Ottobre 5, 2024
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La Finanza Elementare e i suoi quattro pilastri: denaro, bisogni, obiettivi e programmazione

Non è sufficiente avere le idee chiare su bisogni e obiettivi, perchè senza una buona programmazione rischiamo di essere sempre sopraffatti dagli imprevisti. Abituarsi a programmare, ecco il segreto per gestire tutto ciò che non possiamo controllare.

Chiunque si sia trovato, nella vita, nella difficile scelta di come investire i propri risparmi, si è certamente (e inconsapevolmente) imbattuto – oltre che in una banca o in un consulente finanziario – nei c.d. tre pilastri della Finanza Elementare: mezzi (il denaro, o altro bene altamente fungibile), necessità/bisogni e obiettivi di investimento. Inoltre, a quasi tutti, sarà sfuggito che questi tre elementi sono le gambe che sorreggono, come in un tavolo ideale della nostra vita, il principio fondamentale dell’accantonamento di mezzi finanziari: “il risparmio è spesa differita nel tempo“. In pratica, risparmiare vuol dire costituire i mezzi per realizzare domani una spesa che non è possibile sostenere oggi.

Ogni tavolo che si rispetti, però, deve avere anche stabilità; pertanto alle prime tre gambe va aggiunta una quarta: la Programmazione. Infatti, possiamo avere obiettivi chiari e mezzi sufficienti per soddisfare i nostri bisogni, ma senza una buona programmazione, saremo sempre sopraffatti dagli imprevisti. Anzi, in assenza di questo elemento così importante, e senza razionalizzare tutte le sue fasi (identificazione, valutazione, formulazione, finanziamento e successiva realizzazione) persino le cose più semplici da fare ci sembreranno “straordinarie” ed “impreviste”.

Sia chiaro: gli imprevisti, quelli veri, esistono eccome, ed incidono molto sulle vicende della vita di ognuno di noi, ma se non programmiamo almeno ciò che è “programmabile”, tutto apparirà difficile, anche i compiti che svolgiamo ogni giorno.

LEGGI ANCHE: La finanza elementare e le regole del saper investire: dare all’intuito il giusto valore

La capacità di programmare non è una dote innata per tutti; infatti, bisogna abituarsi a programmare, ed a farlo nel modo corretto, cioè tenendo in buon conto alcuni interrogativi:

  • quali sono i nostri bisogni,
  • quanti sono i mezzi che abbiamo a disposizione,
  • quali obiettivi vogliamo raggiungere.
  • quanto tempo occorre per soddisfare i nostri bisogni, in base ai mezzi che abbiamo a disposizione?
  • Possiamo dilazionare nel tempo gli obiettivi?
  • Quanto dobbiamo risparmiare per avere mezzi disponibili in quantità maggiore per quel dato obiettivo?…

Potremmo continuare con decine di altri interrogativi sempre più specifici, ma per comprendere immediatamente ciò di cui stiamo parlando, facciamo un esempio pratico. Ipotizziamo di voler fare un viaggio all’estero da soli o con la famiglia. Per farlo, servirà compiere una serie coordinata di azioni più o meno semplici, e più precisamente:

  •  stabilire la destinazione finale (città, regione) ed un itinerario;
  •  acquistare il biglietto dell’aereo/treno/nave;
  •  prenotare l’albergo (o più alberghi);
  •  noleggiare un’auto.

Inoltre, servirà preliminarmente:

  •  avvisare il luogo di lavoro della vostra assenza, oppure
  •  chiedere/programmare le ferie coordinandoci con i colleghi;
  •  informarsi sui luoghi più interessanti da visitare;
  •  fare una lista delle cose da portare in valigia;
  •  altre incombenze che, mentre state leggendo, già vi vengono in mente…

Pertanto, se per organizzare un viaggio è necessario lavorare per giorni svolgendo vari compiti tutti necessari (alcuni anche indispensabili, a meno che non si voglia andare all’estero a piedi), programmare, pianificare e seguire un investimento nel tempo, a maggior ragione, richiede un grandissimo impegno.

Al mondo c’è chi risparmia solo per il gusto di farlo, perché trae beneficio dal vedere un conto in banca sempre in aumento. Poi c’è chi mette da parte il denaro senza avere alcun obiettivo di spesa già individuato, ma lo fa per il “non si sa mai”. Infine, esistono i risparmiatori che programmano gli obiettivi di spesa con una certa regolarità, sebbene siano veramente pochi (per questo esistono i consulenti patrimoniali…).

Abbiamo detto che il risparmio altro non è che spesa differita nel tempo. Ebbene, la programmazione ci aiuta a definire proprio l’entità di questo differimento, che cambierà in relazione al nostro obiettivo di spesa (es. acquistare casa). Per tradurre il principio in realtà, facciamo un altro esempio: l’acquisto di un’auto a rate, tipico dei nostri tempi, se è vero che ci consente di avere subito il possesso del bene, è altrettanto vero che richiede una programmazione mensile del risparmio con il quale pagare gradualmente il suo costo complessivo. Al contrario, se abbiamo già un’automobile, ma vogliamo sostituirla tra tre anni, dobbiamo:

  •  calcolare, con una buona approssimazione, quale potrebbe essere il valore della nostra attuale macchina tra tre anni,
  •  ipotizzare quale tipo di auto ci piacerebbe acquistare tra tre anni (ad esempio, se vogliamo salire di categoria e comprarne una più confortevole oppure no),
  •  calcolare quanto dobbiamo risparmiare periodicamente per permetterci di raggiungere la somma complessiva necessaria per l’acquisto, al netto della vendita del mezzo che possediamo adesso.

Il secondo punto, a ben vedere, definisce l’obiettivo “emozionale” di spesa (“salire di livello”), ossia la motivazione più intima che ci spinge a risparmiare. In mezzo, ossia durante i tre anni, si posiziona la possibilità di investire le somme via via risparmiate, con l’obiettivo di beneficiare di un possibile rendimento ed aumentare la somma disponibile (o raggiungere in anticipo l’obiettivo, grazie al rendimento conseguito, se la nostra capacità di risparmio non ci consente di raggiungere tutta la cifra  e se il nostro consulente patrimoniale è bravo).

L’esempio che abbiamo fatto, con le dovute differenze, sarà valido anche per obiettivi ancora più impegnativi ed ambiziosi (l’acquisto dell’abitazione, per esempio), oppure per obiettivi più semplici (viaggi, vacanze etc) ma ugualmente appaganti e significativi.

In tutti i casi, la natura stessa del bene/risultato che vogliamo raggiungere tra “enne” anni ci impone di dover attuare una programmazione, perché nessun obiettivo è uguale ad un altro, e noi siamo diversi gli uni dagli altri. Pertanto, investire il proprio risparmio ricavando un rendimento, o gestire il patrimonio in maniera oculata, determina il vantaggio di procurarsi una elevata probabilità di raggiungere in anticipo gli obiettivi di spesa, o di colmare la parte di denaro che manca per poterli raggiungere senza dover aumentare l’orizzonte temporale.

Programmare – e farlo bene, in modo corretto – è quella cosa che separa la frase “…ce l’ho fatta!” da “…quanto sono sfortunato!“. Mica poco.

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Il denaro non è la vita (Vita è ciò che fai mentre lo spendi)

Il denaro non è un obiettivo, né una necessità, né un bisogno, ma un mezzo. E allora perché non riusciamo a considerarlo con sufficiente lucidità?

Uscireste mai di casa senza avere un programma, anche minimo, su cosa fare durante la giornata? No, è ovvio. Se lasciate casa avete sempre un obiettivo. Coinvolgente, seccante, piacevole o spiacevole, è pur sempre un obiettivo, e dovrete portarlo a termine nei tempi prestabiliti da voi stessi o dalle regole del contesto in cui esso si può raggiungere.

Gli obiettivi, è evidente, non vanno confusi con le necessità. Nutrirsi, coprirsi, avere un tetto sotto il quale vivere, socializzare… sono tutte necessità che, senza obiettivi, diventano difficili da realizzare: non posso pensare di nutrirmi/abitare/vestirmi/socializzare/viaggiare per tutta la vita senza avere prima l’obiettivo di studiare e di trovare un lavoro (a meno che non siete molto, ma molto ricchi).

A loro volta, le necessità sono diverse dai bisogni, rispetto ai quali esse difettano di due requisiti fondamentali: continuità nel tempo e indispensabilità. Nutrirsi, dissetarsi, coprirsi, curarsi – solo per fare un esempio – sono bisogni, che dobbiamo soddisfare continuamente per vivere; viaggiare, fare sport (ed altro ancora) sono necessità, ma possiamo vivere senza soddisfarle.

Anche lavorare, in linea di principio, non è un bisogno, ma una necessità: si può vivere senza prestare il proprio lavoro. È oggettivamente difficile, culturalmente discutibile e piuttosto faticoso, ma c’è chi ci riesce (pensate a chi vive, in maniera sistematica e quotidiana, di carità e/o di sussidi: le nostre città, purtroppo, ne sono piene).

E il denaro, come si colloca all’interno del rapporto bisogno/necessità/obiettivi?

In un mondo privo di esso, in teoria, si potrebbe anche vivere bene (lavorando però!); basterebbe perfezionare un valido sistema di baratto tra beni scambiabili di valore equivalente, all’interno dei quali inserire anche il valore di scambio della propria forza-lavoro e della propria competenza professionale in una data materia. Ancora cinquanta o sessanta anni fa, nei piccoli centri di campagna, il medico del paese spesso veniva pagato in uova, farina, frutta, selvaggina, pollame e qualunque altro bene di prima necessità, considerato fungibile e generalmente accettato, da chi non aveva denaro ma disponeva, per via del proprio lavoro, di prodotti della terra.

In teoria, potremmo anche fare a meno di monete e banconote, sebbene la cosa, oggi, complicherebbe non poco i processi produttivi ed il libero commercio. Pertanto, il denaro non è un obiettivo, né una necessità, né un bisogno, ma un mezzo. Anzi, è “il mezzo” per eccellenza: non è commestibile, non vi difende dal freddo o dal caldo e non è un materiale adatto a costruire una casa, ma con il denaro comprate il cibo, i vestiti, la casa, il mezzo di trasporto, l’istruzione, i viaggi etc.

Per mezzo del denaro, realizzate obiettivi risolvendo necessità e bisogni. Il denaro, pertanto, è il terreno di confine tra necessità, bisogni e obiettivi. E allora, perché non riusciamo a considerarlo con sufficiente lucidità? Averne tanto, forse, è il nostro vero obiettivo? E per farne cosa? Guardarlo, toccarlo, oppure nuotarci dentro come Zio Paperone?

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Se sono queste le vostre finalità, state perdendo tempo. Il Risparmio, infatti, altro non è che spesa differita, e il denaro messo da parte non è un fine, è un mezzo per raggiungere obiettivi di vita: gli studi dei figli, viaggiare per conoscere il mondo (e noi stessi), mettere radici, invecchiare bene e con disponibilità di mezzi.

Pensare di non dover spendere mai il proprio denaro, a ben vedere, farà contenta solo la vostra banca, perchè il tempo passato a rimirarlo sul conto corrente o sul deposito titoli consentirà al vostro istituto di credito (legittimamente) ricavi costanti e durevoli. Il Tempo, invece, deve essere vostro alleato; basterà, dopo aver scelto i propri obiettivi, attribuire loro il valore del tempo entro il quale vogliamo realizzarli: il c.d. orizzonte temporale. Senza quest’ultimo elemento, i vostri obiettivi si perderanno per strada, vinti dagli imprevisti di cui è disseminato il percorso della nostra vita.

Perdere di vista il binomio obiettivo/orizzonte temporale, certamente, vi indurrà a commettere gravi errori di programmazione, che finiranno con l’influenzare negativamente la vostra vita futura. Infatti, chi non programma una spesa (meglio ancora, obiettivi di spesa) finisce col difettare di motivazione; i progetti invece aiutano a vivere meglio, ad avere entusiasmo. Condividerli con chi vuoi bene, poi, è uno degli elementi sui quali poggiano le fondamenta della nostra Società Civile, fatta di famiglie.

La Famiglia stessa, a ben vedere, è un progetto, ed attorno ad essa nel tempo ruotano tanti obiettivi di rilevanza sociale ed economica che qualcuno, oggi, vorrebbe mettere in dubbio con strane teorie.

Attorno all’individuo e alla sua famiglia, pertanto, si realizza un insieme di principi e di regole per mezzo delle quali circola il denaro.

Ma il denaro serve solo a vivere, non è la Vita. Vita è tutto ciò che fai mentre lo spendi.

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