Novembre 4, 2025
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New York, quanto costi? Guida completa per millennials in carriera e “boomers” con figli ambiziosi

Affitti, bollette, trasporti e assicurazione sanitaria, per non parlare del mutuo. Nella prima delle guide di P&F dedicate alle mete lavorative più sognate dagli italiani le informazioni utili a scegliere (o meno) la Grande Mela.

Di Marco D’Avenia

Quanto costa vivere a New York? E’ la domanda più frequente ed esplorata dai “sognatori” di tutta Europa, grazie anche alla corposa cinematografia passata dai nostri schermi: da “Taxi Driver” a “Colazione da Tiffany”, passando per “Wall Street” e “The Wolf of Wall Street”. La Grande Mela, infatti, ha sempre colpito l’immaginario collettivo di noi italiani, senza distinzione di età e attraversando almeno 4 generazioni. Inoltre, negli ultimi quindici anni, in Italia si è radicato un certo spirito transnazionale che ha generato una grande ondata migratoria di giovani e giovanissimi verso altri Paesi europei, alcuni dei quali – Irlanda e Regno unito, soprattutto – sono dei veri e propri trampolini di lancio verso gli Stati Uniti, dove molte grandi corporation presenti a Dublino e Londra hanno lì la propria casa madre.

New York, naturalmente, è la meta lavorativa più sognata, ma sia per i millennials in carriera sia per i “boomers” con figli ambiziosi è necessario capire quanto costi veramente viverci. Pertanto, oltre ad altre informazioni di redazione, per completare questa indagine ci siamo affidati a Forbes Advisor, ossia uno dei portali più autorevoli in materia di costi medi nelle città americane. La Grande Mela, infatti, offre opportunità uniche: è l’incarnazione del sogno americano ma contemporaneamente è una delle metropoli più care al mondo. Chi volesse valutare concretamente il trasferimento in questa città, non deve essere precipitoso e deve avere un piano ben preciso, avendo bene in mente quali siano i costi che deve affrontare. Partire senza queste informazioni potrebbe essere un enorme errore, capace di determinare il classico scenario del “pugno di mosche in una mano” e del biglietto di ritorno nell’altra.

Se il raggiungimento di un grande obiettivo nasce sempre da un piccolo passo, cominciamo dal viaggio di “sola andata” verso gli USA, che ha un grande valore simbolico ed emozionale. Esso, infatti, determina il distacco che segna la differenza tra viaggiare per turismo e viaggiare per trovare un lavoro adeguato lasciando il proprio paese e la propria famiglia. Per questa tratta si spendono mediamente da 400 a 600 euro dall’aeroporto di Fiumicino, a cui vanno aggiunti i costi accessori (bagaglio, posto assegnato etc) ed il costo del viaggio per raggiungere lo scalo romano. Prima di essere atterrati all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy e arrivare in città (e prima ancora di farsi ipnotizzare dai billboard pubblicitari di Times Square), si presume che si abbia avuto l’accortezza di cercare preventivamente una sistemazione, per evitare di ritrovarsi sul lastrico in men che non si dica. Ed è qui che le cose si fanno interessanti. La città infatti sembra inghiottirti con i suoi 785 km² di estensione. Tuttavia, c’è sempre una costante che caratterizza ogni grande agglomerato urbano del mondo: vivere in zone centrali costa molto di più che vivere in periferia, per cui è meglio scegliere una via di mezzo ed evitare tre ore al giorno di viaggio – dal lunedì al venerdì, tra andata e ritorno – da casa al lavoro.

Il distretto newyorkese del Queens, per esempio, è vicinissimo agli aeroporti più importanti della città (J.F.K. e La Guardia) e include i seguenti quartieri: Long Island, Astoria, Jackson Heights, Flushing, Forest Park, Jamaica e Rockaways. Il Queens è la manifestazione di uno dei melting-pot culturali più vivaci di New York, grazie alle molte etnie che lo abitano. Qui si trovano facilmente famiglie di origine italiana, che rappresentano l’8,4% dei 2,2 milioni di persone complessive che lo abitano (praticamente gli abitanti della città di Milano in un unico distretto/quartiere metropolitano). Ma quanto costa vivere nel Queens? Innanzitutto, per mantenere uno standard di vita dignitoso è necessario avere un reddito annuo di circa 60mila dollari, ossia circa il 15% in meno rispetto a quanto costa vivere a Brooklyn e il 40% in meno di quanto costa mediamente vivere a Manhattan. Un’informazione davvero preziosa, visto che il Queens non è uno dei distretti più celebri della Grande Mela.

Gli esperti di vita newyorkese suggeriscono di non spendere più del 30% del proprio stipendio per garantirsi un tetto sopra la testa, perché molti dei costi che in Italia sono gratuiti – o presunti tali, come la Sanità – negli USA sono a pagamento e costano tantissimo (come l’assicurazione medica). Nel Queens partiamo da una base di circa 1.500 dollari al mese per un monolocale di 50 metri quadrati. A questa spesa vanno aggiunti i contributi obbligatori imposti dalla municipalità (un pò come la nostra TARI) e gli extra come il servizio lavanderia (molte case a New York non hanno la lavatrice in casa), aria condizionata e persino la lavastoviglie. Il costo totale dell’abitazione, pertanto, si attesta a non meno di 2.500 dollari al mese.

Relativamente al capitolo trasporti, dobbiamo fare i conti con il fatto che New York è la metropoli più grande del pianeta e la seconda al mondo per numero assoluto di abitanti, seconda solo a Londra e a qualche megalopoli cinese. Pertanto, trovare lavoro lontano dalla propria abitazione comporta, oltre al disagio, costi notevoli. Per esempio, una singola corsa – con il biglietto unico che vale per tutti i mezzi di trasporto – costa 2,90 dollari, mentre l’abbonamento settimanale alla MetroCard costa invece 34 dollari (il mensile 132 dollari).

Possedere un’auto personale, anche se piccolina, è fortemente sconsigliato, e rifiutare di muoversi con i mezzi pubblici a New York potrebbe rappresentare un problema insuperabile; il rischio è quello di rimanere imbottigliati nel traffico più cinematograficamente rappresentato di tutti i tempi, arrivare tardi al lavoro e il rischio di venire licenziati in tronco (due ritardi nella stessa settimana sono già una giusta causa di licenziamento). Qualora però le circostanze lavorative permettano l’uso della macchina, la benzina costa poco (in media 0,88 euro al litro), però ogni newyorkese perde in media 117 ore all’anno bloccato negli ingorghi cittadini.

Come dicevamo, garantirsi un reddito adeguato è fonte di stabilità per vivere a New York, molto più di quanto non succeda in Italia, dove la Sanità gratuita e la rete familiare assicura un rifugio sicuro in caso di difficoltà. Secondo PayScale, il reddito medio annuo di un abitante della Grande Mela ammonta a circa 89mila dollari. New York è conosciuta per il suo settore terziario, una vera eccellenza a livello globale. Ecco alcuni dei lavori che puoi trovare nella metropoli americana con il corrispondente reddito annuale medio: software engineer (115mila dollari), project manager (85mila dollari), marketing manager (84mila dollari), solo per citarne alcuni. Buoni anche gli stipendi di altri lavori meno qualificati, come ad esempio il cameriere: parliamo di un’entrata che si attesta sui 70mila dollari per anno.

Una volta trovato casa e lavoro, è bene analizzare quanto costa nutrirsi a New York. La spesa alimentare, infatti, potrebbe incidere molto sulla tenuta economica. Nella Grande Mela un litro di latte intero costa oggi circa 1,30 dollari, 125 grammi di pane bianco 1,17 dollari, mentre una dozzina di uova arriva a 5,50 dollari. Per quanto riguarda il caffè, invece, nota dolente per noi italiani: un espresso a New York potrebbe costare anche 4 dollari, ossia quasi 4 volte di più rispetto al costo della tazzina nei bar italiani. Una cena (o un pranzo) per due persone al ristorante non costa meno di 150 dollari (antipasto, una portata principale e dolce, vini esclusi), mentre il più famoso “benchmark” nutrizionale del mondo, ossia la pizza margherita, si compra (da asporto) a 15 dollari, e cioè circa due volte rispetto all’Italia.

Il capitolo sanità è molto importante, poiché costituisce una percentuale significativa del budget di ogni americano. Negli Stati Uniti, infatti, non esiste un servizio sanitario gratuito, e quindi è necessario possedere un’assicurazione sanitaria per evitare di prosciugare il proprio portafoglio tra le corsie di un ospedale. Infatti, una visita generica dal medico di base può costarti 163 dollari, lo stesso vale per un appuntamento col dentista, mentre una visita agli occhi arriva a 136 dollari. Una prescrizione farmaceutica tocca invece quota 406 dollari, ma uno dei farmaci più comuni, l’Ibuprofene, è venduto a circa 11 dollari. Senza assicurazione medica, un giorno di ricovero in ospedale può costare circa 3.600 dollari; pertanto è indispensabile rivolgersi a compagnie assicurative che propongono piani sanitari personalizzati. I più economici costano da 877 dollari al mese per una copertura individuale a 1.755 dollari al mese per due adulti, fino a 2.500 dollari al mese per un’intera famiglia.

In definitiva, New York si rivela una meta lavorativa piuttosto impegnativa e, al contempo, una sfida tra le più dure in termini di competizione e ambizione personale. Per chi pensa di non reggere a ritmi frenetici e standard di produttività attesa molto al di sopra di quelli europei (e anche rispetto a quelli americani “ordinari”), questa metropoli potrebbe rivelarsi un obiettivo troppo duro, a cui non è semplice abituarsi. Ma l’America non è solo New York

Responsabilità professionale e tutela del patrimonio del medico: 35.000 richieste di risarcimento ogni anno

Se il medico non agisce preventivamente per mezzo della pianificazione patrimoniale, ogni azione tardiva volta alla tutela dei propri beni diverrà inefficace in giudizio.

In tema di responsabilità medica, ogni anno oltre 35.000 azioni legali vengono intentate da pazienti che denunciano presunti casi di malasanità, coinvolgendo un numero altrettanto elevato di medici e sanitari. Pertanto, nonostante il 95% delle denunce penali sia destinato a risolversi in un nulla di fatto, i procedimenti legali in sede civile sono in costante aumento, e circa un terzo di questi procedimenti “va a segno”, generando risarcimenti piuttosto onerosi in capo al medico la cui responsabilità viene accertata.

La tendenza ad addebitare alla negligenza dei medici qualunque evento che colpisca gli utenti è certamente il risultato di un onda lunga generata negli anni ’90, allorquando l’assenza di una legislazione che chiarisse i termini della responsabilità professionale e della colpa medica aveva fatto aumentare a dismisura i procedimenti e, conseguentemente, i costi delle assicurazioni sul rischio.

La legge n.24 (c.d. Gelli/Bianco) del 2017, e soprattutto una serie di pronunciamenti di merito e legittimità della Giurisprudenza hanno portato un po’ di chiarezza. Relativamente al riparto dell’onere probatorio (Corte appello Milano sez. II, 15/02/2019, n.698), per esempio, si è stabilito che nei giudizi risarcitori da responsabilità medica si delinea un duplice ciclo causale: uno relativo all’evento dannoso e l’altro relativo all’impossibilità di adempiere. Il primo (evento dannoso) deve essere provato dal danneggiato, mentre il secondo (impossibilità di adempiere) deve essere provato dal danneggiante nel caso in cui il danneggiato sia riuscito a provare l’evento dannoso. Pertanto, mentre il danneggiato dovrà provare il nesso di causalità fra l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario, il danneggiante dovrà provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile la prestazione.

In tal modo, ognuna delle parti ha oggi un ruolo ben delineato da interpretare nell’ambito del giudizio (civile o penale), e questo restituisce equilibrio in un momento storico molto delicato per la Sanità italiana, che a seguito dei tagli ventennali di spesa pubblica ha ridotto significativamente l’offerta e, in troppi casi, la qualità del servizio sanitario.

Responsabilità medica

Responsabilità medica

Il clima di sfiducia degli utenti verso tutto il sistema sanitario, che si traduce in numerosi casi di aggressione fisica nei P.S. (dove a fronte di 50 pazienti in attesa, in condizioni anche serie, operano mediamente due soli medici), ha creato l’insorgenza di un loro meccanismo di difesa conosciuto come “medicina difensiva”, cioè la richiesta di un numero eccessivo di esami e accertamenti, al fine di evitare l’assunzione di eccessiva responsabilità; il costo di questa pratica è stato stimato in più di 11 miliardi di euro l’anno.

Pertanto, a meno che la Politica non segni un deciso cambio di rotta, interrompendo la dinamica dei tagli ai posti-letto e restituendo motivazione e dignità al personale sanitario, questa tendenza pare sia destinata ad aumentare.

Dal punto di vista patrimoniale, i medici che vengono colpiti dai procedimenti risarcitori, una volta conclamata la propria responsabilità, finiscono con l’essere esposti al rischio di vedersi bloccare (o di perdere) tutti i propri beni a seguito di un sequestro preventivo o di altre iniziative messe in atto da chi si ritiene danneggiato, ed ogni azione tardiva volta alla tutela di quel patrimonio diverrà inefficace a causa, appunto, della strumentalità con cui essa è stata effettuata.

Le assicurazioni mediche, poi, spesso non riescono a coprire tutti i rischi. E’ fondamentale, quindi, che ciascun medico agisca preventivamente, tutelando sé stesso ed i propri familiari prima dell’insorgenza di un problema, e non dopo (è sufficiente la ricezione anche di una semplice diffida per eliminare o affievolire la buona fede di fonte al giudice). Una giusta prevenzione può essere attuata efficacemente attraverso la pianificazione patrimoniale, che è un procedimento semplice, messo in atto con il necessario ausilio di esperti professionisti, grazie al quale una eventuale e futura azione risarcitoria da parte di un terzo potrà essere ricondotta ad una sola parte del patrimonio (o a nessuna parte di esso), e non all’intero.

Il costo di tale consulenza, nonostante può coinvolgere anche quattro figure professionali (notaio, avvocato, commercialista e consulente finanziario) è enormemente più basso di quello derivante dal blocco dei mezzi operato a seguito di un giudizio civile o penale, in occasione dei quali soltanto le parcelle di avvocati e periti possono raggiungere la cifra di 20.000 euro (N.B. solo per il primo grado di giudizio), ed il risarcimento medio riconosciuto al danneggiato è pari a circa 90.000 euro.

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Lo studio delle polizze assicurative per il medico: al bando quelle che costano poco

In caso di responsabilità medica, una copertura assicurativa insufficiente avrà effetti gravi sul professionista e sulla propria famiglia. Necessario adottare anche strumenti non assicurativi di difesa del patrimonio

Una polizza assicurativa sui rischi professionali va stipulata tenendo conto del criterio di rispondenza delle sue coperture alle esigenze specifiche del medico. Il suo studio, pertanto, richiede molta attenzione su alcuni aspetti fondamentali.

Il primo è il suo massimale, cioè il massimo esborso che la compagnia assicurativa è disposta a pagare in caso di sinistro. L’ambito professionale dei medici coinvolge la salute e la vita del paziente, per cui i massimali inferiori al milione di euro sono da ritenersi del tutto inadeguati.

Se il medico è un libero professionista o lavora con attività extra-muraria, è necessario sottoscrivere una polizza che copra la colpa professionale senza alcuna limitazione. Tale copertura prevede un costo annuo piuttosto elevato e, per molti medici, poco sostenibile, per cui l’offerta delle compagnie assicurative ha incontrato una forte domanda di polizze che, in cambio di un costo accessibile, garantiscono coperture limitate. Se così deve essere, allora, è più che ragionevole effettuare anche un approccio concreto verso gli strumenti non assicurativi di protezione del patrimonio.

Il secondo elemento da considerare è la franchigia, ossia l’importo fisso che in caso di sinistro resta a carico dell’assicurato. A nostro modo di vedere, per realizzare una prima tutela patrimoniale, qualunque soluzione che preveda una franchigia non è accettabile, anche se riduce di molto il premio annuale da pagare.

Uguale opinione è da esprimersi sui c.d. scoperti, ossia una sorta di franchigia che grava in misura percentuale sul danno a fronte di un premio annuo ridotto. Per chiarire il problema, è meglio affidarsi ad un esempio: se la franchigia è pari al 10%, ed il danno per cui il medico è chiamato in causa vale un milione di euro di risarcimento, 100.000 euro rimarranno a suo carico.

Ancora, vanno valutate le eventuali esclusioni dalla copertura, come quelle relative alla mancata acquisizione o al vizio del consenso informato, alla mancata o difforme compilazione della cartella clinica, ai fatti già noti al momento della stipula della polizza, ai casi di sospensione e radiazione dall’albo professionale, oppure alla mancata rispondenza del risultato per interventi con finalità estetiche.

La tutela legale del medico, poi, è da tenere in grande considerazione. Generalmente, infatti, le compagnie impongono i propri legali, che – probabilmente – faranno prima gli interessi della compagnia e poi, qualora le esigenze coincidano, quelli del medico, il quale invece dovrebbe poter scegliere di persona il proprio legale e il proprio perito di parte. Pertanto, è sempre consigliabile sottoscrivere una polizza di tutela legale che preveda espressamente la copertura economica preventiva in caso di contenzioso penale (sempre escluso dalla polizza di responsabilità civile professionale). Infatti, alcune compagnie offrono polizze che, a fronte di premi molto contenuti, prevedono la liquidazione dell’indennizzo solo alla fine del terzo grado di giudizio, costringendo il medico ad anticipare tutte le spese e, visti i tempi lunghi della Giustizia, a far fronte per lungo tempo con il proprio patrimonio personale.

Facendo esperienza degli eventi accaduti a molti medici, sempre più ospedalieri scelgono comunque la copertura assicurativa prevista per la libera professione. In questo modo, infatti, sia pur gravati da un maggior costo, essi si sentiranno più sereni nello svolgimento di qualsiasi attività sanitaria, come i casi di sostituzione o quelli di guardia medica. Ma anche per la tutela dalle attività svolte a titolo gratuito (volontariato) o ad amici e parenti.

Relativamente al c.d. Massimale Aggregato, questa particolare forma di copertura consiste non in una polizza individuale (che copre un solo medico), ma in una polizza collettiva (che copre, cioè, un gruppo di assicurati con un unico massimale); la si può trovare facilmente nelle convenzioni stipulate da sindacati e associazioni, ma conviene starne alla larga: il massimale che viene messo a disposizione è condiviso da tutti gli assicurati, per cui può accadere che un sinistro molto grave di un solo professionista esaurisca tutto il massimale previsto, e tutti gli altri si ritrovino assolutamente scoperti per l’anno in corso.

Inoltre, è bene ricordare che, nelle strutture sanitarie, la responsabilità in caso di danno non è mai di una singola persona, bensì ripartita tra il medico, gli infermieri e la stessa struttura. In alcuni casi, poi, se un’infermiera arreca danno ad un paziente, ne risponde anche il medico di turno. Questa categoria di responsabilità si chiama Solidale, e la maggioranza delle assicurazioni non la copre.

Oggi tutte le assicurazioni di responsabilità civile professionale per i medici sono in regime “claims made” (in italiano: a richiesta fatta); questo vuol dire che il medico è coperto solo se il danno e la conseguente richiesta di risarcimento avvengono durante il periodo di efficacia della polizza. Purtroppo, tra l’attività sanitaria che ha causato il danno ed una eventuale richiesta di risarcimento possono passare anche degli anni. Per garantirsi dai danni commessi prima della stipula della polizza l’assicurazione deve necessariamente avere la garanzia pregressa, e cioè una clausola che copra i rischi con validità retroattiva (anche in caso di sostituzione di una vecchia polizza con quella di un’altra compagnia); in caso contrario il medico rischia di rimanere scoperto nonostante abbia pagato regolarmente il premio.

In definitiva, questa serie di elementi dovrebbe scoraggiare un medico a sottoscrivere con leggerezza una polizza dal costo conveniente, oppure a ritenere che il solo strumento assicurativo, per quanto costoso e completo, sia sufficiente a tutelare il suo patrimonio. Un approccio superficiale sul tema, infatti, nasconde delle insidie che, in assenza di altri strumenti di difesa patrimoniale preventiva, avranno effetti tangibili e irreversibili sul tenore di vita del professionista e della propria famiglia.

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