L’attuale costo del debito di sistema negli Usa non è compatibile con un soft landing
I tassi a zero per oltre 14 anni, perseguiti con l’intento di sostenere il sistema, hanno gettato le basi per la sua instabilità di lungo termine.
Di Maurizio Novelli*
Ultimamente, i mercati finanziari iniziano a dubitare del “soft landing“, e sembrano più preoccupati del “higher for longer“. Il timore che la FED non sia disponibile a fare scendere i tassi durante il “soft landing” sta iniziando a intaccare la propensione al rischio. L’industria finanziaria di Wall Street si è particolarmente specializzata nel fabbricare termini che impattano sulla psicologia dell’investitore ma non impattano in nessun modo sui fondamentali dell’economia. La “narrazione” è sempre finalizzata a creare un consenso di massa sui positivi eventi futuri attesi cercando di far passare in secondo piano i problemi strutturali.
In base alle analisi sul ciclo del credito e del debito degli ultimi 15 anni, è particolarmente difficile che il sistema possa avere un soft landing, ed è ancora più difficile che i tassi possano rimanere alti per lungo tempo. L’economia mondiale ha costruito la crescita degli ultimi 10/15 anni sull’uso esasperato della leva finanziaria, sia nel settore pubblico ma in particolare in quello privato. Il sistema non è in grado di reggere un costo del debito ai tassi attuali, dato che i FED Funds al 5,25% non sono il tasso di riferimento del costo del debito del sistema, ma sono semplicemente il tasso minimo di riferimento da cui si calcolano gli spread sul credito. Quindi, per fare un esempio, le carte di credito e il credito al consumo nel suo complesso applicano generalmente un tasso d’interesse basato sui FED Funds, a cui si aggiunge lo spread che deve essere applicato al rating del debitore.
Attualmente, il tasso minimo per un cliente Prime sulle carte di credito è il 22%, per i clienti Subprime è al 27%. Il credito che passa dallo Shadow Banking System e che eroga oltre il 60% del credito all’economia non presta certamente denaro ai tassi del 5,25%. Private Credit, Mutual Funds, Fondi Pensione, Hedge Funds specializzati nel settore dei Loans, prestano a tassi con spreads molto elevati. I Leverage Loans pagano il 15%-20% di tasso d’interesse e il Private Credit eroga in media al 12%-15%. I prestiti auto rendono dall’8% al 15% a seconda del rating del debitore. Il Real Estate ha un costo di finanziamento del 7,5% circa per un cliente Prime, mentre il Commercial Real Estate si rifinanzia al 8%-13% a seconda del rischio del debitore. Poiché l’economia americana, durante l’era del QE, ha emesso in massa credito speculativo ad alto rendimento, il costo del debito di sistema non è quello che passa attraverso il canale bancario, bensì quello che passa attraverso lo Shadow Banking, che ormai costituisce il vero canale del credito all’economia.
L’insostenibilità degli aiuti USA.
Per cercare di contrastare gli effetti della politica monetaria sull’economia, gli Stati Uniti hanno perseguito una aggressiva politica fiscale espansiva, mirata all’erogazione di sussidi alla popolazione e alla sospensione/moratoria dei pagamenti su alcune tranche di debito (si veda il caso degli Student loans). Questa politica fiscale ha smorzato gli effetti restrittivi temporaneamente ed ha consentito di contenere i defaults di sistema. Il continuo scontro sul Debt Ceiling gira attorno alla costante esigenza di supportare un sistema in crisi che non riesce a ripartire veramente. Anche le statistiche relative alla crescita dei redditi reali negli Stati Uniti, che evidenziano un netto miglioramento del potere di acquisto dei privati cittadini, sono in realtà inficiate dagli aiuti governativi erogati in questi anni, che ovviamente non sono sostenibili. Siamo giunti alla paradossale situazione in cui lo stato eroga sussidi per sostenere consumi e credito al consumo, per evitare i default sul credito e per evitare la recessione.
Se il governo americano riduce la politica fiscale espansiva, negli ultimi due anni pari in media al 7% del PIL, l’economia cade in recessione immediatamente. Poiché nel 2024 entriamo in un anno elettorale, sarà molto difficile che un ulteriore accordo sul Debt Ceiling possa essere ancora così espansivo come il precedente. I Repubblicani faranno di tutto per frenare la spesa, procurare un cedimento dell’economia e compromettere le chances di vittoria dei Democratici. Ma a parte le strategie di politica interna, quello che è importante tenere presente è che l’attuale costo del debito di sistema non è compatibile con un soft landing. A questo punto ci troviamo nella critica situazione in cui: 1) il costo di finanziamento all’economia erogato dallo Shadow Banking System è estremamente già restrittivo. 2) le politiche fiscali di supporto non sono sostenibili. 3) i tassi di default stanno iniziando a salire in modo inesorabile. 4) le banche hanno fermato l’erogazione del credito. Quindi il “soft landing“, come ho avuto già modo di evidenziare, può diventare un “hard landing” a causa dell’avvio del deleverage di sistema, oppure, se vuoi frenare il deleverage, si trasforma in un “long landing“.
Per quanto riguarda la narrativa sul tema “higher for longer“, anche qui si parla senza sapere come siamo messi veramente. Il sistema non è in grado di reggere l’attuale livello dei tassi per molto tempo. I vari segmenti del mercato del credito che ho elencato in precedenza hanno già politiche monetarie molto restrittive, quindi il cedimento del ciclo è imminente. Non credo in nessun modo che i tassi possano reggere gli attuali livelli se il contesto nel quale ci stiamo addentrando è quello di una recessione o una lunga fase di deleverage, che produce una stagnazione economica.
Il debito contratto, oltre che avere un costo rappresentato dei tassi d’interesse applicati, ha anche un costo complessivo determinato da quanto PIL devi dedicare al servizio del debito totale di sistema. Se hai un debito pubblico e privato pari al 370% del Pil (Stati Uniti), e il suo costo annuo è pari mediamente al 7%, il costo annuo di quel debito assorbe il 25% del PIL. Tutte le volte che il costo per sostenere il debito raggiunge una percentuale pari o superiore al 20% del PIL l’economia inizia a cedere in modo evidente. Questo è accaduto nel 2001, quando il costo per sostenere il debito contratto dal sistema era pari al 21% del PIL, nel 2007, quando aveva raggiunto il 23% del PIL e ora al 22%. Nei due i casi precedenti i tassi hanno dovuto scendere per evitare un avvitamento deflattivo, dato che nelle ultime due importanti crisi (2001 e 2008), il trigger è partito dal livello di indebitamento del sistema e dal credito speculativo concentrato sul settore driver della crescita, nel 2001 la tecnologia e nel 2008 Real Estate.
Il problema del lungo e recente ciclo del credito innescato dal QE delle banche Centrali è che il credito speculativo si è sparso in vari settori dell’economia e non è più concentrato in un unico driver di crescita. Il Commercial Real Estate ha 3,3 Trilioni di debito outstanding di cui circa il 30% è speculativo, il Venture Capital si sostiene con 1,5 Tr di Leverage Loans (tutto debito speculativo), che sostengono a loro volta le posizioni dei Fondi di Private Equity, che valgono complessivamente 9 Tr di USD (40% del PIL USA), e che operano decisamente a leva, sia attraverso i Leverage Loans sia attraverso il credito speculativo dello Shadow Banking e delle banche. Il credito al consumo, circa 4,5 trilioni di USD, è tipicamente al 25% Subprime.
Un altro problema che caratterizza i cicli del debito e del debito speculativo è che la percentuale di debito a rischio in circolazione, e il suo costo, sale in concomitanza con il cedimento del ciclo dell’economia e il risk off di sistema. Quindi, mentre abbiamo le statistiche ad oggi che ci dicono quanto debito speculativo circola attualmente nel sistema, non sappiamo di quanto aumenta tale importo se lo scenario di recessione o stagnazione si concretizza. Nel momento in cui parte una crisi il costo del debito tende inizialmente a salire, dato che chi presta denaro tende ad essere più prudente e chiede una remunerazione più alta in un contesto di rischio. La politica monetaria esercitata dallo Shadow Banking diventa dunque restrittiva e il costo di credito del sistema in relazione al PIL tende ancora a salire nella fase iniziale della crisi. Si verifica così un overshooting restrittivo che sfugge al controllo della Banca Centrale e che accentua la fase iniziale della crisi. Un’altra caratteristica del ciclo del credito è che è pro-ciclico, aumenta quando l’economia cresce e si contrae quando l’economia entra in crisi, il meccanismo è determinato dalla propensione al rischio del lender. Quindi, mentre i tassi d’interesse incidono sulla domanda di credito, la propensione al rischio dello Shadow Banking e del sistema bancario incidono invece sull’offerta.
Le teorie del “soft landing” e del “higher for longer” si basano sul nulla, dato che nessuno è in grado di valutare come si modifica la propensione al rischio di milioni di operatori in una fase di crisi. Mentre negli ultimi due eventi di crisi (2001 e 2008) i salvataggi di sistema sono stati più facili perché la crisi ha colpito uno specifico segmento del credito (credito speculativo nel settore tecnologico e nel real estate), oggi la situazione è particolarmente complicata perché il credito potenzialmente a rischio è sparso in modo trasversale nell’economia e diffuso in più settori. I tassi a zero per oltre 14 anni, perseguiti con l’intento di sostenere il sistema, hanno gettato le basi per la sua instabilità di lungo termine.
* Maurizio Novelli (nella foto), gestore del fondo Lemanik Global Strategy Fund