Gennaio 19, 2025
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Mercato immobiliare alla prova del reddito medio: compro o affitto? Confronto nelle grandi città

In base al reddito medio familiare, oggi si può acquistare una casa dal valore di 187.000 euro. Nel 2021, a parità di rata del mutuo, se ne poteva comprare una da 254.000. Redditi da locazione ancora interessanti.

In Italia, relativamente alle statistiche sulle compravendite immobiliari, il 18,2% di queste viene stato realizzato a scopo di investimento, ed è in aumento rispetto al 2022 e al 2021. L’inflazione ancora elevata, infatti, sta spingendo i risparmi sul mattone, soprattutto per via del ritorno dei flussi turistici che ha portato nuovamente alla ribalta gli acquisti di immobili da destinare a ricettività sia nelle città più attrattive sia nelle località turistiche.

Secondo gli ultimi dati ISTAT, il reddito netto annuo familiare risulta in media pari a 33.798 euro. E’ interessante utilizzare questo dato in una simulazione di acquisto, rapportandola poi al 2021 per meglio comprendere il “costo sociale” dell’inflazione sulla possibilità delle famiglie di acquistare una casa, e  soprattutto che tipo di immobile è possibile comprare. Ipotizzando di voler acquistare un’abitazione ricorrendo ad un mutuo di 25 anni, al tasso medio del 4,65% e con un rapporto rata-reddito pari al 30% (indica la capacità di rimborso del finanziamento ipotecario) ed un rapporto tra la somma ottenuta con il mutuo ed il valore dell’immobile posto a garanzia del finanziamento pari all’80%, si può acquistare un’abitazione del valore di 187.000 euro, con una rata mensile di 845 euro. L’acquirente dovrà avere a disposizione un capitale iniziale pari al 20% del prezzo dell’immobile, e cioè 37.400 €, oltre al denaro per coprire tutte le spese accessorie alla compravendita e all’accensione del mutuo.

Tecnocasa ha provato a confrontare la rata del mutuo e i canoni di locazione nelle grandi città italiane. Con l’aumento dei tassi in molte città la rata è più elevata dell’affitto ma non mancano casi, laddove i prezzi al mq sono contenuti, in cui la rata è decisamente più conveniente dei canoni di locazione che, in molte città, hanno avuto una crescita importante negli ultimi tempi. L’aumento dei tassi di mutuo, com’è noto, ha influito molto sulle dimensioni degli immobili più comprati, poiché a parità di rata di mutuo – al netto della stretta creditizia effettuata dalle banche, che sta caratterizzando tutto il 2023 – ci  si può permettere un’abitazione più piccola. Infatti, con lo stesso reddito netto annuale attuale, ma ai tassi del 2021, a parità di rata si sarebbe potuto acquistare una casa dal valore di 254 mila euro, con una disponibilità iniziale di 50.800 euro.

Guardando nel dettaglio delle grandi città, è Milano quella che, avendo i prezzi più elevati (4.263 euro al mq), chiede un maggiore sforzo economico a chi volesse acquistare casa. Per un bilocale di 65 mq nel capoluogo lombardo occorre ora una rata di 1.362 euro e un reddito disponibile di 4.540 euro. Se si optasse per l’affitto occorrerà mettere in conto un canone di locazione di 1.068 euro al mese, per cui il mutuo comporterebbe 294 euro in più al mese. Per un trilocale lo sforzo richiesto è ancora più alto, perché la rata ora è di 1.619 euro con un reddito disponibile di 5.397 euro, l’affitto medio si aggira intorno a 1.453 euro al mese valore non così distante dalla rata e che potrebbe far propendere per l’acquisto. Rispetto ai prezzi e ai tassi del 2021, oggi la rata è di 472 euro in più per un bilocale e di 561 euro in più per un trilocale.

Agli antipodi si trova Genova che, con i prezzi più bassi di Italia (1.115 euro al mq), richiede una rata di 360 euro al mese per un bilocale e un reddito disponibile richiesto di 1.200 euro. Il canone di locazione di un bilocale è di 415 euro al mese, superiore al valore della rata cosa che potrebbe suggerire l’acquisto.  Genova è infatti la città che ha visto i prezzi scendere sempre, a partire dal 2007, con un recupero degli stessi solo nel 2022. Per un trilocale si mette in conto una rata di 428 euro, contro un canone di locazione di 500 euro al mese. Nel capoluogo ligure, quindi, l’acquisto vince, nonostante rispetto al 2021 la rata sia aumentata di 92 euro per un bilocale e di 110 euro per un trilocale.

A Roma il prezzo medio è poco sotto i 3.000 euro al mq, ed è richiesta una rata mensile di 968 euro al mese per un bilocale e di 1.150 euro al mese per un trilocale. Pertanto, per potersi permettere l’operazione è richiesto un reddito rispettivamente di 3.225 euro e 3.834 euro.  I canoni di locazione mensili sono rispettivamente di 797 euro e 988 euro, per cui l’affitto è più basso del mutuo, che comunque in due anni è aumentato di 279 euro per un bilocale e di 332 euro per un trilocale. Tra le realtà più costose anche Firenze dove, per assicurarsi un bilocale, occorre un reddito mensile di 3.100 euro al mese, che consente di ottenere un mutuo dalla rata di 931 euro. Quest’ultima sale a 1.106 euro per un trilocale, accessibile a chi ha un reddito di 3.688 euro al mese. I canoni di locazione sono di 699 euro al mese per un bilocale e di 817 euro al mese per un trilocale, decisamente più bassi della rata del mutuo.  In due anni, per lo stesso bilocale si è passati da una rata di 620 euro a una di 699 euro, per un trilocale da 786 a 1.106 euro.

Una delle città che ha visto crescere maggiormente i prezzi è stata Bologna. Nel capoluogo emiliano, per acquistare un bilocale occorre mettere in conto una rata di 845 euro al mese oppure un canone di locazione di 734 euro.  Per un trilocale la rata è di 1.000 euro, mentre il canone di locazione è di 885 euro al mese.  In due anni, il bilocale richiede un reddito di quasi 1.000 euro in più, da .1820 € a 2.815 euro, mentre il trilocale da 2.164 a 3.347 euro. A Torino, invece, la rata richiesta per un bilocale è di 523 euro al mese, contro un affitto di 451 euro, mentre per un trilocale è di 622 euro al mese contro un affitto di 566. A Verona la rata è rispettivamente di 547 e 651 euro al mese, contro un affitto di 611 e 722 euro al mese, facendo propendere decisamente per l’acquisto. L’aumento dei tassi ha portato un incremento della rata per l’acquisto di un bilocale da 360 euro a 547 euro a Verona, e da 363 a 523 euro a Torino.   

Tra le grandi metropoli del Sud Italia, Palermo è quella più economica, dal momento che, nonostante l’aumento dei tassi, richiede ai potenziali acquirenti di considerare un’uscita mensile di 370 euro al mese per un bilocale, contro un canone di locazione mensile di 427 euro. Per un trilocale, è richiesta una rata di 440 euro al mese contro un canone di locazione di 525 euro. Anche a Palermo, pertanto, i prezzi contenuti invitano all’acquisto e non all’affitto, a differenza di Napoli che richiede agli acquirenti un impegno mensile più importante: 763 euro per acquistare un bilocale (contro un canone di locazione di 620 euro al mese) e 907 euro per avere un immobile da 85 mq, che preso in affitto costerebbe 783 euro al mese. Per acquistarli occorre avere rispettivamente un reddito di 2.543 e di 3.023 euro al mese.

Alla luce di questa analisi, non è semplice rispondere alla domanda se sia più conveniente comprare o affittare, poiché tale scelta dipende da innumerevoli altri fattori che non possono esaurirsi con un confronto squisitamente numerico. Peraltro, il mercato delle locazioni oggi risente di un lieve restringimento dell’offerta, dovuto più alla diffidenza dei piccoli proprietari verso i contratti di lungo periodo – funestati da percentuali di morosità vicine al 50% – che alla volontà di adibire le case alla ricettività turistica (affitto breve). L’analisi condotta da Tecnocasa, sul tema, ha confermato che la possibilità di dover sacrificare il reddito da locazione per via della intervenuta insolvenza di molti inquilini induce grande prudenza nei proprietari, anche alla luce dei rincari dei costi energetici. I rendimenti annui da locazione, tuttavia, restano comunque interessanti: per un bilocale di 65 mq nelle grandi città italiane si è attestato intorno al 5,1%, mentre le metropoli che spiccano per avere i rendimenti maggiori sono: Genova con il 6,4%, Palermo con il 6,3% e Verona con il 6,2%. L’analisi rivela che gli investitori preferiscono le aree con la presenza di atenei, di servizi e/o sottoposte ad interventi di riqualificazione.

Mercato immobiliare: la guerra non frena i prezzi, ma le incognite restano

Solo un prolungato periodo di tensioni geopolitiche e di incertezza si tradurrà in una maggiore domanda di immobili nel lungo periodo e in prezzi più elevati.

Sul fronte economico, gli occhi del mondo sono comprensibilmente rivolti verso l’Ucraina e la guerra che ormai va avanti da mesi portando crudeli conseguenze umanitarie. L’inflazione elevata e l’aumento dei costi delle materie prime si stanno riversando, come una vera e propria onda d’urto, su tutti i mercati finanziari, ed anche il mercato immobiliare è coinvolto da questo contesto, ma paradossalmente ha subito maggiori danni durante i 2 anni di pandemia che in questo periodo, nel quale le pressioni inflazionistiche allontanano gli investitori dalla finanza pura e li spingono verso l’acquisto di immobili da mettere a reddito. E così, gli effetti della guerra si potranno vedere con il tempo, ma solo se un prolungato periodo di tensioni geopolitiche e di incertezza si tradurrà in una maggiore domanda di immobili nel lungo periodo e in prezzi più elevati.

Le incognite che separano le attese degli investitori di aumento delle quotazioni dai risultati concreti sono diverse. Innanzitutto, l’aumento del costo delle materie prime colpirà anche i materiali da costruzione e il costo della manodopera, e questo costituisce un primo deterrente per una crescita strutturale della domanda, poiché i maggiori prezzi futuri delle abitazioni non verranno compensati dai corrispettivi adeguamenti dei redditi che, com’è noto, tardano sempre rispetto all’evolversi delle grandezze indipendenti (e non concertate) del mercato. Solo per chi dispone di risparmi adeguati potrà inseguire il mercato in uno scenario di prezzi in aumento, tutti gli altri dovranno affidarsi al credito bancario che, a sua volta, sta già vivendo il problema dell’aumento dei tassi dei mutui, quasi triplicati nel giro di soli otto mesi, restringendo l’accesso a diverse fasce di lavoratori subordinati.

Probabilmente il mercato immobiliare di fascia alta per le case di vacanza e di lusso sarà il primo settore ad essere effettivamente colpito, poiché molte località turistiche esclusive potrebbero registrare un netto calo della domanda soprattutto da parte di investitori internazionali, come russi e cinesi. Il clima di incertezza, tuttavia, bloccherà anche gli acquisti da parte delle famiglie, che potrebbero decidere di aspettare tempi migliori. Invece, dal lato delle imprese l’aumento dei costi della logistica, dei materiali da costruzione, dei carburanti e della conseguente manodopera, potrebbe ridurre capacità e disponibilità a pagare affitti più elevati, rischiando di bloccare il settore delle nuove costruzioni immobiliari per l’industria che, fino a qualche mese fa, era un settore in grande espansione. Di conseguenza, la riduzione dell’offerta finirà di creare tensioni in aumento sulle costruzioni già esistenti, il cui canone di affitto è destinato a salire ineluttabilmente, costringendo gli imprenditori della logistica ad aumentare le proprie tariffe per mantenere una certa percentuale di utile.

In realtà, i tassi d’interesse dei mutui, per quanto maggiorati, sono ancora molto bassi se confrontati con quelli di alcuni anni fa, pertanto chi si avvicina adesso al settore immobiliare lo fa prendendo in considerazione le case da ristrutturare, poiché spesso vengono vendute a prezzi inferiori e consentono un investimento più sostenibile. Peraltro, proprio a causa della difficile situazione che stiamo attraversando, si stima che i prezzi siano destinati a salire fino al 3% durante il 2022. Nel presente mese di maggio 2022, prendendo in considerazione un appartamento di 50 mq (dati di caseinvendita360), le province italiane più convenienti in termini di prezzo sono quella di Oristano (-14.15%), Isernia (-10.83%), Forlì (-10.48%), Sondrio (-9.33%) e Biella (-7,66%), mentre quelle che hanno avuto una maggiore rivalutazione delle quotazioni – risultando quindi meno convenienti – sono Venezia (+ 10.03%), Viterbo (+ 8.93%), Firenze (+ 8.18%), Benevento (+7.72%) e Milano (+ 7.59%).

I sorprendenti risultati di Viterbo e Benevento – e di altri centri minori – fanno capire come la domanda si stia spostando sempre più verso le piccole province. L’aumento dei costi legati alle case nelle grandi città infatti, comporta un incremento delle vendite in zone periferiche o centri abitati più piccoli, anche grazie ai vari comfort come il giardino e il posto auto, ed il minore stress. Tuttavia, le regioni più gettonate rimangono sostanzialmente quelle geograficamente più popolate, e cioè Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Sicilia, dove comunque si hanno oscillazioni di prezzo davvero notevoli (dai 247.961 euro della Lombardia ai 56.944 euro della Sicilia). Non male i risultati, in termini di quotazioni, di Abruzzo (+ 0.81%), Basilicata (+ 2.69%), Campania (+ 1.14%), Emilia-Romagna (+ 2.79%) e soprattutto Friuli-Venezia Giulia (+ 6.12%).

Relativamente alle locazioni, il mese di aprile si chiude con un aumento medio mensile dei canoni pari all’1,5%, per un prezzo medio che si attesta a 11,4 euro al metro quadro. Gli incrementi maggiori sono quelli di Avellino (+ 15,2%), Milano (13%) e Massa (11,4%), seguite da Campobasso (9,2%), Ascoli Piceno (9%), Cosenza (8,3%), Catanzaro (7,3%), Rovigo (6%) e La Spezia (5,9%). Gli incrementi minori si sono registrati a Torino (4,1%), Cagliari (3,9%) e Palermo (1,2%), mentre sono in calo a Roma (-2,2%), a Bologna (-1,5%) e a Napoli (-1,3%).

In aumento le compravendite di negozi, uffici e capannoni. Box auto, prezzi in contrazione

Tra gli immobili per l’impresa, quello dei capannoni si rivela il settore più dinamico nel post pandemia. In aumento le compravendite di box e posti auto, ma i prezzi si vanno ridimensionando.

Nei primi tre mesi del 2021 le compravendite degli immobili per l’impresa secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate ed elaborati da Tecnocasa, hanno registrato un aumento notevole delle compravendite, che hanno segnato un +43,7% per il settore produttivo,+61,1% per i depositi, +34,4% per i negozi +34,4% e +50,7% per gli uffici.

Il settore più dinamico, in generale, sembra essere quello dei capannoni, tipologia che dallo scoppio della pandemia ha registrato un recupero costante. Prima grazie all’e-commerce che ha spinto la ricerca di spazi da parte delle aziende di logistica e della GDO per trovare una location vicina alle metropoli dove stoccare la merce da consegnare velocemente in città. Allo stesso tempo la ripresa della produzione, come più fonti mettono in evidenza, sta determinando un aumento delle richieste di spazi.

Ad acquistare sono quasi sempre aziende che hanno una solida situazione patrimoniale, piani di sviluppo per il futuro e che stanno cogliendo le occasioni che il mercato offre dopo anni di ribasso dei prezzi. Infatti, negli ultimi dieci anni i prezzi dei capannoni sono diminuiti del 31,8% per le tipologie nuove e del 34,9% per quelle usate. I dati sulle compravendite realizzate evidenziano che la maggioranza di chi ha acquistato capannoni ha avuto come finalità proprio quello di creare depositi.          

Il segmento del retail è stato quello più impattato dalla pandemia e questo ha determinato anche la liberazione di molti spazi. Chi ha resistito ha provato ad acquistare l’immobile ma nella maggioranza dei casi l’operazione ha interessato investitori che hanno colto l’occasione per comprare sia spazi vuoti sia occupati. I dati rivelano che tra gli acquirenti dei negozi ci siano anche coloro che hanno deciso di destinarlo ad uso ufficio o quando possibile in abitazione e, in questo caso, spesso il negozio è posizionato in via non di passaggio. Anche questa tipologia immobiliare ha evidenziato, negli ultimi dieci anni, un calo dei valori del 37,4% per le soluzioni in via di transito e del 42,3% per quelle in via non di passaggio.

Anche per gli uffici si segnala un aumento delle transazioni, +50,7%, e in questo caso ad acquistare sono quasi sempre utilizzatori, spesso liberi professionisti, che stanno approfittando del ribasso dei prezzi che negli ultimi 10 anni è stato del 37,1% per le soluzioni nuove e del 38,7% per quelle usate.    

Relativamente al mercato retail, il Gruppo Tecnocasa ha recentemente fornito i dati sulle compravendite di box e posti auto, i quali hanno registrato una contrazione, rispettivamente dello 0,7% e dello 0,9%, nel secondo semestre del 2020 rispetto al primo. Riguardo le transazioni, i dati dell’Agenzia delle Entrate segnalano, nello stesso arco temporale, un aumento delle compravendite dei box del 7,8% a livello nazionale e dell’1,2% nelle metropoli.  

Il 68,6% delle operazioni hanno riguardato la compravendita, mentre il 31,4% la locazione. Inoltre, tra gli acquirenti esiste una buona componente (49,4%) che acquista un box o un posto auto con la finalità di metterlo a reddito, anche se prevale l’utilizzo proprio. Tra i vantaggi di investire in un box c’è sicuramente una maggiore facilità di gestione rispetto all’abitazione, ed un rendimento interessante, intorno al 6,3% annuo. Quanto al loro valore, i box hanno avuto un trend decennale abbastanza in linea con le abitazioni: i primi hanno perso il 33,1%, le seconde il 30%.  

Holiday working e mercato immobiliare turistico, un modo diverso di concepire la casa vacanza

Il fenomeno dell’Holiday Working interessa i comuni ben collegati con la città, che garantiscono un rientro immediato in caso di richiamo in servizio presso la sede di lavoro, vicini a centri abitati più grandi con servizi ed infrastrutture adeguate.

Da quando la pandemia è arrivata nelle nostre vite la modalità di concepire la casa è cambiata. La richiesta di spazi più ampi e di spazi esterni ha caratterizzato il mercato immobiliare post pandemia ed anche il mercato della casa vacanza è stato in qualche modo impattato dal coronavirus: in alcune località è stata piuttosto sostenuta la richiesta di immobili più ampi ma con tassativa presenza di balcone, terrazzo o giardino, in modo da poter trascorrere periodi più lunghi oltre la classica vacanza.

In questi mesi si è parlato molto di remote working, con ricerche di casa in affitto per lunghi periodi nelle località di vacanza. Peraltro, già nel primo lockdown si era rilevato il fenomeno della permanenza più lunga nelle case vacanze già di proprietà, che è continuato anche nelle ondate successive ed ha ristretto l’offerta disponibile in diversi periodi dell’anno, anche in alta stagione, da parte di coloro che l’affittavano per integrare il reddito. Questa tendenza è stata alimentata grazie al ricorso allo smartworking e alla DAD, che hanno permesso ad intere famiglie di trasferirsi in località di mare o di montagna, cercando case in affitto per periodi più lunghi (da maggio-settembre) e lavorare (e studiare) da remoto.

Naturalmente, il fenomeno ha interessato i comuni ben collegati con la città, che garantiscono un rientro immediato in caso di richiamo in servizio presso la sede di lavoro, vicini a centri abitati più grandi con servizi ed infrastrutture adeguate (es. vicinanza a uscite autostradali). Inoltre, la ricerca di casa in affitto per periodi più lunghi ha dovuto fare i conti anche con la disponibilità di immobili sul mercato, poichè molti proprietari hanno deciso di utilizzare per sè gli immobili, ed altri hanno ritenuto poco profittevole affittare per lunghi periodi preferendo affittare per periodi più brevi a prezzi più elevati. Ciò ha determinato una tenuta dei valori della casa vacanza, sia al mare che in montagna o al lago.

SICILIA – Il fenomeno dell’holiday working ha interessato molti siciliani, che hanno anche affittato casa al mare per tre mesi, principalmente nei comuni ben collegati con la città come Balestrate, Terrasini, Cinisi, Castellammare, Scopello, San Vito Lo Capo, Cefalù, Casteldaccia. Dopo il primo lockdown, tanti hanno espresso il desiderio di acquistare la casa in queste località, spinti anche dal timore di non potersi spostare. Nella zona di Castellammare del Golfo, per un bilocale di 4 posti letto in media i prezzi per settimana si aggirano sui 500 euro a Giugno, 600 euro Luglio, 700 -800 euro ad Agosto e 600-700 euro a Settembre. Su Scopello, le ville si affittano a 800 euro a giugno, 1000-1200 euro a luglio, 1200-1500 euro ad agosto e 1000-1200 euro a settembre. A Cefalù i prezzi si aggirano attorno agli 800 euro al mese, e l’offerta è decisamente più ampia rispetto alle altre zone di mare. A Sciacca si affitta a circa 1000 euro al mese anche in alta stagione, mentre ad Ortigia 70 mq si affittano a 1600 euro al mese (alta stagione estiva).

SARDEGNA – Nell’ultimo anno a Villasimius si è avuto un incremento di acquisti di soluzioni con ampie zone giorno e verande, dal momento che tanti stanno valutando lo smartworking.

LAZIO – In alcune località del litorale laziale come Terracina, S. Felice, Sabaudia, Lido di Latina, Nettuno, Scauri, già da Gennaio si registravano richieste di affitti di casa vacanza per il mese di luglio ed agosto. Molti proprietari sono ancora incerti sul da farsi, se affittare le abitazioni o tenerle per sé, in attesa delle decisioni sugli spostamenti, e questo crea una certa penuria di offerta. Nelle zone di Nettuno, Ardea, Lavinio ed Anzio si registra un aumento delle compravendite di casa vacanza. Acquistano residenti a Roma e nella zona dei Castelli Romani, alla ricerca di una soluzione con spazi esterni oppure con vista mare e quanto più possibile vicina al mare. Secondo Wikicasa, si rafforza anche la tendenza ad acquistare la prima casa in queste località in quanto ben collegate con Roma.

CAMPANIA – Nel cilentano gli acquirenti di casa vacanza sono campani, mentre l’offerta nella Costiera Amalfitana è a rilento poiché il bacino di utenza è prettamente straniero. Relativamente alle locazioni estive, un monolocale nella periferia di Amalfi si affitta anche a 4500 euro al mese a luglio e ad agosto.

LAGO DI GARDA – Sul Lago di Garda le richieste si indirizzano soprattutto verso le nuove costruzioni con spazi esterni. A Desenzano del Garda, per esempio, un bilocale di quattro posti letto si affitta a 1200 euro al mese a giugno, 2000-2300 euro al mese a luglio e 2500–2800 euro ad agosto.  

MONTAGNA – Molto vivace il comparto delle locazioni, soprattutto nelle ultime settimane di progressiva riapertura. Le richieste si sono indirizzate anche per i mesi che normalmente destano poco interesse, come maggio-giugno e settembre-ottobre, per via dello smartworking. Il clima più secco della montagna, nei mesi estivi, favorisce le lunghe permanenze, sebbene con l’Italia in zona bianca la tendenza potrebbe subire un rallentamento in attesa delle previsioni per l’autunno, che nonostante le vaccinazioni presenta ancora numerose incertezze sul pieno ritorno alla normalità.

Gli immobili di prestigio resistono alla pandemia. Al top quelli con spazi relax e fitness room condominiali

Se c’è un segmento immobiliare che ha subito meno l’impatto della pandemia è quello degli immobili di prestigio, che interessa un target di acquirenti con un’elevata disponibilità di spesa.

Anche nel settore degli immobili di prestigio c’è oggi maggiore prudenza rispetto al periodo pre-pandemia, che ha portato a realizzare meno operazioni con finalità di investimento. Restano invece vivaci gli acquisti di prima casa, ora più di prima indirizzati su tagli grandi (almeno 180-200 mq) con spazi esterni, questi ultimi da sempre un must per chi acquista queste tipologie.

Gli elementi che accrescono l’interesse verso le abitazioni di prestigio sono la privacy e i sistemi di sicurezza. Aspetti curati nei minimi particolari soprattutto nelle nuove costruzioni, per le quali si considera, oltre al contesto, la tecnologia all’avanguardia, la classe energetica e le amenities condominiali, come ad esempio gli spazi dedicati al relax e al benessere, come le fitness room, il servizio di portierato e i locali multifunzionali. Le richieste si focalizzano essenzialmente sugli immobili con ampie zone giorno, saloni di rappresentanza e grandi cucine, oppure con la master bedroom e cabine armadio. Gli immobili d’epoca più richiesti sono quelli con affreschi, travi a vista e scalinate importanti. Anche sul segmento degli affitti si registrano tendenze simili.

MILANO – Nella zona di corso Genova e via De Amicis, dove si muove un target con ottima disponibilità di spesa e dove c’è sempre un’elevata domanda ma un’offerta decisamente contenuta, si concentrano tipologie più signorili che, ristrutturate, raggiungono i valori di 7000-8000 € al mq. Nel quartiere di Porta Romana-Crocetta ci sono soluzioni di pregio che possono arrivare a 9000 € al mq se in ottime condizioni e con spazi esterni o begli affacci. Punte di 10 mila € al mq sono toccate dalle tipologie nuove.

Nel tratto di corso Sempione le aree più costose sono piazza Giulio Cesare e piazzale Baiamonti, dove si toccano prezzi di 7000 € al mq. Nella macro-area di Città Studi-Indipendenza c’è un’ottima offerta di immobili di prestigio con top price di 6500 € al mq che si affacciano su piazza Grandi (lato Fontana-Bunker), mentre nella zona di Fiera-San Siro le quotazioni si aggirano intorno 4000-5000€ al mq.

ROMA – Nel Centro storico si registra una buona richiesta di immobili di prestigio da parte di famiglie. Fondamentale la presenza dell’ascensore, la panoramicità, lo spazio esterno e la luminosità. Per questi immobili si possono toccare anche top prices di 14-15 mila € al mq raggiungibili, ad esempio, in piazza Di Spagna. In piazza del Popolo e in via del Babbuino le quotazioni toccano gli 8000-9000 € al mq.

NAPOLI – In via Toledo, zona commerciale della città, si trovano palazzi signorili dei primi anni del 1900, spesso con affreschi, travi a vista e portineria che hanno quotazioni intorno a 3000 € al mq con punte di 4000 € al mq. La zona più prestigiosa si sviluppa tra via Mario Fiori e piazza degli Artisti, dove sono presenti stabili dei primi del ‘900, che si valutano circa 4000 € al mq. Soluzioni prestigiose si trovano anche nella zona di Colli Aminei, dove ci sono condomini medio signorili a 3000 € al mq, con punte di 4000 € al mq per le abitazioni con terrazzo sul piano. Il nuovo costa intorno a 5000 € al mq. Sostanzialmente stabili i prezzi nella macroarea di Posillipo-Chiaia (-0,8%) dove hanno tenuto i quartieri più prestigiosi.

In genere chi cerca questi immobili chiede quasi sempre lo spazio esterno (terrazzo o giardino), la vista panoramica ed il box/posto auto. Con queste caratteristiche si toccano punte di 7500-8000 € al mq. Ad acquistare sono quasi sempre professionisti o imprenditori di Napoli oppure della provincia.

TORINO – Nel centro della città, in particolare in Via Lagrange, via Carlo Alberto e via Roma, sono tra le strade più prestigiose della città. Via Lagrange è conosciuta per lo shopping, qui infatti sono presenti i brand nazionali ed internazionali più importanti. In questa area della città si possono acquistare abitazioni risalenti alla fine del ‘700 e anche soluzioni costruite nei primi decenni del ‘900: per una tipologia signorile ristrutturata la spesa si attesta da 4000 a 4500 € al mq. Anche nell’area di via Della Rocca è possibile comprare abitazioni di fine ‘700. In questa zona è facile trovare case signorili con soffitti a cassettoni oppure a botte e con mattoni a vista.

Tra le vie più apprezzate da segnalare corso Galileo Ferraris, corso De Gasperi e corso Duca degli Abruzzi, dove si trovano soluzioni signorili e dove un buon usato si acquista con una spesa media di 2500-2700 € al mq.

FIRENZE – Sul mercato del prestigio si muovono in particolare coloro che sono alla ricerca di soluzioni di ampia metratura, possibilmente con caratteristiche come spazi esterni, travi a vista, piani alti con ascensore, vista su monumenti e piazze storiche. Queste caratteristiche si ritrovano nelle abitazioni posizionate su corso Italia con valori, per una soluzione ristrutturata, di circa 5000 € al mq. Per le soluzioni signorili ristrutturate in Borgo Ognissanti i valori si attestano a 4000-5000 € al mq.

BOLOGNA – Le aree centrali della città i prezzi diminuiscono di poco (-1,6%). Chi cerca soluzioni signorili si orienta in questa zona, dove se ne trovano sia degli anni ’50-’70 sia del XV secolo. Più esclusiva e con prezzi più elevati è quella che si sviluppa sotto le due Torri e che può toccare punte di 5000 € al mq. Alcuni palazzi del centro sono interessati da importanti interventi di ristrutturazione che riguardano la parte esterna sia la parte interna che viene completamente rinnovata, frazionata e ridistribuita: si tratta quindi di abitazioni nuove che non costano meno di 4000 € al mq.

GENOVA – A Foce, quartiere centrale della città che si sviluppa intorno alla stazione di Brignole e non lontano da piazza Ferraris, il mercato è dinamico. Qui si trovano anche immobili d’epoca di prestigio con vista mare e che, in ottimo stato, possono arrivare a 3000 € al mq. Quotazioni simili si registrano per le tipologie limitrofe alle strade dello shopping: via XX Settembre, via san Vincenzo, piazza Ferraris.

VERONA – Il mercato della prima casa nel Centro storico vede per lo più famiglie in cerca di soluzioni di prestigio, dal taglio superiore a 200 mq, ai piani alti, con terrazzo o attici. Le soluzioni più costose sono quelle che affacciano su piazza delle Erbe e piazza Duomo, molte delle quali spesso sottoposte a vincoli delle Belle Arti. Se l’immobile gode dell’affaccio su piazza può raggiungere anche 5000 € al mq.

Trend vendite immobiliari in Italia a Febbraio 2021. Domanda e offerta decisamente “localizzate”

Trend delle vendite immobiliari in Italia a febbraio 2021 su base regionale. Ecco quali sono le province e le regioni italiane che hanno visto un aumento del prezzo di vendita degli immobili, e quali una diminuzione.

Ci sono diversi fattori che incidono sull’andamento del trend immobiliare e delle vendite degli immobili nel nostro Paese. I dati su base regionale forniti da caseinvendita360.com ci rivelano quali sono le province (o regioni) interessate da un aumento o da un calo dei prezzi degli immobili, e quali possono essere i diversi fattori che influenzano l’andamento dei prezzi delle abitazioni.

Infatti, nel mercato immobiliare, la legge della domanda e dell’offerta subisce un fenomeno di “localizzazione” che fa delle compravendite di abitazioni una realtà fortemente regionalizzata ed esposta a ai vari fattori esogeni. Guardando al trend del mese di febbraio 2021, pertanto, possiamo costatare come ci sia stato un aumento dei prezzi delle case in specifiche province dal Nord fino al Sud Italia, al contrario di molte altre. Nello specifico, iniziando dalle provincie settentrionali, considerando le compravendite immobiliari su proprietà di 50 metri quadrati, troviamo un +6,54% a Belluno, con un prezzo medio di 70.241 euro, e +4,16% a Milano, con un costo medio di 216.521 euro.

Nel centro Italia, invece, le più alte percentuali d’aumento dei prezzi si sono evidenziate nella provincia di Isernia (+8,94%, prezzo medio 51.626 euro), Pescara (+6,34%, prezzo 97.195 euro), Perugia (+4,80%, prezzo 65.752 euro),Macerata (+4,79%, prezzo 65,745 euro) e Oristano (+3,72%, prezzo 71.264 euro).

Per quanto riguarda le regioni del Sud Italia, si distinguono Napoli (+4,26%, prezzo 136.908 euro) e Caserta (+3,66%, prezzo 79.926 euro).

PROVINCE CON UN TREND IN DISCESA – In diverse province la crisi determinata dal Covid-19 è il fattore esogeno per eccellenza. In certe zone, la crisi a livello economico e lavorativo si è riversata sul mercato immobiliare ed ha portato una flessione dei prezzi. In generale, in queste aree stanno pesando l’assenza di investimenti sul lungo periodo e una offerta troppo abbondante rispetto alla domanda. Tutto ciò ha segnato uno spostamento di risorse finanziarie verso il risparmio mobiliare, preferito agli investimenti immobiliari. Nello specifico, sempre considerando una superficie media per appartamento di circa 50 metri quadrati, Cuneo segna un -7,38% (prezzo medio pari a 90.789 euro), Bologna -2,39% (prezzo medio 154.380 euro) e Genova -1,72% (prezzo medio di 84.509 euro). Per quanto riguarda le province del Centro Italia, forte diminuzione dei prezzi ad Ancona (-6,70%, con un prezzo medio di 79.703 euro), seguita da Sassari con un -5,50% (prezzo medio di 57.664 euro) e da Latina con un -2,53% (prezzo medio di 91.503 euro).

Infine, le province del Sud Italia che hanno evidenziato un trend in discesa dei prezzi medi per le abitazioni in vendita sono: Ragusa (-2,53%, costo medio di 57.664 euro), Agrigento (-1,92%, prezzo medio 50.854 euro) e Siracusa (-1,92%, prezzo medio di 56.047 euro).

ANDAMENTO MEDIO GENERALE DEI PREZZI IN ITALIA A FEBBRAIO 2021 – L’andamento dei prezzi delle case in tutta l’Italia a febbraio 2021 vede nel complesso un andamento rialzista trainato da alcune regioni del Nord Italia a compensazione positiva dei prezzi in discesa di alcune regioni del Sud Italia.

Il Friuli-Venezia Giulia, in particolare, fa registrare un forte aumento dei prezzi (+19,58%), con un costo medio per un appartamento di 50 mq pari a 84.328 euro. A livello regionale, il risultato peggiore è quello della Basilicata, che segna a febbraio 2021 un -9,54%, con un prezzo medio per unità immobiliare di circa 50 mq pari a 64.332 euro.

Nello specifico, nelle regioni settentrionali possiamo evidenziare il +4,16% della Lombardia (con un prezzo di 216.521 euro), il +0,15% del Piemonte (con un prezzo medio di 91.999 euro), il +0,68% della Toscana (con un prezzo medio di 138.465 euro), la Valle d’Aosta con un +0,65% e un prezzo medio di 111.971 euro ed il Trentino Alto Adige con un +0,39% e un prezzo medio di 137.542 euro. Segno negativo per l’Emilia Romagna (-0,82% e un prezzo medio di 76.874 euro), la Liguria (-1,72% e un prezzo medio di 84.509 euro) ed il Veneto (-0.98% e un prezzo medio pari a 55.786 euro).

Nel Centro Italia maglia nera per le Marche (-6,70%, con un prezzo medio di 79,703 euro), seguita dalla Sardegna con un -0,95% e un prezzo di circa 106.756 euro. Al top il Molise che segna un +3,57 euro e un prezzo medio di 62,688 euro.

Al Sud, infine, in forte discesa la Calabria con un -2,08% (costo di 44,113 euro per unità immobiliare), mentre Puglia (+0,67%, costo medio di 98.578 euro) e Sicilia (+1,06%, costo medio di 68.128 euro) in aumento.

Previsioni immobili per l’impresa. Prezzi e canoni in ribasso, capannoni l’asset più resistente

In uno scenario economico incerto come quello attuale, fare previsioni sul mercato degli immobili per l’impresa non è semplice. Le restrizioni in essere non aiutano alcuni settori a fare programmi a medio e lungo termine, indebolendo la domanda di immobili industriali sia in affitto che in vendita.

Di Fabiana Megliola*

Dopo il lockdown primaverile dello scorso anno, si era registrato un incremento di richieste di capannoni, laboratori e negozi. C’era voglia di riprendere e di avviare anche nuove attività. Solo gli uffici si erano dimostrati meno reattivi perché molte aziende erano in attesa di decidere sul proseguimento dello smartworking e sulle modalità dello stesso.  

Il lockdown autunnale ha peggiorato il quadro d’insieme che ha visto in particolare il comparto commerciale in crescente sofferenza. L’estate aveva restituito entusiasmo alla luce della possibilità di poter sfruttare gli spazi esterni e della ripresa del turismo, seppur di prossimità, con una capacità di spesa più contenuta. I dati provenienti dalla rete Tecnocasa/Tecnorete relativi agli immobili per l’impresa ha messo in luce il consolidamento di alcuni trend emersi durante la prima ondata, ed in particolare le difficoltà per la ristorazione, soprattutto nelle città turistiche e nelle aree ad alta concentrazione di uffici ed atenei, a causa del forte calo delle presenze turistiche e del proseguimento di smart working e DAD (didattica a distanza).

Non sempre è bastata la riorganizzazione supportata anche dalle piattaforme di delivery, ma lo street food sembra tenere bene. Si registrano ancora difficoltà per le altre attività “non food”, in particolare quelle che non hanno fatto ricorso all’e-commerce, il cui sopravvento ha messo in difficoltà il settore.

Le conseguenze di quanto descritto sono state la rinegoziazione dei canoni di locazione (con ribassi anche del 50%), l’affermarsi dei contratti a canoni crescenti nel tempo e la liberazione di posizioni appetibili con il ridimensionamento delle key money, e cioè quel particolare contratto, stipulato tra il conduttore di un immobile e un soggetto interessato a subentrare nei locali nella posizione di nuovo conduttore, con il quale quest’ultimo si impegna a corrispondere al conduttore “uscente” una somma per ottenere la risoluzione anticipata della locazione e la conseguente liberazione dei locali. Quest’ultimo fenomeno ha consentito, quando possibile, di effettuare operazioni di riposizionamento a canoni interessanti.

Al momento si contano degli spazi liberi, anche in location primarie, perché i proprietari non hanno accettato di ridurre gli affitti. Si conferma la ricerca di spazi per aprire supermercati di prossimità. Gli investitori sono decisamente prudenti, non manca chi effettua piccoli investimenti (sotto i 200 mila €) chiedendo rendimenti intorno al 10% annuo lordo, e chi è “a caccia” dell’affare che non sempre va a buon fine. Al momento non c’è molta offerta di negozi in vendita, soprattutto in alcune realtà, molto probabilmente per lo stato di incertezza di questo periodo.

Le previsioni per il settore non residenziale vedono prezzi e canoni in ribasso soprattutto per il propagarsi delle difficoltà per alcune categorie di negozianti e per la fine del blocco degli sfratti (ulteriormente prorogato).

Il capannone è l’asset che ha resistito meglio grazie all’affermarsi dell’e-commerce che ha dato slancio alla logistica e alla tenuta di attività produttive e artigianali che hanno reagito alla crisi, in taluni casi anche riconvertendo la produzione. Una buona spinta è arrivata anche dal reshoring, che ha visto rientrare in Italia diverse attività de-localizzate all’estero, con l’obiettivo di ridurre la distanza tra approvvigionamento, produzione e consumo.

La crescita delle vendite on line ha potenziato la logistica dell’ultimo miglio con la ricerca di spazi per deposito, posizionati quanto più possibile vicini alla città. Infatti si segnala, soprattutto su Milano, la ricerca di capannoni da 300-500 mq a ridosso della metropoli.

Si conferma anche la volontà di acquisto da parte di imprese cha hanno una certa solidità patrimoniale alle spalle, e che approfittano dei prezzi bassi per diventare proprietarie dell’immobile. Il punto debole di questo segmento resta la carenza di prodotto, motivo per cui ci aspettiamo una tenuta o addirittura un incremento per le soluzioni in ottimo stato o ben posizionate ed una contrazione negli altri casi.

Sugli uffici non si registra un particolare dinamismo. Alcune aziende hanno liberato spazi dopo aver deciso un ricorso importante allo smart working o ne hanno modificato il layout. In alcuni casi, professionisti dalla consolidata attività hanno acquistato l’immobile, mentre altri si sono organizzati in studi associati per abbattere i canoni di locazione. Si rafforza il trend iniziato già negli anni scorsi, che vede nelle città il cui mercato residenziale è dinamico il cambio d’uso di queste tipologie in abitazione. Si segnala una maggiore offerta di tagli ampi, e questo fa presupporre un calo dei canoni e dei prezzi nei prossimi mesi.

* Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

Piccoli proprietari di case nella bufera: prezzi in ribasso, affitti insoluti e IMU senza sconti

E’ in atto uno spostamento delle abitudini abitative delle future generazioni, che preferiranno affittare la propria abitazione, cambiandola spesso a seconda delle mutate condizioni di reddito, oppure comprare case di piccola quadratura.

Nel nostro Paese, la ricchezza complessiva degli italiani è composta per il 68.0% da immobili, polverizzati in tutti gli strati sociali della popolazione. In particolare, la superficie complessiva dei soli immobili residenziali degli italiani è di circa 2,4 miliardi di mq, ed il suo valore commerciale complessivo è pari a circa 3.000 miliardi di euro.

Chi è proprietario di casa (o di più case) è sempre stata ritenuta una persona “ricca”, o almeno benestante o molto patrimonializzata, capace di accumulare tanto risparmio da poter comprare diverse unità immobiliari da mettere a reddito e poi trasmettere alle generazioni future. Oggi, dopo la crisi del 2008 e, soprattutto, dopo lo scoppio della pandemia, comincia a farsi strada la consapevolezza che l’investimento immobiliare – quello che veniva considerato come l’ancora di salvezza di qualunque patrimonio familiare -non sia più così conveniente e non produca il valore di una volta. Infatti, negli ultimi 8 anni (dati ISTAT) il valore delle case è calato mediamente di oltre il 15%, e quello delle vecchie abitazioni è calato del 22,1%. Secondo il rapporto annuale del notariato, il valore medio delle compravendite è passato da 148mila a 126mila euro nel 2019, e la tendenza è ancora in corso in tutto il 2020. Inoltre, negli ultimi cinque anni il mercato delle aste immobiliari è stato letteralmente inondato da un surplus di offerta (+23%, in forte aumento rispetto al quinquennio precedente) e le compravendite ordinarie, che sono un indice molto rappresentativo dello stato di salute economica di un paese, sono diminuite notevolmente (sebbene nel dopo Covid si prevede una “ripresina”).

Da non sottovalutare, poi, la graduale scomparsa degli investitori esteri, il cui investimento immobiliare in Italia è diminuito di oltre il 55% tra il 2017 ed il 2020.

Pertanto, è perfettamente inutile aggrapparsi al vecchio adagio “le case si rivalutano sempre”, perché la c.d. crisi del mattone non accenna a fermarsi dal 2008, e pertanto bisogna prendere coscienza che si tratta di un fenomeno strutturale, soprattutto in Italia dove le varie congiunture economiche dei decenni passati hanno favorito una proprietà immobiliare diffusa in tutte le famiglie.

Oggi, in piena pandemia, il bilancio negativo è amplificato dai suoi effetti sulla Società. Chi ha uno o più immobili da reddito vive il problema dei canoni insoluti (e del blocco degli sfratti), e cerca di vendere per realizzare liquidità immediata; chi detiene immobili difficili da vendere (per dimensione o per destinazione economica), si deve accontentare di una cifra più bassa per poter monetizzare. Del resto, le case presenti sul mercato sono tantissime, di molto superiori alla domanda, e sono sempre più vecchie, prive di tecnologie antisismiche adeguate, insicure e bisognose di opere di ristrutturazione, costose da mantenere.

Tutto questo, gli investitori grandi e piccoli, ormai lo sanno, e si orientano su immobili di piccola quadratura da destinare al mercato degli affitti, che secondo i dati sta destando un interesse sempre maggiore anno dopo anno, grazie anche alla domanda dei millennials, degli studenti fuori sede e dei lavoratori immigrati che non hanno la possibilità di ottenere un finanziamento bancario.

In più, proprio di recente la Banca d’Italia ha iniziato a consigliare al Governo lo spostamento graduale della pressione fiscale dal lavoro agli immobili. A tale “consiglio istituzionale” si è ispirata anche una recente proposta di legge per riformare il Catasto, appena depositata in Commissione Finanze dal Movimento 5 Stelle. Qualora diventasse legge dello Stato, questa nuova norma avrebbe l’effetto di far lievitare l’imponibile soggetto alla famigerata IMU, nonchè di aumentare il gettito fiscale derivante dalle successioni, senza innalzare le aliquote e senza abbassare le generose franchigie oggi esistenti (1 milione a figlio e coniuge).

Pertanto, lo spostamento dell’asse della tassazione dal lavoro agli immobili non sembra essere un evento momentaneo, ma un trend con il quale si vuole, da un lato, alleggerire il carico fiscale sulle assunzioni e far diminuire la disoccupazione e, dall’altro, aumentare il gettito fiscale complessivo proveniente da un asset più stabile come il patrimonio immobiliare. Del resto, il 68% degli italiani è proprietario di case. Tutto questo, poi, inciderà moltissimo sulle quotazioni degli immobili, facendo diminuire la domanda di compravendite e favorendo ancora di più il mercato delle locazioni, i cui canoni potrebbero aumentare nel lungo periodo.

In definitiva, si tratta di uno spostamento delle abitudini abitative delle future generazioni, a cominciare dalla c.d. Generazione Zeta (gli attuali ventenni, più o meno), che preferiranno affittare la propria abitazione, cambiandola spesso a seconda delle mutate condizioni di reddito, oppure comprare case di piccola quadratura, in netto contrasto con le abitudini dei c.d. patrimonials (chiamati anche babyboomers, gli attuali 55-65enni), che preferivano case di ampia quadratura. Pertanto, vendere gli immobili oggi potrebbe essere un’arma a doppio taglio: si rischia di svendere (le quotazioni sono più basse del 30% rispetto a 5-6 anni fa, con la sola eccezione di Milano città) e non avere più fonti di reddito dagli affitti.

La verità, probabilmente, sta nel mezzo; per i detentori di un buon numero di unità immobiliari, la soluzione potrebbe essere quella di:

1) vendere adesso fino alla metà degli asset immobiliari, al fine di evitare di vendere tra 1 o 2 anni con quotazioni ancora più basse (riforma del Catasto o meno, i prezzi continueranno a scendere perchè l’offerta è abbondantemente superiore alla domanda),
2) costituire in tal modo una riserva liquida per tutte le evenienze,
3) diminuire il carico fiscale e lo stress da imposte e da manutenzione straordinaria degli immobili,
4) valorizzare, laddove possibile, gli immobili rimanenti con il super-bonus 110%,
5) vivere più tranquilli in attesa dell’aumento della domanda di locazioni.

Naturalmente, è solo un modo di vedere la soluzione, e potrebbe essere suscettibile di modifiche e/o miglioramenti della strategia; ma rimanere inattivi, in attesa degli eventi, potrebbe essere dannoso per qualunque proprietario di immobili messi a reddito.

Un giorno, anche questo trend negativo giungerà alla sua fine naturale, ed il mercato immobiliare tornerà ad esprimere numeri più confortanti, ma solo dopo profondi cambiamenti strutturali che richiederanno molti anni ed un durevole ciclo economico positivo che, in relazione agli immobili, tarderà a produrre i suoi effetti prima di un altro quinquennio.

Previsioni immobiliari 2021. Compravendite in recupero e prezzi ancora in calo

Il 2020 resterà alla storia come l’anno del virus che ha distanziato gli uomini, messo in pausa parte della nostra vita che si è dovuta riorganizzare su più fronti. Fabiana Megliola (Tecnocasa): “La pandemia ci ha fatto riscoprire quello che spesso diamo per scontato, come l’abitazione”.

“La casa – afferma Fabiana Megliola, Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa – è stata una delle riscoperte fatte durante il lockdown. Il confinamento forzato a cui siamo stati sottoposti ci ha fatto capire l’importanza dell’abitazione e delle sue caratteristiche. La ripresa del mercato immobiliare post lockdown, così come confermato anche dai dati dell’Agenzia delle Entrate riferiti al terzo trimestre del 2020, ci ha dato l’idea di questa rinnovata attenzione. Molti hanno apprezzato la casa in cui già vivono e altri, invece, hanno pensato di cambiarla realizzando acquisti migliorativi, indirizzati su immobili di metratura più ampia o dotati di spazi esterni. Questi ultimi sono stati particolarmente apprezzati nel lockdown primaverile”.

Il dinamismo e il desiderio di cambiare è stato confermato dalla velocità con cui si sono venduti gli immobili. Infatti, i tempi di vendita, nonostante la pandemia, a luglio erano ancora in contrazione e si sono portati a 112 giorni. Gli investitori si sono fermati durante il confinamento per capire cosa sarebbe successo, per poi rimettersi in moto in estate e a settembre, periodo in cui abbiamo segnalato una ripresa delle compravendite per investimento. I segnali positivi, iniziati a maggio, sono continuati fino a settembre ma l’arrivo della seconda ondata ha nuovamente rallentato il mercato.

“Gli incentivi per ristrutturare gli immobili – prosegue Megliola – sono apprezzati e, in qualche modo, stanno sostenendo il mercato dell’usato, mentre sul nuovo sembrerebbe confermata la tendenza che vede un adeguamento dell’offerta alle nuove caratteristiche ricercate dai potenziali acquirenti”.

La ripresa dei valori degli anni scorsi, soprattutto nelle metropoli, aveva determinato uno spostamento dei potenziali acquirenti nelle periferie e nell’hinterland delle grandi città alla ricerca di case dal prezzo più accessibile. Questo trend dovrebbe confermarsi anche alla luce dei nuovi desideri (spazi esterni e metrature più ampie) più facili da trovare fuori dalle metropoli. La tipologia signorile si conferma come il segmento meno intaccato dalla pandemia.

Nonostante il calo dei flussi turistici esteri, le località turistiche hanno tutto sommato tenuto grazie ad un turismo di prossimità che potrebbe continuare anche nel corso del 2021, confermando la maggiore attrattività delle località turistiche sulla scorta dell’attesa di un potenziamento dell’offerta generale riservata ai turisti.

“Per quanto riguarda il mercato delle locazioni, che ha risposto più velocemente ai cambiamenti avvenuti, – spiega Megliola – ci aspettiamo una chiusura del 2020 con canoni in ribasso, soprattutto per la maggiore offerta presente sul mercato. Il 2021 potrebbe dare ancora segnali debolmente negativi e la ripresa si attende nel 2022.  Su questo segmento è più difficile fare previsioni, perché incideranno il ritorno dei turisti e quindi la gestione degli short rent e il ricorso a smart working e didattica a distanza. In più, come per il mercato delle compravendite, si aggiungerà la tenuta del posto di lavoro. Più incertezze ci saranno e più si sarà propensi a scegliere l’affitto aumentando così la domanda”. 

Fabiana Megliola

Sul versante mutui, non dovrebbero esserci importanti cambiamenti a livello di tassi di interesse, che resteranno ancora contenuti anche se bisognerà vedere quale sarà il comportamento degli istituti di credito. Secondo i dati dell’ufficio studi Tecnocasa, Il 2020 vedrà complessivamente compravendite in calo (tra 530 e 540 mila) e prezzi in diminuzione tra -3 e -1%.  Il 2021 potrebbe vedere un recupero delle transazioni in tutte le realtà (a livello nazionale tra 550 e 560 mila e prezzi ancora in diminuzione (tra -2% e 0%). Questi ultimi potrebbero recuperare nel 2022. “Il punto cruciale da cui dipenderanno le sorti del mercato immobiliare – afferma Megliola – sarà la tenuta dell’economia e dei posti di lavoro sui quali, al momento, ancora non sono del tutto evidenti gli effetti della pandemia. Le incertezze ci sono, ed è difficile fare i conti con l’emergenza sanitaria e le aspettative legate anche all’arrivo del vaccino, ma più volte il mercato immobiliare ci ha sorpreso grazie al desiderio di acquistare casa che sembra invece resistere nonostante tutto”.

Mercato immobiliare Milano. Ottima performance nel primo semestre, prezzi in discesa in autunno

Nella prima parte del 2020, i valori immobiliari di Milano hanno messo a segno un aumento del +2%, che fanno della città meneghina la metropoli che ha avuto la performance migliore tra le grandi città. Prezzi in lieve diminuzione nel secondo semestre.

Come sta andando il mercato immobiliare milanese, alla luce del fatto che la Lombardia resta purtroppo una delle regioni italiane maggiormente colpite dalla pandemia di Coronavirus? Secondo i dati provenienti dalla rete Tecnocasa, nei primi sei mesi del 2020 le compravendite residenziali a Milano città sono state 10.138, con una diminuzione del 23,2% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Tempi di vendita – I tempi di vendita sono di 56 giorni, e piazzano Milano al primo posto per velocità di vendita.

Nuovi interventi ediliziMilano ha retto meglio di altre città alla pandemia, questo grazie agli interventi di riqualificazione che si stanno facendo in città, in particolare abbiamo visto una buona tenuta nelle aree semiperiferiche interessate dal futuro arrivo della metropolitana. Buono anche il riscontro per le zone interessate dalla riqualificazione dell’ex scalo di Porta Romana e Scalo Farini. Fermento anche in Bovisa, dove proseguono i lavori di riqualificazione su ex aree terziarie ed industriali e per il recupero della Goccia.

ANALISI DELLE MACROAREE

Zone centrali – Il centro ha registrato un incremento dei valori dell’1,8% confermando, nonostante la pandemia, una buona tenuta. Le tipologie più signorili, ristrutturate, raggiungono i valori più elevati: 7000-8000 € al mq.

Porta Romana–Crocetta  – I valori sono invariati. Il segmento alto del residenziale non ha avuto, almeno per il momento, impatti legati al Covid. Il mercato è vivace soprattutto sulla prima casa, mentre sono fermi gli investitori che acquistavano per mettere a reddito, visto il rallentamento delle locazioni.

Zona Isola – si registra un buon movimento sulla prima casa da parte di single alla ricerca di bilocali più ampi. Rallentano le nuove costruzioni, e il lockdown costringe ad allontanare il momento della consegna degli appartamenti.

Bonola–Trenno – In questo comprensorio c’è un aumento di domanda di tagli più grandi, trilocali e quattro locali. Meno presenti gli investitori. La sensazione è che il mercato sia in una fase di attesa, ed infatti i tempi di vendita stanno rallentando. C’è ancora timore per cosa potrà accadere. Gli investitori stimolati dal super-bonus si stanno orientando verso soluzioni da ristrutturare e rivendere. Si ricercano sempre più abitazioni con spazio esterno e metrature ampie.

Vercelli–Lorenteggio – Incremento dell’1,9% nella macro area, che include alcuni quartieri in cui si iniziano ad avvertire i segnali positivi per l’arrivo della linea 4 della metropolitana. La presenza di prezzi più contenuti rispetto alle vicine zone di Savona e Tortona ha determinato una maggiore domanda negli ultimi anni. Della stessa macro area fa parte anche il quartiere di Solari-Foppa, che ormai da alcuni semestri registra valori in aumento, grazie ad acquisti di prima casa e ad investimenti. Ricercate le soluzioni indipendenti, difficili da trovare e che per questo motivo si vendono a qualcosa in più.

Fiera-San Siro – in questa area i valori immobiliari hanno registrato un aumento dell’1%. Tra i quartieri che hanno segnalato un lieve incremento dei prezzi c’è Fiera-Monterosa e Domodossola. Entrambi beneficiano della vicinanza di City Life che ha trascinato al rialzo le quotazioni delle aree circostanti. Il mercato registra una buona tenuta grazie ad una domanda sostenuta ed un’offerta ridotta.  Le quotazioni più elevate si raggiungono per le abitazioni presenti in via Monterosa e strade limitrofe e via Dominichino, dove si concentrano prevalentemente immobili signorili costruiti tra gli anni ’60 e gli anni ’70.

Navigli–Famagosta – Si segnala un mercato vivace, ma si è fatto sentire il rallentamento della domanda ad uso investimento che, dopo un boom degli anni scorsi, sembra essere in leggera contrazione. Stanno comprando giovani coppie e single. Il mercato appare più dinamico su via Ludovico il Moro, in cui l’offerta immobiliare include case con balconi abitabili o vivibili. In più si apprezza il futuro arrivo della metropolitana 4.

Città Studi–Indipendenza –  In diminuzione dello 0,4% i prezzi immobiliari in questa area. In corso XXII Marzo il mercato immobiliare segnala prezzi ancora in lieve aumento sia per la domanda elevata e sia per le attese legate all’arrivo della linea 4 della metropolitana e alla nascita di aree verdi che dovrebbero sorgere non lontano dal complesso di Porta Vittoria. Si sono realizzati soprattutto acquisti di prima casa visto che è in atto un ricambio generazionale in zona che vede molti giovani acquistare, quasi sempre residenti in zona.

Relativamente al secondo semestre, un recente report della startup Maiora Solutions ha analizzato l’andamento dei prezzi delle case in vendita a Milano, basandosi sui prezzi degli annunci di vendita – e non su quelli effettivi di compravendita, come nel report del primo semestre di Tecnocasa – pubblicati sui principali portali immobiliari fino a settembre, osservando 35 quartieri del capoluogo. Un primo dato interessante che emerge è quello che vede alcune tipologie di immobili reggere meglio rispetto ad altre, per via dell’emergenza sanitaria della seconda ondata di Covid.

In linea generale, i prezzi degli immobili sono leggermente diminuiti, con eccezione delle abitazioni di piccola metratura situate in centro, le quali mantengono un andamento più competitivo rispetto a quelle simili situate in periferia: il prezzo medio dei monolocali e dei bilocali ha registrato un decremento dell’1% durante l’autunno 2020. In particolare, soffrono soprattutto i monolocali, che dalla fine del primo lockdown a oggi hanno visto una variazione negativa pari al 14,2%.

Pertanto, nel secondo semestre 2020 si sta assistendo a una lieve discesa dei prezzi, senza differenze particolari a seconda dei diversi quartieri. Il mercato, infatti, si sta muovendo in maniera piuttosto omogenea in tutta la città. Attualmente, secondo le ultime rilevazioni (Ottobre 2020), il prezzo medio per gli immobili in vendita a Milano è di 4.731 €/m², con oscillazioni da 2.358 €/m² e fino 9.478 €/m² medi a seconda delle aree prese in considerazione.

Nessun crollo, quindi, ma solo un assestamento dei prezzi da attribuire al particolare periodo che il mercato sta vivendo.