Bond Usa e Germania ipervenduti, ora una opportunità di acquisto. Storia di una crisi
L’Europa è in recessione, la Cina è in difficoltà e gli Usa stanno finendo gli stimoli fiscali. La crisi ha una sua storia, e potrebbe durare a lungo. Quali opportunità di acquisto?
Di Maurizio Novelli*
A partire dal 2015 ho iniziato a dubitare fortemente sul modello economico basato sulla “debt driven economy” e sulla sua sostenibilità. Nella primavera del 2015 i mercati hanno iniziato una prima fase di cedimento, ma hanno poi recuperato tutte le perdite grazie alle rassicurazioni che le politiche monetarie sarebbero rimaste espansive, questo al fine di garantire l’espansione della domanda finanziata dal debito e non dal reddito reale. Tuttavia, nel Gennaio 2016 è iniziata la prima crisi cinese, che ha portato i mercati a cedere pesantemente nel corso dei primi mesi dell’anno. La crisi cinese del 2016 era di fatto il prologo di quello che sta ora accadendo in Cina. Per superare l’evento, le autorità di Pechino hanno deciso di rilanciare l’economia proprio sulle politiche che avevano creato questa crisi: investimenti fissi e Real Estate.
Nel 2017, nonostante una crescita economica deludente, borse e credito hanno continuato la corsa sostenuti solo dalle politiche monetarie e sempre meno dai fondamentali. I multipli si sono mantenuti costantemente in zona di sopravvalutazione. Nel corso del 2018, la FED cominciava il tentativo di rimuovere la liquidità dal sistema, ma l’economia evidenziava già segni di evidente rallentamento e il sistema finanziario iniziava a segnalare l’emergere di una crisi sul mercato dei Repo’s, che segnalava stress in arrivo, mentre la curva dei rendimenti puntava ad una inversione recessiva. Il cedimento improvviso del mercato azionario a fine anno, obbligava la FED ad una repentina retromarcia, ricominciando il QE e facendo scendere i tassi. Era evidente già allora che il sistema non avrebbe retto alcuna politica restrittiva, dato che il leverage accumulato in anni di QE dava preoccupanti segnali di stress. Dal 2009 al 2019, la crescita media dell’economia Usa è rimasta inchiodata al 2% massimo, nonostante una politica monetaria e fiscale costantemente espansiva per oltre 10 anni. Il moltiplicatore del debito si rivelava in costante peggioramento, al punto che, alla fine del 2019, per ottenere 1 dollaro di Pil avevamo bisogno di 5 dollari di nuovo debito pubblico e privato.
I cedimenti nello Shadow Banking System erano già evidenti a causa dell’elevato credito speculativo creato in anni di QE. In caso di recessione, la struttura del sistema finanziario sarebbe stata travolta da una ondata di default. Il Covid ha giustificato quindi una colossale operazione di salvataggio che ha salvato dal default coloro che oggi sono però di nuovo sull’orlo dell’insolvenza (si veda il Commercial Real Estate già in crisi dal 2018). I mercati sono ripartiti sulla scommessa che il sistema era ormai uscito dalla latente crisi del 2016, 2018 e del 2019, e che gli interventi avrebbero dato la spinta necessaria a superare i problemi strutturali che si erano creati dopo il 2008. Ma il denaro gratis e gli interventi fiscali hanno iniziato ad esaurire gli effetti già sulla fine del 2021, dato che la grande iniezione di liquidità nel sistema è stata assorbita dal sistema finanziario per salvataggi e non per investimenti reali.
Per evitare una ricaduta dell’economia il governo Usa ha iniziato una serie di interventi fiscali ripetuti e ha prorogato la fase di moratoria sul pagamento dei debiti del settore privato (Credito al consumo e Mortgages) che erano stati introdotti nel 2020, questo intervento ha alimentato ulteriormente la bolla speculativa, ma ha confermato ulteriormente la nostra view sulla fragilità del sistema. L’inflazione ha colto di sorpresa le banche centrali, che consapevoli delle conseguenze di un eventuale aumento dei tassi, hanno cercato di ritardare in tutti modi le politiche restrittive, cercando di convincere il mercato che l’inflazione era temporanea. In realtà, il timore era che, dato l’elevato stock di debito speculativo creato dal QE iniziato nel 2008, quello che già si intravedeva nel 2018 e nel 2019, potesse avere ora un impatto molto più pronunciato sull’economia, dato che nel frattempo la dimensione di tale debito tossico aveva raggiunto cifre non calcolabili, che secondo le stime si posizionano al 30%-35% del Pil Usa (HY, Leverage Loans, Cre, Private Equity, Venture Capital, Private Credit e credito al consumo subprime).
Nel 2022 i mercati hanno dunque cominciato un trend ribassista, innescato dalla rimozione del QE e dall’aumento dei tassi. Per impedire che la politica monetaria esercitasse un reale effetto restrittivo su un sistema altamente a leva e decisamente vulnerabile, l’amministrazione Biden ha avviato una aggressiva politica fiscale di oltre 14 punti di Pil per sostenere l’economia nel 2022 e nel 2023. Tale politica ha fatto esplodere il rapporto debito Pil, ha attenuato l’effetto restrittivo monetario ma non ha modificato i deboli fondamentali che già erano presenti nel 2018/2019. Nel frattempo, la rapidità del rialzo dei tassi per rincorrere l’inflazione fuori controllo ha preso totalmente alla sprovvista il sistema finanziario. Le banche sono rimaste ingolfate di posizioni sui titoli di stato e sui Mbs con perdite eclatanti (ad oggi stimate in circa 950 mld); alcune sono fallite, altre hanno un costante bisogno del sostegno finanziario pubblico.
Il sistema più vulnerabile al rialzo dei tassi si è rivelato ancora una volta lo Shadow Banking, già in crisi nel 2018 e 2019, che ha iniziato ad evidenziare nuove difficoltà nel corso del 2022 e ora si trova potenzialmente all’epicentro della futura crisi. Nel frattempo il credito all’economia ha iniziato a chiudersi a causa della crisi di banche e Shadow Banking, mentre i governi hanno iniziato a manipolare in modo evidente i dati macro per non evidenziare una pericolosa debolezza strutturale del sistema, che essendo sostenuto da un elevato leverage, non può permettersi nessuna recessione. In Cina sono riemersi quindi i problemi del 2015/2016, ma ora in modo molto più grave, dato che nel frattempo lo stock di debito sul Real Estate si è gonfiato ulteriormente, trascinando il sistema in una Balance Sheet Recession. Negli Stati Uniti si è cercato in tutti i modi di far passare la “narrazione” del soft landing, ma il dato di fatto è che l’Europa è in recessione, la Cina è in evidente difficoltà, gli Usa stanno finendo gli stimoli fiscali e il quadro geopolitico è sempre meno favorevole, prospettando quindi un evidente rischio di recessione con crisi da debito. La grande, e per certi versi sorprendente, spinta rialzista dei mercati del 2023 rischia di aver prezzato scenari alquanto improbabili, dato che i problemi strutturali che avevamo già nel 2018/2019 si sono amplificati, esattamente come quelli cinesi del 2016, e stanno ora riemergendo pericolosamente. Mi aspetto quindi una crisi lunga e problematica.
La corretta strategia d’investimento, pertanto, deve essere compatibile con uno scenario di recessione o di stagnazione economica pluriennale, innescata dal debito tossico che ingolfa il sistema finanziario e rischia di procurare una Balance Sheet Recession nell’economia mondiale. Lo short di equity è compatibile con uno scenario di recessione o stagnazione dell’economia mondiale che procurerà una decisa revisione al ribasso dei profitti attesi e un bear market di lungo periodo, dopo 14 anni di trend rialzista sostenuto. I mercati azionari affrontano un rischio di recessione/stagnazione con valutazioni estremamente care rispetto agli standard storici, ed esprimono un rischio di caduta del 50%-60% dai livelli attuali. I bond di Usa e Germania, attualmente super venduti, sono per noi una opportunità di acquisto nell’attuale fase ribassisita, dato che la FED non può proseguire con il rialzo dei tassi se non ci sono più stimoli fiscali per l’economia.
La restrizione del credito all’economia è sempre compatibile con un successivo bull market sui bond. Invece il Dollaro, attualmente sostenuto dal differenziale dei tassi vs Euro e Jpy, è esposto ad una crisi valutaria nel momento in cui la FED sarà costretta a reintrodurre il QE per contrastare la Balance Sheet Recession. Le politiche monetarie espansive che saranno eventualmente reintrodotte per contrastare la crisi da debito in arrivo non avranno lo stesso effetto del 2009-2010, dato che le esigenze di deleverage del sistema privato saranno talmente grandi da compromettere l’efficacia del moltiplicatore monetario. Quello che è certo è che al momento siamo entrati in una stagnazione economica globale di lungo periodo, ed eventuali rimbalzi del ciclo saranno brevi e fragili; mentre la vulnerabilità a ricadute recessive ripetute sarà un rischio persistente.
* Gestore Lemanik Global Strategy Fund