Sondaggi, statistiche e note di colore provenienti dalle più interessanti ricerche giornalistiche del Regno Unito condotte in piena epoca MiFID II. Analogie con l’Italia e aneddoti in salsa british
Tratto da un articolo di Nick Shepherd (FT)
A parte la differenza linguistica (e la Regina), Italia e Inghilterra hanno molti punti di contatto quando si parla di consulenza in servizi finanziari. Quello inglese, senza dubbio, è un mondo più variegato, ma alcuni sondaggi condotti sulla clientela british hanno rivelato sorprendenti similitudini in relazione alla reputazione di cui i consulenti finanziari godono presso la clientela. Prima di introdurre l’argomento, sarà bene fare una breve panoramica su come si svolge il servizio di consulenza di investimento nel Regno Unito.
Nel mondo anglosassone, a parte le reti di distribuzione di prodotti finanziari remunerate con commissioni, sono molto presenti e apprezzati i consulenti autonomi, che hanno già una “storia” notevole rispetto all’Italia e sono preferiti a quelli non autonomi. Di conseguenza, le banche accettano di accoppiare, al servizio di collocamento di strumenti finanziari, la consulenza su base indipendente quale servizio a valore aggiunto, all’interno di un modello di servizio che prevede una sorta di cooperazione fra tre figure professionali differenti e autonome: cliente, banca depositaria e consulente (o advisor).
Questo modello comporta benefici per ognuna delle figure che ne fanno parte. Infatti:
– il cliente sceglie personalmente la banca di sua fiducia presso la quale depositerà il denaro in custodia;
– il cliente sceglie il consulente a cui affidare la gestione del proprio patrimonio depositato in quella banca;
– il consulente opera in piena tranquillità ed indipendenza, senza conflitto di interesse e senza vincoli commerciali di alcun tipo, nel rispetto di un contratto di gestione di portafoglio;
– la banca depositaria, in qualità di custode, ha una funzione di controllo sull’operatività e sulla buona diligenza del consulente;
– Il consulente controlla che la banca esegua le disposizioni impartite dal cliente secondo le condizioni ed i tempi concordati.
Il modello anglosassone, a ben vedere, elimina anche il conflitto di interessi, escludendo ogni forma di retrocessione dalle società prodotto ai consulenti che scelgono di operare in modo indipendente; in più, consente al consulente autonomo di avere la certezza dell’esecuzione degli ordini nei tempi previsti, che così ricade sempre sotto il suo controllo (come in Italia, solo che la banca non è una semplice depositaria, ma una mandante).
Relativamente alla parcella, questa viene pagata direttamente dal cliente al consulente sotto forma di commissione di gestione del portafoglio, pattuita contrattualmente entro certi minimi e massimi, oppure periodicamente, a seconda dell’entità del patrimonio amministrato e della durata del servizio.
Quando è stato chiesto di nominare le qualità più richieste in un consulente finanziario, i lettori del Financial Times non hanno avuto dubbi, convergendo quasi tutti sulle “tre T”: Trasparency, Trust and Tailored (trasparenza, fiducia e servizio su misura).
La risposta è arrivata da oltre 300 lettori, di cui oltre i due terzi di essi stavano già pagando servizi di consulenza finanziaria. In cima alla lista dei loro desideri c’è la trasparenza sulle commissioni. In particolare, il 7% dei lettori inglesi confessa di non sapere quanto stia pagando per i consigli del consulente, mentre una percentuale maggiore (18%) contesta il livello delle commissioni che vengono loro addebitate e il modo in cui queste vengono applicate. La pratica diffusa di addebitare commissioni ad valorem – in cui i consulenti prendono una percentuale sul valore delle attività gestite ogni anno – è stata particolarmente dibattuta. Alcuni lettori, infatti, si sono concentrati sugli aspetti della comunicazione sul tema (“le commissioni dovrebbero essere espresse in sterline, non in percentuale”), mentre altri hanno posto l’attenzione sulla partecipazione del consulente al risultato finale, mostrando preferenza sulle commissioni di performance e non su quelle basate sul valore del portafoglio totale. Altri, ancora, si sono lamentati dalle scarse capacità di relazione e attenzione dei consulenti verso i clienti, i quali lamentano la pratica delle due riunioni di revisione l’anno, considerate poco coinvolgenti.
Circa un terzo dei lettori che hanno partecipato al sondaggio del FT ha confessato di non avere una buona opinione sui consulenti che lavorano su base non indipendente, e con una gamma limitata di opzioni di investimento, dichiarando il proprio disagio verso la “consulenza basata sulle commissioni per l’acquisto di determinati prodotti“. Anche per i consulenti inglesi non indipendenti, pertanto, la direttiva Mifid II comporta una maggiore trasparenza sulle commissioni ed un momento di trasformazione per tutto il settore.
In sintesi, il tipo di servizio che molti lettori britannici hanno detto di voler ottenere è fatto essenzialmente di sei elementi fondamentali: fiducia, chiarezza, creatività, onestà, indipendenza e buone capacità di ascolto. Oltre a questi, alcuni partecipanti hanno dichiarato di voler andare oltre la consulenza sugli investimenti, desiderando parlare di Arte e di Filantropia, ma anche di affari e degli investimenti non finanziari che possano dare ai propri figli la possibilità di arricchirsi.
Ritornando alle statistiche fuoriuscite dal sondaggio, il 38% dei lettori ha dichiarato di essere “molto soddisfatto” del rapporto qualità-prezzo del proprio consulente, mentre il 41% si è dichiarato “soddisfatto” del livello delle tariffe e poco più del 13% ha ritenuto di non ottenere un buon rapporto. Sebbene il 43% dei lettori non abbia mai cambiato il proprio consulente, qualsiasi evento che possa portare a una perdita di fiducia li spingerebbe a farlo. Quasi un terzo dei lettori senza un consulente finanziario ha indicato nella mancanza di fiducia e nelle scarse esperienze passate le ragioni per cui ne stanno lontani.
Quello della fiducia è un elemento ricorrente. Da un sondaggio effettuato dall’Autorità di vigilanza sulla condotta finanziaria (FCA), si è scoperto che solo il 39% degli adulti del Regno Unito si fida di consulenti finanziari, e che il meccanismo su cui si basa il successo dei consulenti è essenzialmente il passaparola o la raccomandazione personale di un membro della famiglia, un collega o un altro professionista di altra categoria. Allo stesso modo, la maggior parte dei consulenti ha descritto i referral (passaparola) come il loro modo principale di trovare clienti.
Non mancano, infine, le cosiddette note di colore nella ricerca condotta dal FT, che ha chiesto ai consulenti finanziari di raccontare le domande più strane, gli obiettivi di spesa più bizzarri e le richieste più insolite in cui si erano imbattuti nella loro carriera. Si va da un cliente fanatico della moda ansioso di “liquidare parte del suo portafoglio per aggiornare il suo guardaroba” a un cercatore di tesori che voleva “trasformare il suo intero portafoglio in oro fisico“. Alcuni clienti, poi, si aspettano molto in cambio delle commissioni che pagano: a un consulente è stato chiesto “puoi portare le mazze da golf di mio figlio dall’altra parte della città per me?“, mentre altri hanno riferito esperienze di gestione del conflitto coniugale dei loro clienti. Un cliente felicemente sposato insisteva sul “non dire a mia moglie quanti soldi ho, lei li spenderà tutti“, mentre un altro chiedeva come “nascondere le risorse a un partner che tradiva” (richiesta rifiutata dal consulente). Un consulente ha dovuto spiegare la matematica di base a una cliente divorziata con un patrimonio dal valore di 8 milioni di sterline, in un classico caso in cui l’ex marito pagava e controllava tutto, quindi da sola lei non era in grado di comprendere il valore del denaro e dei beni.
Per ultimo, le storie toccanti di gentilezza umana. Rob Roberts, pianificatore finanziario di The Chester Partnership, ha raccontato come una coppia abbia lasciato un lascito testamentario sostanziale all’agente di viaggio di fiducia, che aveva trovato un hotel a Lanzarote dove la coppia si era recata in vacanza romantica ogni anno per un decennio.
Per i suoi apprezzati sforzi, l’agente ha ereditato 300.000 sterline.
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