Aprile 16, 2024
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Borse mondiali, chi ha paura della correzione?

Si rafforza nelle ultime settimane la prospettiva di una correzione causata dagli effetti della variante Delta sull’economia e dalle repressioni della Cina contro il crescente potere delle aziende tecnologiche. L’annuncio del tapering da parte della Fed non aiuta.

Sono mesi ormai che si preannuncia una imminente correzione dei mercati azionari, dopo la corsa post-pandemica e quella, ancora più lunga, che ha avuto inizio nel 2009. Con qualche battuta d’arresto (2015 e 2018), infatti, negli ultimi 12 anni le borse non hanno fatto altro che brindare, trainate da continui spunti al rialzo che il Covid-19 ha amplificato a dismisura, creando un solco ancora più evidente tra Old e New Economy. Nel frattempo, i richiami a riequilibrare il collegamento tra le quotazioni azionarie e l’Economia Reale sono progressivamente caduti nel vuoto, ed anzi oggi è persino consigliabile non farci più alcun riferimento, tanto è evidente la supremazia del comparto derivati su quello delle azioni ordinarie.

In uno scenario simile, con il megatrend delle tecnologie (e soprattutto delle biotecnologie) sempre più lanciato verso il futuro predominio dei listini, attendersi una correzione secondo i “vecchi” schemi dell’analisi grafica e/o quantitativa non è più lecito, dal momento che la Covid-Economy ha fatto saltare definitivamente, con un anticipo di almeno 3 anni, tutti gli equilibri della Old Economy, e gli analisti non riescono ancora a trovare dei validi punti di riferimento per abbozzare previsioni che, peraltro, vengono puntualmente smentite dai fatti.

Persino il concetto di “bolla speculativa” ha un nuovo significato, aggiornato in base ad altri parametri che si vanno definendo in relazione ai cambiamenti che viviamo giorno per giorno. Gli eventi della Cina, per esempio, due anni fa avrebbero condizionato senza distinzione le borse di tutto il mondo; oggi, invece, si comincia ad intravedere una certa decorrelazione, resa ancora più evidente dall’impensabile (per l’Occidente) potere di condizionamento delle economie che il governo cinese sta mettendo in atto a dispregio del suo stesso liberalismo di facciata.

Da un recente sondaggio di Reuters, è emerso che 66 analisti sui 107 intervistati considerano probabile una correzione del mercato azionario globale entro la fine di quest’anno. Gli altri 41, invece, lo ritengono altamente improbabile. Secondo Tomas Hildebrandt di Evli Bank, “i fondamentali suggeriscono che la situazione è ancora favorevole ai mercati, e non importa che gli stessi mercati siano cresciuti notevolmente”. Una dichiarazione del genere, fino al 2019, avrebbe fatto sorridere gli analisti fedeli alla teoria dei cicli, che però sono ancora tanti e nutrono profonda preoccupazione la valutazione delle azioni. Eppure le condizioni per la crescita delle azioni growth – tassi sui prestiti bassissimi, politica monetaria accomodante più un fiume di liquidità – sono ideali. Ma è anche vero che il rapporto prezzo/utili (P/E) dell’S&P 500 Shiller (quello ottenuto al netto dell’inflazione) di recente ha superato quota 40, e si trova molto al di sopra della media annuale storica di 16,82. Anche qui vale la stessa domanda: in considerazione dei cambiamenti apportati dalla Covid Economy, tale rapporto è da considerarsi sostenibile?

C’è da dire che una correzione delle borse non deve essere considerata necessariamente come una specie di catastrofe irrisarcibile, poiché nel breve periodo si è verificato spesso, anche a due cifre, e la sua durata non è estesa nel tempo (in media 155 giorni per lo S&P500). Inoltre, grazie all’avvento di Internet e all’aumento della circolarità delle informazioni, la durata media delle correzioni è scesa sensibilmente negli ultimi venti anni, e tale riduzione temporale è ormai strutturale nel sistema.

Un capitolo a parte, come dicevamo, è quello della Cina, che ha dato vita all’uso politico spregiudicato della finanza in nome della guerra commerciale con gli Stati Uniti, dove il cambio di presidenza sembra aver fatto piuttosto male: nonostante i suoi difetti, Trump aveva mostrato di saper fronteggiare meglio del modestissimo Biden il confronto muscolare con l’economia cinese. In particolare, dopo le repressioni governative che hanno determinato il crollo delle quotazioni di numerosi big dell’azionario cinese, adesso è emersa la volontà del partito di effettuare una rapida e forzosa redistribuzione dei redditi, chiamando “i ceti a più alto reddito a restituire alla collettività una parte di quello che hanno guadagnato”. L’obiettivo dichiarato, dopo decenni di limitazione delle nascite, è quello di assicurare la prosperità comune contrastando la crescita zero della popolazione, da sempre volano del sistema economico cinese, modificando la legge sulle nascite nel senso di consentire alle coppie di poter avere fino a tre figli. 

E mentre la Cina segue i suoi programmi economici, l’Europa sembra avere più benzina degli Stati Uniti, dove l’annuncio del tapering non aiuta a vedere spunti validi per l’azionario a stelle e strisce nel medio periodo. In più, si è rafforzata nelle ultime settimane la prospettiva di una correzione causata dagli effetti della variante Delta sull’economia globale anche per l’autunno e l’inverno.

Ma la paura, come la fretta, è cattiva consigliera.

Scenario di forte ripresa economica, con l’incognita della variante Delta

Secondo Mario Cribari, per l’inflazione si sta aprendo una nuova era dopo il periodo deflazionista del 1997 – 2018. L’elevato peso dei titoli FANG nell’indice S&P 500 costituisce una sorta di “freno di emergenza” a un potenziale peggioramento dello scenario economico.

“Nonostante la gravità legata alla variante Delta e delle future possibili varianti, riteniamo probabile uno scenario di forte ripresa economica. L’elevato tasso vaccinale, l’auspicata estensione globale del green pass, una maggiore sensibilità politica nel voler evitare i lockdown, una maggiore resilienza economica, elevate riserve di risparmio e una robusta crescita del Capex (flussi di cassa in uscita per investimenti) depongono a favore di questa ipotesi. L’inflazione non sarà tuttavia temporanea e a un certo punto, ma sicuramente in ritardo, le banche centrali occidentali dovranno prenderne atto mentre poche altre avranno agito in maniera preventiva e lungimirante”. È l’analisi di Mario Cribari, Partner e responsabile della strategia e ricerca di BlueStar Investment Managers.

Il picco raggiunto da alcuni dati macro, la forte riduzione dei tassi di interesse e la martellante attenzione mediatica riservata alla variante Delta sembrano far temere un imminente nuovo rallentamento economico. I fatti però delineano chiaramente, almeno per ora, una prima fase di boom economico, che non si vedeva da decenni, seguita da una fase più moderata ma pur sempre superiore al “new normal” post 2008. Da decenni non si vedevano interventi fiscali così massicci, sia improduttivi di breve termine che produttivi di lungo termine. E per una volta l’Europa si è dimostrata unita e lungimirante con il suo Recovery plan. Negli Usa invece sono stati facilmente approvati gli “helicopter money” e le varie sovvenzioni che stanno distorcendo il mercato del lavoro mentre sul resto si continua a negoziare.

Nel frattempo l’economia Usa cresce comunque a ritmi compresi tra il 6% – 8% reale. Le imprese, dopo lo spavento del 2020 e i colli di bottiglia nella produzione, stanno tornando a ricostituire scorte e a investire in capacità, spesso rilocalizzando parte della produzione dall’estero, per evitare rischi futuri e aggirare possibili tariffe. La crescita economica riguarda gran parte dei paesi, non solamente gli Usa. In Europa ci si attendono ritmi di crescita molto simili, per non parlare della Cina che dopo l’eccezionale 2020 è attesa in crescita del 6.5%. Solo un nuovo grave shock pandemico potrebbe invertire la tendenza. “Continuiamo a ritenere che per l’inflazione si stia aprendo una nuova era dopo il periodo deflazionista del 1997 – 2018”, sottolinea Cribari. “L’inflazione non sarà temporanea anche se ci vorrà ancora qualche mese di evidenza per convincere il mercato che ancora si affida alla presunta, ma sempre smentita, onniscienza dei banchieri centrali”.

Mentre qualche banca centrale comincia a correre ai ripari con politiche più ortodosse, la Fed e la Bce per motivi simili nicchiano. La prima deve poter permettere allo stato americano di finanziarsi a basso costo comprando essa stessa una buona parte di nuovo debito, mentre la Bce ha impellenza assoluta di continuare a finanziare i faraonici debiti periferici mantenendo stretti gli spread. Intanto la Cina, che già aveva scelto di intervenire meno espansivamente nel 2020, si è addirittura imbarcata in politiche di controllo restrittive a 360 gradi che hanno causato un moderato rallentamento economico e una decisa sottoperformance borsistica. In questo momento le autorità cinesi sono impegnate in un difficilissimo equilibrismo per conciliare una crescita decente con la sua sostenibilità futura.  Ha intanto suscitato molto scalpore la notizia degli interventi alla “cinese” da parte del governo sulle società di tutoring scolastico. La Cina vuole ammonire le società che si quotano solo sul Nasdaq e non a Hong Kong e incentivare quelle società tecnologiche che effettivamente creano un valore aggiunto di know how reale al paese.  Con tali misure, apparentemente estreme, Pechino si sta realmente attrezzando per diventare la prima potenza mondiale. È paradossale che per batterla occorra prenderne spunto, piuttosto che fare l’esatto contrario, esattamente quello che gli Usa non ammetteranno mai.

“A livello di scelte di investimento, restiamo convinti che vista l’elevata dispersione dei rendimenti e le continue rotazioni settoriali il bottom up possa rivelarsi la chiave del successo. A livello aggregato continuiamo a ritenere che il risk/reward non sia favorevole e una correzione compresa tra 5-15% sia possibile”, conclude Cribari. “Al momento ci sentiamo di escludere per ora scenari peggiori viste le caratteristiche, considerate difensive, dell’S&P 500 il quale resta l’indice di riferimento globale. L’elevato peso dei titoli FANG – acronimo delle iniziali di Facebook, Amazon, Netflix e Google (FAANG se vi si aggiunge anche Apple – costituisce una sorta di “freno di emergenza” implicito. L’altro lato della medaglia però non ci fa prevedere grosso potenziale a causa delle loro valutazioni elevate. Ecco perché occorre favorire, moderatamente, alcuni ciclici che sono tornati interessanti.  A livello geografico consigliamo di riaccumulare i mercati emergenti, Cina in particolare, mentre restiamo negativi sulle obbligazioni, soprattutto sui governativi occidentali. Infine consigliamo di diversificare su materie prime, infrastrutture, minerari, energetici, motivo per il quale una percentuale minima di dollari è giustificata”.

Variante Delta sotto controllo, equity europeo sugli scudi. Italia compresa

Secondo Andrea Scauri di Lemanik, dopo il forte rally dei mercati azionari dall’inizio dell’anno, l’outlook indica qualche incertezza nel breve termine, che però sarà solo temporanea. Danieli, Atlantia e Vivoryon le posizioni più interessanti in portafoglio.

“Nel breve termine ci potrà essere un pò di consolidamento dopo la forte performance dell’anno, prima di una nuova accelerazione guidata da titoli e settori che beneficiano del reflation trade, cioè maggiore crescita combinata con un’inflazione strutturalmente più alta. La nostra visione dei mercati azionari, in particolare dell’Europa, rimane quindi costruttiva”. È l’analisi di Andrea Scauri, gestore del fondo azionario Lemanik European Special Situations, che investe sulle aziende con le migliori opportunità di crescita in Europa con un obiettivo di ritorno assoluto. Il fondo ha registrato una performance positiva del +27% da inizio anno, sovraperformando di circa il 12% il benchmark Eurostoxx (+15%).

L’indice PMI composito statunitense si è attestato a 63,9 in giugno, in calo rispetto al 68,7 di maggio, ma mostrando ancora un tasso di crescita storicamente elevato in termini di produzione del settore privato. Un rallentamento dell’attività è stato registrato sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi, con i produttori ostacolati da significativi ritardi nelle consegne dei fornitori e difficoltà nell’assunzione di personale. Questi dati suggeriscono che la forte accelerazione dello slancio economico globale dai minimi del secondo trimestre 2020 potrebbe essere giunta al termine.  La performance dell’economia statunitense è destinata a rimanere robusta, sostenuta dalle riaperture, dalla forte crescita dei consumi e dai piani di stimolo del governo e stiamo assistendo solo a un rallentamento della crescita. L’accelerazione della crescita in Europa deve ancora iniziare e godrà di un sostegno continuo da parte della Bce.

“Dopo il forte rally dei mercati azionari dall’inizio dell’anno, l’outlook indica qualche incertezza nel breve termine”, sottolinea Scauri. “Le ragioni sono le seguenti: le decisioni di ritardare l’allentamento delle restrizioni a causa della diffusione della variante Delta; i timori di una fine affrettata delle politiche monetarie/fiscali favorevoli e di dichiarazioni meno accomodanti da parte delle banche; i timori di un rallentamento della crescita globale nel breve termine a causa dei vincoli sul lato dell’offerta e dell’aumento dei prezzi. A nostro avviso, si tratta comunque di fattori temporanei”.

Con due dosi di vaccino, la variante Delta rimane sotto controllo e i vaccini si stanno dimostrando efficaci. I tassi reali potrebbero salire ma solo in misura limitata nei prossimi 12-24 mesi, dal momento che le banche centrali devono tenere sotto controllo i tassi di interesse. Infine l’Europa, anche grazie alla Next Generation Eu, ha ancora molto spazio di crescita nei prossimi mesi. L’attrattiva dell’Italia per gli investitori sta crescendo grazie al suo profilo di rischio drasticamente migliorato, e perché è tra i principali beneficiari dei fondi Ue Next Generation (in Italia ribattezzato come PNRR, piano nazionale di ripresa e resilienza), che potrebbero portare nuovi capitali verso l’Italia e l’Europa, per monetizzare il debito e, se necessario, utilizzare altre misure di politica monetaria a disposizione.

“Questo è il motivo del nostro posizionamento importante sul mercato italiano attraverso temi di investimento molto specifici”, conclude Scauri. “È il caso di Danieli, che combina crescita, multipli economici e tendenze a lungo termine legate alla decarbonizzazione dell’industria dell’acciaio. Abbiamo poi costruito una nuova posizione su Atlantia, mentre fra le posizioni core segnaliamo l’ottima performance di Vivoryon, a seguito dell’annuncio di una partnership di commercializzazione e distribuzione del prodotto in via di sviluppo su Alzheimer con uno dei principali player cinesi”.