“Se due persone interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, quello che accade ad uno di loro continua ad influenzare l’altro”.
Il divorzio, a cominciare dagli anni ’70 (la legge sul divorzio è la n. 898 del 1970), ha rappresentato il naturale riconoscimento giuridico di un atto di libertà e auto-realizzazione dell’individuo, da tutelare anche a costo di scindere (e riqualificare) la famiglia “consacrata e immutabile” in tutti quei casi di contrasto insanabile nella coppia.
Si è trattato certamente di una conquista di civiltà a cui, però, non è corrisposta una uguale evoluzione dell’Ordinamento: ancora oggi bisogna fare i conti sia con un sistema giuridico inadatto a contenere la deriva dei sentimenti tipica delle fasi più accese di una separazione, sia con un “analfabetismo civico” che, in tutta Italia, colpisce anche i patrimonials[1] che si separano.
Le librerie ed il Web pullulano letteralmente di pubblicazioni più o meno autorevoli sulla materia, riguardanti soprattutto gli aspetti emotivi ed affettivi connessi alla cura dei figli dopo la separazione. Pochi, però, si concentrano sugli effetti che da questo fenomeno sociale in continuo aumento derivano a danno della finanza coniugale, dal momento che esiste certamente un nesso di causalità tra separazioni conflittuali e perdite patrimoniali.
Così, è importante che gli operatori siano in grado di riconoscere certi aspetti dell’animo umano che si manifestano solo in determinati contesti che, come la crisi di coppia, escono fuori dall’ordinario, catapultando in mezzo alla tempesta chi, per il proprio ruolo professionale, viene chiamato inevitabilmente in causa.
Le guerre coniugali, infatti, finiscono con il coinvolgere il professionista del Patrimonio (sia esso consulente finanziario, avvocato, notaio o commercialista), il quale si trova a dover gestire un evento che mette a dura prova le proprie capacità diplomatiche e la propria sensibilità. Egli deve essere pronto ad intervenire assumendo l’unico atteggiamento possibile: quello del consulente che spiega con estrema franchezza tutte le conseguenze economiche di una separazione, e aiuta i clienti (travolti dalle circostanze e privi di sufficiente lucidità) a gestire la situazione in maniera forzosamente solidale, evitando di assecondare richieste dettate da spirito di vendetta e/o chiaramente inopportune, sebbene solo in apparenza legali (si pensi allo “svuotamento”, da parte di uno dei coniugi, del conto corrente intestato ad entrambi).
Infatti, dall’esame di queste vicende si impara che, proprio nel momento in cui ci sarebbe bisogno di maggiore concentrazione per consentire la salvaguardia degli affetti e dei beni familiari, il nostro Ordinamento oppone invece un sistema idoneo solo a far prevalere i sentimenti di rivalsa di ciascun coniuge rispetto all’estremo pragmatismo richiesto invece dalle circostanze.
Esiste, infatti, un notevole lasso di tempo tra il momento esatto in cui matura la separazione (si tratta di solito di decisioni dettate solo apparentemente dall’istinto, ma in realtà profondamente pensate) e quello in cui i coniugi appariranno di fronte al presidente del tribunale civile. Si tratta di un periodo lunghissimo (a volte anche 7 o 8 mesi, soprattutto se si frappone il periodo estivo) durante il quale, oltre a distruggersi reciprocamente con atti di guerra fisica e psicologica, molte coppie pongono le basi per la distruzione di patrimoni familiari anche di ingente valore. Gli effetti negativi della separazione, infatti, colpiscono gli interessati di ogni ceto sociale, senza alcuna distinzione, sull’onda del concetto secondo il quale, con il divorzio (o la separazione), non esiste più la famiglia.
Niente di più falso.
Il nucleo familiare, antropologicamente, non è un insieme di individui che nasce e muore sulla scorta di un contratto (quello è il matrimonio, che è un contratto, ossia una convenzione sociale); esso è piuttosto il risultato dell’istinto umano di socialità che, insieme agli istinti di riproduzione, di procreazione e di conservazione, rappresenta le fondamenta su cui poggia la storia dell’intera umanità. Nel nucleo familiare, una volta formato, accade qualcosa di molto simile a ciò che ha descritto lo studioso Paul Dirac nella sua famosa equazione, la quale descrive il fenomeno del c.d. entanglement quantistico: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”.
Quanta verità in una “semplice” equazione….
Grazie a questa formula matematica trovano spiegazione diversi eventi della vita post-separazione, solo apparentemente inspiegabili, che continuano a legare i due ex coniugi anche a distanza di molti anni.
A parte i figli – che sono, per così dire, un’equazione quantistica vivente – nelle coppie separate senza figli il patrimonio costruito durante la vita matrimoniale, e tutti gli eventi ad esso connessi, determina la sopravvivenza di un legame con il quale bisogna fare i conti per lungo tempo dopo la separazione.
La consapevolezza di questo legame, nonchè un atteggiamento di arrendevole rassegnazione alla sua esistenza (da preferire ai comportamenti nocivi derivanti dalla mal sopportazione di esso), potrebbe eliminare molte delle cause di indebolimento o distruzione dei beni familiari, garantendo prosperità e continuità generazionale a quello che fu, comunque, uno dei prodotti dell’unione.
Anche il consulente patrimoniale fa parte, per così dire, di questo “prodotto quantistico” della coppia; pertanto, il suo ruolo asettico e neutrale con entrambi sarà un valore aggiunto che segnerà la differenza tra un patrimonio intatto, destinato a trasmettersi, ed uno disgregato, destinato a morire o ad essere frantumato in mille rivoli prima della fase successoria.
[1] Gruppo di individui nati tra il 1950 ed il 1965, ognuno dei quali è a capo di un patrimonio familiare, tra beni mobili ed immobili, superiore a 750.000 euro.
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