Marzo 29, 2024
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Immobili per l’impresa: compravendite su, investitori alla ricerca di rendimento

In ripresa anche il segmento del retail che è stato quello più impattato dalla pandemia con conseguente liberazione di molti spazi. Ad acquistare sono prevalentemente investitori alla ricerca di rendimenti elevati.

Nei primi tre mesi del 2022 le compravendite degli immobili per l’impresa, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, elaborati dall’Ufficio Studi Tecnocasa, hanno registrato un aumento: il settore produttivo +23,6%, i depositi + 13,7%, i negozi +15,2%, gli uffici +12,2%. I primi mesi del 2022 evidenziano un mercato con compravendite in aumento su tutti i segmenti. Il settore più dinamico, in generale, sembra essere quello dei capannoni, tipologia che dallo scoppio della pandemia ha registrato un recupero costante. Sono utilizzati sia per finalità produttiva sia come deposito. Sono interessanti per l’acquisto grazie ai prezzi ancora contenuti. Infatti, negli ultimi dieci anni i prezzi dei capannoni sono diminuiti del 29,7% per le tipologie nuove e del 32,6% per quelle usate.

 

La mancanza di nuovo sta progressivamente portando a una riduzione importante dell’offerta presente sul territorio. Spesso le nuove operazioni sono realizzate su commissione.  Ad acquistare sono quasi sempre aziende che hanno una solida situazione patrimoniale, piani di sviluppo. Le compravendite evidenziano che la maggioranza delle compravendite di capannoni ha avuto come finalità la creazione di depositi.

In ripresa anche il segmento del retail che è stato quello più impattato dalla pandemia con conseguente liberazione di molti spazi. Ad acquistare negozi sono prevalentemente investitori che impiegano capitale indirizzandoli su soluzioni occupate con rendimenti annui lordi che possono toccare anche il 10-11%. Nei primi tre mesi del 2022, il 52,3% degli acquisti di negozi è stato realizzato con finalità di investimento. Questa tipologia immobiliare ha evidenziato, negli ultimi dieci anni, un calo dei valori del 38,4% per le soluzioni in via di transito e del 42,2% per quelle in via non di passaggio.

Anche per gli uffici si segnala un aumento delle compravendite, +12,2%, e in questo caso ad acquistare sono quasi sempre utilizzatori, spesso liberi professionisti, che stanno approfittando del ribasso dei prezzi che negli ultimi 10 anni è stato del 36,6 % per le soluzioni nuove e del 37,9 % per quelle usate.  Gli uffici in contesti residenziali sono acquistati anche da chi desidera fare un cambio d’uso in abitazione.

Immobili per l’impresa nel 2021. Lo sviluppo industriale e commerciale passa anche da loro

I dati Istat relativi al terzo trimestre del 2021 evidenziano un aumento del Pil del 2,6% rispetto al trimestre precedente, e confermano la chiusura d’anno a +6%. Risultati incoraggianti, che si trasmettono anche al settore immobiliare per l’impresa.  

di Fabiana Megliola*

Per parlare del settore degli immobili per l’impresa, occorre contestualizzarlo all’interno del quadro economico del nostro Paese, che continua a dare segnali positivi grazie ai progressi della campagna vaccinale e al recupero della mobilità. Infatti, gli ultimi dati diffusi dall’Istat, relativi al terzo trimestre del 2021, evidenziano un aumento del Pil del 2,6% rispetto al trimestre precedente, e confermano la chiusura d’anno a +6%.

Risultati incoraggianti, resi possibili grazie al traino dell’industria e al recupero dei servizi, in particolare dal comparto manifatturiero. All’interno di questo scenario, Tecnocasa evidenzia un aumento della domanda di immobili per l’impresa, in acquisto ed in affitto, da destinare alla produzione e allo stoccaggio delle merci. Le aziende, infatti, cercano metrature ampie per collocare impianti o per stoccare le materie prime a seguito di processi di riorganizzazioni delle filiere o di reshoring finalizzato a ridurre la distanza tra approvvigionamento, produzione e consumo. Continua, poi, il buon andamento della logistica grazie al boom dell’e-commerce, dato che su questo settore è stato realizzato il 73,5% di operazioni di locazione ed il 26,5% di operazioni di acquisto. Per le prime prevale la finalità di stoccaggio (48%), seguita dalle lavorazioni artigianali (14,4%) e dalla produzione (11%); ed anche in acquisto prevale la finalità di stoccaggio (50,8%). Questo trend trova conferma nei dati di uno studio del Politecnico di Milano, che conferma lo stoccaggio merce come prioritario, sebbene preveda un futuro di magazzini capillari e di prossimità, automatizzati e sostenibili.

Per tutte queste tipologie di immobili, a prescindere dalla finalità per cui vengono locate o acquistate, è importante la location lungo arterie di collegamento strategiche e a ridosso delle metropoli. Anche il contenimento dell’impatto ambientale è importante in questo settore, che soffre di una carenza di offerta in grado di rispondere alle esigenze delle imprese: aree di carico scarico, presenza di bilici, altezze adeguate e soprattutto impianti a norma. Inoltre, vi è carenza di nuove costruzioni per l’impresa, per cui nell’ultimo anno diverse aziende hanno commissionato la costruzione di capannoni e sta aumentando la ricerca di terreni dove costruire.

I capannoni si lasciano alle spalle dieci anni di ribasso di prezzi, che sono diminuiti del 31,4% per le soluzioni nuove e del 34,6% per quelle usate. I canoni di locazione hanno avuto un ribasso maggiore sulle tipologie nuove (-29,3%) rispetto a quelle usate (-24,7%). Questo ha portato però le imprese solide patrimonialmente ad acquistare, cogliendo delle opportunità e sapendo che poi devono procedere a riqualificare.  Lo dimostrano anche i dati diramati dall’Agenzia delle Entrate, che nel 2021 hanno testimoniato un aumento delle transazioni di immobili destinati all’impresa del 65,2% rispetto al 2020 e del 20% rispetto al 2019. I tagli più richiesti sia in locazione che acquisto sono inferiori a 500 mq, ma c’è un discreto movimento per le metrature oltre i 1500 mq.

Sul mercato dei negozi, i prezzi e i canoni sono ancora in diminuzione e, dopo le difficoltà importanti registrate durante il lockdown, sembrano esserci ora spiragli di ripresa. Le informazioni congiunturali più recenti segnalano un’ulteriore forte espansione dei consumi, favorita dall’allentamento delle restrizioni associato ai progressi nella campagna di vaccinazione. Il clima di fiducia delle famiglie è a livelli elevati e gli ultimi dati sui consumi degli Italiani, diffusi da Censis e Confimprese, fanno ben sperare (+14,2% rispetto allo stesso periodo del 2020). A tal proposito, diverse indagini suggeriscono che gli italiani hanno il desiderio di acquistare nei negozi e di tornare allo shopping fisico, da cui trarre emozioni e benessere. Pertanto, la tendenza sarà quella di procedere ad una combinazione di canali fisici e online. Tra questi certamente il settore della ristorazione, che in seguito al forte ridimensionamento dei flussi turistici è in parte sopravvissuta grazie al delivery e alla possibilità di occupare gli spazi esterni nei mesi estivi, ed anche grazie alla rinegoziazione dei canoni di locazione.

Si conferma la tenuta del negozio di vicinato, in particolare nelle zone più periferiche dove aprono ancora minimarket. Le catene della distribuzione organizzata continuano a cercare spazi da destinare all’apertura di supermercati di prossimità, anche in zone centrali. Maggiori difficoltà per le posizioni di minor passaggio occupate da attività che ricorrono esclusivamente all’e-commerce e da chi eroga servizi a persone e imprese (è il caso dell’ufficio su strada).  C’è interesse da parte degli investitori, che restano prudenti, alla ricerca di immobili spesso già locati da tempo ad inquilini affidabili e con rendimenti che possono superare anche il 10 % annuo lordo. Il ribasso dei prezzi di questo asset immobiliare, infatti, ha incentivato l’acquisto: negli ultimi dieci anni i valori sono diminuiti del 38% nelle vie di passaggio e del 42,5% nelle vie non di passaggio, i canoni di locazione hanno registrato una contrazione del 36% sulle vie non di passaggio e del 37,8% nelle vie di passaggio. E così, i dati sulle compravendite diramati dall’Agenzia delle Entrate hanno visto nel 2021 un aumento del 61,8% rispetto al 2020 e del 15,4% rispetto al 2019.

Lo smart working e le nuove modalità di lavoro hanno coinvolto soprattutto il segmento degli uffici che, prima del Covid, soffrivano già per problematiche di vetustà, posizionamento e costi di gestione elevati. Tante aziende confermeranno lo smart working, con modalità diverse, all’interno di una revisione dei processi organizzativi e hanno già provveduto a ridisegnare i layout degli uffici. I luoghi di lavoro del futuro punteranno soprattutto a facilitare le relazioni tra i lavoratori e a garantire loro benessere. Si pensano strutture che comunichino con il quartiere circostante e che siano efficienti dal punto di vista energetico. Gli interventi di ultima generazione, e Milano ancora una volta è capofila in questo, sono progettati per avere certificazioni green. I professionisti, in particolare, si associano o si spostano in strada per abbattere i costi, e se l’immobile ha un prezzo interessante chi ha un’attività solida lo acquista.

Infine, lieve aumento dei canoni di locazione e ribasso dei prezzi sui laboratori che vedono comunque un buon riscontro da parte di piccoli artigiani. Negli ultimi dieci anni i prezzi sono diminuiti del 35,1%, i canoni di locazione del 29,3%”.

* Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

In aumento le compravendite di negozi, uffici e capannoni. Box auto, prezzi in contrazione

Tra gli immobili per l’impresa, quello dei capannoni si rivela il settore più dinamico nel post pandemia. In aumento le compravendite di box e posti auto, ma i prezzi si vanno ridimensionando.

Nei primi tre mesi del 2021 le compravendite degli immobili per l’impresa secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate ed elaborati da Tecnocasa, hanno registrato un aumento notevole delle compravendite, che hanno segnato un +43,7% per il settore produttivo,+61,1% per i depositi, +34,4% per i negozi +34,4% e +50,7% per gli uffici.

Il settore più dinamico, in generale, sembra essere quello dei capannoni, tipologia che dallo scoppio della pandemia ha registrato un recupero costante. Prima grazie all’e-commerce che ha spinto la ricerca di spazi da parte delle aziende di logistica e della GDO per trovare una location vicina alle metropoli dove stoccare la merce da consegnare velocemente in città. Allo stesso tempo la ripresa della produzione, come più fonti mettono in evidenza, sta determinando un aumento delle richieste di spazi.

Ad acquistare sono quasi sempre aziende che hanno una solida situazione patrimoniale, piani di sviluppo per il futuro e che stanno cogliendo le occasioni che il mercato offre dopo anni di ribasso dei prezzi. Infatti, negli ultimi dieci anni i prezzi dei capannoni sono diminuiti del 31,8% per le tipologie nuove e del 34,9% per quelle usate. I dati sulle compravendite realizzate evidenziano che la maggioranza di chi ha acquistato capannoni ha avuto come finalità proprio quello di creare depositi.          

Il segmento del retail è stato quello più impattato dalla pandemia e questo ha determinato anche la liberazione di molti spazi. Chi ha resistito ha provato ad acquistare l’immobile ma nella maggioranza dei casi l’operazione ha interessato investitori che hanno colto l’occasione per comprare sia spazi vuoti sia occupati. I dati rivelano che tra gli acquirenti dei negozi ci siano anche coloro che hanno deciso di destinarlo ad uso ufficio o quando possibile in abitazione e, in questo caso, spesso il negozio è posizionato in via non di passaggio. Anche questa tipologia immobiliare ha evidenziato, negli ultimi dieci anni, un calo dei valori del 37,4% per le soluzioni in via di transito e del 42,3% per quelle in via non di passaggio.

Anche per gli uffici si segnala un aumento delle transazioni, +50,7%, e in questo caso ad acquistare sono quasi sempre utilizzatori, spesso liberi professionisti, che stanno approfittando del ribasso dei prezzi che negli ultimi 10 anni è stato del 37,1% per le soluzioni nuove e del 38,7% per quelle usate.    

Relativamente al mercato retail, il Gruppo Tecnocasa ha recentemente fornito i dati sulle compravendite di box e posti auto, i quali hanno registrato una contrazione, rispettivamente dello 0,7% e dello 0,9%, nel secondo semestre del 2020 rispetto al primo. Riguardo le transazioni, i dati dell’Agenzia delle Entrate segnalano, nello stesso arco temporale, un aumento delle compravendite dei box del 7,8% a livello nazionale e dell’1,2% nelle metropoli.  

Il 68,6% delle operazioni hanno riguardato la compravendita, mentre il 31,4% la locazione. Inoltre, tra gli acquirenti esiste una buona componente (49,4%) che acquista un box o un posto auto con la finalità di metterlo a reddito, anche se prevale l’utilizzo proprio. Tra i vantaggi di investire in un box c’è sicuramente una maggiore facilità di gestione rispetto all’abitazione, ed un rendimento interessante, intorno al 6,3% annuo. Quanto al loro valore, i box hanno avuto un trend decennale abbastanza in linea con le abitazioni: i primi hanno perso il 33,1%, le seconde il 30%.  

Domanda e offerta di negozi ancora in sofferenza. Uffici, lo smartworking cambia il mercato

La contrazione dei flussi turistici è la causa principale di questa “strage” delle attività commerciali su strada. La stima per il 2020 è di almeno il 50% di visitatori in meno nelle città ad alta attrattività turistica. Anche il ricorso allo smart working ha sottratto clientela alla ristorazione e alla somministrazione.

Gli effetti della pandemia non smettono di farsi sentire nel Real Estate destinato alle attività commerciali. Il segmento della ristorazione, che era stata il vero traino del mercato dei locali commerciali negli anni scorsi, ha subito i danni più gravi, sia in termini di chiusure – temporanee e/o definitive – che in quanto ad effetti sul mercato immobiliare. Molti locali, rimasti sfitti, sono ancora senza occupazione persino nelle zone di pregio delle grandi città.

La contrazione dei flussi turistici è la causa principale di questa “strage” delle attività commerciali su strada. La stima per il 2020 è di almeno il 50% di visitatori in meno nelle città ad alta attrattività turistica. Anche il ricorso allo smart working ha sottratto clientela alla ristorazione e alla somministrazione che, per sopravvivere, si sono riorganizzate ricorrendo al delivery, utilizzando le diverse piattaforme esistenti, ampliando gli spazi quando possibile e sfruttando le aree esterne per creare dehors. A parte i marchi più noti e consolidati, già attrezzati per il delivery prima della pandemia e capaci di attrarre la maggior parte delle richieste, il fatturato derivante dal delivery riesce a compensare i costi fissi solo per il 70-80%, e così sopravvivono solo le realtà con solidità patrimoniale e con abbondante liquidità a cui poter attingere in attesa del ritorno alla normalità.

La pandemia, con il suo portato di restrizioni fisiche, ha fatto riscoprire i negozi di vicinato e i minimarket di quartiere, spesso realizzati da imprenditori immigrati. In generale si è notata una migliore tenuta delle attività commerciali con un bacino d’utenza di quartiere.

In difficoltà anche i negozianti del settore non food, che ha visto brand importanti del fast fashion chiudere punti vendita anche nelle grandi città che, da sempre, hanno rappresentato una piazza attrattiva. Hanno subito un impatto minore quelle realtà, anche locali, che hanno saputo integrare il punto vendita fisico con quello online per garantire acquisti in sicurezza.

Nelle vie di forte passaggio, pertanto, la liberazione di spazi sta portando, quando possibile, a riposizionamenti per quelle realtà del retail che possono permetterselo. Nelle vie non di passaggio continua la ricerca di spazi da destinare ad uso ufficio e, quando possibile, ad effettuare un cambio di destinazione d’uso in abitazione. In questi mesi, numerosi esercenti hanno rinegoziato i canoni di locazione per sopravvivere all’emergenza e offrire una prospettiva anche ai proprietari, non appena l’emergenza dovesse finire.

Secondo i dati di Tecnocasa, oggi l’80% di chi cerca locali in locazione vorrebbe aprire un’attività di somministrazione e ristorazione. Si registra anche una buona domanda per avviare attività di servizi alla persona. In questo scenario di incertezza, gli investitori si muovono con cautela, e si chiedono rendimenti più elevati a fronte di un maggiore rischio di vacancy. Le metrature più richieste sono inferiori a 100 mq (di cui il 75,6% in locazione).

Domanda e offerta uffici, lo smart working cambia faccia al mercato – Relativamente agli uffici, al momento si segnalano rallentamenti o comunque cambiamenti legati allo smart working. Il 74,7% delle richieste interessa uffici in locazione, il 25,3% in acquisto.

Molte aziende hanno confermato tale modalità di lavoro anche dopo la pandemia, all’interno di una revisione dei processi organizzativi. Le aziende, in particolare quelle più strutturate, stanno già pensando a come rivoluzionare gli spazi che si libereranno. In questi mesi molto duri per il comparto, si sono registrate le disdette di contratti di locazione, soprattutto da parte di chi occupava ampi spazi e ha fatto un ricorso importante allo smart working. Si segnalano anche casi di aziende che hanno espresso la richiesta di soluzioni più ampie per creare il giusto distanziamento.

Continua in questo settore un fenomeno, ormai consolidato da anni, che vede gli uffici, soprattutto quelli obsoleti e inseriti in contesti residenziali, sottoposti a cambio di destinazione d’uso in abitativo. Si conferma la ricerca di spazi di rappresentanza nelle location più centrali, la preferenza per zone servite dalla metropolitana e da parcheggi, la scelta per immobili in buono stato, in strutture in grado di garantire efficienza energetica e, di conseguenza, una riduzione dei costi. Sempre più numerosi i professionisti che si associano per abbattere i costi o si spostano in strada, posizionandosi all’interno dei negozi.

I tagli più ricercati sono inferiori a 150 mq. Riscuotono successo le soluzioni nuove (come Milano ha dimostrato con “City Life”, “Porta Nuova” e “Symbiosis”). I prezzi degli uffici negli ultimi 10 anni hanno perso il 37,3% (tipologie nuove) ed il 39,4% (tipologie usate). I canoni di locazione sono diminuiti meno e hanno registrato un calo del 34,2% per le tipologie nuove e del 32,1% per quelle usate.

Immobili commerciali: tengono logistica e negozi con delivery, male gli uffici. Mai più come prima

Il 2020 sarà ricordato come un anno orribile per il settore immobiliare, e quello in corso come l’anno dell’adattamento. Solo il possibile ritorno alla “quasi normalità” restituirà volumi e prezzi adeguati, ma niente sarà più come prima. Il primo semestre 2021 sarà ancora complicato, con effetti sui volumi totali di fine anno.

Il volume degli investimenti nel commercial real estate in Italia nel 2020 si è chiuso con un calo del 29% rispetto al 2019, che era stato un anno record (oltre 12 miliardi di investimenti in immobili commerciali). La pandemia, infatti, ha provocato un notevole rallentamento degli investimenti, e l’emergenza sanitaria ha accelerato la diffusione dell’e-commerce e dello smart-remote working, conferendo incertezza sul  trend di mercato.

Il segmento uffici mantiene la sua posizione predominante (3,7 miliardi di investimenti), ma è in calo del 26% rispetto all’anno precedente. Milano e Roma leader del segmento, con rispettivamente 2,3 miliardi e 820 milioni.

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LOGISTICA – Ottima la performance del settore logistica, che con € 1,4 miliardi di investimenti e il 100% di investitori stranieri si conferma il segmento più sorprendente, superando addirittura il dato del 2019 e facendo intravedere un ulteriore rafforzamento per l’anno 2021. Infatti, la richiesta di spazi è molto elevata, e determinerà la realizzazione di numerosi progetti di sviluppo.

MERCATO RETAIL – Il settore retail ha fatto registrare investimenti per € 1,4 miliardi, in calo del 29% rispetto al 2019. Guidano i volumi le operazioni legate alla Grande Distribuzione Organizzata (345 milioni) e, in misura inferiore, le transazioni legate ai centri commerciali (299 milioni di investimenti). Relativamente alle previsioni per il 2021, è bene aspettare il ritorno a misure non restrittive nelle aree dello shopping prima di saltare alle conclusioni. Di certo, l’attenzione per il momento si concentra principalmente su nuovi sviluppi per centri commerciali nella città metropolitana di Milano.

INVESTIMENTI IN HOTEL – Il segmento ha raccolto poco più di 1 miliardo di investimenti, in linea con la media degli ultimi 10 anni e in calo del 68% rispetto al 2019, che però era stato un anno segnato da record straordinari, mai visti prima, per via dell’ingresso di nuovi investitori (gruppi stranieri). Nonostante le misure restrittive ed il calo del turismo, l’interesse nei confronti del settore rimane alto.

Nel complesso del mercato immobiliare delle tipologie commerciali, le città dove si è avuto il maggiore numero di transazioni nel 2020 sono Milano e Roma. A causa del trend in atto già da anni – e solo accelerato dalla pandemia – negli ultimi dieci anni i prezzi sono diminuiti del 37% nelle vie di passaggio, e del 42,5% nelle vie non di passaggio.

Il segmento del retail è stato quello maggiormente impattato dalla pandemia. La ristorazione, che negli scorsi anni aveva trainato il mercato dei locali commerciali, è stata penalizzata dall’assenza di turismo e dal ricorso massiccio allo smartworking. Sembrano tenere le attività che si sono riorganizzate attraverso piattaforme di e-commerce integrando il canale online con il punto vendita fisico, i negozi di vicinato e la grande e media distribuzione, grazie all’apertura di supermercati di prossimità.

Nelle vie di passaggio, la liberazione di spazi sta portando a riposizionamenti per quelle realtà del retail che possono permetterselo. Nelle vie non di passaggio continua la ricerca di spazi da destinare ad uso ufficio e, ove possibile, per un cambio di destinazione d’uso in abitazione.

Secondo i dati di Tecnocasa, l’80% di chi cerca in locazione vorrebbe aprire un’attività di somministrazione e ristorazione, e c’è una discreta domanda di chi vuole avviare attività di servizi alla persona. In questo scenario di incertezza, gli investitori si muovono con cautela o provano a realizzare acquisti opportunistici. In particolare, si chiedono rendimenti più elevati (fino al 10% annuo lordo) per compensare il maggiore rischio di vacancy, e le metrature più richieste sono inferiori a 100 mq (80,8% in acquisto e 75,6% in locazione).

PREVISIONI PER IL COMMERCIAL REAL ESTATE – Il 2020 sarà ricordato come un anno orribile per il settore immobiliare, e quello in corso come l’anno dell’adattamento. È plausibile pensare che il primo semestre del 2021 possa essere complicato e che questo avrà un impatto sui volumi totali di fine anno. Ciò che è certo è che gli investitori mantengono un cauto ottimismo, confermano la stabilità delle proprie intenzioni di investimento, con una preferenza per le asset class Logistica e Residenziale, e si dicono positivi in merito alle condizioni generali del credito nei prossimi mesi. In definitiva, solo il possibile ritorno alla “quasi normalità” restituirà volumi e prezzi adeguati, ma niente sarà più come prima.

Previsioni immobili per l’impresa. Prezzi e canoni in ribasso, capannoni l’asset più resistente

In uno scenario economico incerto come quello attuale, fare previsioni sul mercato degli immobili per l’impresa non è semplice. Le restrizioni in essere non aiutano alcuni settori a fare programmi a medio e lungo termine, indebolendo la domanda di immobili industriali sia in affitto che in vendita.

Di Fabiana Megliola*

Dopo il lockdown primaverile dello scorso anno, si era registrato un incremento di richieste di capannoni, laboratori e negozi. C’era voglia di riprendere e di avviare anche nuove attività. Solo gli uffici si erano dimostrati meno reattivi perché molte aziende erano in attesa di decidere sul proseguimento dello smartworking e sulle modalità dello stesso.  

Il lockdown autunnale ha peggiorato il quadro d’insieme che ha visto in particolare il comparto commerciale in crescente sofferenza. L’estate aveva restituito entusiasmo alla luce della possibilità di poter sfruttare gli spazi esterni e della ripresa del turismo, seppur di prossimità, con una capacità di spesa più contenuta. I dati provenienti dalla rete Tecnocasa/Tecnorete relativi agli immobili per l’impresa ha messo in luce il consolidamento di alcuni trend emersi durante la prima ondata, ed in particolare le difficoltà per la ristorazione, soprattutto nelle città turistiche e nelle aree ad alta concentrazione di uffici ed atenei, a causa del forte calo delle presenze turistiche e del proseguimento di smart working e DAD (didattica a distanza).

Non sempre è bastata la riorganizzazione supportata anche dalle piattaforme di delivery, ma lo street food sembra tenere bene. Si registrano ancora difficoltà per le altre attività “non food”, in particolare quelle che non hanno fatto ricorso all’e-commerce, il cui sopravvento ha messo in difficoltà il settore.

Le conseguenze di quanto descritto sono state la rinegoziazione dei canoni di locazione (con ribassi anche del 50%), l’affermarsi dei contratti a canoni crescenti nel tempo e la liberazione di posizioni appetibili con il ridimensionamento delle key money, e cioè quel particolare contratto, stipulato tra il conduttore di un immobile e un soggetto interessato a subentrare nei locali nella posizione di nuovo conduttore, con il quale quest’ultimo si impegna a corrispondere al conduttore “uscente” una somma per ottenere la risoluzione anticipata della locazione e la conseguente liberazione dei locali. Quest’ultimo fenomeno ha consentito, quando possibile, di effettuare operazioni di riposizionamento a canoni interessanti.

Al momento si contano degli spazi liberi, anche in location primarie, perché i proprietari non hanno accettato di ridurre gli affitti. Si conferma la ricerca di spazi per aprire supermercati di prossimità. Gli investitori sono decisamente prudenti, non manca chi effettua piccoli investimenti (sotto i 200 mila €) chiedendo rendimenti intorno al 10% annuo lordo, e chi è “a caccia” dell’affare che non sempre va a buon fine. Al momento non c’è molta offerta di negozi in vendita, soprattutto in alcune realtà, molto probabilmente per lo stato di incertezza di questo periodo.

Le previsioni per il settore non residenziale vedono prezzi e canoni in ribasso soprattutto per il propagarsi delle difficoltà per alcune categorie di negozianti e per la fine del blocco degli sfratti (ulteriormente prorogato).

Il capannone è l’asset che ha resistito meglio grazie all’affermarsi dell’e-commerce che ha dato slancio alla logistica e alla tenuta di attività produttive e artigianali che hanno reagito alla crisi, in taluni casi anche riconvertendo la produzione. Una buona spinta è arrivata anche dal reshoring, che ha visto rientrare in Italia diverse attività de-localizzate all’estero, con l’obiettivo di ridurre la distanza tra approvvigionamento, produzione e consumo.

La crescita delle vendite on line ha potenziato la logistica dell’ultimo miglio con la ricerca di spazi per deposito, posizionati quanto più possibile vicini alla città. Infatti si segnala, soprattutto su Milano, la ricerca di capannoni da 300-500 mq a ridosso della metropoli.

Si conferma anche la volontà di acquisto da parte di imprese cha hanno una certa solidità patrimoniale alle spalle, e che approfittano dei prezzi bassi per diventare proprietarie dell’immobile. Il punto debole di questo segmento resta la carenza di prodotto, motivo per cui ci aspettiamo una tenuta o addirittura un incremento per le soluzioni in ottimo stato o ben posizionate ed una contrazione negli altri casi.

Sugli uffici non si registra un particolare dinamismo. Alcune aziende hanno liberato spazi dopo aver deciso un ricorso importante allo smart working o ne hanno modificato il layout. In alcuni casi, professionisti dalla consolidata attività hanno acquistato l’immobile, mentre altri si sono organizzati in studi associati per abbattere i canoni di locazione. Si rafforza il trend iniziato già negli anni scorsi, che vede nelle città il cui mercato residenziale è dinamico il cambio d’uso di queste tipologie in abitazione. Si segnala una maggiore offerta di tagli ampi, e questo fa presupporre un calo dei canoni e dei prezzi nei prossimi mesi.

* Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

Tecnocasa, nel dopo Covid investire nel mattone diversificando il portafoglio. Speciale negozi e uffici

La pandemia ha fatto riscoprire il mattone non solo in generale, ma anche come asset da prendere in considerazione per diversificare il proprio portafoglio, in particolare per chi ha liquidità sul conto corrente e vorrebbe impiegare il capitale.

Gli investitori hanno contribuito, con il loro interesse verso il mattone, al rilancio del settore dopo la crisi degli anni scorsi. Infatti, secondo le analisi dell’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa, negli ultimi cinque anni, la componente di acquisto per investimento è passata dal 18,5% al 25%, con un consistente balzo in avanti.  Oltre che dalla rivalutazione del capitale sono attirati anche dal rendimento medio annuo lordo da locazione che, per un bilocale, si aggira mediamente intorno al 5%. Una notevole spinta, poi, è stata data dall’esplosione degli affitti brevi che hanno portato tanti investitori su questo segmento, soprattutto, nelle città ad alta attrattività turistica.

E sono proprio questi ultimi ad essere in stand by in questo momento, perché stanno cercando di capire come muoversi in particolare in quelle città in cui questo segmento era già saturo. In questo caso si potrebbe optare per la locazione residenziale, infatti nelle nostre analisi le zone centrali, quelle interessate da locazioni da parte di studenti e lavoratori fuori sede così come quelle sottoposte ad interventi di riqualificazione, restano come sempre attrattive. In città come Firenze e Milano le zone centrali hanno raddoppiato il loro valore dal 1998.  La pandemia inoltre ha fatto riscoprire il mattone non solo in generale, ma anche come asset da prendere in considerazione per diversificare il proprio portafoglio, in particolare per chi ha liquidità sul conto corrente e vorrebbe impiegare il capitale.

SETTORE COMMERCIALE E TERZIARIO – Prima dell’emergenza sanitaria, nel 2019 il settore commerciale ed il settore terziario hanno registrato un aumento delle compravendite rispettivamente del 6,5% e del 4,8%. Dati positivi quindi che mettono in evidenza un interesse per l’acquisto di queste tipologie che, soprattutto nelle grandi metropoli, stanno attirando gli investitori.

Secondo l’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa, il segmento dei negozi è da sempre orientato alla locazione che, infatti, interessa l’80,6% delle richieste. Solo il 19,4% della domanda opta per l’acquisto. Il 43,6% è rappresentato da investitori, un dato abbastanza allineato con quello degli scorsi anni alla luce degli interessanti rendimenti da locazione. Segue un 15,1% che desidera aprire attività di ristorazione e somministrazione, dato in aumento rispetto all’ultima rilevazione alla luce della maggiore attrattiva del comparto food. La metratura più gettonata tra gli acquirenti è inferiore a 50 mq.

LOCAZIONI COMMERCIALI – Sul mercato della locazione, quella che raccoglie la maggioranza delle richieste, il 38,0% dei potenziali affittuari desidera metrature comprese tra 51 e 100 mq, seguito dal 33,1% che ceca metrature inferiori a 50 mq. Il 26,8% di chi cerca in affitto lo fa per avviare attività di somministrazione e ristorazione, il 9,3% per cimentarsi nel settore dell’abbigliamento. C’è poi un 5,4% che realizza studi professionali.

Le zone centrali sono quelle maggiormente ambite dai retailer che tendono a posizionarsi soprattutto nelle città ad elevato afflusso turistico. Chi è presente nelle posizioni top cerca di difenderle e, se può, di migliorarle. In questo momento Milano è la città che, in Italia, attira maggiormente i brand più importanti, vista la grande attrattività che la città sta dimostrando nello sperimentare nuove modalità di shopping che uniscono tradizione e innovazione. Dopo Milano anche Firenze, Roma, Torino e Napoli richiamano l’interesse dei retailer, con il capoluogo partenopeo che, negli ultimi tempi, è in grande spolvero. Continua l’ascesa della ristorazione ed Il food si conferma un settore dinamico, soprattutto per quanto riguarda i nuovi concept.

CENTRI STORICI – Altro fenomeno che vale la pena segnalare è il progressivo abbandono dei centri storici da parte delle attività terziarie (presenza di Ztl e difficoltà di parcheggio tra i principali problemi) con conseguente liberazione di location importanti che sono così occupate da retailer a caccia di posizioni di primaria importanza. Nelle grandi città così come nelle città capoluogo e di piccola dimensione i locali commerciali in vie a basso transito continuano a soffrire e spesso chiudono. Al loro posto si insediano attività di servizi che non necessitano di passaggio. Nelle grandi città il cui mercato immobiliare residenziale è in ripresa si segnalano diversi casi in cui il locale commerciale in via non di passaggio è sottoposto a cambio d’uso in residenziale.

OFFERTA IMMOBILIARE – L’analisi dell’offerta rileva che il 57% dei negozi presenti sul mercato sono in locazione e prevalgono le metrature fino a 100 mq. Anche sugli uffici si registra una prevalenza di immobili in locazione, 78,8% contro un 21,2% di richieste di acquisto. Quello degli uffici resta al momento l’unico segmento ad avere delle difficoltà, ad eccezione di Milano dove il comprato è molto vivace perché attira numerosi investitori e registra diversi interventi sul territorio. Negli ultimi mesi sembra esserci una leggera ripresa anche se, al momento, la domanda è inferiore all’offerta e, quando possibile, si procede ad un cambio di destinazione d’uso in residenziale.

La domanda si concentra su immobili in buono stato, posizionati possibilmente non lontano dalla metropolitana e comunque in zone ben collegate con i mezzi. La maggioranza delle richieste, sia in acquisto sia in locazione, sono orientate su tagli inferiori a 150 mq.

Tecnocasa, il lockdown riaccende la prossimità. Adesso gli investitori puntano sui negozi

Da Fabiana Megliola, Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa, un focus molto dettagliato sul mercato immobiliare, esaminato a partire dallo scenario pre-Covid fino alle tendenze attuali, che vedono un forte interessamento degli investitori verso i negozi di piccola quadratura.

Lo scenario che si presentava prima dello scoppio della pandemia di Covid19 vedeva, per il comparto degli immobili per l’impresa, una chiusura 2019 con compravendite in aumento per negozi (+6,5%) ed uffici (+4,8%), e stabilità degli scambi per i capannoni. I prezzi ed i canoni di locazione erano in leggero ribasso ad eccezione per le locazioni dei capannoni. Infatti, questi ultimi avevano registrato un aumento dei canoni delle tipologie nuove pari a +0,7%, e di quelle usate di +0,8%, mentre i prezzi erano in diminuzione rispettivamente dello 0,7% e dell’1,1%. I negozi registravano una contrazione più marcata per i prezzi: -2,2% per le soluzioni su vie di passaggio e -2,6% per quelle in vie di basso transito. Il valore degli affitti era diminuito rispettivamente dell’1,5% e dell’1,6%. Sul comparto uffici i canoni erano rimasti sostanzialmente stabili (-0,3% per le tipologie nuove ed usate) mentre i prezzi segnalavano una contrazione dell’1,3% per le soluzioni nuove e dell’1,5% per quelle usate.

Le compravendite in aumento dimostravano l’interesse per il comparto dove si muovevano soprattutto investitori attratti da rendimenti interessanti. Gli imprenditori prediligevano le locazioni.

In questo scenario si è inserita la pandemia, che ha fatto sentire i suoi effetti su questo settore strettamente collegato all’andamento dell’economia. In questo caso il segmento maggiormente interessato è quello dei negozi.

Gli effetti della pandemia si sono inevitabilmente avvertiti sulle compravendite, che nei primi tre mesi del 2020 registrano un calo del 17,2% per gli uffici, del 17,5% per gli immobili commerciali e del 22,8% per il produttivo. L’impatto del Covid19 si è fatto sentire sul segmento dei negozi, con un calo delle richieste di chi voleva aprire un’attività commerciale (che rimanda a tempi migliori) e aspetta anche di capire se la concessione delle nuove licenze non sia condizionata a determinati requisiti da cui possa dipendere la tipologia di immobile ricercata. Subito dopo la riapertura, però, si è registrata la volontà di aprire soprattutto attività di quartiere legate alla vendita di prodotti alimentari. Quindi la riscoperta della prossimità, avvenuta negli ultimi anni, che aveva portato diverse catene della media grande distribuzione ad aprire punti vendita, ha avuto un’ulteriore spinta dal lockdown. A questo fenomeno ha contribuito anche il massiccio ricorso allo smart working. 

Dopo la riapertura si cercano anche spazi per realizzare attività di asporto.

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La ristorazione sta cercando di riorganizzarsi, quando può, attraverso il delivery che, in qualche modo, tampona le perdite. In questo settore ci aspettiamo una maggiore tenuta per le attività storiche o comunque con alcuni anni di attività alle spalle e che potrebbero avere la liquidità necessaria per fronteggiare il periodo di chiusura. Maggiori problemi potrebbero avere coloro che avevano aperto da poco tempo e su cui gravano i costi di avviamento, in particolare nelle città ad alta vocazione turistica.

In difficoltà maggiore potrebbero trovarsi i negozianti del settore non food (abbigliamento, calzature ecc.), soprattutto se non appartengono a brand importanti e solidi che possono reggere meglio la chiusura. Si pensi, ad esempio, ai costi sostenuti per non aver potuto smaltire la collezione primaverile. Un impatto minore potrebbe esserci per quelle attività che, al punto vendita fisico, hanno affiancato anche il canale online. Continua il trend che vede il cambio di destinazione d’uso in abitativo per quei locali commerciali ormai chiusi e posizionati in vie non di passaggio.

I dati sulle operazioni di acquisto e di locazione realizzate dalle nostre agenzie nei primi tre mesi dell’anno evidenziano soprattutto operazioni finalizzate alla creazione di spazi per deposito, seguiti da quelli da dedicare alle attività artigianali. 

Sugli uffici al momento non si segnalano richieste particolari o comunque cambiamenti legati a quanto sta accadendo. Le aziende stanno sperimentando lo smart working ma, al momento, non sembrano esserci impatti evidenti a parte il cambiamento dei layout. Sarà importante capire nei prossimi mesi come si muoverà il settore delle imprese, dove potrebbe continuare un fenomeno, ormai consolidato da anni, che vede gli uffici, soprattutto quelli obsoleti e inseriti in contesti residenziali, sottoposti a cambio di destinazione d’uso in abitativo.

La ripresa del mercato immobiliare residenziale deponeva a favore di questo trend.

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Gli investitori, soprattutto i piccoli risparmiatori, dopo la riapertura sembrano nuovamente interessati ad investire, in particolare nei negozi. Infatti, dai dati delle compravendite realizzate dalle nostre agenzie, nei primi tre mesi del 2020, risulta che il 61% degli acquisti di negozi ha avuto come scopo la messa a reddito. Nella maggioranza dei casi sono tagli inferiori a 60 mq. In linea generale sono pronti a cogliere delle occasioni che il mercato potrebbe presentare. Sui canoni di locazione sono già in atto rinegoziazioni e ci si aspetta una contrazione almeno fino alla fine dell’epidemia e, forse, anche oltre se l’impatto economico dovesse essere importante, in particolare per alcune categorie commerciali. Stesso trend al ribasso ci si aspetta sui prezzi perché è nell’aria un aumento di offerta di spazi, soprattutto commerciali, e potrebbe esserci chi sarà pronto ad occuparli soprattutto se in posizioni interessanti.