Marzo 19, 2025

Al bando l’eccessiva liquidità in conto corrente, è ora di investire in obbligazioni. Ecco perché

Gli amanti della liquidità di conto corrente di fronte ad un bivio. Alcune buone ragioni per investire nelle obbligazioni ed evitare il “loop” delle offerte di tassi creditori al ribasso.

Di Massimo Bonaventura

Negli ultimi 15 anni, il sistema bancario è stato sempre più dipendente dai margini generati dal risparmio gestito per via del quasi azzeramento dei ricavi derivanti dall’intermediazione dei tassi di credito/debito (c.d. “forbice dei tassi). Prova ne sia che le banche-reti di consulenza finanziaria, prima “figlie minori” (ma carine) delle capogruppo, nello stesso periodo hanno letteralmente salvato gli utili dell’industria bancaria iniettando provvidenziali flussi di cassa in un sistema che, altrimenti, avrebbe rischiato il collasso sotto i colpi dei tassi a zero.

Tuttavia, già due anni prima della pandemia, e nonostante le politiche espansive con cui le banche centrali assicuravano una crescita “drogata” del mercato azionario, la tendenza dei risparmiatori a detenere grandi quantità di denaro in conto corrente aumentava mese dopo mese, in particolar modo dopo il 2018, anno in cui i mercati azionari e obbligazionari – preludio del biennio 2022-2023 – si sono espressi entrambi in modo pesantemente negativo, incidendo così sulla propensione al rischio degli investitori.

Lungo tutto questo periodo, il travaso costante dal risparmio amministrato a quello gestito e la conseguente sostenibilità degli utili bancari hanno mascherato il fenomeno, ma negli ultimi due anni il crollo dei prezzi dei bond e delle azioni, seguito allo spegnimento del Quantitative Easing e all’aumento dei prezzi al consumo, hanno determinato una corsa graduale al rifugio del denaro – spesso disinvestito in perdita – in conti correnti che hanno continuato ad offrire tassi prossimi allo zero, e solo di recente tassi creditori decorosi, ma solo per il breve periodo.

In verità, prima del 2022 non sono mai mancati gli “appelli” del mondo bancario all’impiego di tale liquidità in soluzioni di investimento della più svariata natura – dai BTP indicizzati all’inflazione ai fondi specializzati – ma molti risparmiatori sono rimasti sordi per lungo tempo a questi richiami, anche quando tali consigli di investimento, qualora ascoltati, tra giugno 2020 e settembre 2021 avrebbero alleviato non poco le minusvalenze realizzate nel 2018, grazie anche ai recenti buoni ritorni in conto capitale generati dai mercati. Pertanto, al punto in cui siamo arrivati – tutti in attesa di un punto di svolta dei mercati azionari che, invece, stenta ad arrivare – possiamo annoverare tre categorie di risparmiatori, e ad ognuna di queste possiamo attribuire specifiche caratteristiche. La classificazione non è esaustiva, ma serve a comprendere e a rendere omogenei alcuni stati d’animo tipici degli investitori che, altrimenti, sarebbe difficile individuare.

Al primo posto c’è il “risparmiatore liquido di lungo corso”, ossia colui che detiene molto denaro in conto corrente fin dal 2018-2019 e fino ad oggi non ha voluto investire in nessuno strumento finanziario. Chi appartiene a questa categoria ha, tutt’al più, valutato investimenti immobiliari ma ha finito per rimanere in una situazione di stallo, non scegliendo né l’uno nell’altro. In ogni caso, il suo “mood” da investitore è stato positivo tra il 2019 ed il finale del 2023, avendo evitato un paio di periodi di forte stress (marzo-giugno 2019 e novembre 2021-novembre 2023) e questo gli dà la piacevole sensazione di aver limitato al massimo le minusvalenze e di essere stato più abile degli altri. Adesso, però, il suo ottimismo comincia a scricchiolare perché si è già perso i rialzi avvenuti da ottobre 2023 ad oggi e ora non sa se e come rientrare. Nel frattempo, ha spostato da pochi mesi la liquidità sui conti remunerati al 3-4% lordo e si illude di aver recuperato la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione del biennio 2022-2023 (-18%); ma non riuscendo ad uscire dallo stallo, quasi certamente perderà i guadagni dei prossimi tre anni e, ad un certo punto, rimarrà orgogliosamente liquido anche contro ogni evidente e migliore alternativa offerta dai mercati.

Al secondo posto troviamo il “risparmiatore liquido debuttante”, e cioè quella persona o famiglia che ha appena costituito una buona riserva di liquidità derivante da svariate fonti (eredità, vendita immobiliare, erogazione TFR, riscatto polizza) ed è ineluttabilmente attratta dalle offerte di conti ben remunerati (anche il 5% lordo) ma per brevissimi periodi (6 mesi al massimo). Questa categoria di risparmiatori, senza alcuna storia di investimento e con un livello di educazione finanziaria molto più basso della media (che è già molto bassa in Italia), rischia di entrare nel “loop” delle offerte sulla liquidità che, secondo le previsioni sui tassi, non dureranno più di un anno e mezzo e saranno comunque rinegoziate al ribasso ogni sei mesi. Rispetto al “risparmiatore liquido di lungo corso”, costui è stato indenne dall’inflazione (non aveva risparmio) e, quindi, non la conosce e non la teme.

Al terzo posto, infine, c’è “l’investitore investito”, ossia quel tipo di risparmiatore che ha mantenuto gli investimenti effettuati prima del “biennio terribile” appena superato e le ha prese su tutti i fronti: crollo mercato azionario e obbligazionario più perdita di valore reale degli investimenti a causa dell’inflazione. Costui, nel frattempo, ha accumulato anche asset liquidi che non investe per paura di perdere ancora, però ha beneficiato dei rialzi da ottobre 2023 ed ha riacquistato un po’ il sorriso. Adesso è tentato dalla scelta (insensata) di disinvestire gli asset azionari anche con un po’ di perdita – comunque inferiore rispetto a quanto avrebbe ricavato disinvestendo fino ad ottobre scorso – e parcheggiare il ricavato in un conto remunerato e vincolato con durate 24-36 mesi, almeno finchè dura la festicciola dei tassi creditori.

Tutte e tre le categorie di risparmiatori sono accomunate da una certa avversione al rischio, e vedono con paura o diffidenza l’investimento nel settore azionario. Costoro, però, avrebbero almeno due buone ragioni per scegliere quanto meno una entrata decisa nel mondo delle obbligazioni. La prima è rappresentata dal fatto che l’allocazione difensiva, che oggi rivede i bond come strumenti di ritrovato interesse strategico, è molto importante per via dell’attuale scenario macro, che presenta un elevato rischio tra timori di una recessione, tensioni geopolitiche e futura volatilità azionaria legata alle elezioni americane di novembre. La seconda buona ragione è data dalle straordinarie opportunità di rendimento che le obbligazioni offrono agli investitori, grazie ai rendimenti che sono ancora vicini ai massimi decennali e, soprattutto, sono ancora assicurabili per i prossimi anni. Inoltre, le banche centrali taglieranno gradualmente i tassi nei prossimi anni – e cominceranno a farlo già nel secondo semestre dell’anno in corso – e i prezzi delle obbligazioni godranno di un sicuro rialzo. Questo scenario di ribasso dei tassi è ciò che dovrebbe più di tutto scoraggiare gli amanti della liquidità di conto corrente, poichè i tagli dei tassi si rifletteranno immediatamente proprio sui tassi creditori dei depositi non vincolati, che verranno immediatamente corretti al ribasso mentre i prezzi delle obbligazioni, per gli stessi motivi, saliranno.

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