dei partecipanti: è importante valutare chi dovrà partecipare alla riunione, tutti devono essere coinvolti veramente nell’argomento specifico. Naturalmente, chi coordina la riunione deve essere sempre in orario e chiedere ai partecipanti di avvisare di eventuali ritardi o assenze, che sono il vero ostacolo contro una riunione veramente utile per tutti. Secondo un sondaggio dell’Università della Nord Carolina, condotto su 195 lavoratori statunitensi, più di un terzo delle riunioni inizia dopo l’orario fissato o è in qualche modo disturbato dai ritardatari, con una perdita stimata per le aziende USA di 37 miliardi di dollari l’anno in produttività e ricavi.

Parlando di soluzioni per limitare i ritardi di inizio riunione, la prima di tutte è quella di stabilire un orario  che dia ai partecipanti la possibilità di poter gestire gli imprevisti e di evitare l’uso delle classiche scuse da “ingorgo stradale” o da guasto alla suoneria della sveglia: 9:30/10.00 del mattino, oppure 14.30/15.00 del pomeriggio. La seconda soluzione è quella di comunicare la data e l’ora con largo anticipo, non senza trasmettere un promemoria via e-mail e/o WhattsApp uno o due giorni prima. Inoltre, è importante che il manager condivida con tutti, alla prima riunione, le regole in base alle quali le riunioni successive verranno gestite. Fatto questo, egli avrà la legittimazione a far rispettare tali regole, in nome di tutti, nei confronti di chi è in ritardo. Usare bonarietà nei loro confronti, infatti, potrebbe infastidire i partecipanti puntuali, e creare attorno alle riunioni del manager un clima di sfiducia che non potrà mai essere recuperato.

Il tempo è importante sia all’inizio della riunione, sia alla fine. Prolungare una riunione, per quanto possa sembrare importante al manager, viene istintivamente vissuto come una fastidiosa perdita di tempo, anche perché i partecipanti avranno già altri impegni fissati per il dopo-meeting e inevitabilmente andranno via a riunione ancora in corso, dando a tutti la sensazione che sia finita e che si venga costretti a rimanere. Per questo motivo, anche se la riunione inizia in ritardo, è bene chiuderla lo stesso all’orario previsto.

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