Effetti economici della guerra in Ucraina: USA sempre più forti, Europa sempre più fragile

Mentre il conflitto russo-ucraino rafforza la posizione economica e politica degli USA, l’Europa paga il prezzo della crisi. Per il Vecchio Continente necessario recuperare autonomia energetica e industriale.
Di Valerio Giunta, Founder e CEO di Banking People
Per gli Stati Uniti, la guerra in Ucraina si è sempre configurata non solo come uno scontro nello scacchiere geopolitico, ma anche come una significativa opportunità economica e strategica. Infatti, grazie a un pragmatismo stringente, Washington ha saputo trasformare la crisi ucraina in un’occasione per rafforzare la propria economia e la sua influenza globale sull’Occidente, consolidando al contempo la dipendenza dell’Europa dalle proprie risorse energetiche e industriali.
Le difficoltà europee derivanti dalle sanzioni contro la Russia hanno spalancato le porte alle esportazioni americane. Secondo i dati disponibili, tra luglio 2023 e giugno 2024 il valore delle esportazioni statunitensi verso l’Unione Europea è aumentato di 93 miliardi di dollari, raggiungendo un totale di 367 miliardi di dollari (+34% rispetto al 2021). In particolare, le esportazioni di petrolio sono raddoppiate (+101%), con un incremento di 37,3 milioni di tonnellate; quelle di gas naturale liquefatto (GNL) sono aumentate del 181%, pari a 18,5 milioni di tonnellate; le esportazioni di fertilizzanti sono passate da quasi zero a 666.000 tonnellate. Tutti questi numeri evidenziano come le sanzioni abbiano spinto l’Europa a una crescente dipendenza economica dalle risorse statunitensi, trasformando gli Stati Uniti in fornitori chiave per il Vecchio Continente.
In tal senso, anche gli aiuti americani all’Ucraina non rappresentano solo un gesto di solidarietà, ma anche un volano per l’industria nazionale. Negli ultimi due anni, infatti, la produzione industriale nei settori della difesa e dello spazio è aumentata del 18%, sostenuta dall’espansione della domanda militare generata dagli alleati NATO e dal sostegno a Kiev da parte dell’amministrazione Biden. In soldoni, il 64% dei 60,7 miliardi di dollari stanziati per l’Ucraina è rientrato direttamente nell’economia statunitense, consolidando la base industriale della difesa e creando migliaia di posti di lavoro negli Stati chiave. Tuttavia, l’impatto politico-elettorale di queste misure non è stato sufficiente alle ultime elezioni presidenziali, in occasione delle quali gli elettori americani hanno punito Biden, anziché ringraziarlo per i risultati ottenuti in tema di occupazione.
Si può dire che gli Stati Uniti abbiano finora rafforzato la loro posizione economica e politica, mentre l’Europa stia pagando ancora il prezzo della crisi. Le sanzioni contro la Russia hanno acuito la dipendenza energetica e industriale dai mercati americani, le cui materie prime non sono esattamente a buon mercato, contribuendo a un aumento dei costi per le famiglie e le imprese europee. La necessità di importare dagli Stati Uniti risorse fondamentali prima geograficamente più disponibili e meno costose ha portato molte aziende europee a riconsiderare la propria base operativa, favorendo la delocalizzazione verso gli USA, dove i costi energetici sono significativamente più bassi. Questo fenomeno, unito alla pressione inflazionistica, sta minando la competitività industriale del Vecchio Continente.
Pertanto, la guerra in Ucraina ha rappresentato per gli Stati Uniti un’opportunità unica per rafforzare il proprio ruolo di superpotenza globale, ma ha anche messo in luce le fragilità dell’Europa, costretta com’è a comprare il sempre più crescente debito americano per sostenere il “dollaro forte” ed evitare che le altre valute BRICS prendano ancora più piede nel contesto del commercio internazionale. Se l’Europa non riuscirà a elaborare una strategia che le consenta di recuperare autonomia energetica e industriale, rischia di uscire ulteriormente indebolita da questa crisi.
Relativamente alle implicazioni per gli investitori finanziari, la guerra in Ucraina ha creato scenari di opportunità e rischi significativi, con gli Stati Uniti che emergono come beneficiari principali e l’Europa che subisce le maggiori pressioni economiche. L’industria americana della difesa, dell’energia e il settore manifatturiero americano sono in forte espansione:
– Industria della difesa: Crescita del 18% negli ultimi due anni, con aziende come Lockheed Martin e Raytheon che beneficiano dell’aumento delle spese militari;
– Energia: Il boom delle esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) e petrolio offre opportunità per società come ExxonMobil e Cheniere Energy.
– Produzione industriale: gli investimenti nel reshoring industriale rappresentano un trend positivo per gli investitori nel settore manifatturiero.
Contemporaneamente, l’Europa deve affrontare il rischio di deindustrializzazione e l’aumento dei costi energetici, e già le aziende europee nei settori ad alta intensità energetica stanno perdendo terreno rispetto ai competitor americani. La c.d. transizione energetica, tuttavia, potrebbe compensare la perdita di produttività nei settori più maturi; in tal senso, gli investimenti in energie rinnovabili (come quelli di Iberdrola ed Enel) potrebbero rappresentare un’alternativa sostenibile. Pertanto, gli investitori possono beneficiare del boom americano (finchè dura), mentre in Europa è necessaria una selezione più attenta per evitare settori in difficoltà. Materie prime e fondi diversificati su difesa ed energia restano strategie interessanti per navigare in questa fase di incertezza globale.