Mercati: la forte correzione suggerisce che il peggio è alle spalle?
Secondo Didier Bouvignies di Rothschild, la crisi geo-politica sarà più grave rispetto a quella causata dall’annessione della Crimea nel 2014. Il forte deterioramento dello scenario e le sue conseguenze sui mercati finanziari richiedono un’attenta analisi della situazione.
Di Didier Bouvignies*
La situazione tra Russia e Ucraina appare complessa e soggetta a rapidi cambiamenti in base alle risposte delle varie istituzioni. Tuttavia, alla luce della manifestata volontà di smilitarizzare l’Ucraina sono attualmente ipotizzabili due scenari. Il primo implica la rimessa in discussione dell’indipendenza dell’Ucraina, con la destituzione del Presidente Zelenski e l’instaurazione di un nuovo governo filorusso simile a quello della Bielorussia; Il secondo presuppone che il Presidente Putin spinga le sue velleità bellicose fino ai Paesi Baltici o alla Polonia. L’appartenenza di questi stati alla NATO implicherebbe conseguenze molto più drammatiche e suggerirebbe un conflitto armato di ampia portata, a differenza del primo scenario.
Il primo scenario, che al momento sembra il più plausibile, implica che la risposta occidentale si limiterebbe a calibrare solo diverse sanzioni economiche. Bisogna però tenere a mente che le sanzioni attuate dopo l’annessione della Crimea non hanno ottenuto l’effetto dissuasivo previsto, e che la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia rimane una questione centrale (il 40% delle importazioni europee di gas e il 25% di petrolio provengono dalla Russia). Inoltre, da un punto di vista economico, il più vasto stato al mondo pesa relativamente poco sulla scena mondiale dopo il crollo del rublo. Non è infine da escludere il rischio di interruzione delle forniture, anche se storicamente la Russia non le ha mai sospese. Un conflitto armato potrebbe in ogni caso danneggiare gli oleodotti che attraversano l’Ucraina.
A questo punto, la conseguenza più importante sarebbe un rallentamento della crescita, catalizzato da un aumento dell’inflazione legato all’aumento dei prezzi dell’energia. Questa situazione potrebbe gravare sul prezzo dei fattori produttivi delle aziende e sul potere d’acquisto delle famiglie, ma con una crescita per il 2022 stimata al 4% questo nuovo paradigma non sarebbe in grado di rompere la dinamica positiva, che rimane robusta grazie all’elevato livello di risparmio (quasi il 10% del reddito disponibile delle famiglie) e alle scorte ancora relativamente basse delle imprese.
Gli ultimi accadimenti potrebbero spingere le banche centrali a mettere in discussione la loro stretta monetaria, considerando che l’aumento delle materie prime esercita naturalmente un effetto recessivo. La questione sarà molto più rilevante per la Bce che per la Fed, a causa del limitato impatto dell’escalation militare sull’economia americana, della sua autonomia energetica e delle minori ripercussioni sui prezzi di questo conflitto europeo.
Relativamente ai mercati finanziari, le conseguenze della crisi restano per il momento difficili da misurare. Tuttavia, bisogna tener presente che nei 19 eventi geopolitici che si sono verificati dal 1945 a oggi, nel 78% dei casi, i mercati sono tornati positivi dopo tre mesi, con un calo medio dal punto massimo al punto minimo di circa il 9%, corrispondente al crollo già osservato dall’inizio di febbraio. Fanno eccezione due casi: la guerra del Golfo nel 1990 e la guerra del Kippur nel 1973, con crolli rispettivamente dell’11% e del 15%.
Negli ultimi giorni, i mercati sono andati giù pesantemente e hanno cancellato i guadagni dell’ultimo anno, mentre gli indicatori tecnici suggeriscono che il sentiment degli investitori è sceso fortemente dalla flessione dei mercati di novembre e si sta avvicinando al livello di capitolazione. Anche se questa crisi sarà probabilmente di maggiore portata rispetto a quella causata dall’annessione della Crimea nel 2014, in un contesto in cui le preoccupazioni per l’inflazione sono centrali, la forte correzione dei mercati può comunque suggerire che gran parte delle perdite è ormai alle spalle. Ricordiamo inoltre che, a differenza delle crisi passate, la ricerca di protezione in questo momento di tensione, il cosiddetto fligh to quality, è meno orientata verso i titoli di Stato a causa dell’inversione di tendenza delle politiche monetarie, che diventerà inevitabilmente la principale fonte di dibattito una volta che la situazione si sarà calmata.
* Responsable de gestión Rothschild & Cie Gestion