Il probabile isolazionismo americano potrebbe aprire spazi di manovra per l’Europa, qualora il vecchio continente fosse capace di affrancarsi dagli USA e agire in modo veramente unitario.
Di Valerio Giunta, CEO di Startup Italia e Founder di Banking People
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la sua politica di “America First” si prepara a ridisegnare le dinamiche globali. Al centro di questa strategia, la riaffermazione della supremazia americana in tecnologia, economia e difesa, perseguita attraverso una squadra di collaboratori strettamente legati al Presidente. Il confronto con la Cina, identificata come il principale rivale, diventa il fulcro di una nuova era geopolitica dominata dal cosiddetto “G2“, lasciando l’Europa, terzo attore di primo piano nello scacchiere economico globale, in una posizione di fragilità e incertezza.
Trump ha già dimostrato, nei suoi mandati precedenti, di voler affrontare la Cina come principale rivale globale. Con figure come Marco Rubio al Dipartimento di Stato e Mike Waltz come Consigliere per la Sicurezza Nazionale, il nuovo esecutivo americano appare orientato verso un confronto serrato con Pechino. L’invito simbolico rivolto al presidente cinese Xi Jinping per l’insediamento di Trump, pur sapendo che sarebbe stato rifiutato, è un gesto che mostra l’intenzione di mantenere un filo di dialogo con il rivale, ma alle condizioni dettate da Washington.
Questa tensione costante tra le due potenze, molto probabilmente, porterà ad una escalation del confronto geopolitico, con implicazioni non solo economiche ma anche strategiche per il resto del mondo. Il “G2” rappresenta infatti un sistema bipolare che tende a escludere gli altri attori internazionali, relegandoli a ruoli marginali. L’Europa, in questo contesto, si trova quindi davanti a un bivio. Da una parte, il protezionismo di Trump, con il probabile ulteriore inasprimento dei dazi sulle esportazioni europee, rischia di colpire duramente un’economia già provata. L’obiettivo dichiarato di Trump – come recentemente affermato da autorevoli esperti dell’Economia – è ridurre il surplus commerciale europeo con gli Stati Uniti, minacciando settori chiave per il vecchio continente. D’altronde gli USA hanno un debito pubblico ormai fuori controllo (oltre 36 trilioni di dollari…) e, per non affogare, devono in qualche modo reagire.
Visto da un’altra ottica, il probabile isolazionismo americano potrebbe anche essere un opportunità, poiché potrebbe aprire spazi di manovra per l’Europa qualora fosse capace di agire in modo veramente unitario e con una visione continentale globale, senza distinguere tra paesi del Nord e paesi del Sud. Una politica comune sulle questioni economiche e strategiche, infatti, consentirebbe all’UE di aumentare la propria incidenza a livello globale, rafforzando la sua autonomia geopolitica. Tuttavia, le divisioni interne e le contraddizioni nei rapporti con la Cina – oscillanti tra partnership, competizione e rivalità sistemica – rappresentano un ostacolo significativo. Come spesso sottolineato dai leader cinesi, l’Europa appare come un “semaforo con tutte le luci accese”, incapace di elaborare una strategia chiara.
Un altro scenario non da escludere – e piuttosto preoccupante – è quello di un accordo globale tra Stati Uniti e Cina. In questo caso, l’Europa, priva di coesione interna, rischia di essere schiacciata tra le due superpotenze. La possibilità di una convergenza su questioni economiche e strategiche tra Washington e Pechino, infatti, escluderebbe ulteriormente il vecchio continente dalle grandi decisioni globali, relegandolo a un ruolo di spettatore passivo. Occorre quindi una scelta strategica per il futuro, poiché l’eventualità più destabilizzante per l’ipotesi di un accordo USA-Cina vedrebbe l’Europa includere la Russia – come sarebbe naturale per ragioni storiche, culturali e geografiche – nel novero dei partner economici più stretti. Un simile (e solo per ora) fantasioso scenario rappresenterebbe un vero incubo strategico per Washington e Pechino, entrambe poco propense a confrontarsi con un blocco euroasiatico unito. Ma in questa eventualità è probabile che le due superpotenze facciano – o stanno gia facendo? – di tutto perché ciò non accada.
L’alternativa a tutti questi scenari sono i BRICS più forti di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo; questo scenario costringerebbe l’occidente a smettere di farsi i dispetti. In ogni caso, resta cruciale per l’Europa non solo ritrovare coesione interna, ma cessare di essere supina agli interessi USA, cominciando a ripensare fin da adesso a quale potrebbe essere il proprio rapporto con la Russia subito dopo il possibile cessate il fuoco assicurato da Trump ma in apparenza ancora lontano. La Russia, infatti, possiede le materie prime fossili (Gas soprattutto, ma non solo) che servono all’Europa come l’aria, e che oggi vengono acquistate dagli USA a prezzi quasi doppi rispetto a quelli che gli europei pagavano prima del conflitto russo-ucraino.