Economia mondiale: tassi fermi in Europa e Usa, ma c’è il rischio Cina
L’economia dell’Eurozona continua a ristagnare, ma la Bce effettuerà al massimo un solo rialzo dei tassi. Negli Usa si intravede un “soft landing”. In Cina il sistema bancario in crisi di liquidità.
“Prosegue l’espansione economica della fase avanzata del ciclo, nonostante l’indebolimento della crescita e quello che può essere definito un inasprimento della politica monetaria. L’attività economica si mostra più resiliente di quanto previsto ancora pochi mesi fa. Nel breve periodo sono pressoché assenti segnali di recessione incombente. Tuttavia, destano preoccupazione il rallentamento cinese e le crescenti tensioni nel settore immobiliare e in quello finanziario”. È la view di Michael Blümke, Senior portfolio manager di Ethenea Independent Investors.
Sebbene i tassi di disoccupazione stiano lentamente risalendo dai recenti minimi record, le condizioni dei mercati del lavoro restano tese. La fiducia dei consumatori continua a migliorare rispetto ai precedenti minimi. Indicatori anticipatori come il Purchasing Managers’ Index confermano il quadro di rallentamento economico. Mentre il terziario perde rapidamente slancio, il trend discendente del settore manifatturiero sembra per ora essersi arrestato, anche se le cifre continuano a indicare una contrazione. Si profila quindi sempre più chiaramente la fine dell’inasprimento monetario, confermato dal calo dell’inflazione complessiva, anche se l’inflazione di fondo resta elevata, soprattutto nel settore dei servizi. Non va pertanto sottovalutata la determinazione delle banche centrali a riportare l’inflazione al livello obiettivo del 2%. Un ritardo nel raggiungimento di tale target o addirittura un’accelerazione dell’indice dei prezzi costringerebbe le banche centrali a schiacciare nuovamente il pedale del freno, inasprendo nuovamente la politica monetaria e rischiando di innescare una recessione. Attualmente, però, non ci attendiamo alcun intervento sui tassi, o al massimo un solo rialzo, da parte delle due principali banche centrali.
USA – In un contesto caratterizzato da solidi consumi, inflazione in calo e ripresa degli investimenti aziendali permane la speranza di un cosiddetto “soft landing“. La crescita dell’economia statunitense ha accelerato nel secondo trimestre, superando quella degli altri Paesi sviluppati. Anche se nei prossimi mesi l’effetto ritardato della politica monetaria e l’inasprimento degli standard di concessione del prestito continueranno a gravare sull’economia, il modello GDPNow della Federal Reserve di Atlanta prevede una crescita reale del 5,6% annualizzato nel terzo trimestre dell’anno. Una stima tendenzialmente
troppo elevata, ma il trend non indica alcun massiccio indebolimento. La debole ripresa nel settore immobiliare e in quello manifatturiero corrobora questa tesi. Il moderato calo della domanda di manodopera e il rallentamento della crescita dell’occupazione fanno prevedere una graduale distensione del mercato del lavoro. È evidente che la banca centrale statunitense è riuscita finora a ridurre la domanda complessiva e a far scendere l’inflazione al 3,2% senza causare un aumento della disoccupazione. Tuttavia nel corso del summit di quest’anno a Jackson Hole il presidente della Fed, Jerome Powell, ha ribadito chiaramente che il compito della banca centrale non si è ancora concluso e che una nuova accelerazione dell’attività economica potrebbe costringere la Fed a operare ulteriori rialzi dei tassi.
Eurozona – I dati del Pil del secondo trimestre indicano che l’economia della regione ha superato la recessione tecnica in cui era scivolata nel quarto trimestre del 2022. L’economia dell’area euro continua tuttavia a ristagnare, con Germania e Italia che si distinguono per la crescita molto debole. Ciò che risulta particolarmente preoccupante è la contrazione in atto nel terziario, che nel primo semestre di quest’anno aveva trainato la ripresa. Ad agosto il Purchasing Managers’ Index ha subito una drastica flessione, precipitando in territorio negativo. La fiducia dei consumatori è risalita dai precedenti bassi livelli, favorita dalla solidità del mercato del lavoro, mentre i dati “hard” hanno deluso su quasi tutta la linea. Il settore manifatturiero ha risentito della debole domanda estera, quello immobiliare resta sotto pressione e, malgrado il miglioramento dell’inflazione complessiva, l’inflazione di fondo persiste a quota 5,5%. I tassi reali sono pertanto scesi in territorio negativo e la Bce resta quindi alle prese con il dilemma di dover operare una stretta malgrado il rallentamento economico. Prevediamo tuttavia che la Bce effettuerà al massimo ancora un solo rialzo, per poi prendersi una pausa in attesa della pubblicazione dei prossimi dati macro.
Cina – Quest’anno l’economia cinese avrebbe dovuto imprimere slancio alla crescita globale, invece in agosto l’economia ha subito un ulteriore rallentamento, malgrado la ferma intenzione delle autorità di sostenere la congiuntura. Il crollo del mercato immobiliare ha nuovamente causato effetti negativi, innescando una crisi di liquidità nel sistema bancario ombra e ulteriori insolvenze tra le società immobiliari. Per contenere la crisi, Il Politburo ha ripetutamente sottolineato la necessità di misure politiche mirate volte a ripristinare la fiducia del settore privato, stimolare gli investimenti e i consumi e sostenere il settore immobiliare. Fatta eccezione per i due ribassi dei tassi operati dalla Banca centrale cinese, non sono state varate misure di supporto fiscale su larga scala. L’obiettivo di una crescita del Pil del “5% circa” nel 2023 appare sempre più irraggiungibile. A questo quadro non proprio positivo va ad aggiungersi il fatto che la Cina è alle prese con la deflazione, mentre la maggior parte dei paesi sviluppati si trova ancora a combattere contro livelli di inflazione eccessivi.