Dicembre 12, 2024
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Otto anni di strategie per l’educazione finanziaria: grandi kermesse, risultati impercettibili

Senza l’introduzione dell’educazione finanziaria come materia curriculare nelle scuole primarie e secondarie, gli italiani continueranno ad essere “finanziariamente ineducati” di generazione in generazione.

Con il decreto-legge del 23 dicembre 2016, n. 237, convertito nella legge del 17 febbraio 2017, n. 15 (“Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio”), quasi otto anni fa prendeva il via la strategia nazionale per l’educazione finanziaria. Si trattava, nelle intenzioni di chi l’aveva concepita, di una iniziativa che, negli anni successivi, avrebbe dovuto contribuire a colmare il divario culturale che divide l’Italia – come in altri ambiti – dai paesi più virtuosi.

In particolare, tutti gli studi effettuati sul tema specifico restituivano uno scenario in cui gli utenti italiani erano poco avvezzi, da adulti, all’autonomia nelle scelte di investimento poiché i programmi scolastici delle scuole primarie e superiori, fin dai loro tempi, avevano scartato sistematicamente qualunque approccio verso l’educazione finanziaria. In più, negli ultimi trent’anni anche insegnamenti fondamentali come l’educazione civica erano stati declassati ad argomenti complementari di altre materie ritenute a torto più importanti o eliminati del tutto dai programmi; per cui, figuriamoci se i giovanissimi studenti italiani potevano essere annoiati da simili argomenti così scabrosi come la Finanza. E mentre oggi si farnetica di “educazione sentimentale” nelle scuole – ultimo grido del politicamente corretto che sta ammorbando la vita di tutti – in Cina, per fare esempio un po’ esotico di virtuosità scolastico, i primi rudimenti di economia e finanza vengono impartiti dall’età di otto anni, ed in molti paesi di lingua anglosassone a partire dai dieci.

Ma veniamo al punto: quali sono i risultati di questa campagna culturale governativa che avrebbe dovuto fare dell’educazione finanziaria uno degli insegnamenti più innovativi e “rinnovativi” da introdurre nelle scuole? Scarsi, quasi impercettibili. Dal di fuori, gli addetti ai lavori hanno la sensazione che ci si stia dando un gran da fare, ma se parliamo di finanza ai diretti interessati, ossia i risparmiatori, 99 su 100 di loro spalancano ancora la bocca e non sanno come argomentare.

Questo non deve sorprenderci più di tanto, poiché una sola kermesse nazionale (il “Mese dell’educazione finanziaria“, solitamente ad Ottobre di ogni anno), per quanto lodevole e piena di buone intenzioni, è un po’ come il festival di Sanremo: una volta terminato, se ne parla per qualche giorno e poi ne rimane solo il ricordo, in attesa della edizione successiva, mentre i protagonisti della competizione canora organizzano i propri impegni nelle lucrose tournee estive e nelle comparsate televisive invernali. Occorrerebbe maggiore continuità, una “spinta culturale” che l’attuale assetto delle iniziative non riesce a dare.

Dopo quasi otto anni, pertanto, ci troviamo praticamente punto e accapo, con un livello di analfabetismo finanziario ancora molto elevato, una finanza sempre più incomprensibile per l’utenza comune, presso la quale però si pretende di diffondere quanto di più tecnologico si sia prodotto negli ultimi quindici anni: home banking, robo-advisor, fintech e piattaforme web. Per chi ha un’età superiore a 60 anni, complice anche la “desertificazione bancaria” (chiusura degli sportelli bancari nelle città e nei piccoli centri) in corso, tutto è diventato improvvisamente incomprensibile, con un abbrivio da record negli ultimi due anni.

Viene spontaneo chiedersi se il sistema bancario si sia mai chiesto se sono proprio questi i fattori per cui, di fronte alla comprensibile ritrosia al cambiamento rapido di chi detiene la maggior parte degli asset mobiliari (i c.d. babyboomers o patrimonials), il denaro che gli italiani detengono nei conti correnti sia ancora così elevato, nonostante l’inflazione degli ultimi due anni e mezzo. La risposta è no: il sistema non se lo chiede, ed anzi sembra mandare a dire, a questi milioni di over-60, che è dotato di grande pazienza, ed aspetta che siano i loro figli – i millennials, tecnologicamente molto più avanzati – a prendere le redini dei valori mobiliari di famiglia. In fondo, aspettare una decina d’anni è sempre meglio che investire miliardi di euro in cultura finanziaria per educare chi sta passando il testimone.

E-book sulla Finanza Elementare.

Eppure, notevoli sarebbero stati, in questi otto anni, i benefici “indiretti” dell’educazione finanziaria curriculare nelle scuole, nella misura in cui anche gli stessi figli avrebbero potuto trasmettere ai genitori, in un processo di comunicazione dal basso verso l’alto, una maggiore attenzione ai temi della finanza. Come? E’ semplice, attraverso i normali compiti di cura: aiutare i propri figli nei compiti a casa sul tema della finanza avrebbe potuto trasmettere anche agli adulti molti concetti e fenomeni economici che, nella maggior parte dei casi, si conoscono ma non si sanno spiegare per via del tasso di “ineducazione finanziaria”.

Inoltre, nulla di concreto – salvo l’iniziativa di pochi lodevoli volenterosi organizzati in associazione – si è fatto per dare dignità al ruolo di educatore finanziario più prossimo alle famiglie svolto da sempre dai consulenti finanziari, i quali avrebbero potuto colmare giusto a partire dalle scuole un vuoto culturale molto grande in un lasso di tempo molto breve, affiancandosi ai docenti in lezioni programmate a cui gli alunni (anche delle medie inferiori) avrebbero potuto partecipare con il giusto coinvolgimento delle famiglie.

“…l’arrivo della MiFID II, con il suo carico di migliaia di norme ai più incomprensibili, rischia di rivelarsi sterile, confermando una legge scolpita nella Storia: a nulla vale aumentare e perfezionare i sistemi di controllo sull’attività degli intermediari se poi, parallelamente, non si fa nulla per aumentare la competenza degli utenti”. Ci scoccia dire che avevamo ragione, almeno fino ad oggi. Anche perchè, date le circostanze tutt’altro che promettenti, darsi delle arie in questo caso lascerebbe l’amaro in bocca.

Schmidt, ETHENEA: la Bce potrebbe alzare i tassi a settembre, la Fed invece no

Affinchè la BCE decida sui tassi sarà decisivo il dato dell’inflazione. La Fed salterà un giro, ma potrebbe alzare i tassi tra novembre e dicembre in caso di nuove spinte inflazionistiche.
 
“Gli effetti della stretta monetaria sul mercato del lavoro statunitense e la discesa dell’inflazione rendono poco probabile un rialzo dei tassi della FED a settembre, che potrebbe invece avvenire a novembre o dicembre. La crescita economica debole e l’alta inflazione in Europa rendono invece plausibile un nuovo rialzo dei tassi da parte della BCE“. È l’analisi di Volker Schmidt, senior portfolio manager di Ethenea Independent Investors.
 
Dopo che nella riunione di luglio la FED ha alzato i tassi di interesse di riferimento ai massimi da 22 anni, i banchieri centrali hanno lasciato aperta la porta a ulteriori rialzi nel caso in cui l’economia statunitense dovesse guadagnare slancio. La performance economica sembra aver sorpreso in positivo: la stima della FED di Atlanta sulla crescita annuale del Pil (GDPNow) a metà agosto è stata alzata a sorpresa al 5,9%, pari a circa tre volte il tasso di crescita neutrale stimato. E questo dopo uno dei cicli di rialzo dei tassi di interesse più brevi della storia degli Stati Uniti, effettuato proprio con l’obiettivo di domare l’economia.
 
Dato il focus della FED sulla lotta all’inflazione e sul raggiungimento della piena occupazione, c’era molta attesa per gli ultimi dati sul mercato del lavoro statunitense e ci sono segnali che il tanto atteso rallentamento potrebbe essere arrivato. L’occupazione rallenta: negli ultimi 12 mesi sono stati creati 3,1 milioni di posti di lavoro, di cui 187.000 in agosto. Poiché è cresciuto il numero di coloro che avevano abbandonato il mercato del lavoro e si sono registrati nuovamente come persone in cerca di lavoro, anche il tasso di disoccupazione ha ricominciato a salire. Il calo del tasso di licenziamenti suggerisce inoltre che i lavoratori ritengono che non sia più così facile cambiare lavoro.
 
In definitiva, gli ultimi dati mostrano che gli effetti della stretta monetaria iniziano a farsi sentire sul mercato del lavoro. Inoltre, l’inflazione è già scesa a circa il 3%. Questo è tutto ciò di cui la FED ha bisogno per mettere in pausa i suoi rialzi dei tassi. Dopotutto, il tasso della banca centrale è già ben al di sopra del tasso d’inflazione. Non ci aspettiamo quindi un altro rialzo dei tassi a settembre, ma ciò non pone fine al dibattito su un ulteriore rialzo a novembre o dicembre. Oltre alla crescita del Pil, altri dati mostrano che l’economia in generale rimane forte. Ad esempio, la spesa dei consumatori – il principale motore dell’economia statunitense – è aumentata notevolmente durante l’estate. Insieme all’aumento dei prezzi delle materie prime (in particolare del petrolio), questo potrebbe avere un effetto inflazionistico e alimentare il dibattito su ulteriori rialzi dei tassi d’interesse negli ultimi mesi di quest’anno.
 
Per quanto riguarda la BCE, i principali membri del Comitato esecutivo nell’ultimo periodo hanno evitato di dare una chiara indicazione sulla decisione di settembre sui tassi. Ad esempio, la rappresentante tedesca nel board della BCE, Isabel Schnabel, ha sottolineato che la crescita economica è stata più debole del previsto, mentre l’inflazione rimane ostinatamente alta. Con un valore del 5,3%, sia l’inflazione di fondo che quella complessiva rimangono ben al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla banca centrale. Ciò depone chiaramente a favore di un altro rialzo dei tassi. D’altra parte, è anche chiaro che il tasso d’inflazione scenderà significativamente a circa il 3,5% nei prossimi mesi a causa degli effetti base. “I prezzi dell’elettricità e del gas – conclude Volker Shmidt (nella foto) – in Europa sono esplosi un anno fa e ora sono ben al di sotto dei livelli dello scorso anno. In occasione della prossima riunione della BCE sarà presentata la nuova previsione di inflazione della banca centrale. A giugno la BCE ha previsto un’inflazione media del 3% nel 2024 e del 2,2% nel 2025. Qualsiasi aumento rispetto a questa previsione rende più probabili ulteriori rialzi dei tassi di interesse. Dato che l’inflazione è ritenuta “ostinatamente alta”, possiamo immaginare un leggero aumento nei valori previsti e quindi un altro rialzo dei tassi.

Eurovita, entro 24 mesi polizze trasferite alla newco Cronos. Federpromm esprime riserve

Federpromm avanza alcune riserve circa i tempi previsti dei 18-24 mesi previsti per il trasferimento dei portafogli assicurativi. C’è ancora poca chiarezza sulle modalità e sui tempi di notifica alla clientela.

COMUNICATO STAMPA Roma 04 agosto 2023 –  L’operazione consapevole e responsabile da parte delle autority di vigilanza del settore assicurativo e finanziario, dei vari soggetti coinvolti che ha permesso con un accordo di settore sottoscritto tra le maggiori compagnie e banche il salvataggio della compagnia Eurovita, avvenuta in extremis prima della data del 30 giugno 2023, non esime però di avanzare alcune riserve circa le condizioni legate al passaggio degli oltre 353mila clienti titolari delle 400mila polizze sottoscritte con tale compagnia, in fase di trasmigrazione presso la newco società denominata “Cronos“.

In tale quadro di incertezza, ancora in fase di perfezionamento, Federpromm ha ritenuto di avanzare alcune  osservazioni critiche – proprio a difesa dei molteplici clienti che si sono rivolti per le loro tutele all’Organizzazione – che riguardano nello specifico:
– le modalità operative e i criteri metodologici seguiti di come avverranno i passaggi dei singoli titolari di polizza alla nuova società;
– i tempi e le priorità con cui verranno notificate le comunicazioni formali agli stessi clienti titolari di polizza (sia quelli del Ramo I che del Ramo III), nel rispetto della normativa contrattuale e secondo la regolamentazione di riferimento;
– i criteri di selezione e le priorità nel nuovo organigramma aziendale della newco Cronos nell’assegnare ai vari player, compagnie big del mercato (Allianz, Generali, Intesa Sanpaolo Vita, Poste Vita, Unipol) la gestione dei portafogli di Eurovita;
– quale organismo di sorveglianza sia previsto nel razionalizzare il processo di trasferimento affinché non si creino situazioni di conflitto o di interferenza anche con i vari soggetti collocatori (banche, sim, agenzie e broker) che hanno tuttora il rapporto fiduciario con la propria clientela;
– come saranno affrontate – nel rispetto della trasparenza informativa al cliente e al mercato – le questioni relative alle commissioni di retrocessione per chi ha maturato contrattualmente i diritti derivanti dalle condizioni contrattuali sottoscritte;
– che ruolo avranno i vari enti collocatori nel rapporto con la clientela e quali obblighi saranno loro assegnati, sia per la formulazione del principio di adeguatezza, di antiriciclaggio, di trasparenza informativa anche in previsione della richiesta di eventuali riscatti prima della scadenza del 31 ottobre.

Queste ed altre considerazioni devono trovare risposta, da parte della governance della nuova società, in attesa che la nuova newco assolva pienamente alle sollecitazioni e richieste sollevate dai clienti titolari delle polizze della ex compagnia Eurovita.

L’Educazione Finanziaria e i “dummies”. Federica Dossena: la conoscenza domina emozioni ed errori

Secondo l’autrice di “Educazione finanziaria for dummies”, il consulente deve avere un alto livello di Educazione Finanziaria, senza il quale non potrà trasferire la propria conoscenza alle famiglie-clienti.

Puntuale come ogni anno, il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria sta promuovendo (1 -31 ottobre) la quinta edizione del “Mese dell’Educazione Finanziaria” (#OttobreEdufin2022), con le quali vengono attuati nell’intero territorio nazionale moltissimi eventi (anche con modalità webinar e conferenze online) dedicati allo sviluppo delle conoscenze finanziarie nelle famiglie italiane, anche e soprattutto in chiave previdenziale (Settimana dell’educazione previdenziale, in programma dal 24 al 30 ottobre).

In particolare, la presente edizione porta avanti lo slogan “Costruisci oggi quello che conta per il tuo futuro”, sottolineando l’importanza di avere anche obiettivi di lungo-lunghissimo periodo nella gestione dei propri investimenti, grazie ai quali far fronte a lontane – ma inesorabili – esigenze di natura previdenziale, che segneranno il passaggio dall’epoca delle pensioni adeguate a quella delle pensioni “di mera sopravvivenza”, che sarà necessario integrare con un trattamento aggiuntivo per far fronte ai crescenti bisogni della vecchiaia. In tema di Educazione Finanziaria, poi, la Banca d’Italia e il ministero dell’Istruzione conducono dal 2008 il Progetto “Educazione finanziaria nelle scuole”, che sin dalla Scuola Primaria introduce gli studenti ai concetti base della finanza e dell’economia con un approccio di “formazione ai formatori”, cioè agli insegnanti, cui è affidato il compito di trattare la materia in modo molto semplice dopo aver partecipato a un incontro di circa due ore organizzato dalla Banca d’Italia (che fornisce loro materiali didattici come le guide per l’insegnante, i quaderni didattici per gli studenti e un sito internet dedicato). 

Eppure, nonostante questo dispiego di forze in campo, il livello di Educazione Finanziaria degli italiani rimane sensibilmente più basso rispetto a quello degli altri cittadini europei o di quelli dei paesi asiatici, parecchio più “educati” finanziariamente degli italiani. Pertanto, è evidente che il sistema nazionale deve poter fare di più, non limitandosi a dare lustro alla materia solo in un periodo dell’anno, bensì tenendo alta l’attenzione degli utenti senza soluzione di continuità, magari creando delle figure professionali specifiche – quelle degli educatori finanziari – da affiancare all’attività di banche e reti di consulenza, in qualità di veri e propri “ambasciatori” del sistema presso le scuole e le università. Il rischio, infatti, è di affidare il miglioramento del livello di Educazione Finanziaria semplicemente attendendo che le future generazioni di italiani – oggi studenti presso tutte le scuole dove si svolgono queste attività educative, sia pure in modo insufficiente – possano esprimere un grado di conoscenza e competenza finalmente in linea con quello degli altri paesi.

Nel frattempo, in attesa che le cose migliorino, trovano legittimo spazio le iniziative di “capitani coraggiosi” che, forti della propria missione professionale sul campo, regalano al pubblico dei risparmiatori il proprio lavoro concettuale sotto forma di libri, che presto diventeranno dei veri e propri “evergreen” dell’Educazione Finanziaria. E’ il caso di Federica Dossena, consulente finanziario di una nota rete di consulenza, che ha recentemente pubblicato “Educazione finanziaria for dummies” (208 pp, € 19,90, Ed. Hoepli), un testo che andrebbe inserito con pieno diritto in tutte le scuole superiori e – perché no – da far leggere ai genitori degli attuali studenti, soprattutto per via della semplicità con cui l’autrice tratta la materia, proprio come se si trovasse di fronte ad una famiglia di risparmiatori “ignoranti” e bisognosi di conoscenza.

Educazione finanziaria for dummies” è un “manuale efficace per pensare al proprio domani in termini finanziari e prendere decisioni in merito al patrimonio, un vero e proprio corso preparatorio, che aiuta a prendere le decisioni più corrette nella gestione del patrimonio, a compiere le scelte più appropriate anche nei rapporti con le banche, a scegliere un consulente finanziario, ad attivare un piano di accumulo o anche, semplicemente, a definire la percentuale del reddito da dedicare agli investimenti”, non senza dedicare spazio alle commissioni degli strumenti di risparmio gestito.

P&F ha rivolto alcune domande a Federica Dossena sul suo libro e sullo stato dell’arte dell’Educazione Finanziaria in Italia.

Federica, chi sono esattamente i “dummies” in Educazione Finanziaria? Può farci un loro identikit?
I “dummies” in generale sono i principianti, i neofiti. In realtà, quando si parla di finanza spesso si toccano argomenti sensibili e molto legati alle emozioni, che portano i risparmiatori a  confrontarsi esattamente come per il gioco del calcio, dove di fronte a partite particolarmente avvincenti si diventa tutti un pò allenatori. Tanti pensano di avere le verità in tasca, ma di solito la scarsa conoscenza porta a dire castronerie. In finanza tutti pensano di aver fatto l’investimento migliore, poi il tempo galantuomo svela gli errori commessi. L’identikit del dummy è quello che pensa di sapere tutto, ma si perde in un bicchiere d’acqua.  Poi ci sono i dummies che “sanno di non sapere”, e decidono di informarsi con la giusta curiosità e apertura.

Quali sono i veri vantaggi dell’Educazione Finanziaria per gli investitori, e quali per i consulenti?
Attraverso l’Educazione Finanziaria l’investitore giunge ad una consapevolezza finanziaria che aiuta a liberarsi da pregiudizi fuorvianti . Avere coscienza di quali siano gli strumenti finanziari base, del funzionamento della macchina economica, avere contezza di quale sia la propria capacità di risparmio  e cosa farne, è fondamentale per sentirsi più pronti e sicuri a vivere in un mondo dominato da incertezze. Allo stesso tempo, tutto ciò favorisce il lavoro del consulente, che con maggiore efficacia può guidare il proprio cliente a districarsi nel complicato mondo dei mercati finanziari. Parlando la stessa “lingua” è più facile capirsi, e si lavora anche meglio.

Cosa non ha funzionato fino ad oggi nella diffusione dell’Educazione Finanziaria in Italia, visto il livello di “ineducazione” che si riscontra tra le famiglie italiane?
Un mix tra eccesso di confidenza delle proprie competenze, lato investitore, e una insufficiente preparazione da parte degli addetti al settore. Questo mix è stato finora decisivo a mantenerci ultimi in tutte le classifiche nell’ambito dell’Educazione Finanziaria.

Secondo lei, il ruolo di educatore finanziario è accessorio a quello di consulente, oppure potrebbe aspirare ad avere una sua individualità professionale in futuro?
Un consulente finanziario DEVE avere un’ottima Educazione Finanziaria, e deve essere in grado di trasferirla ai propri interlocutori. La figura dell’educatore finanziario sarebbe utile anche nei contesti laddove l’educazione viene impartita quindi, per esempio, nelle scuole. Non sarebbe male inserire una figura di questo tipo negli istituti. Una figura che insegni agli studenti cosa significa investire e gestire le proprie finanze.

L’Educazione Finanziaria ha un contenuto economico misurabile, oppure no?
Secondo me sì. Ogni prestazione di servizio intellettuale che va a migliorare la vita delle persone è giusto e corretto che venga adeguatamente retribuita. Troppo spesso si confonde la prestazione di risultato con la prestazione di servizio. Tant’è che oggi in Italia, con il recepimento delle normative europee, si è portato ad esplicitare i costi per i consumatori e in particolare ad evidenziare il costo riferito alla consulenza.

Con l’aumentare del livello di Educazione Finanziaria degli investitori, in che modo ritiene che possa cambiare la professione di consulente finanziario?
Sarà più semplice comunicare e sarà meglio rivalutato il ruolo del consulente finanziario che oggi, secondo me, non può essere sostituito da nessun robot advisor. L’elemento umano continua ad essere necessario per la gestione dell’emotività sia nei momenti di euforia che nei momenti di grandi ribassi. Inoltre, le consulenze di grandi patrimoni richiedono la mediazione di una figura professionale competente che consenta al cliente di potersi rivolgere alle strutture e ai professionisti giusti per soddisfare le più disparate esigenze.

Che accoglienza ha avuto il suo libro presso il pubblico, e dove è possibile ordinarlo o comprarlo?
Il libro è uscito da due settimane circa, e sta generando interesse. Ottobre è ricordato come il mese dell’Educazione Finanziaria, quindi mi auguro che venga portato all’attenzione anche da chi ha il compito di divulgare la materia. Si acquista in tutte le librerie di Italia e sugli store online (Amazon incluso).
Scriverà nuove edizioni in futuro, o sta già lavorando ad un altro testo?
Ho tanti progetti in mente che per ora sono ancora tali. Per ora sono concentrata a promuovere questo libro, che ho cercato di scrivere con tanta dedizione e umiltà.

Le banche chiudono gli sportelli: serve una “transizione dolce” per clienti e consulenti finanziari

La mortalità degli sportelli bancari non è compensata dalla crescita simmetrica di soggetti alternativi in grado di realizzare un modello di “transizione dolce” sia per gli utenti più anziani che per i consulenti più giovani.

Di Alessio Cardinale

Qualche giorno fa, tutti i media italiani hanno riportato i dati sulla chiusura degli sportelli bancari che, in meno di 10 anni, sono diminuiti di ben 11.231 unità (da 32.881 a fine 2012 a 21.650 a fine 2021); in un solo anno, tra il 2020 e il 2021, le chiusure sono state pari a 1.830. Una vera e propria ecatombe, che ha colpito anche gli occupati, scesi da 315.238 risorse umane di fine 2012 a 269.625 di fine 2021, con una riduzione complessiva di 45.613 unità. E’ sceso anche il numero delle banche, passate da 706 del 2012 a 456 nel 2021, per via della progressiva aggregazione tra grandi gruppi e banche più piccole.

Un tale fenomeno, tangibile anche per chi vive nelle grandi città, presenta numerosi punti critici se viene esaminato sia dal punto di vista dei consulenti coinvolti nei servizi finanziari e di investimento, sia da quello dei clienti, soprattutto per quelli che vivono nei piccoli centri oggi privi di qualunque sportello bancario. Per costoro, infatti, viene a mancare l’innegabile funzione sociale della banca, e cioè quel patrimonio di relazione in base alla quale si costruiva giorno per giorno la conoscenza del cliente e della sua famiglia. Nei piccoli centri, infatti, la banca è come la chiesa: con eccezione dei sacramenti, i clienti si aprono e “confessano” volentieri gli aspetti anche più personali della propria vita. Ad accoglierli non c’è un sacerdote, ma un uomo o una donna pronti ad ascoltarli. Oggi, tuttavia, più di 4 milioni di italiani, residenti nei 3.062 comuni nei quali non sono più presenti filiali di istituti di credito, non hanno questa opportunità, o non ce l’hanno più. Per costoro, non esistono strutture alternative in grado di colmare del tutto questo vuoto, poiché in Italia lo sviluppo dell’e-banking è ancora scarso rispetto alla media europea: meno della metà della clientela bancaria (45%) utilizza i canali digitali per accedere ai servizi bancari, contro una media del 58% e rispetto a Spagna e Francia che hanno tassi di clientela avvezza alla banca digitale rispettivamente del 65% e 72%, la Germania del 50%. Peggio di noi solo Bulgaria (15%) e Romania (15%).

Pertanto, il sistema bancario non ha previsto alcun “ammortizzatore sociale” in grado di realizzare una “transizione dolce” verso la banca digitale per gli utenti meno giovani o anziani, abituati ad avere un rapporto di prossimità con la propria banca e per niente avvezzi agli strumenti digitali. I consulenti finanziari e gli ATP leggeri potrebbero sostituire gli sportelli, ma il vincolo di monomandato impedisce un interscambio sistematico, penalizzando l’utenza retail, e l’installazione dei bancomat leggeri è legata a criteri di sicurezza piuttosto stringenti, che mal si adattano alle caratteristiche dei piccoli centri. Il basso livello di educazione e indipendenza finanziaria, poi, fa il resto.

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La sostanziale abdicazione delle banche dal proprio ruolo tradizionale di erogatore del credito alle aziende, avvenuta negli ultimi quindici anni, sta contribuendo a modificare la struttura del tessuto economico del nostro Paese, aumentando il tasso di produttività nelle grandi corporation – a cui il credito non viene lesinato – e determinando la graduale scomparsa dei piccoli imprenditori, ossia di quel “primo livello” di investitori che hanno fatto la fortuna del risparmio gestito in Italia e che oggi rischiano di non avere un ricambio generazionale adeguato. Infatti, il patrimonio dei clienti over 60, per lo più costruito attraverso fiorenti micro-attività produttive a carattere familiare, verrà frammentato in mille rivoli ai discendenti, molti dei quali decidono di non seguire le orme dei genitori nella conduzione delle aziende di famiglie (due su tre, in media – chiudono i battenti o cedono l’attività una volta raggiunta l’età pensionabile).

Chi lavora da pochi anni nel mondo della finanza e del risparmio, quindi, deve chiedersi quale saranno in futuro le dimensioni del mercato potenziale a cui rivolgersi. Infatti, si sta rapidamente passando da una base tradizionale costituita da numerosi piccoli imprenditori a quella in cui operano pochi – domani pochissimi – imprenditori medio-grandi, la cui rarefazione richiederà un numero inferiore di consulenti finanziari e di banche-reti. Nel frattempo, i redditi sempre più bassi della agonizzante classe media, e la conseguente decrescita della massa di risparmio gestibile all’interno di questa fascia di individui, porteranno all’adozione massiva di strumenti di investimento che non prevedono l’ausilio dei consulenti finanziari, questi ultimi sostituiti da robo-advisor e da siti online specializzati nell’educazione finanziaria che guideranno i piccoli risparmiatori verso un fai-da-te sufficientemente affidabile.

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Non sarà diversa la sorte degli agenti in attività finanziaria, poiché il calo generalizzato dei redditi da lavoro dipendente, ed il sempre più pesante livello medio di indebitamento delle famiglie – non solo relativamente ai mutui, ma anche riguardo ai prestiti senza garanzia reale e alle carte revolving – sta riducendo a vista d’occhio il numero medio di clienti finanziabili, determinando una domanda di credito in diminuzione e l’uscita dal mercato di molti operatori del settore. A ciò si aggiungono i criteri sempre più asfissianti e centralizzati di acquisizione del credito, ormai ridotto a puro calcolo numerico di rischio-convenienza, che non lascia alcuno spazio all’autonomia degli uffici periferici.

Ecco perché la chiusura indiscriminata di sportelli sia nelle grandi città che nei piccoli centri, oltre a rappresentare un danno per il tessuto economico italiano, produce gravi effetti sia sulla clientela che sui consulenti finanziari, soprattutto su quelli più giovani. Fino ad oggi, infatti, la crescita dei professionisti della finanza personale, l’aumento delle masse da loro amministrate e del credito erogato sono avvenuti grazie ad un tessuto socio-economico che ha conservato, fino a qualche anno fa, le proprie caratteristiche, ed è stato capace di alimentare un ciclo espansivo sia dell’industria del risparmio gestito che della domanda di finanziamenti. Se il tessuto economico viene cambiato dall’alto, il ciclo prende altre direzioni, e determina un trasferimento di ricchezza dalle piccole imprese ai grandi poli industriali e alle fasce di reddito medio-alte; in questo modo, l’intera impalcatura su cui si erge l’odierno edificio delle reti di consulenza finanziaria potrebbe saltare.  

Educazione finanziaria: l’asset allocation e i confini tra ruolo del risparmiatore e ruolo del consulente

Nessun consulente e nessuna asset allocation possono eliminare l’incertezza sistemica dei mercati. Il risparmiatore, però, beneficia di un insieme di principi certi e inconfutabili di grande supporto nella costruzione del suo portafoglio di investimenti.

Per gli addetti ai lavori, la finanza è un oceano senza confini di teorie da applicare. Ogni gestore di patrimoni si sceglie quelle a lui più vicine per stile e ruolo, ma di certo nessuna conoscenza può eliminare del tutto un elemento incontrollabile come l’incertezza sistemica dei mercati. Il risparmiatore, invece, può permettersi il lusso di esplorare l’”area di certezza” della finanza, e cioè quell’insieme di conoscenze di base – certe e inconfutabili, ma ai più sconosciute – che permettono a qualunque investitore di familiarizzare con la gestione del proprio denaro e di potersi confrontare con qualunque banca o consulente finanziario; soprattutto, di capire se il lavoro di allocazione dei risparmi viene svolto correttamente da chi, successivamente, dovrà lavorare per noi all’interno dell’area dell’incertezza.

La domanda “come posso investire i miei risparmi?“, pertanto, prevede una fase preliminare che partirebbe, in teoria, dal grado di conoscenza di sè stessi. Questo elemento non è delegabile al consulente: egli all’inizio sa molto poco del nuovo cliente che ha di fronte, e le informazioni che riceverà saranno inizialmente poco approfondite. Certo, un bravo consulente “riconoscerà” presto che tipo di investitore ha di fronte, ma avrà bisogno di tempo. Per cui, prima di incontrarlo è bene farsi un paio di domande del tipo “fino a che punto sono disposto a sopportare che i miei risparmi possano decrescere di valore in determinati periodi, pur di avere dei risultati soddisfacenti in futuro?”.

Un buon metodo sarebbe quello di parlarne proprio con il consulente finanziario al primissimo incontro, e confrontarsi con lui per evitare scelte inopportune, come quella di essere troppo prudenti anche quando sarebbe possibile superare quei confini che solo la paura fa vedere. In ogni caso, non potendo entrare in questa sede nel merito di aspetti così personali, nel trattare l’argomento diamo per scontato che ognuno investitore sa benissimo fino a che punto si può spingere nel valutare come sostenibile un investimento che non rientri nella categoria “risk free” (senza rischio). Anzi, a tal proposito è bene precisare che l’investimento “privo di rischio” è venuto a mancare da tempo, e probabilmente non è mai esistito. Infatti, nemmeno i “sacri” titoli di stato italiani sono considerati più come sicuri, dal momento che la loro valutazione (rating) è piuttosto bassa.

Ma procediamo con ordine. Gli investimenti – detti anche asset, un termine anglofono con cui si ricomprendono i risparmi, gli immobili, quote aziendali e altri beni di investimento – sono organizzati in classi di attività o categorie, le quali posso essere divise genericamente in base all’orizzontale temporale – breve, medio e lungo periodo – da voi scelto come momento in cui potreste trovarvi nella condizione di dover spendere il denaro accantonato per soddisfare uno o più specifici obiettivi (acquisto casa, studi all’estero dei figli, nuovo autoveicolo etc). Entrando nel dettaglio, però, serve individuare dei criteri meno generici che ci permettano di allocare gli investimenti – ossia progettare una Asset Allocation – in modo più efficace. In tal senso, possiamo rifarci a tre tipi di allocazione:

Asset Allocation Strategica, che segue l’orizzonte temporale,
Asset Allocation Tattica, con la quale adattiamo la prima seguendo le tendenze di mercato a breve periodo,
Asset Allocation Dinamica, che consiste nell’adattare rapidamente il portafoglio a bruschi cambiamenti dei mercati.

Ebbene, mentre il primo tipo di allocazione, quella strategica, è sotto il controllo di chi investe (è l’investitore che decide l’orizzonte temporale e gli obiettivi, non il consulente), gli altri due prevedono necessariamente una delega professionale al consulente. Ecco definiti i confini dei rispettivi ruoli, poichè ogni ruolo prevede delle specifiche responsabilità: quella del risparmiatore di dare le giuste informazioni al consulente, e quella di quest’ultimo di realizzare l’asset allocation adatta.

Anche in finanza, infatti, il tema dei ruoli e delle responsabilità è fondamentale, e non c’è cosa peggiore, per il risparmiatore, di “invadere” il ruolo del consulente finanziario, poiché si finisce col diventare corresponsabili di scelte eventualmente sbagliate. A volte, persino gli unici responsabili.

Il fattore tempo, come avrete visto, è fondamentale, e da solo è in grado di determinare il successo o l’insuccesso della vostra asset allocation. Infatti, rientra nella c.d. “area di certezza” il principio secondo cui il lungo periodo assicuri un maggiore rendimento (Asset Allocation Strategica) e quello che, nei periodi di ribasso dei mercati i nostri investimenti valgono di meno ma è possibile comprare un numero maggiore di titoli a prezzo più basso (Asset Allocation Tattica). Inoltre, è valido il principio per cui, in caso di eventi straordinari – ne stiamo vivendo uno bello tosto da circa un anno e mezzo – è bene adattare rapidamente il portafoglio (Asset Allocation Dinamica).  

In generale, una strategia di lungo termine minimizza le perdite e massimizza il profitto. Anzi, da qualche anno si è fatto strada il concetto secondo cui, nell’attuale congiuntura finanziaria di tassi bassissimi o sotto zero, quella di lungo periodo sia l’unica strategia possibile. Ciò che importa, tronando sui massimi sistemi, è assicurare al vostro portafoglio di essere costruito in base al principio della Diversificazione, spingendovi anche oltre alla semplice gestione del denaro (azioni, obbligazioni, valute etc) fino a valutare gli immobili a reddito e gli investimenti alternativi (preziosi, oro, orologi di lusso, auto d’epoca etc). Infatti, in un mondo come quello della finanza, da sempre un pó refrattario alle regole, ne esistono alcune che nessuno, fino ad oggi, è riuscito a confutare. La prima è che, per qualsiasi strumento di investimento, all’aumento del numero dei titoli/beni in portafoglio il rischio diminuisce; la seconda, che è una conseguenza della prima, è che un portafoglio efficace ed efficiente si definisce tale solo se è diversificato; la terza, a completamento delle prime due, è che un portafoglio diversificato non consente comunque di eliminare totalmente il rischio che una singola categoria di investimento contenuta all’interno del portafoglio possa andare male.

Mercati cinesi giù a causa delle mosse governative, la “trappola cinese dell’orso” continua a far danni

Sulla scia delle repressioni governative, il mercato azionario cinese è talmente indebolito da non riuscire a trovare un “pavimento” dopo mesi di vendite. L’industria finanziaria internazionale sotto ricatto della “trappola dell’orso” creata dalla Cina.

Di Massimo Bonaventura

Il mercato azionario cinese non smette di riservare delusioni anche durante questo caldissimo mese di Agosto, mentre la Cina battezza l’uso politico della finanza più spregiudicato mai visto prima, tanto da fare impallidire persino l’ingordigia della finanza a stelle e strisce che, nel 2007-2008, portò il modello capitalista occidentale sull’orlo del fallimento.

Anzi, nel caso della Cina, si tratta di una strategia consapevole, messa in atto senza troppi scrupoli, e pazienza se qualche decina di milioni di cinesi sta perdendo gran parte del proprio risparmio: l’importante è mettere nel sacco i grandi fondi internazionali di matrice bancaria americana e proseguire nello sfruttamento politico-internazionale di questa immensa “trappola dell’orso”, progettata dal governo cinese fin da Aprile 2020 allo scopo di attirare nel proprio suolo i capitali dell’industria mondiale del risparmio, e adesso alimentata con il finto obiettivo di “aumentare la qualità e la futura stabilità della crescita cinese e delle sue migliori aziende”.

Con le sue repressioni, i leaders del Partito Comunista Cinese stanno mandando un messaggio agli USA e al mondo: “siamo in grado di approfittare delle vostre debolezze, e se ci fate la guerra noi rispondiamo a modo nostro”. Inoltre, incidentalmente, il PCC manda un messaggio al popolo: “non comanda il capitale, comandiamo sempre noi”. Due piccioni con una fava, come nel più classico chinese-political style.

E così, dopo mesi di imperturbabile discesa, lo Shanghai Composite è crollato dell’1,1% nell’ultima seduta (quella di ieri 19 Agosto 2021, NDR) per chiudere al minimo di tre settimane a 3.427, ritirandosi per la seconda sessione consecutiva e chiudendo la settimana in calo del 2,5%, tra le crescenti preoccupazioni per il rallentamento economico e l’inasprimento normativo di Pechino . Negli Stati Uniti, nel frattempo, la Federal Reserve dovrebbe annunciare il tapering del suo programma di acquisto di obbligazioni alla conferenza annuale a Jackson Hole la prossima settimana, per cui i mercati rischiano di trascorrere una pessima settimana di fine Agosto.

Sul fronte delle politiche, la Cina ha mantenuto stabili i tassi sui prestiti per il 16° mese consecutivo al fixing di agosto, come ampiamente previsto. Sono crollate anche le scorte di liquori (-5,8%), dopo che i media statali hanno riferito una riunione imminente del governo per la regolamentazione del mercato dei liquori (fonte: Reuters). A Hong Kong, le azioni sono crollate di oltre il 2% per toccare un minimo di oltre nove mesi e sono sulla buona strada per la peggiore settimana dall’apice della pandemia nel marzo 2020, con Alibaba Group che ha toccato il minimo dal suo debutto in borsa. Inoltre, i titoli tecnologici cinesi sono crollati a nuovi minimi venerdì e l’indice di riferimento di Hong Kong ha toccato un minimo di quasi 10 mesi, poiché un costante flusso di repressioni ha schiacciato la fiducia degli investitori.

Infine, l’Hang Seng è sceso dell’1,8%, e il suo calo settimanale del 5,8% è stato il più grande dall’apice del panico pandemico nei mercati finanziari nel marzo 2020. Anche le azioni quotate alla borsa di Shanghai sono diminuite di valore, e gli investitori hanno venduto obbligazioni China-corporate rischiose e la valuta cinese.

Relativamente al settore tecnologico, la Cina ha annunciato regole più severe sull’uso dei dati e sulla concorrenza e ha convocato i dirigenti del fondo di sviluppo immobiliare Evergrande per metterli in guardia sulla gestione del debito, aumentando così il senso di sfiducia sul mercato, che sembra ancora non trovare un pavimento dopo mesi di vendite. Infatti, quasi ogni giorno escono notizie negative, quindi si ha l’impressione che non ci sia una fine in vista.

Le azioni di Hong Kong del gigante dell’e-commerce Alibaba, per esempio, sono scese del 2,6% e si sono dimezzate rispetto al picco di ottobre, raggiungendo adesso il rapporto prezzo/utili più basso dalla sua quotazione a New York nel 2014. Il gigante dei giochi e dei social media Tencent ha toccato il minimo a 14 mesi e il fornitore di cibo Meituan ha toccato il minimo a un anno. Lo Shanghai Composite è sceso dell’1,1% alla sua chiusura più bassa in più di due settimane e le blue chip sono scese dell’1,9%. In controtendenza, China Telecom si è impennata al suo debutto a Shanghai.

Secondo Louis Tse, amministratore delegato della società di brokeraggio di Hong Kong Wealthy Securities, “siamo già arrivati ad una mentalità di gregge, e le persone che vedono un’altra che vende fanno la stessa cosa”. Inoltre, i dati recenti indicano un rallentamento della seconda economia più grande del mondo poiché i nuovi focolai di COVID-19 e i limiti di viaggio riducono la domanda, mentre gli elevati costi delle materie prime gravano sulla produzione delle fabbriche.

Consulenti finanziari, la pandemia detta i tempi della “nuova frontiera” del recruiting

P&F ha intervistato alcuni esperti di selezione di risorse umane nel settore della Consulenza Finanziaria, per comprendere come le reti di consulenza finanziaria si stanno posizionando nell’offerta di cambiamento ai consulenti finanziari.

La pandemia ha cambiato lo stile di vita di tutti, senza distinzione di etnia, nazionalità, genere, religione, sesso e colore politico. I profondi cambiamenti dettati dall’emergenza hanno investito anche tutti i settori produttivi e professionali, sebbene in misura differente da una categoria all’altra. Una di queste è quella dei consulenti finanziari, rapidamente adattati ad una improvvisa accelerazione dei cambiamenti che avrebbero richiesto ancora qualche anno.

Consulente finanziario

Ciò si è reso possibile perché le trasformazioni avvenute nell’offerta di consulenza finanziaria e nelle modalità di relazione sono state accettate velocemente anche dagli attori della domanda, ossia gli investitori, anch’essi travolti dagli eventi.

Rimanendo all’interno della categoria, è interessante analizzare “dal di dentro” se anche l’attività di recruiting – che non si è mai fermata – si sia anche, in qualche modo, “evoluta” verso modalità differenti rispetto al periodo pre-pandemia. Per farlo, P&F ha intervistato alcuni esperti di selezione di risorse umane nel settore della Consulenza FinanziariaGiorgio Kottas, Alex Mercuri e Antonella Russo di Startup Italia – per comprendere come le reti bancarie si stanno posizionando nell’offerta di cambiamento ai consulenti finanziari. A giudicare dalle risposte ricevute, le motivazioni che spingono al cambiamento sono diverse a seconda della fascia d’età e della provenienza dal mondo bancario.

In ogni caso, è evidente che, pur crescendo il bisogno di sicurezza dei consulenti (integrazione pensionistica, protezione dagli eventi riguardanti la salute), i pacchetti offerti durante i colloqui di selezione dei candidati sono ancora troppo sbilanciati verso il bonus di ingresso, e quindi su elementi attrattivi di breve periodo.

Quali cambiamenti avete riscontrato nell’attività di recruiting dallo scoppio della pandemia ad oggi?
GIORGIO KOTTAS: Tra i cambiamenti che ho notato dopo lo scoppio della pandemia posso indicare sicuramente le modalità di incontro, effettuate sempre più spesso tramite video call. Questo mezzo ha permesso di far confrontare recruiter e reti con profili che, soprattutto nella prima fase della pandemia, non avrebbero fatto incontri.
ALEX MERCURI: Sono cambiate le modalità di incontro. Se prima tutti gli incontri si facevano dal vivo, oggi è normale fare i primi e secondi incontri via video.
ANTONELLA RUSSO:  Nel primo periodo della pandemia c’è stato un incremento degli appuntamenti dovuti all’introduzione dello strumento della video call; strumento che sarà sicuramente utile anche in futuro e che permette di trovare più facilmente un punto di incontro tra esigenze del candidato e impegni professionali del manager, portando una minore caduta degli appuntamenti stessi.

Qual è l’identikit del consulente finanziario più ricercato dalle società mandanti?
GIORGIO KOTTAS: Il candidato “ideale” ha una seniority importante in termini di fidelizzazione, anni di relazione con i clienti e proattività nella ricerca di nuovi clienti. I profili adeguati , più che in termini di masse trasferibili, devono avere determinate soft skill, in particolare la mentalità imprenditoriale e la voglia di crescere professionalmente.
ALEX MERCURI: Il consulente finanziario più ricercato è quello con masse di almeno 15/20 milioni di euro, esperienza decennale nel settore e una forte spinta allo sviluppo.
ANTONELLA RUSSO:  Il candidato ideale deve avere principalmente un nucleo di clienti fidelizzati, elevate competenze in ambito commerciale che gli permettano di continuare a sviluppare clientela nel tempo e infine ambizione e voglia di crescere e migliorarsi.

Che peso ha, nella decisione di cambiare banca, l’obiettivo di “monetizzare” in anticipo il valore del portafoglio clienti costruito negli anni, e che peso ha il progetto aziendale complessivo della nuova mandante?
GIORGIO KOTTAS: Il peso dipende dall’età anagrafica: i bancari a fine carriera vedono come obbiettivo primario nel passaggio la monetizzazione delle loro relazioni, i candidati giovani, quelli dai 35 ai 40 anni, hanno come priorità trovare un progetto di crescita professionale nella nuova realtà.
ALEX MERCURI: Penso che monetizzare sia uno dei fattori che spingono i consulenti a cambiare, soprattutto i bancari, ma non è l’unico aspetto. Un consulente che ha davanti a se ancora 20/25 anni di lavoro, valuta soprattutto il marchio e le possibilità di sviluppo all’interno dell’azienda.
ANTONELLA RUSSO:  La maggior parte dei candidati non parla subito di crescita in termini economici, dando per scontato comunque che allo sforzo conseguente un passaggio corrisponda un miglioramento economico. Ad ogni modo, tale elemento emerge velocemente nei bancari che si avviano alla fine della carriera lavorativa, che hanno un’importante esperienza alle spalle e che vantano relazioni di lungo corso, oppure nei consulenti finanziari che decidono di cambiare rete. Meno evidente invece nei dipendenti bancari più giovani, che fanno riferimento invece a progetti che gli permettano di crescere professionalmente e alla possibilità di fare consulenza in modo più autonomo, svincolandosi dalle logiche della banca.

Escludendo il bonus ed il trattamento economico riservato ai candidati, quali sono gli altri elementi più attrattivi che possono rafforzare nel consulente la scelta di un cambiamento?
GIORGIO KOTTAS: Oltre a gli economics, una spinta è data dalla maggiore autonomia lavorativa e di scelta dei prodotti e servizi in termini di consulenza verso il cliente.
ALEX MERCURI: Il marchio forte sul mercato, in primis, e poi la possibilità di poter lavorare liberamente senza spingere prodotti di casa.
ANTONELLA RUSSO: I principali elementi attrattivi sono costituiti dalla possibilità di lavorare in autonomia, senza pressioni di tipo commerciale, oppure le maggiori prospettive di crescita sia in termini di sviluppo di nuovi clienti, sia in ambito manageriale; infine, la possibilità di conciliare al meglio l’attività professionale con le esigenze private e familiari (questo è riscontrabile in particolar modo nelle donne).

Esistono aziende mandanti che inseriscono nell’offerta economica strumenti di sicurezza familiare come piani pensione o polizze sanitarie? Se sì, che tipo di strumenti vengono proposti?
GIORGIO KOTTAS: A parte le polizze sanitarie, non sono a conoscenza di proposte di altro tipo da parte delle società mandanti per le quali ho lavorato.
ALEX MERCURI: Anche io non ho notizie di bonus sotto forma di piani pensione riservati ai consulenti finanziari da includere nella nuova rete.
ANTONELLA RUSSO:  Si, le polizze sanitarie sono inserite dalla maggior parte delle società mandanti, spesso allargate anche i componenti del nucleo familiare. Per quanto riguarda le integrazioni pensionistiche, solo alcune reti prevedono dei piani di accantonamento ad hoc.

Che peso danno i consulenti finanziari alle attività di formazione proposte dalle società mandanti?
GIORGIO KOTTAS: La formazione è un aspetto della nuova rete di cui si entrerà a far parte, sempre più  richiesto da parte di consulenti.
ALEX MERCURI: Tra tutti gli aspetti che motivano un consulente a scegliere una nuova rete, non penso che quello della formazione sia determinante.
ANTONELLA RUSSO:  La formazione è un aspetto sempre più  richiesto da parte dei consulenti. Anche in questo caso, la domanda è maggiore nei giovani professionisti.

In definitiva, la pandemia sta accelerando dei cambiamenti nella struttura della domanda e dell’offerta di risorse umane nella Consulenza Finanziaria, oppure no? Se no, perché?
GIORGIO KOTTAS: La struttura della domanda e dell’offerta stanno cambiando per motivi di mercato, a causa delle aggregazioni di gruppi bancari sempre più grandi. Per le banche c’è la necessità di crescere nelle masse amministrate, e questo avviene tramite acquisizioni di piccole realtà. La pandemia ha portato ad un ritardo per alcuni progetti di aggregazione e/o acquisizione all’interno di diversi istituti, e questo può influire nel malessere di alcuni candidati che aspettavano una promozione o una crescita di ruolo.
ALEX MERCURI:  La pandemia sta mettendo alla luce alcune inefficienze del sistema bancario tradizionale, che si trova indietro rispetto alla digitalizzazione e durante i lockdown ha avuto difficoltà a seguire i clienti. Non è un caso che sia stato un anno record di raccolta per le reti. Questa inefficienza sta portando molti gestori bancari a valutare un cambiamento.
ANTONELLA RUSSO:  Sicuramente c’è stato un cambiamento nell’ultimo anno, perché da un lato le principali reti presenti sul mercato hanno accelerato la loro crescita, e dall’altro le banche hanno avuto maggiori difficoltà a portare avanti progetti e prospettive di carriera dei dipendenti. Questo ha portato ad un maggiore malessere nei dipendenti, e una maggiore apertura alla valutazione di opportunità migliorative.

Quale potrebbe essere, tra qualche anno, la nuova frontiera del recruiting per i consulenti finanziari?
GIORGIO KOTTAS: L’utilizzo di strumenti di comunicazione a distanza sarà sempre più utilizzato, ma la presenza di head hunter nel settore diventerà sempre più importante per creare relazioni di lungo termine con i candidati, sempre più ricercati da tutti i player di mercato. Sarà importante “coccolare” e seguire il candidato fin dai primi contatti, e supportarlo nelle scelte fino alla firma del nuovo mandato.
ALEX MERCURI:  Penso che nei prossimi anni potrebbe affermarsi sempre di più la figura del procuratore, una figura che conosce le offerte del mercato e che può consigliare la realtà ideale al proprio assistito.
ANTONELLA RUSSO:  L’introduzione di strumenti e progetti che supportino la crescita dei più giovani. Inoltre, l’introduzione di strumenti sia a sostegno di un passaggio dalla banca alla rete, che di sostegno familiare, possono sicuramente agevolare la scelta di un cambiamento così importante.

Patrimoni&Finanza, i contenuti della settimana dal 16 al 22 Novembre

Questa settimana, grazie alla “Finanza Semplice” di Alfonso Selva, ci occupiamo di risparmiatori “ansiosi” e denaro in eccesso nei loro conti correnti. Grande spazio, poi, agli atti della conferenza stampa tenuta dal Gruppo Tecnocasa, con il focus su compravendite, locazioni e mutui. Infine, tra le altre cose, parliamo di PMI che fanno innovazione e dell’Osservatorio che analizza le statistiche di questo particolare segmento dell’imprenditorialità italiana.

Denaro in conto corrente, rischi e problemi. Dal “non si sa mai” al principio di Protezione

Alfonso Selva: “con la filosofia del ‘non si sa mai’ non ci si protegge affatto, e si presta il fianco a tutta una serie di rischi di notevole entità, privandoci così delle migliori opportunità utili a quando non avremo più le stesse energie di oggi”. LEGGI

Compravendite e locazioni, Tecnocasa: il mercato immobiliare esiste e resiste

Dopo la fine del lockdown il mercato si è messo in moto velocemente, sorprendendo gli stessi operatori del settore. A fine anno faremo i conti con gli effetti della pandemia sull’economia e sull’occupazione, tuttavia la nuova ondata in corso rende difficile fare previsioni e stimare le conseguenze sanitarie ed economiche. LEGGI

Mutui, in Italia le surroghe sostengono il mercato. Nel primo semestre erogazioni in crescita

Coloro che si aspettavano una contrazione dei volumi erogati devono ricredersi. Nel primo semestre 2020 mutui in crescita, boom delle surroghe a +243% rispetto allo stesso periodo del 2019. LEGGI

Tecnocasa, indagine socio-demografica sul mercato immobiliare: acquirenti e inquilini

L’analisi delle compravendite e delle locazioni evidenzia un mercato in buona salute che, in seguito all’emergenza sanitaria, ha segnalato alcune nuove tendenze. Bisognerà comunque aspettare i prossimi mesi per scoprire se si tratta di trend temporanei oppure di importanti cambiamenti delle abitudini di acquirenti ed inquilini. LEGGI

Grant Thornton e Università di Pisa, al via l’osservatorio sulle PMI innovative

L’Osservatorio fa parte di un più ampio progetto che mira a valorizzare l’innovazione italiana dando visibilità a questa specifica tipologia di imprese, facilitando la conoscenza dei vantaggi di natura fiscale, societaria e finanziaria esclusivamente dedicati dalla normativa alle PMI innovative regolarmente iscritte nella specifica sezione del Registro delle Imprese. LEGGI

Questo ed altro ancora, su Patrimoni&Finanza, con il consueto approfondimento. 

Per qualunque informazione, richiesta specifica o suggerimento alla redazione, potete contattarci scrivendo a info@patrimoniefinanza.com

La Finanza Semplice e la teoria dei contenitori. Razionalizzare i sogni e definire gli obiettivi

Spesso le persone non hanno chiari i propri scopi, finchè qualcuno o qualcosa non permette loro di “razionalizzare il sogno”. Gli obiettivi, infatti, non nascono nella loro vera forma, e rimangono per molto tempo allo stato di “sogno” prima di evolvere in determinazione e concretezza.

Di Alfonso Selva*

Oggi vorrei scrivere qualcosa a beneficio dei miei colleghi più giovani, che non hanno potuto avere, come me, un affiancamento costante sui fondamentali del mio lavoro. Trattandosi, appunto, delle “basi”, è opportuno scrivere in modo semplice concetti altrettanto semplici, affinchè  anche i risparmiatori che lo leggeranno possano comprenderli. La Finanza Semplice, infatti, parla la stessa lingua della gente, ed è il comune denominatore della relazione tra consulente finanziario e cliente.

All’inizio della relazione, il consulente deve “accorciare le distanze” con il cliente, e agire secondo due modalità fondamentali: conoscerlo e farsi conoscere. Conoscere il cliente, la sua famiglia, i suoi bisogni ed i suoi desideri è, tra le due modalità, quella più importante. Dalla conoscenza di chi abbiamo di fronte, infatti, ricaviamo tutte le informazioni da tradurre in obiettivi concreti.

Consulente finanziario

Cosa fare, quindi, come agire? Cosa si aspetta, il futuro cliente, dal consulente?

Niente che non rappresenti le basi di una nuova relazione: sedersi accanto e presentarsi, parlando brevemente di sé stessi, della propria professione e, perché no, della propria famiglia (salvo sfortunate eccezioni, chiunque ce l’ha, anche chi non è sposato!). Dopo la presentazione, cominciare a fare tante domande, per capire chi avete davanti e quali sono i suoi sogni.

Pensate sia difficile individuare i sogni della persona con cui parlate per la prima volta? Niente affatto. Tutti noi, in condizioni ottimali (presentazione da parte di un amico comune, referenze del mercato, aspetto, empatia) siamo disposti a parlare del nostro vissuto. L’importante è sapere ascoltare i messaggi che ci arrivano “dall’altra parte”, a volte in maniera criptica. Per farlo, sarà sufficiente fare domande sulla persona, e non certo sulle sue disponibilità economiche.

Questa fase della relazione è molto importante, perché molto spesso le persone non hanno chiari i propri obiettivi, e non sanno cosa vogliono veramente finchè qualcuno – come un consulente finanziario – non permette loro di “razionalizzare il sogno”. L’obiettivo, infatti, non nasce definito, e non assume subito la sua vera forma. Rimane per molto tempo allo stato di “sogno”, e solo il dialogo con un professionista – o un evento improvviso, piacevole o spiacevole – contribuisce a farlo evolvere verso lo stato di “obiettivo”.

Senza tante domande ed una conoscenza più approfondita della persona, il risultato sarà deludente per entrambi, ed il massimo che ci si potrà aspettare, quando si parlerà di denaro e patrimonio, sarà costituito da risposte del tipo “…vorrei far fruttare i miei soldi con poco rischio…” oppure “… voglio investire ma non voglio perdere….”, oppure ancora il classico “…..investo perché non si sa mai quello che potrà succedere…”.

Se questa saranno le risposte, voi consulenti avrete sbagliato, oppure siete stati superficiali. In più, avrete deluso le aspettative di chi vi sta di fronte, il quale non avrà ricavato la fondamentale sensazione che deriva dal ricevere attenzione da voi e potersi “raccontare”.

Facciamo un esempio, usando alcune similitudini molto efficaci. Se ci rechiamo dal medico per riferire di un dolore alla pancia senza dire esattamente: a) in quale punto, b) da quando ti fa male, c) se in profondità o in superficie, il medico non capirà quale tipo di disturbo causa il dolore, non potrà prescrivere alcun farmaco e nemmeno gli esami diagnostici più appropriati. In sintesi, non potrà darci risposte, e noi rimarremo senza cura. Oppure,  se andiamo

dall’agente immobiliare per comprare una casa, ma non gli diciamo: a) quanto possiamo spendere, b) quanto deve essere grande, c) in che zona la vogliamo, d) a che piano, e) se abbiamo bisogno di un mutuo….il professionista non potrà neanche incominciare a svolgere il proprio lavoro per assenza di informazioni.

Per un consulente finanziario, valgono gli stessi principi. Egli ha bisogno di sapere tutto del cliente, per definire i suoi obiettivi concreti e le loro priorità. Solo in quel momento, il consulente potrà parlare di investimenti e strumenti finanziari, distribuendo idealmente i risparmi all’interno di singoli “contenitori”, ognuno dei quali corrisponde ad un obiettivo concreto e raggiungibile ed è caratterizzato, pertanto, da un orizzonte temporale e una modalità di investimento differente.

LEGGI ANCHE: I miei primi consulenti patrimoniali? Mia mamma e mia nonna. I buoni consigli sono per la vita

Generalmente ogni persona ha due o tre obiettivi diversi tra loro per entità e orizzonte temporale entro cui raggiungerli. Ad esempio, se una persona vuole acquistare una casa entro due anni, ha un obiettivo di breve scadenza e sarà consigliabile tenere il denaro sul conto corrente o, al massimo, investirlo in obbligazioni super sicure e a breve scadenza. Se il cliente vive in affitto e vuole comprare casa tra 10 anni, il denaro di quel “contenitore” potrà essere impiegato a lungo termine, con l’obiettivo finanziario di conseguire nel tempo un buon rendimento.

Se l’obiettivo è quello di integrare la pensione, il contenitore giusto può essere un fondo pensione a lunghissima scadenza che coincida con la sua età pensionabile. Se l’obiettivo è quello di proteggere lui e la sua famiglia, il contenitore sarà di tipo assicurativo, mentre per il “non si sa mai” – che è un obiettivo residuale, ma pur sempre tale – un buon contenitore è quello di un accumulo finanziario mensile, a cui attingere quando c’è veramente bisogno.

La “teoria dei contenitori”, a ben vedere, è la base della Finanza Semplice, ed è talmente abbordabile che risulta semplice persino scriverne. Ciò che serve, sempre, è stabilire con il cliente il percorso da intraprendere, aiutarlo nella scelta degli strumenti e stargli accanto costantemente, perché un altro valore che contraddistingue un consulente da un semplice venditore è la sua disponibilità.

E cosa dire dei mercati finanziari…anche quelli si possono “semplificare”?

Certamente, basta ignorarli. Se si ha un obiettivo (o più obiettivi) ed un orizzonte temporale ben stimato per ciascuno di essi, il c.d. market timing – che sarebbe l’abilità semi-divina di indovinare quando comprare e quando vendere – non rientra nelle cose da fare. La prova? Ne abbiamo avuto due, belle forti, negli ultimi dodici anni: la grande crisi del 2008, e l’attuale crisi determinata dalla pandemia di Covid-19: in entrambi i casi (e con notevoli differenze tra i due), i mercati si sono sempre ripresi, chi ha tenuto senza vendere in preda al panico ha recuperato tutto e, al massimo, ha dovuto aggiornare, con l’aiuto del consulente, l’orizzonte temporale di alcuni “contenitori”.

Per sintetizzare “all’osso” il metodo di lavoro della Finanza Semplice, queste sono le sette regole da osservare:

  1. intervistare (il cliente),
  2. analizzare (le informazioni),
  3. definire (gli obiettivi),
  4. pianificare (il loro orizzonte temporale),
  5. selezionare (gli strumenti di investimento),
  6. monitorare (gli obiettivi in relazione al tempo trascorso),
  7. rivedere (gli obiettivi, in caso di eventi imprevisti e di una certa rilevanza).

In fondo, è tutto molto semplice, non credete?

Consulente Finanziario – iscritto Albo OCF al nr. 8634 del 2-11-1994 – Via Piemonte 42, 00187 Roma, e-mail: info@alfonsoselva.it