Febbraio 15, 2025

La Nautica riparte da Genova, ma la politica dei dispetti mette a rischio il settore

Il Salone di Genova conferma i risultati della Nautica italiana, che fa numeri importanti senza perdere la sua vocazione artigianale. Ma lo sgarbo della presidenza del Senato, che ha cancellato cinque emendamenti utili al settore per riequilibrare il problema dell’Iva al 22%, rischia di favorire le aziende estere e di far perdere posti di lavoro.  

Quello della Nautica è un settore molto importante per un paese come l’Italia, che ha 7914 km di costa e che vanta bellezze naturali uniche al mondo. A ciò si aggiungono, relativamente alla Nautica, competenze ingegneristiche e maestranze specializzati che fanno raggiungere alla cantieristica italiana livelli di eccellenza, grazie anche al contributo di tante piccole aziende di stampo artigianale, molte delle quali non hanno neanche un sito web e lavorano tramite il semplice passaparola.

Nel corso del 2020, il comparto aveva già ricevuto le attenzioni del ministero dello Sviluppo Economico, che a Giugno si era incontrato con i vertici di Confindustria Nautica affrontando i temi delle politiche di sviluppo e sostegno al settore e dell’adozione di nuove misure in ordine al leasing nautico e agli impatti sull’industria italiana e la sua filiera, che riesce ad avere numeri incredibili senza perdere la sua vocazione artigianale, grazie alla quale si distingue su scala mondiale.

Con il ministro Patuanelli si era discusso anche del Salone Nautico internazionale di Genova, che quest’anno ha compiuto 60 anni ed ha appena chiuso i battenti lo scorso 6 Ottobre, con 824 espositori e 71.168 visitatori nei sei giorni e la consacrazione al ruolo di primo grande “boat show” dell’era Covid, con una posizione di rilievo mondiale per via della cancellazione delle esposizioni di Cannes e Montecarlo. L’evento, nonostante le importanti misure di sicurezza (misurazione della temperatura all’ingresso, biglietti acquistabili soltanto online, obbligo di mascherina e distanziamento) è stato anche un segnale della ripartenza a livello mondiale di un settore che è riuscito a contenere i danni grazie alla riapertura nel mese di aprile. Infatti, secondo il Rapporto del Sole 24 Ore, sia le aziende della grande nautica che quelle della piccola, sono riuscite a recuperare le produzioni che avevano dovuto interrompere per il lockdown, e non hanno subito grandi cancellazioni, continuando a lavorare, nonostante sui charter e sul leasing nautico pesa (da Novembre) un aumento dell’Iva al 22%, che rischia di favorire le aziende estere e di mettere in crisi gli acquisti di imbarcazioni, che in Italia avviene con la formula del leasing nautico nel 90% dei casi.

Saverio Cecchi

La questione dell’IVA non è di poco conto, perché circa 500 milioni di finanziamenti in leasing potrebbero dirottarsi all’estero, ed il solo settore del charter nautico rischia di perdere il 15% dei contratti, mettendo in bilico oltre 5.000 posti di lavoro. Pertanto, si nutrivano le giuste aspettative sul buon esito degli emendamenti che avrebbero dovuto dare soluzione al problema dell’IVA ed altri aspetti ritenuti di ostacolo alla ripartenza post-Covid. Inaspettatamente, la presidenza del Senato ha fatto lo sgarbo di cancellare proprio i cinque emendamenti al Dl Agosto ritenuti fondamentali per il settore della Nautica, relativi alla fiscalità legata al noleggio di imbarcazioni. Tale fiscalità, anziché pesare sull’armatore, grava oggi sul cantiere e sulla società di leasing. Secondo Saverio Cecchi, presidente di Confindustria Nautica, “(a causa di questo trattamento fiscale, ndr) incentiviamo la fuga dall’Italia di aziende e di barche, che trovano più conveniente operare o immatricolarsi all’estero, con una perdita secca anche per l’Erario”. Riguardo alla cancellazione degli emendamenti ad opera della presidenza del Senato, Cecchi ha parlato apertamente di “scaramucce politiche”, dal momento che i medesimi emendamenti erano stati approvati dalla Commissione bilancio, recepiti nel maxi emendamento del Governo e bollinati dalla Ragioneria dello Stato.

Un dispetto, in pratica; un capriccio di cui sarebbe utile conoscere l’origine. Le norme contenute negli emendamenti, come osserva ASSILEA, l’associazione delle aziende del leasing nautico, spostavano la responsabilità del versamento IVA sulle operazioni inerenti l’acquisto e la fornitura di beni, servizi e manutenzione inerenti unità da diporto, inclusi i contratti di leasing nautico, dai fornitori di beni e servizi al proprietario dell’unità, come avviene in Francia.  “Ad oggi in Italia, in caso di difformità fra imposta versata e imposta dovuta, a rispondere non è infatti l’armatore, e questo espone le società di leasing italiane a un rischio economico e legale elevatissimo e inappropriato” – è la spiegazione di Assilea -. La conseguenza è lo spostamento in altri in Paesi come Francia, Malta o Croazia di quelle attività che si sarebbero svolte in Italia, con grave perdita di gettito per l’Erario (72 milioni di gettito IVA) e la possibile perdita di posti di lavoro per le imprese del settore della Nautica italiana, che occupa circa 1.500 unità.

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