Marzo 19, 2025

La guerra dei dazi di Trump è propedeutica a un accordo globale sulla svalutazione del dollaro

Secondo gli Stati Uniti il dollaro è sopravvalutato per via degli acquisti dei paesi esportatori che così svalutano le proprie monete vs il dollaro in modo costante e sistematico, realizzando riserve valutarie.

Di Maurizio Novelli, gestore del fondo Lemanik Global Strategy

Una domanda che dovremmo porci, ma che nessuno osa farsi, è perché un’economia forte e prospera ha bisogno di aprire una guerra commerciale con il resto del mondo. La spiegazione la possiamo trovare nel documento pubblicato dal capo dei consiglieri economici dell’amministrazione Trump, Stephen Miran, che spiega in dettaglio quali sono i punti dell’agenda del governo Usa. Leggendo tale documento, si riesce a dare una spiegazione logica a tutto quello che sta accadendo, ma anche del perché sta accadendo.

Nella realtà, tale documento illustra in dettaglio un “piano di salvataggio globale” per un’economia ormai a rischio di collasso. Stephen Miran e Zaltan Poszar (ex capo del trading desk della Fed e Senior Advisor del Tesoro) sono i due più influenti consulenti economici del governo Trump. Il documento, pubblicato nel Novembre del 2024 appena dopo il risultato elettorale, è stato totalmente e probabilmente volutamente “censurato” dalla ricerca di mainstream, per cui la maggioranza dei portfolio managers che si “abbeverano” alla ricerca macro delle principali banche d’investimento non sono informati su quello che potrebbe accadere. È tuttavia certo che le cancellerie dei principali governi internazionali abbiano avuto uno shock leggendo quello che gli Stati Uniti vorrebbero fare nei prossimi quattro anni.

Il documento completo, intitolato “A user’s guide to restructuring the global trading system“, di Stephen Miran, si può trovare sul sito di Hudson Bay Capital, società Usa di ricerca indipendente, e dimostra ormai che se vuoi sapere veramente cosa succede all’economia non puoi più fare affidamento alla narrazione del mainstream, che tende a farti sapere solo quello che puoi sapere. I principali punti su cui si basa la “messa in sicurezza” dell’economia americana, a rischio di bancarotta come dice Elon Musk, sono:
1) Svalutazione del dollaro
2) Totale controllo della Supply Chain su settori strategici come difesa, tecnologia e pharma.
3) Controllo dei tassi d’interesse sul debito Usa e finanziamento dello stesso tramite Century Bonds.
4) Riduzione dei prezzi dell’energia (Oil & Gas)
5) Dazi e sanzioni utilizzati come sistema di coercizione per obbligare i paesi terzi ad accettare il piano.

Il punto di vista attuale degli Stati Uniti è che la divisa di riserva (dollaro) è un asset sopravvalutato, dato che tutti i paesi esportatori acquistano dollari per fare riserve valutarie e svalutano quindi le loro monete vs dollaro in modo costante e sistematico. Ci sono quindi due sistemi per poter interrompere tale meccanismo:
a) trovare un accordo globale sulla svalutazione del dollaro,
b) introdurre i dazi in modo unilaterale. 
Il governo americano ritiene che, poiché è difficile che Cina ed Europa possano accettare una rivalutazione delle loro monete, è preferibile agire in modo unilaterale. Dazi e controllo della curva sono un segnale

che la strada è stata intrapresa, ma l’obiettivo è quello di trovare un accordo sulla svalutazione del Dollaro, poichè l’America evidenzia una perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero a causa della globalizzazione, e l’analisi mette in evidenza che tale impatto è avvenuto in località dove non esistono alternative ai posti di lavoro perduti. È quindi necessario intervenire per riportare a casa l’attività manifatturiera su Tecnologia e Farmaceutica e su tutti i componenti utilizzati dal settore difesa. La deglobalizzazione su alcuni settori chiave è iniziata.

Un altro punto di vista, discutibile ma importante, è che gli Stati Uniti forniscono al mondo una divisa di riserva ma, attualmente, ne hanno solo svantaggi. Poiché l’America fornisce un ombrello di difesa militare globale ai paesi alleati, tali paesi utilizzano tale servizio in modo gratuito e inoltre approfittano di un dollaro sopravalutato (le recenti dichiarazioni di Trump verso l’Europa vanno interpretate alla luce di tale punto di vista). Poiché “the use of defense umbrella” è un bene pubblico globale (“is a public good“), questo deve essere finanziato a tassi bassi e con debito al lungo termine (Century Bonds). L’America chiede quindi di scaricare una parte dei costi che sostiene in due modi:
a) contributo alle spese di difesa da parte degli alleati,
b) finanziamento dei costi attraverso la sottoscrizione di bond in dollari a 100 anni a tassi bassi.

Tali bond verrebbero emessi solo per banche centrali di paesi alleati e non potrebbero essere venduti. La Fed sarebbe disponibile ad aprire linee Swap per effettuare Repo in caso di esigenze di liquidità. Gli Stati Uniti chiedono quindi un piano di finanziamento a tassi bassi e a lunga scadenza per uscire dalla crisi del debito ed evitare una crisi globale. La riduzione dei prezzi energetici per contenere l’inflazione richiede una collaborazione internazionale. È quindi probabile che l’attuale voltafaccia all’Ucraina e lo schieramento con la Russia siano propedeutici a far rientrate la Russia nella sfera occidentale per riportare il petrolio russo sui mercati occidentali e far scendere i prezzi. L’Europa non sembra aver capito, per ora, che lo spostamento USA verso la Russia è parte di un piano che riguarda i prezzi dell’energia, che fanno parte del programma economico di Trump.

Gli Stati Uniti, in definitiva, stanno cercando di costruire una linea di difesa attorno alla divisa di riserva. Chiedono, di fatto, un controllo sui tassi che devono pagare ai creditori internazionali, chiedono alle banche centrali che detengono riserve in dollari di finanziarli con Century Bonds e chiedono di svalutare il dollaro. Questo per salvare Bretton Wood e il Dollar Standard e per salvare l’economia Usa e globale da una crisi da debito. È probabile che non sarà facile accettare tali condizioni e che lo scontro possa intensificarsi nei prossimi mesi, ma è necessario valutare se, in cambio, è meglio che siano i mercati finanziari a decidere come ristrutturare il sistema o se forse non sia meglio accettare la realtà e cercare di salvare l’economia Usa e mondiale da una crisi peggiore del 1929.

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