Settembre 10, 2025

Pil USA forte e adesso un taglio dei tassi Fed. In Europa la crisi tedesca non si spegne

L’indipendenza della Fed in discussione mentre i mercati si preparano a un taglio dei tassi a settembre. Nel primo semestre ben 11.900 aziende tedesche hanno gettato la spugna.

La scorsa settimana lo S&P 500 ha chiuso a un nuovo massimo grazie ai solidi dati su PIL e consumi USA, che hanno rassicurato gli investitori nonostante le tensioni sui dazi. Nvidia ha perso terreno dopo gli utili, ma l’ottimismo sull’IA ha sostenuto titoli dei chip come Broadcom e Micron. Il 29 agosto, però, i future USA sono scesi mentre gli investitori attendevano i dati sull’inflazione dopo la revisione al rialzo del PIL. Pertanto, nonostante i record dell’S&P 500, restano timori sui tempi del trend dei tagli ai tassi e sui rischi geopolitici, sebbene i mercati stimano l’87% di probabilità di un taglio dei tassi a settembre. Nel frattempo l’oro, spinto dal dollaro debole e dai timori sull’indipendenza della Fed, ha toccato il massimo da 5 settimane a 3.417 $/oncia.  

Ciò che preoccupa di più è la pressione costante che il presidente Trump sta esercitando sulla Fed. Sul tema, l’ex presidente della Fed di New York, Bill Dudley, avverte che il tentativo di Trump di licenziare la governatrice Lisa Cook potrebbe minare l’indipendenza della banca centrale. Se dovesse riuscirci, Trump potrebbe presto nominare la maggioranza nel consiglio della Fed, ottenendo influenza sulla politica dei tassi d’interesse, e ciò aprirebbe la porta a tagli dei tassi guidati dalla politica e a caos interno. I mercati non hanno ancora reagito, ma Dudley ritiene che dovrebbero preoccuparsi. 

Sul fronte dei dazi, giovedì scorso l’UE ha accettato di eliminare i dazi sui beni industriali americani e concedere vantaggi sui frutti di mare, in cambio di dazi USA più bassi sulle auto. L’accordo necessita ancora l’ok dell’UE, mentre restano le tensioni sulla digital tax alle aziende tech statunitensi. In Europa, I titoli bancari sono vicini ai massimi dal 2008, con un +40% da inizio anno, grazie a utili solidi e minori timori di tagli ai tassi. Gli analisti parlano di un “punto ottimale”, ma le tensioni politiche in Francia e l’aumento dei default potrebbero mettere alla prova il sentiment. In più, si è registrato un calo dell’1,5% delle vendite al dettaglio tedesche di luglio (molto peggio delle attese), mentre la debole domanda dei consumatori aumenta la pressione su un’economia già in contrazione. 

E se c’è una fonte di grande preoccupazione per l’economia europea, quella è certamente la situazione in Germania, un tempo locomotiva di tutto il continente. Nel primo semestre del 2025, ben 11.900 aziende tedesche hanno gettato la spugna, un aumento del 9,4% rispetto all’anno precedente. I fallimenti di giganti come Gerry Weber e Lilium mostrano come la crisi può colpire sia aziende con decine d’anni di vita, sia startup in settori potenzialmente esplosivi. A luglio, le insolvenze aziendali in Germania sono aumentate del 19,2% rispetto all’anno precedente; un’escalation che ha fatto svanire le speranze di una ripresa, dopo un breve ed effimero calo a maggio. Secondo l’Ufficio federale di statistica, l’onda di fallimenti non si è mai fermata, e tutto questo sembra essere il segnale di una crisi economica e strutturale che è frutto di errori successi in diversi anni.

 

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