Timori della Fed per l’inflazione, mercati in subbuglio. In Germania risalgono i prezzi al consumo

Mentre la Fed teme l’impatto delle politiche di Trump sull’inflazione, in Germania i prezzi al consumo salgono a dicembre. Il ministro inglese Reeves sotto pressione tra sterlina debole e indebitamento.
A cura di Gold Avenue
I primi dieci giorni del nuovo anno hanno chiarito il livello e le “gradazioni” delle aspettative sui mercati finanziari nell’era Trump. Gli investitori, infatti, sperano in un forte rialzo delle azioni statunitensi nel 2025, guidati anche dai potenziali tagli fiscali. Tuttavia l’inflazione è un jolly: se rimane vicina al 2%, le azioni potrebbero prosperare; se si allontana sensibilmente dalla soglia di sostenibilità, ciò potrebbe innescare rialzi dei tassi e perdite di mercato. Nel frattempo, i rischi globali incombono, tra cui l’indebolimento delle valute, le tensioni commerciali e l’instabilità geopolitica. L’Europa, la Cina e il Giappone devono affrontare le proprie sfide, che potrebbero ripercuotersi sulla crescita e sui mercati globali.
I funzionari della Federal Reserve temono che le politiche commerciali e immigratorie di Trump possano peggiorare l’inflazione, come emerge dai verbali della riunione. Hanno intenzione di rallentare i tagli dei tassi di interesse a causa dell’incertezza economica e degli elevati rischi di inflazione. Il tasso di riferimento della Fed è stato ridotto al 4,25%-4,5%, ma sono previsti meno tagli per il 2025. I funzionari hanno osservato che l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo del 2%, guidata dalla forte spesa dei consumatori e dall’attività economica. La Fed mette in evidenza un approccio cauto, paragonando le sue mosse politiche alla “guida in una notte di nebbia”.
L’oro sfiora i massimi in 4 settimane. I prezzi dell’oro sono saliti a 2.679,91 $ l’oncia venerdì, il livello più alto dal 13 dicembre. La domanda di beni rifugio, alimentata dall’incertezza sulle politiche del presidente Trump, e l’attesa dei dati sulle buste paga statunitensi hanno fatto salire l’oro di oltre l’1% questa settimana. Gli analisti suggeriscono che se i dati sull’occupazione fossero più deboli del previsto, i prezzi dell’oro potrebbero spingersi verso i 2.700 dollari e stabilizzarsi per qualche mese attorno a questa soglia.
In Europa, balza l’inflazione in Germania, dove è salita al 2,8% a dicembre, superando le previsioni del 2,6%, secondo Destatis. Questo è il terzo mese in cui l’inflazione si è mantenuta al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla Banca centrale europea, con un aumento anche dell’inflazione di base. Gli analisti citano l’aumento dei salari e il venir meno degli effetti dei costi energetici come fattori chiave. I dati arrivano in un contesto di incertezza politica in vista delle elezioni federali anticipate del 23 febbraio. Gli esperti avvertono che l’inflazione potrebbe rimanere ostinatamente alta nei prossimi mesi.
Nel Regno Unito, l’aumento del costo del debito britannico e la caduta della sterlina hanno riportato alla memoria la crisi monetaria del 1976. Gli investitori dubitano della capacità dei laburisti di finanziare gli ambiziosi piani di spesa, con i costi di indebitamento a lungo termine che hanno raggiunto i massimi dal 2008. I critici sostengono che l’esiguo cuscinetto della ministra della Finanze Rachel Reeves (nella foto) e l’impennata dei rendimenti lasciano poco spazio di manovra per evitare tagli alla spesa o aumenti delle tasse. Dal canto suo, la sterlina ha toccato il livello più basso da oltre un anno e i costi di indebitamento del Regno Unito hanno raggiunto il massimo da 16 anni, suscitando preoccupazioni sulla stabilità economica. Gli economisti avvertono che l’aumento del costo del debito potrebbe costringere il governo a tagliare la spesa o ad aumentare le tasse per sottostare alle regole fiscali.
Sempre in tema di inflazione, secondo alcuni esperti i beni domestici e i prodotti di prima necessità potrebbero subire aumenti di prezzo consistenti, sulla scorta dei dazi statunitensi che potrebbero far lievitare ulteriormente i costi. Si prevede che le aziende scaricheranno sui consumatori l’aumento dei costi dei prodotti alimentari, elettronici e chimici. I ritardi nelle spedizioni e i potenziali scioperi dei porti statunitensi potrebbero peggiorare la situazione. In Giappone, invece, gli aumenti salariali si stanno diffondendo in tutto il territorio, mentre le aziende rispondono alla carenza di manodopera, rafforzando l’ipotesi di un rialzo dei tassi da parte della Banca del Giappone. La Bank of
Japan (BOJ) potrebbe alzare i tassi già in occasione della riunione di gennaio, mentre molte aziende stanno già pianificando aumenti salariali significativi. Gli stipendi di base sono aumentati del 2,7% a novembre, il ritmo più veloce dal 1992, alimentando un’inflazione vicina all’obiettivo del 2% della BOJ. Tuttavia, l’incertezza sulle politiche commerciali di Donald Trump offusca le prospettive dell’economia giapponese, molto dipendente dalle esportazioni.