Ottobre 5, 2024

Consulenti finanziari e ricambio generazionale. Federpromm: ad oggi solo soluzioni tampone

Secondo Federpromm-Uiltucs occorre affrontare in modo organico le contraddizioni  del modello del contratto dì agenzia per superare il problema dei giovani consulenti  finanziari.  

“Il ricambio generazionale nell’ambito della consulenza finanziaria è certamente uno degli aspetti  su cui riflettere per il futuro della professione, se si pensa che meno del 2% dei consulenti è attualmente composto da giovani sotto i 30 anni e che l’età media  si attesta generalmente  oltre  i 50 anni”. E’ quanto afferma Federpromm-Uiltucs nel comunicato stampa di oggi.

“Recentemente  – si legge nel comunicato – tali problematiche sono state sollevate da  una vasta platea di interlocutori, dalle  associazioni di tendenza  alle organizzazioni di categoria, che si mostrano preoccupate degli scenari futuri e della perdita di forza lavoro intellettuale per la professione svolta dal consulente finanziario, e scalpitano per trovare ‘soluzioni tampone‘ al fine di mantenere  un organico  nelle reti  di collocamento che sia in grado di potenziare il loro business  e i loro affari.  Meraviglia, infatti, anche l’interesse dei media nel veicolare una comunicazione a senso unidirezionale, che non mette in rilievo i veri problemi strutturali che hanno determinato nel tempo questa situazione. “Prospettare ipotesi solo sul piano formativo con le università  o invogliare i giovani con borse di studio e minimi appannaggi  economici non fa altro che renderli precari nel circuito delle relazioni  e nella intelaiatura dei rapporti  contrattuali all’interno del sistema delle reti“.

Federpromm-Uiltucs  più volte è intervenuta sul tema nei mesi scorsi, mettendo in evidenza le reali contraddizioni che lo stesso sistema ha messo in piedi fin dal 1991 con la legge sulle Sim, con l’applicazione del modello dei contratti di agenzia, senza rendersi conto che prima o poi tale sistema sarebbe “entrato in tilt”. 

“Tuttavia – continua il comunicato – pur riconoscendo l’interesse delle riflessioni proposte, e senza voler fare polemiche, resta il fatto che la professione di consulente finanziario presenta per un giovane momenti di difficoltà che non possono essere ignorati, primo fra tutti proprio la sua definizione a livello contrattuale, e cioè il contratto di agenzia che,  come detto,  porta necessariamente il consulente a  individuare possibili potenziali sottoscrittori prevalentemente sui prodotti e servizi della casa mandante  a cui è legato dal vincolo di “monomandato”. Questo vincolo non permette allo stesso consulente di  prospettare al cliente una visione a tutto campo dei servizi e prodotti finanziari presenti sul mercato, anche se gli attuali obblighi normativi prevedono la best execution per la tutela dello stesso cliente. Inoltre, quanto raccolto va a formare un pacchetto di clienti la cui titolarità è della casa mandante e non del consulente“.

“Pertanto – conclude Federpromm – definire ‘lavoro imprenditoriale’ la consulenza finanziaria è un po’ azzardato, nonostante sia importante navigare in tale direzione e cercare soluzioni adeguate che comunque vedano una revisione del contratto di agenzia e di conseguenza del rapporto di monomandato. Revisione senza dubbio laboriosa, che però non è risolta neanche dalla figura del consulente c.d. indipendente, cui deve aggiungersi una garanzia di reddito per i primi mesi di attività messa potenzialmente in campo soprattutto dalle reti. Non si tratta di lavorare per alzare il numero dei consulenti, quanto piuttosto dare alla professione una dignità e un riconoscimento che ne premi la professionalità, importante per l’economia del Paese”.

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