Settembre 19, 2025
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In tempi difficili, un consulente finanziario fa la differenza. Ecco i vantaggi che valgono tutto il suo costo

I consulenti finanziari svolgono un servizio fondamentale, aiutando gli investitori a superare complesse sfide finanziarie come quella che stiamo vivendo. Chi si rivolge  ad un consulente ottiene risultati migliori di chi fa da solo, potendo accedere ad una serie di vantaggi concreti che il professionista deve necessariamente assicurare per giustificare il suo costo.

L’emergere della pandemia globale Covid-19 nel primo semestre del 2020 ha causato gravi shock nel contesto economico mondiale e nei mercati dei capitali, da cui non ci si è ripresi del tutto. I forti ribassi dei prezzi nei mercati azionari – e i picchi di volumi – hanno chiaramente illustrato questa volatilità, che ancora oggi dipende fortemente dalle notizie (e dai possibili ritorni) sul virus.

Lo conferma la chiusura della settimana precedente, con un improvviso -6.9% del NYSE e, a casa nostra, con un -4.9% del FTSE MIB, non appena i dati della pandemia nel continente americano hanno rivelato una preoccupante  inversione della curva dei contagi.

Nel primo trimestre, le azioni statunitensi – mercato borsistico trainante – avevano chiuso con la peggiore performance dopo la crisi finanziaria del 2008 (con lo S&P 500in calo del 21%, il DJIA in calo del 24% e il Nasdaq in calo del 15%. Nel frattempo, l’indice di volatilità CBOE era balzato del 329%, a 53,54 (da appena 12,47 ad inizio d’anno), raggiungendo un picco di 82,69. Nelle settimane immediatamente successive, allorquando i governi del mondo hanno adottato le misure più drastiche ed espansive per sostenere l’economia, i mercati azionari hanno ripreso molto del terreno perduto, ma non è questo il punto. Infatti, nonostante ciò gli investitori in tutti i settori si dimostrano ancora ansiosi di comprendere l’impatto a breve e lungo termine sulle loro finanze e portafogli di investimento, e la volatilità – che ritorna improvvisa e “pesante” ad ogni stormir di fronde – non aiuta a conferire serenità.

Allo stesso tempo, i consulenti finanziari – sia quelli indipendenti che quelli operativi presso le reti di consulenza – continuano a lavorare per non interrompere il flusso delle informazioni, e la pandemia ha finito per rappresentare per loro l’inizio di una serie di sfide che coinvolge tutta la c.d. industria del Risparmio e, “a cascata”, i clienti stessi.

La prima di queste sfide è certamente quella di mantenere i contatti consulente-investitore da remoto, assicurando un servizio adeguato che ha richiesto al sistema bancario e ai fornitori di tecnologia un rapido potenziamento tecnico (soprattutto video). Non da meno, anche le sfide normative necessarie per consentire il proseguimento dei lavori sono state notevoli e, per un certo verso, sono ancora in corso.

Questo primo semestre ha dimostrato che i consulenti finanziari di tutto il mondo svolgono un ruolo importante nel soddisfare le esigenze squisitamente bancarie-finanziarie dei clienti, ma svolgono anche un servizio fondamentale nell’aiutare gli investitori a navigare in mercati finanziari complessi. A questo proposito, negli USA di recente è stato condotto un sondaggio-studio per valutare come le aziende comunicano con i loro consulenti finanziari e come, a loro volta, questi ultimi comunicano con i loro clienti per aiutarli a comprendere meglio le condizioni di mercato e mantenere una connettività continua durante i periodi di alta emotività e volatilità finanziaria come quello attuale, che non ha precedenti. In particolare, lo studio elaborato da SIFMA (Security Industry Financial Market Association) dimostrerebbe che le persone che sono assistite da un consulente finanziario superano in risultati e livello di informazione quelle che fanno da sole. Lo stesso studio, inoltre, spiega come gli investitori più soddisfatti sono quelli maggiormente coinvolti attraverso una varietà di metodi di comunicazione basato su un approccio “olistico”, in cui la fiducia si accresce anche attraverso la capacità di amplificare il livello di comunicazione di base con i clienti a seconda del contesto in cui ci si trova. Ebbene, durante la pandemia tutti i sistemi nazionali di prossimità finanziaria agli investitori hanno dimostrato di saper reagire nel modo giusto, aumentando il grado e la frequenza di relazione al fine di garantire il supporto dei consulenti anche nelle fasi più buie, accrescendo così anche la fiducia.

In Italia, il ruolo del consulente è stato sempre più importante della consulenza finanziaria a sé stante, perché egli ha un grado di prossimità e di conoscenza delle famiglie che pochi professionisti, in altre discipline, sono in grado di costruire in un tempo rapido. Per questi motivi, chi si è rivolto ad un consulente finanziario ha saputo affrontare le circostanze meglio di tutti gli altri, continuando ad esaminare – o a rivedere, se era il caso di farlo – i propri obiettivi e l’orizzonte temporale dei propri investimenti, mantenendo la concentrazione su ciò che conta di più, e non sulle paure irrazionali.

Naturalmente, la scelta del consulente è un momento fondamentale per decidere  di chi fidarsi, ma una volta superato questo importante passaggio si può ragionare sulle aspettative di beneficio – sennò, perché assumerne uno? – sia nel breve che nel lungo periodo.

Il primo vantaggio di avere un professionista della finanza al proprio fianco è che il portafoglio di investimento, grazie al suo lavoro, verrà costantemente aggiornato – non rivoluzionato! – in base ai migliori scenari di mercato, perfezionando sempre di più il livello di appropriatezza agli obiettivi.

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Il secondo beneficio riguarda la conoscenza della vostra reale tolleranza al rischio, che solo un soggetto esterno può valutare con equilibrio. Nulla può sottrarre tutti i rischi agli strumenti di investimento – lo abbiamo visto proprio in occasione di questa crisi – ma esistono metodi per adeguare a priori i portafogli finanziari al reale contesto economico e ottimizzare la scelta degli strumenti, in modo che siano rispondenti al proprio profilo di rischio, senza spingersi mai oltre.

Per avere ancora maggiore controllo del rischio associato alla volatilità del mercato, i consulenti possono accedere ad un ampio menu di opzioni, soprattutto quelle che fanno parte dell’universo del c.d. risparmio gestito (fondi comuni di investimento, sicav, unit linked etc), ma anche quelle relative alle materie prime, al private equity ed agli investimenti alternativi; tutti strumenti che il cliente, in autonomia, non prenderà mai in considerazione, perché non possiede le informazioni necessarie.

Il beneficio più grande, probabilmente, è quello di ricevere dal proprio consulente una collaborazione qualificata per sviluppare un piano finanziario globale della famiglia, analizzando i flussi di cassa, il bilancio personale, le proiezioni del reddito e gli obiettivi per l’istruzione dei figli e la pensione, costruendo così una “tabella di marcia” utile a guidare le decisioni finanziarie verso la direzione voluta, anche quando eventi così difficili, come il Covid-19, costringono tutti a ritornare sulla propria pianificazione.

A monte di tutto, la trasparenza e la rendicontazione, che un consulente può fornire ogni volta che vengono richiesti. Il suo lavoro, infatti, dovrà necessariamente tenere traccia degli apporti e dei prelievi netti, nonché delle commissioni, per poter rendicontare secondo le regole.

In definitiva, gli investitori che hanno ben tollerato la tempesta che si è abbattuta, oltre che sulle persone, anche sul valore dei loro risparmi, sono quelli che avevano già, prima della crisi, un portafoglio allineato alla propria tolleranza del rischio.

Tutti costoro, certamente, avevano un consulente al proprio fianco.

I tre mesi che cambiarono il mondo della Consulenza Finanziaria, secondo Alessandro Lo Verde

Sono trascorsi ormai tre mesi dall’inizio del primo lockdown, e tanti sono i cambiamenti avvenuti, per tutte le categorie di professionisti, nel modo di gestire la relazione con i clienti. I consulenti finanziari raccontano come hanno affrontato questa sfida che, certamente, non è ancora terminata.

Per i consulenti finanziari, da sempre abituati ad avere un alto livello di prossimità con i risparmiatori, la pandemia del Covid19 ha rappresentato un importante punto di svolta e, allo stesso tempo, un momento di conferma sulla solidità del loro rapporto con i clienti. A distanza di tre mesi, possiamo dire che le avverse circostanze – ancora in corso – hanno permesso ai professionisti del risparmio di superare, con il consueto successo, una prova difficile, durante la quale essi hanno sviluppato ancora di più la propria capacità di adattamento alle situazioni e quella di mantenere “a distanza” una salda relazione con i propri clienti, preoccupati dal pericolo del contagio e dal crollo dei mercati.

Patrimoni&Finanza ha chiesto ad alcuni di loro di raccontare la propria esperienza professionale, rispondendo ad alcune domande della redazione. In questa prima “storia” pubblichiamo il racconto di Alessandro Lo Verde, consulente finanziario trentasettenne con alle spalle già tredici anni di esperienza, autore del libro “Come Proteggere il tuo Risparmio” (Flaccovio Editore, di prossima uscita).

1) Alessandro, come hai affrontato le emozioni personali scatenate dalla pandemia, e soprattutto come hai gestito l’emotività dei clienti dovuta al crollo dei mercati ed alla contestuale impossibilità di incontrarvi?

Considerata la mia giovane età, posso dire di aver passato un terzo della vita impegnato a svolgere la professione di Consulente Finanziario, attraversando già tre importanti crisi finanziarie, e cioè quella del 2008, quella più breve del 2011 (ndr: crisi del debito sovrano) e quest’ultima, causata dal Covid19. Una esperienza sul campo notevole, direi, per un giovane consulente, in soli tredici anni di attività. Insieme alle difficoltà, però, ho imparato a gestire le mie emozioni cercando di allontanare il fulcro del problema e perseguendo una visione più ampia degli accadimenti, guardando oltre, al futuro. Gestire l’emotività dei miei clienti non è stato facile, ma devo riconoscere in loro un grado di maturità quasi inaspettato, che li ha portati a vedere nel problema in corso una opportunità di mercato. Con molti di loro, infatti, ho condiviso la decisione di effettuare investimenti aggiuntivi, che stanno già dando i primi frutti importanti in termini di recupero del capitale e di rendimento.

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2) Che tipo di strumenti hai usato maggiormente (telefono, video-telefono, email,  messaggeria) per mantenere il contatto con i clienti?  

Nel mese di Marzo le chiamate da parte mia non sono cessate neanche per un giorno. Dopo aver sentito la quasi totalità dei miei clienti, ho cercato di arrivare più velocemente al resto della clientela utilizzando mezzi più veloci, come Whatsapp e i social network o le mailing list. Nel mese di Aprile ho iniziato a sfruttare Microsoft Teams, che mi ha permesso di andare in video call con tutti loro, organizzando persino un webinar per circa 90 risparmiatori.

3) Come è cambiata la tua giornata lavorativa-tipo in seguito alla pandemia?

Oggi devo ammettere che sono diminuiti tutti gli appuntamenti meno produttivi, per me e per gli stessi clienti. Adesso gli incontri sono più rilassati, e diventano sempre più mirati ed intensi, guadagnando in possibilità organizzative e in nuovi contatti.

4) Hai approfittato della nuova organizzazione del tempo per fare formazione? Se sì, in quali temi ti sei rafforzato?

La formazione è costante. In questo periodo, oltre a svolgere i Corsi di formazione obbligatoria, leggo costantemente libri e articoli di riviste importanti che mi permettono di avere sempre il punto della situazione. In particolare mi colpisce la formazione legata alla finanza comportamentale e al concetto di Pianificazione Finanziaria.

5) Secondo te, come cambierà la professione di consulente da qui a tre anni? Quali sono le sfide che ti attendono?

Credo che la professione del Consulente  Finanziario sia davanti ad un cambiamento epocale. Se mi soffermo a guardare la direzione in cui stiamo andando, ovvero l’era digitale, e la confronto con l’età media dei colleghi consulenti di oggi, ritengo che presto si creerà una rottura. Ad esempio, molti manager di rete non riescono più a stare al passo con i tempi e continuano a lavorare con logiche rivolte al passato. Invece, è necessario che la professione si evolva, e che rinnovi i propri ranghi con un massiccio cambio generazionale. Il Consulente Finanziario, infatti, svolge sempre più un ruolo sociale prima ancora che finanziario, ed insistere sui metodi tradizionali di formazione e operatività potrebbe mettere a rischio l’efficacia di quei giovani che, attraverso i vari passaggi generazionali, beneficeranno un giorno dei patrimoni dei colleghi “anziani”.

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I tre mesi che hanno cambiato la relazione tra consulente ed investitori. Partecipa all’intervista di P&F

Sono trascorsi ormai tre mesi dall’inizio del primo lockdown, e tanti sono i cambiamenti avvenuti, per tutte le categorie di professionisti, nel modo di gestire la relazione con i clienti.

Se sei un consulente finanziario (non autonomo o indipendente, non fa alcuna differenza), racconta ai lettori di Patrimoni&Finanza la tua esperienza professionale vissuta durante i vari lockdown, rispondendo alle domande dell’intervista che segue.

Se ti va, puoi anche scrivere una tua traccia personale, che rivedremo con te in redazione prima di pubblicarla. Tutti i contributi – sia sotto forma di intervista che di articolo personale – verranno pubblicati con cadenza settimanale, senza alcuna eccezione[1], nelle sezioni “In Primo Piano” o “Advisor”, corredate da una foto personale e dai dati professionali più salienti.

Dacci tue notizie, a presto!  

Alessio Cardinale, editore di Patrimoni&Finanza

Prendi un pò di tempo libero, rispondi liberamente alle cinque domande dell’intervista ed invia tutto all’indirizzo e-mail info@patrimoniefinanza.com (c.a. area consulenti finanziari), allegando una tua foto e specificando: nome*, cognome*, territorio/regione*, anno di iscrizione OCF/Albo* (*dati obbligatori); età, banca-rete, ruolo ricoperto, altre informazioni professionali (dati facoltativi).

Se vorrai, potrai allegare alla tua e-mail anche un breve profilo professionale e qualunque notizia utile a “raccontarti” nel modo che ritieni più utile per i tuoi potenziali lettori.

1) Come hai affrontato le emozioni personali scatenate dalla pandemia, e soprattutto come hai gestito l’emotività dei clienti dovuta al crollo dei mercati ed alla contestuale impossibilità di incontrarvi?

2) Che tipo di strumenti hai usato maggiormente (telefono, video-telefono, email,  messaggeria) per mantenere il contatto con i clienti?  

3) Come è cambiata la tua giornata lavorativa-tipo in seguito alla pandemia?

4) Hai approfittato della nuova organizzazione del tempo per fare formazione? Se sì, in quali temi ti sei rafforzato?

5) Secondo te, come cambierà la professione di consulente da qui a tre anni? Quali sono le sfide che ti attendono?

 

[1] La redazione e la direzione editoriale si riserva comunque il diritto insindacabile di non pubblicare dati sensibili di terzi, dati non autorizzati o palesemente infondati, tali da arrecare danno a terzi, contenuti di natura diffamatoria, offensiva e, in generale, lesiva della reputazione di singoli o di intere categorie di individui.

Risparmio, nessuna fuga dei clienti durante la fase 1. Consulenza indipendente, mano tesa ai colleghi delle reti

Come stanno reagendo clienti, reti e consulenti agli effetti del Covid19 sui mercati? Il mondo della consulenza indipendente lancia un invito ai colleghi delle banche-reti:  il momento per fare una scelta professionale è adesso. Verso un modello anglosassone di consulenza finanziaria?

L’esperienza della pandemia, oggettivamente, ci mancava, e con essa possiamo dire che l’umanità stia compiendo un passo avanti nella conoscenza dei propri limiti e nella consapevolezza della priorità di alcuni valori irrinunciabili. la nostra vita ha fatto i conti, nel breve volgere di pochi giorni, con una rapida escalation degli eventi, e se qualcuno, a gennaio 2020, vi avesse detto che, per esempio, nei successivi tre mesi avreste provato piacere nel fare due passi attorno all’isolato, o salutato come una vittoria il poter far visita ad un parente, lo avreste preso per matto.

Alcuni elementi sono emersi con forza. In particolare, la pandemia – che è ancora in corso – ha confermato che, in una elementare scala di valori del genere umano, la salute viene prima del denaro. La riprova è nel comportamento dei risparmiatori i quali, di fronte agli effetti più gravi scatenati dal Covid19 sui mercati, non hanno opposto alcuna fuga irrazionale, bensì una composta comprensione del momento generata – appunto – dalla fortissima paura per la propria salute.

I risultati di periodo confermano quanto sopra: i riscatti hanno colpito meno dell’1% del patrimonio gestito complessivamente dalle case di investimento, ed i flussi in uscita hanno riguardato soprattutto le gestioni collettive di tipo aperto. Ed anche la fase 2 vede un clima complessivamente sereno, a cui ha contribuito certamente la capacità dei professionisti di rimanere accanto ai clienti anche nei momenti più gravi, assicurando una sorta di “prossimità remota” che proprio i clienti hanno apprezzato.

Nonostante ciò, mentre il Governo ha concesso per la prima volta un (molto) parziale allentamento delle misure contenitive – che oggettivamente crea soltanto l’illusione di un ritorno alla normalità – non tutto appare così grave nel mondo della consulenza finanziaria, sia per i segnali provenienti dalle reti sia, soprattutto, per il comportamento generale dei clienti. Infatti, secondo uno studio condotto da McKinsey & Co. per Anasf, emerge anche che pochissimi risparmiatori si sono resi più liquidi, sebbene sia cresciuto diffusamente il desiderio di ridurre la volatilità attraverso la richiesta di prodotti a capitale protetto (certificate, ad esempio, oppure soluzioni assicurative con protezione 75-85% del capitale). Solo il 5% delle masse di risparmio dei consulenti è stato spostato a liquidità, con un valore complessivo poco significativo.

Pertanto, nonostante i meccanismi di sicurezza della MIFiD II abbiano mostrato tutti i loro limiti, adesso è forte la sensazione che, dopo un ulteriore periodo di sacrifici, ci sarà una ripresa forte, ancorata più di prima alle professionalità che questa crisi ha evidenziato nella categoria dei consulenti. Per questi ultimi, però, rimangono tutti gli interrogativi per il futuro della professione, stretta ancor di più nella morsa della progressiva riduzione dei margini e del fisiologico rallentamento delle attività di relazione e di prossimità tradizionalmente usate nello svolgimento della professione. Infatti, sempre secondo l’indagine di McKinsey, per gli intervistati il nuovo contesto avrà degli impatti sulla gestione del rapporto con i clienti, ed oltre uno su tre dichiara di voler aumentare la relazione da remoto e di utilizzare maggiormente la web collaboration. Non mancano, però, le ombre; i consulenti temono di perdere circa il 3% dei clienti entro fine anno e stimano una performance media dei portafogli del -5%.

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Come conseguenza di questa fase molto complicata sta emergendo la fortissima accelerazione dei processi di digitalizzazione in ogni area della Società, velocizzando il trend già in corso e anticipando fenomeni che, senza il Covid19, avrebbero richiesto ancora qualche anno di tempo prima di affermarsi.

Come sta andando sul fronte delle reti? Non male. Azimut, per esempio, sottolinea come sia continuata in maniera positiva  l’attività di reclutamento in Italia di consulenti finanziari e private banker: 31 nuovi ingressi  nel primo trimestre del 2020, che portano il totale a 1804 risorse umane di rete (N.B. il 20 maggio sarà distribuito un dividendo di 1 euro per azione, interamente cash).

Nell’universo Mediobanca/CheBanca! Non sono stati registrati incrementi nei riscatti da parte della clientela Affluent e Private, e la nuova raccolta del trimestre si attesta a circa 1,1 miliardi (liquidità 0,6 miliardi e masse gestite-amministrate 0,5 miliardi). La rete ha raggiunto i 1.000 professionisti (+20 da dicembre scorso: 14 consulenti finanziari, un gestore dedicati e 5 bankers).

La raccolta netta totale di Banca Generali, ad aprile, si è attestata a 408 milioni euro, in piena crescita anche durante l’emergenza, facendo salire la raccolta da inizio anno a oltre 1,9 miliardi. In particolare, gli strumenti digitali della banca hanno consentito ai consulenti la piena operatività anche da remoto.

In Banca Mediolanum, Massimo Doris afferma che dal punto di vista commerciale la rete non ha vissuto sia la fase 1 che la fase 2, ed ha continuato ad andare benissimo, tanto da considerare una possibile revisione al rialzo del target di raccolta netta a fine 2020 (stabilito in 5 miliardi euro).

Nel frattempo, , dal fronte della consulenza indipendente arriva un chiaro invito per i consulenti finanziari non autonomi. Secondo Consultique, la prima realtà italiana a portare avanti, da circa venti anni, la mission dei c.d. fee only (consulenti pagati esclusivamente dal cliente, a parcella) i consulenti non autonomi dovrebbero ripensare e riorganizzare il futuro, individuando una “exit strategy” verso i servizi indipendenti, remunerati dalla clientela con un onorario, in modo trasparente e chiaro. Questa scelta, secondo Luca Mainò (Founder e Managing Partner di Consultique), va maturata adesso, altrimenti si corre il rischio, nel prossimo futuro, di vedere i propri clienti cambiare advisor, preferendone uno che sia in grado di erogare servizi che solo un indipendente può offrire. L’attuale consulente, in sintesi, rischierebbe anche nel breve periodo di trasformarsi in un semplice esecutore di raccomandazioni, senza più alcun ruolo a contenuto  professionale.

In sostegno dell’opinione di Consultique giunge l’esperienza dei paesi più evoluti del nostro dal punto di vista finanziario, che hanno tracciato da tempo la strada per una vera indipendenza. Nel modello anglosassone, per esempio, esiste una sorta di cooperazione fra tre figure professionali che, pur mantenendo le proprie caratteristiche, conservano la loro autonomia: cliente, banca depositaria e consulente. Il modello anglosassone, in questo modo, comporta benefici per ognuna delle figure che ne fanno parte. Infatti:

– il cliente sceglie personalmente la banca di sua fiducia presso la quale depositerà il denaro in custodia,

– il cliente sceglie il consulente a cui affidare la gestione del proprio patrimonio depositato in quella banca,

– il consulente opera in piena tranquillità ed indipendenza, senza conflitto di interesse e senza vincoli commerciali di alcun tipo, nel rispetto di un contratto di gestione di portafoglio,

– la banca depositaria, in qualità di custode, ha una funzione di controllo sull’operatività e sulla buona diligenza,

– Il consulente controlla che la banca esegua le disposizioni impartite dal cliente secondo le condizioni ed i tempi concordati.

Il vantaggio più evidente, oltre alla eliminazione del conflitto di interessi, è la certezza dell’esecuzione degli ordini, che così ricadrebbero sotto il controllo del consulente, come accade oggi in Italia per quelli abilitati fuori sede (ma non per gli indipendenti).

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A ben vedere, il modello anglosassone di consulenza finanziaria rappresenterebbe la migliore soluzione per tutti i professionisti della finanza, un ideale punto di incontro per entrambe le categorie di consulenti, indipendenti e non. L’abbattimento del vincolo di mono-mandato, poi, assicurerebbe anche all’industria del risparmio gestito di prosperare e di trovare nuovi e più durevoli sviluppi di mercato, ed alle banche-reti, forti della esperienza ormai quarantennale nella prossimità alle famiglie-clienti, di modificare l’attuale modello di business (già in declino) basato sulla sola distribuzione, trasformandolo in modello di rete di consulenza vera e propria – in cui il vincolo di mono-mandato sarebbe solo una opzione contrattuale, remunerata, a discrezione del professionista – e sviluppando quello delle già esistenti SCF (società di consulenza finanziaria).

Portafogli, attendere o ribilanciare? Il PIL del mondo indica la rotta, ma stare fermi non paga abbastanza

Forti dell’esperienza fatta durante la crisi del 2008, oggi è bene non raccontare ai risparmiatori la storia che è meglio tenere il portafoglio così com’è per riprendere presto il valore perduto, bensì essere attivi e, se serve, consigliare di cambiare le proprie abitudini di investimento.

C’è chi sostiene che in ogni crisi finanziaria, quale che sia la sua natura, la mossa migliore sia tenere tutto e aspettare che passi. Altri, invece, ritengono che sia meglio creare o sfruttare la liquidità per essere pronti a qualsiasi scenario. Allo stesso modo, i consulenti finanziari, in questo momento, si dividono tra quelli che stanno dicendo ai propri clienti di tenere tutto così com’è finchè il mercato non tornerà a salire, e quelli che, al contrario, consigliano di aumentare gradualmente la componente azionaria del portafoglio.

Tutto questo, MIFiD permettendo, naturalmente…

Pertanto, in questo frangente di crisi sanitaria che sta infettando anche l’economia mondiale, ci si chiede  quale sia il miglior consiglio che un risparmiatore possa ricevere tra quello di tenere tutto senza cambiare nulla oppure modificare il portafoglio. E mentre si cerca la risposta, i listini sono venuti giù (una catastrofe, dall’inizio dell’anno) e la pandemia fa il resto, in quanto a paura irrazionale. E di fronte la paura, i più scappano, mentre gli altri, al massimo, restano immobili. Pochi hanno il coraggio di muoversi, ben sapendo che nell’ottica di lungo periodo stare fermi non paga, dal momento che tutti gli strumenti finanziari affidabili – persino quelli targati H2O – riprendono inesorabilmente quota, soprattutto se sono sufficientemente esposti verso il mercato azionario in un orizzonte temporale di almeno 36 mesi.

La vera domanda, semmai,  è “quanto durerà l’emergenza?”. In soldoni, quanto dovranno attendere gli investitori prima di recuperare la temporanea minusvalenza odierna? Posta in questo modo, la questione diventa finalmente costruttiva, e ci consente di dire al cliente “…le cose sono andate malissimo per via della pandemia, ma ho un piano!”.

Forti dell’esperienza fatta durante la crisi del 2008, oggi è bene non raccontare ai clienti la storia che è meglio tenere il portafoglio così com’è per riprendere presto il valore perduto, bensì essere attivi e, se serve, consigliare di cambiare le proprie abitudini di investimento. L’approccio interventista non è esattamente nelle corde di tutti i clienti, però prevede la possibilità di prendere decisioni proprio nei momenti più gravi delle crisi dei mercati, ed è premiante laddove ci si basa esclusivamente sull’analisi quantitativa e sul lungo periodo, senza pretendere di sapere dove i mercati potranno andare nel breve periodo, come fanno gli improbabili guru trentenni della finanza che pullulano in Rete.

Non v’è dubbio che questa sia una crisi differente, generata dall’intervento di un fattore esterno ai mercati che incute paura riguardo al binomio perfetto della vita: salute e denaro. Nonostante questo, però, è sorprendente come la profondità della discesa dei mercati, in proporzione al terrore dettato dal Coronavirus, non sia stata così estesa: nel 2008 andò molto peggio, soprattutto per le materie prime e per alcuni listini, che arrivarono a perdere anche il 70%; mentre oggi ci troviamo con un calo medio delle borse inferiore al 30% (massima profondità -45% circa, soprattutto dopo l’uscita geniale della Lagarde), con il corollario del prezzo del petrolio in caduta libera o quasi.

L’universo del Risparmio Gestito ha risentito moltissimo del calo generalizzato, ma complessivamente ha tenuto. Un caso a parte è rappresentato dai fondi targati H2O, che fino al 2019 avevano ottenuto risultati strabilianti ma, con l’arrivo della pandemia, l’approccio stile hedge fund – attuato mediante operazioni a leva sia al rialzo sia al ribasso – ha causato perdite rilevanti ai sottoscrittori (-50% e oltre su alcuni fondi azionari, obbligazionari e a ritorno assoluto) ed ha costretto la società ad inviare loro una lettera di scuse.

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Qualcuno si chiede, in vista di una ripresa possibile, se sia bene affidarsi alla selezione di società con buoni dividendi. Non è detto, in alcuni casi le aziende con cedole generose finiscono con il rivelare, in un momento in cui è bene conferire solidità all’azienda e rinviare i dividendi al 2021, una mossa rinunciataria verso il reinvestimento degli utili ed il rafforzamento dell’azienda per il futuro, con conseguente creazione di maggior valore quando l’economia si riprenderà.

In ogni caso, la crisi in atto sta facendo saltare anche i dividendi già deliberati. Eni, per esempio, ha perso fino al 50% del proprio valore, e la distribuzione di una cedola non sarebbe un elemento favorevole da prendere in considerazione per chi vuole acquistarla adesso. Peraltro, nel caso in questione, il prezzo del petrolio – oggi più che mai – dipende da chi ha il minore costo di estrazione, cioè i paesi arabi, per cui il prezzo dell’azione ENI (così come di altri titoli petroliferi) dipenderà dalla eventuale volontà di Arabia Saudita & co. di tenere sotto scacco il prezzo mondiale dell’oro nero.

In ogni caso, i risparmiatori si trovano in un momento particolare sia dal punto di vista finanziario che umano, ma oggi hanno la possibilità di fare scelte più razionali, anche per via della maggiore disponibilità del proprio consulente che, come il cliente, si trova a casa, ha molto tempo in più da spendere e, come tutti, ha molta difficoltà a dire che è in riunione o in mezzo al traffico.

Ritornando alla domanda precedente (tenere tutto senza cambiare niente oppure modificare il portafoglio), avere un piano segnerà ineluttabilmente i tempi di recupero del valore: nel lungo periodo, se si rimane immobili ci vorrà più tempo; se si interviene, ce ne vorrà di meno. Quanto di meno? Lo sa solo l’Onnipotente, però qualcosa possiamo dirla anche noi. Per esempio, possiamo dire che molto dipenderà dalle modalità della ripresa post-Covid19, che non sappiamo come sarà, e quanto tempo durerà, e soprattutto come sarà diversificata in ogni singola area geografica del mondo (anche se uno scenario a doppio traino alternato Cina-USA si va già delineando).  Volendo cercare un indicatore buono per tutti nel brevissimo periodo, solo l’ufficialità dei dati sul PIL potrebbe portare un secondo e breve scossone alle borse. Queste hanno certamente incorporato, nelle quotazioni, le previsioni di un Prodotto Interno Lordo “da guerra mondiale”, tuttavia c’è ancora un po’ di incertezza sulla sua esatta entità, paese per paese. In Italia, per esempio, il M.E.F. parla di un PIL negativo del 5.5% nel primo trimestre e del 10.5% nel secondo, mentre il dato annuale si porterà al -8.0%, con un recupero parziale del 4.7% nel 2021. Un saldo negativo, pertanto, del 3.3% nel biennio 2020-2021, e lo spettro di una recessione tutt’altro che “tecnica”, ma strutturale, dalla quale ci si potrà risollevare rapidamente solo con misure altrettanto strutturali nella loro eccezionalità. Come unica consolazione, le importazioni cadrebbero più delle esportazioni, dando luogo ad un contributo netto alla crescita di segno positivo da parte  del commercio estero, e ad un ampliamento del surplus delle partite correnti nella bilancia dei pagamenti.

L’Eurozona, nel complesso, dovrebbe vedere il PIL ridursi del 7,5%, con la Spagna a -8%, la Francia a -7,2% e la Germania  a -7%, mentre per gli Stati Uniti la contrazione del 2020 sarebbe del  5,9%. La Cina (+1,2%) e l’India (+1,9%), invece, dovrebbero salvarsi dalla recessione in quanto tale, ma le percentuali “risicate” rispetto agli usuali +5-7% sono comunque sorprendenti. 

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La pandemia, nel suo complesso, si abbatterà sull’economia mondiale con un PIL globale previsto in calo del 3% dal World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, e si tratta di risultato peggiore di quello della crisi finanziaria del 2008. Per questo motivo, a prima vista, non si comprende come le borse mondiali non siano scese molto di più di quanto effettivamente hanno fatto. Probabilmente, rispetto al 2008, la risposta corale delle banche centrali – in grande affanno e disarmoniche in occasione della crisi dei mutui subprime – ha fatto la differenza, limitando i danni.

A monte di tutto, non dimentichiamoci del “fattore esterno”, e cioè del Covid19: una eventuale ripresa del contagio, in autunno o anche prima – se scambieremo l’allentamento delle restrizioni come un insensato “liberi tutti” – potrebbe segnare una nuova fase di paura irrazionale ed un nuovo crollo dei mercati che, questa volta, non incontrerebbe ostacoli in nessun Quantitative Easing umanamente concepibile.  

Consulenza finanziaria e reclutamento nel dopo pandemia. Head hunter e managers a confronto

I consulenti finanziari, nonostante la pandemia, sono riusciti a dare continuità al proprio servizio, ma lo scenario fa prevedere dei cambiamenti nel personal marketing e nel recruiting, che fino a pochi giorni prima dello scoppio della pandemia stava vivendo una stagione di grande vivacità. Tre manager di rete ed un head hunter rispondono alle nostre domande.

Dopo quasi due mesi di distanziamento sociale e di quarantena forzata, la maggior parte delle persone ha cominciato ad accettare una “nuova normalità”, fatta di nuove regole di relazione, in sostituzione di quelle “vecchie”. Alcune cose, poi, non torneranno mai più. Questo scenario – fantascientifico ancora fino a qualche settimana fa – incide profondamente, nel breve termine, su tutte quelle attività che contano sull’assembramento-prossimità di un gran numero di persone nello stesso spazio (solo a titolo di esempio: ristoranti, caffè, discoteche, palestre, hotel, teatri, cinema, centri commerciali, musei, stadi, sale congressi, navi da crociera, voli aerei, trasporti pubblici, scuole), e su quelle che contano in una forte relazione di prossimità fisica il proprio successo, come la professione del consulente finanziario.

Per tutti, comunque, seguirà una stagione di adattamento, durante la quale si assisterà all’esplosione di servizi online e a distanza, oppure di attività che faranno del distanziamento sociale la nuova modalità di erogazione: palestre, che cominceranno a vendere attrezzature per esercizio a casa e fare sessioni online; sale cinematografiche e voli aerei, che taglieranno metà delle loro poltrone; mentre i meeting aziendali si terranno in grandi sale con posti distanziati tra loro.

Nel frattempo, i consulenti finanziari, costretti come sono a limitare gli incontri fisici, hanno fatto sentire la propria presenza ai clienti con un frequente contatto telefonico o, per quelli più evoluti, in video, riscontrando risultati di buon livello che, insieme all’uso della tecnologia (firme elettroniche, e-mail e scansioni), sono riuscite a dare continuità al servizio in una fase di mercato, comunque, bloccata dalle logiche della MIFiD II che hanno rivelato inopportuni limiti operativi. Lo scenario, però impone dei cambiamenti, soprattutto sul personal marketing del consulente e sul recruiting, che fino a pochi giorni prima dello scoppio della pandemia stava vivendo una stagione di grande vivacità. Su questi argomenti, abbiamo chiesto a Giancarlo Patti, group manager di Deutsche Bank Financial Advisors (Imperia), Maurizio Nicosia, area manager di Widiba (Palermo-Sicilia), Fabio Cavazzuti, group manager di Fineco Bank (Massa, Viareggio e Camaiore), e Paola Maietta (Milano), head hunter esperta per conto di primarie reti e istituti di credito, di rispondere a sei domande sui consulenti finanziari abilitati fuori sede.

1) Quali sono i cambiamenti a cui andrà incontro il settore della consulenza finanziaria nell’immediato futuro?

Giancarlo Patti L’emergenza Covid-19 sta accentuando la differenza tra chi può contare sul sostegno di un consulente finanziario e chi invece si rivolge al canale banca tradizionale. I rapporti one to one che caratterizzano l’operatività tradizionale del consulente si accentueranno, ed assisteremo ad un amento della domanda di consulenza.

Maurizio NicosiaIl distanziamento sociale è entrato “a gamba tesa” nell’attività e le occasioni di contatto con i clienti saranno sempre meno fisiche e sempre più tecnologiche. Si incrementeranno il numero dei contatti con il singolo cliente che si lascia coinvolgere dalle riunioni tecnologiche, mentre potrebbero raffreddarsi i rapporti personali che si alimentano grazie alla presenza fisica. Io personalmente non penso di essere disposto a trascurare la relazione personale con i clienti che, condizioni ambientali permettendo, continuerò a privilegiare.

Paola MaiettaLa vita è fatta di cambiamenti a volte inaspettati , come questa pandemia che ha costretto il mondo intero ad un repentino cambio di rotta. Un bravo consulente prima macinava chilometri per visitare i clienti, ma già adesso si sta aiutando con la tecnologia per rimanere attive e vicino ai propri clienti, attraverso contatti telefonici e video, riducendo a zero gli spostamenti ma ottenendo comunque buoni risultati.

Fabio CavazzutiCi sarà una spinta fortissima verso la consulenza. Le cause o le motivazioni sono da ricercare in una sempre maggiore complessità del mondo degli investimenti e nel fatto che per i clienti è sempre più difficile gestire il proprio patrimonio senza seguire logiche di obiettivo e orizzonte temporale.

2) E’ previsto un calo del numero dei consulenti, oppure il sistema saprà contenere le fuoriuscite?

Giancarlo PattiNon assisteremo ad un ridimensionamento del numero dei consulenti , e se alcune posizioni non saranno più in grado di sostenersi è la conseguenza di un processo di selezione naturale già avviato con Mifid II. Vedo un grande futuro per quei CF che, oltre alle competenze personali, potranno avvalersi del supporto di reti “lungimiranti”, quelle cioè che daranno la possibilità di fare lavorare in team i consulenti che lo desiderano….modello studio associato.  Mi viene anche  in mente il “vecchio” praticantato che consentiva ad una figura junior  di affiancarne una senior.

Maurizio NicosiaIl calo dei consulenti è legato fisiologicamente all’evolversi della professione, alla riduzione dei margini e alla concentrazione delle masse, che continuerà a tagliare fuori i consulenti meno professionalizzati. La trasformazione del consulente, da venditore di prodotti a gestore del benessere familiare, sta aprendo nuove prospettive nel settore che ancora non sono state colte pienamente, soprattutto dalle nuove generazioni che potrebbero avvicinarsi alla professione. E’ indiscutibile che lavorare in un mondo privo di certezze sul futuro alimenta la necessità della presenza di un consulente.

Paola MaiettaPotrebbe esserci una leggera flessione, in quanto già il mondo della consulenza ha risentito della Mifid II e dei bassi rendimenti dei mercati.  Dopo il Coronavirus sicuramente i professionisti si ritroveranno a dover far fronte ad un nuovo scenario finanziario in cui il professionista che gestiva un portafoglio di piccola entità avrà maggiore difficoltà a rimanere nel mercato.

Fabio CavazzutiSecondo me il numero dei consulenti è destinato ad aumentare, soprattutto se sarà alimentato dai bancari in uscita dal mondo del credito tradizionale.

3) Le attività di recruiting si sono semplicemente fermate, per poi riprendere dal punto in cui si sono interrotte, oppure i tempi di risoluzione dell’emergenza Coronavirus rischiano di far ricominciare da zero tutto il lavoro svolto dagli haed hunter e dai manager di rete dedicati al reclutamento?

Giancarlo PattiLa tecnologia e la capacità relazionale ci hanno aiutato a non interrompere le attività di recruiting. Le trattative esistenti sono state portate avanti ed ho notato che, dialogando a distanza, c’è una maggiore attenzione alle persone, e si approfondiscono aspetti toccati in precedenza in modo più superficiale. Non si tratta proprio di una ripartenza da zero.

Maurizio NicosiaIl cambiamento da parte dei consulenti è sempre stato dettato da due criteri: la ricerca di un ambiente di lavoro migliore e la voglia di crescere in una realtà che esalti l’imprenditorialità del consulente. La situazione attuale non cambia questo stato di cose. L’ostacolo oggi è “sistemico”, e si lega alla paura di cambiare giusto in questo momento. Le trattative andranno avanti con i consulenti che sono mossi da un bisogno di miglioramento per se stessi e per i propri clienti.

Paola MaiettaL’attività di reclutamento non si è mai fermata: lo smart working, infatti, ha permesso la continuità del lavoro di selezione garantendo, grazie alla digitalizzazione, i contatti con i candidati.

Fabio CavazzutiLe attività di recruiting si sono semplicemente fermate, e riprenderanno presto dal punto in cui si sono interrotte. Al momento, ci si limita alle public relation, ma appena sarà possibile i colloqui riprenderanno con ancora più vigore.

4) Quali saranno gli skill richiesti in seguito ai cambiamenti a cui assisteremo nei prossimi mesi?

Giancarlo PattiNon credo che gli skill di un consulente finanziario cambieranno a breve in seguito a questa pandemia, ma una maggior confidenza con la tecnologia aiuterà chi saprà padroneggiarla. Ho assistito a video call con ultra ottantenni che erano felicissimi di avere un consulente che gli “stava vicino”  in un momento nel quale la banca tradizionale non lo faceva neanche accedere allo sportello!  Pronti ad un cambiamento invece dovranno esserlo gli intermediari, i quali non potranno più tardare a  dotarsi della possibilità di gestire  operazioni a distanza, nel rispetto della normativa.

Maurizio NicosiaLe competenze in materia economica, patrimoniale e familiare saranno più che mai al centro dell’approccio dell’attività. La pianificazione e la consulenza, anche avulsa da strumenti finanziari, diventeranno la strada maestra per il percorso di crescita futura. Questo periodo ci sta insegnando che i maghi del rendimento non avranno vita facile o, in generale, non avranno più vita, mentre l’educazione finanziaria avrà un ruolo di fondamentale importanza.

Paola MaiettaGli skill saranno sempre gli stessi, con l’aggiunta di una maggiore flessibilità e disponibilità al ricorso ai sistemi informatici.

Fabio CavazzutiSaranno quelli richiesti da sempre per poter fare questo lavoro: ambizione, capacità relazionale, competenza e consapevolezza di fare un lavoro utile agli individui e alla Società.

5) Come cambieranno gli incentivi per i consulenti che decideranno di accettare una nuova offerta di lavoro da un’altra rete?

Giancarlo PattiNell’immediato non vedo all’orizzonte un cambiamento nella politica degli incentivi, ma il tema è collegato al momentum nel quale si trova una rete. Chi decide di lasciare il mondo bancario tradizionale, o di cambiare rete, sempre più sarà attento alla sostenibilità del business, ovvero ai costi applicati ai clienti e alla possibilità di essere in grado di presidiare il rapporto con un imprenditore , un’azienda o un privato, allo stesso modo e con le stesse leve commerciali.

Maurizio NicosiaGli incentivi sono da sempre serviti a compensare il sacrificio del cambiamento da parte del consulente, ma non sono mai stati la vera molla propulsiva. Più le reti insisteranno sulla professionalità, e più si andrà verso una personalizzazione estrema dell’offerta, privilegiando la redditività prospettica del candidato. Probabilmente si affiancheranno alle offerte sistemi di protezione personali e familiari più importanti di quelli attuali.

Paola MaiettaE’ difficile dare una risposta, in quanto la trattativa, anche se segue dei parametri stabiliti, è sempre un percorso individuale. Gli accordi possono variare sulla base di tanti fattori.

Fabio CavazzutiIl cambiamento sarà rivolto a premiare con incentivi soprattutto coloro che si sposteranno dagli istituti bancari, e sarà in parte fisso per dare stabilità, ed in parte variabile per favorire chi ha particolari ambizioni.

6) A quale tipo di trasformazione andrà incontro il personal marketing del consulente finanziario, e di quali mezzi si dovrà dotare?

Giancarlo PattiUn consulente che svolgeva già bene la propria attività non dovrà “trasformare” il suo marketing, ma implementarlo, capire se intende rivolgersi ad una nicchia di mercato, specializzarsi con maggiori competenze e …..farlo sapere! Per promuovere la propria immagine, il CF  dovrà padroneggiare i canali social per comunicare con i clienti acquisiti e potenziali, evitando di essere uno dei tanti “esperti di virus” che affollano la Rete e costruendo l’immagine di esperto di “virus finanziari”.

Maurizio NicosiaLa tecnologia e gli strumenti social al servizio del consulente saranno indispensabili. Le reti che hanno fatto dell’approccio tecnologico e della semplicità del suo utilizzo un punto focale dello sviluppo daranno una mano importante al consulente, perchè lo sviluppo di nuova clientela passerà sempre più attraverso i canali social ed acquisire reputazione sul web potrebbe fare la differenza. Sarà importante sapere organizzare riunioni e contatti con la clientela attraverso il Web, pertanto bisognerà acquisire competenze importanti nella gestione sia dei social che dei programmi di video conferenza.

Paola MaiettaLa comunicazione è alla base di ogni business, il crescente utilizzo dei social media impone di non sottovalutare l’opportunità che questi strumenti offrono anche al consulente finanziario. Oggi si è tutti collegati tramite i social network ed è anche grazie a loro che un potenziale cliente può ricercare informazioni su un professionista: ecco che il personal marketing assume un’importanza rilevante con una presentazione del proprio profilo, senza sottovalutare il fatto che la fama di un buon consulente può passare anche da cliente a cliente.

Fabio CavazzutiI cambiamenti sono già in corso. Al tradizionale uso del telefono occorre unire visibilità sulle piattaforme, l’utilizzo della e-mail e di tutti gli strumenti di interazione possibili.

Coronavirus e crolli di borsa, ecco come i consulenti finanziari USA affrontano le paure dei propri clienti

I consulenti finanziari di tutto il mondo pensavano di aver visto tutto nella vita, ma con il Covid-19 si trovano in un territorio inesplorato, nel quale devono guidare i propri clienti attraverso la violenta correzione in corso. E’ bene capire come lo stanno facendo.

Con la deflagrazione del Coronavirus nel mondo, anche nei mercati finanziari la sua onda d’urto ha spazzato via molti degli equilibri secolari alla base del funzionamento delle borse e della relazione con gli investitori. Infatti, è ormai chiaro che la pandemia in atto non sia un’interruzione di breve termine, ma un evento che potrebbe continuare per molti mesi ed avere un impatto importante sulle aziende di tutto il mondo, banche comprese. In particolare, gli economisti di Oxford stimano che questo particolare fatto storico costerà all’economia globale 1,1 trilioni di dollari, nonchè il rallentamento produttivo di quasi 5 milioni di aziende medio-grandi (dall’alta tecnologia alla vendita al dettaglio, dal settore farmaceutico alla grande industria).

Ogni singolo settore sarà influenzato in qualche modo dalle interruzioni avvenute nella catena produttiva e distributiva, e la diffusione del coronavirus porterà con sé lunghi periodi di auto-quarantena in cui i dipendenti devono essere messi in condizione di lavorare da casa, in modalità remota. Ma se ciò è realizzabile per il settore pubblico e per le aziende manifatturiere, il “distanziamento professionale” diventa un problema per quei settori (tipicamente i servizi) nei quali il contatto con gli utenti è parte essenziale del prodotto finale. E’ così anche per i consulenti finanziari, che pensavano di aver visto tutto nella vita ma, con il Coronavirus, si trovano in un territorio inesplorato. Infatti, ciò che si sta vivendo nel mondo non è minimamente assimilabile agli shock passati, come il Black Monday nel 1987 o la crisi finanziaria globale del 2008. Oggi, i professionisti dell’investimento si trovano a guidare i propri clienti nel comprendere gli effetti della violenta correzione in corso, ed è bene capire come lo stanno facendo. Da una ricerca svolta pochi giorni fa sugli advisor USA, è scaturita una “quaterna” di domande più frequenti poste dai loro clienti, ed è sorprendente vedere come esse siano del tutto simili a quelle che gli investitori europei o di casa nostra pongono ai nostri consulenti finanziari.

1) “E’ tempo di comprare?”Susan Kaplan (Newton, Massechuttes), advisor con clientela al top di fascia (patrimonio netto medio da $ 10 a $ 12 milioni) dichiara “Quello che ho fatto è trattenere le persone dal comprare qualunque cosa, dal momento che hanno grandi quantità di denaro. Sebbene i prezzi possano apparire seducenti, è meglio attendere di avere più certezza prima di acquistare, per via della volatilità”.

2) “Siamo vicini al fondo del tunnel?” – Secondo Kristin McKenna (Darrow Wealth Management, Boston) , “Molte persone hanno le stesse domande: c’è qualcosa che dovremmo fare? Siamo vicini al fondo? Devo ancora mettere soldi? La maggior parte dei clienti è pronta ad affrontare la crisi rimanendo nell’investimento,  e sa che è la cosa migliore che possano fare”. “Ho chiamato tutti i clienti per connettermi con loro a livello umano, soprattutto con gli imprenditori più colpiti o con le persone più vicine alla pensione, per le quali la componente della pianificazione diventa ancora più importante da trattare“.

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3) “E ‘tempo di vendere?”Leon LaBrecque (Chief Growth Officer di Sequoia Financial Group) afferma che quasi la metà delle chiamate che riceve proviene da clienti che chiedono opportunità di acquisto, mentre pochi altri sono preoccupati ma non stanno ancora vendendo, perché hanno esperienza del 2008 e confidano nella ripresa.

4) “Dovrei avere paura?”Steve Morton dirige l’ufficio Captrust Financial Advisors a Greensboro (N.C.),  dove quasi tutti i clienti sono pensionati o quasi in pensione. Egli afferma che i suoi clienti hanno messo da parte cinque anni di risparmi per costituire il reddito post-lavoro, in media $ 400.000, e detengono il resto in conti azionari e obbligazionari gestiti attivamente. “Stiamo vendendo obbligazioni e acquistando azioni“, ha detto. “Certamente entro un paio d’anni avremo un vaccino per il virus, e questo li calma“.

Non mancano, però, i consulenti più prudenti, come Andrew Komarow, co-fondatore del Tenpath Financial Group di Farmington (Connecticut), secondo il quale “Ora le persone stanno iniziando a spaventarsi un pò. Ma se la paura è reale, i clienti sanno che la cosa migliore da fare è niente“.

Quando il mercato sta salendo, il tuo telefono non squilla molto“, ha affermato Scott Wren, senior stratega del mercato globale per Wells Fargo Investment Institute. “Il telefono comincia a squillare quando ci sono le crisi“. Del resto, la crisi ha sconvolto gli investitori, senza distinzione di ricchezza personale. Alcune banche, come Credit Suisse (che gestisce portafogli ad alto patrimonio netto valutati ognuno in miliardi di dollari), hanno avviato autonomamente un ciclo di video-chiamate con i clienti, in più lingue, riscuotendo un grande successo tra gli investitori e precedendoli nelle loro intenzioni.

In generale, secondo gli advisor statunitensi  clienti non vogliono solo sapere cosa sta succedendo nei loro portafogli, bensì conoscere le prospettive, senza farsi prendere dal panico. Hanno tutti un gran desiderio di parlare con il proprio consulente, per sapere se la situazione, nonostante la gravità del momento, è controllabile con gli attuali strumenti del sistema finanziario”.

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Secondo Adam Johnson, consulente finanziario di New Forest Wealth Management , “La consulenza finanziaria non è cambiata, ciò che è cambiato è il modo in cui forniamo tale consulenza ai clienti che vogliono solo rassicurazioni. Molti chiedo se si può intravedere in questa crisi una opportunità“.

Non mancano, neanche negli USA, gli investitori ansiosi che cercano di spostare i loro soldi fuori dal mercato. “Chiamano per dire che vogliono indietro i loro soldi o per chiedere se questa è ancora la cosa giusta da fare“, ha dichiarato Anthony Morrow, amministratore delegato della piattaforma di consulenza sugli investimenti OpenMoney. “Non è una conversazione facile“, aggiunge, “alle persone naturalmente non piace perdere denaro. Ma spieghi che si tratta di una perdita momentanea e, se vendi, diventa una vera perdita“.

I consulenti dovrebbero discostarsi dalla sceneggiatura standard“, afferma Steve Drake, gestore patrimoniale della Royal Bank of Canada, “e parlare con i loro clienti in termini pratici e tangibili: non ti dico che tutto va bene, perché non è vero, ma ti dico che supereremo tutto questo, e ti dò il piano”.

Alla fine, la soluzione è sempre quella di avere un piano alternativo. E voi, ce lo avete?

USA, top advisor al femminile: talento e sudore. Dalla povertà a portafogli da miliardi di dollari

Nel mondo della finanza mondiale esiste un nutrito numero di consulenti finanziari donne che, sebbene non siano molto conosciute nei circoli delle celebrità, sono piuttosto famose tra i top clients, ed i loro risultati non sono meno sbalorditivi dei migliori consulenti uomini.

In USA ed Europa, quando cerchi un consulente finanziario che sia adatto alle tue esigenze, lo trovi subito, ma quasi sempre si tratta di un uomo. Infatti, in qualunque canale dei media, i volti che scorrono sono prevalentemente al maschile. Non si tratta di discriminazione – come qualcuno vorrebbe far credere, cavalcando il concetto “politicamente corretto” (tutto europeo) della donna discriminata in tutti i settori – ma di un costume professionale ben radicato, a causa del quale, nel passato, si sono avvicinati a questa professione massimamente gli uomini, e solo negli ultimi quindici anni (in Europa) le donne.

A ben vedere, uguale fenomeno è accaduto in Italia nei ruoli dell’insegnamento, verso i quali le donne si sono proposte in massima parte, al contrario degli uomini (rapporto 70/30), ma nessuno grida allo scandalo né inneggia a “politiche di parità” per riequilibrare la situazione a favore del mondo maschile in quel settore.

Alcuni consulenti finanziari, soprattutto oltreoceano, sono diventati nomi e volti familiari attraverso programmi televisivi e libri, ma nel mondo della finanza esiste anche un nutrito numero di consulenti donne che, sebbene non siano molto conosciute nei circoli delle celebrità, sono piuttosto famose tra i top clients, ed i loro risultati sono assolutamente degni di nota. In USA, per esempio, esse gestiscono già miliardi di dollari per conto di aziende e di ricchi clienti, facendo professione di educazione finanziaria come “cavallo di Troia” per aggiungere nuova clientela e gestirne i patrimoni. Nella “vecchia” Europa, le consulenti cominciano a farsi strada in un mondo tradizionalmente dominato da figure maschili ma del tutto aperto, per sua natura, alle donne, il cui numero totale nel settore rimane basso ma è in costante aumento e non necessita affatto di quegli inopportuni strumenti di parità, utili soltanto ad aumentare artificiosamente la loro presenza numerica a totale detrimento della qualità e del merito.

In ogni caso, ci vuole determinazione per diventare un consulente finanziario di successo, quindi non sorprende leggere le storie di consulenti donne che, in un mercato difficile come quello americano, ce l’hanno fatta superando enormi difficoltà iniziali prima di imbattersi nella professione che le ha accolte e le ha fatte prosperare.

Suze Orman, per esempio, oggi ha un patrimonio personale di circa 35 milioni di dollari, e potrebbe essere sorprendente per alcuni sapere che una volta viveva in un furgone e lavorava per soli 3,50 dollari l’ora, nel 1973, ripulendo le chiome degli alberi. Ha sviluppato la sua forte etica del lavoro quando era bambina, vivendo nel sud della città di Chicago. Suo padre possedeva un negozio di specialità gastronomiche, dove lei e i suoi fratelli lavoravano ogni giorno dopo la scuola. Nel 1973 Suze lasciò l’Università dell’Illinois per dirigersi in California, e lungo il tragitto, per sopravvivere, lavorò presso una ditta di rimozione di detriti dalle strade, vivendo nel furgone di un’amica. In California trovò lavoro come cameriera, guadagnando bene con le mance dei clienti fissi, ma il denaro messo da parte fu perso a causa degli investimenti sbagliati del suo consulente di allora.  Anziché perdersi d’animo, sviluppò interesse per il settore della consulenza finanziaria e, dopo aver ottenuto le autorizzazioni per lavorare ed un prestito di 50.000 dollari dai suoi ex clienti più affezionati, ha intrapreso una splendida carriera ed è diventata prima vicepresidente degli investimenti presso Prudential Financial, e dopo qualche anno fondatrice del Suze Orman Financial Group (non mancando di restituire ogni singolo centesimo del prestito di 50.000 dollari).

Mellody Hobson era la figlia minore di una madre single che, a Chicago, si occupava di affitto e manutenzione di condomini per conto terzi, ma non era un lavoro che permetteva una certa stabilità finanziaria. Cadute in bassa fortuna, un giorno Mellody raggiunse l’apice della indigenza quando dovette riscaldare l’acqua per il bagno su una piastra calda in cucina, e fu quel giorno che giurò a se stessa che non si sarebbe mai più trovata in quella situazione, che lei non si stanca di definire come un “utile corso di sopravvivenza di base”.  Dopo aver abbracciato la professione di advisor e aver gradualmente raggiunto il successo nella vita, la Hobson oggi presiede numerose organizzazioni benefiche e filantropiche, è membro del consiglio di amministrazione di tre importanti società (tra cui DreamWorks Animation) ed è CEO di Ariel Investments, una società di investimento che gestisce 13 miliardi di dollari per conto di ricchi clienti USA. Da sempre seguace di Warren Buffett, Mellody Hobson sostiene che la pazienza ed il tempo sono i migliori ingredienti per costruire la ricchezza; non a caso il logo di Ariel Inv. è una tartaruga. “La cosa più importante che si può imparare dai soldi, e anche Warren Buffett parla di questo, è la tecnica dell’interesse composto. È l’ottava meraviglia del mondo. Se capisci l’interesse composto, capisci quali soldi lavorano a favore o contro di te”.

Karen McDonald

Karen McDonald, cresciuta in una tipica famiglia della middle class americana, è oggi consulente di punta di Morgan Stanley, e si è classificata al primo posto nel tradizionale sondaggio Barron’s del 2019. Ha un patrimonio gestito di 75 miliardi di dollari, e dirige un team di 11 collaboratori con i quali presta consulenza a molti dei clienti presenti nella speciale classifica Fortune 500. Oltre a fornire ai propri clienti imprenditori soluzioni di benefit per i dipendenti, si concentra anche sulla loro educazione a prendere decisioni finanziarie migliori o sui migliori piani di pensionamento privato. La McDonald, fautrice del gioco di squadra ad ogni livello aziendale, attribuisce il suo successo al fatto di essersi circondata di persone fantastiche e di aver costruito negli anni un team forte.

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Susan Kaplan

Susan Kaplan è il presidente di Kaplan Financial Services a Newton, nel Massachusetts. Ha un patrimonio gestito di 2,05 miliardi di dollari ed una media a cliente di 11 milioni. Proveniente da una famiglia poverissima, Susan ha usufruito di diverse borse di studio per conseguire una laurea, ed ha dovuto lavorare di notte per ottenere un MBA in finanza. Oggi ha una forte presenza mediatica (in particolare nel Wall Street Journal, su Bloomberg News, CNBC, WGBH ed altri canali televisivi nazionali), ed è stata nominata dai magazine Barron’s, Worth Magazine e Medical Economics tra i migliori consulenti finanziari del paese, consecutivamente, ogni anno dal 2000 ad oggi. La sua principale attività è quella di progettare piani pensionistici di altissimo livello per i suoi ricchi clienti, assicurando loro anche l’assistenza in campo immobiliare, fiscale e successorio.

Gillian Yu

Nata e cresciuta a Taiwan, Gillian Yu parla fluentemente mandarino, taiwanese e inglese, ed ha conseguito l’MBA presso l’Università della California, Berkeley, nel 2001. Gillian è entrata in Morgan Stanley Private Wealth Management nel 2015 dopo aver trascorso 14 anni con Credit Suisse Securities (USA) a San Francisco. All’inizio della sua carriera ha lavorato per la Chase Manhattan Bank a Taiwan. Dal 2011 è classificata tra le prime 100 consulenti finanziarie donne nella speciale classifica di Barron’s, ed è stata tra le prime 10 consulenti finanziarie donne nel 2013 e nel 2014. Le attività totali gestite di Yu sono pari a 5,85 miliardi di dollari, con una media per cliente di 100 milioni. Gillian concentra il proprio lavoro sulla fornitura di soluzioni complesse e olistiche di gestione patrimoniale transfrontaliere per individui e famiglie con un patrimonio netto molto elevato che vivono in Asia, negli Stati Uniti o in una combinazione di entrambi.

Elaine Meyers

Elaine Meyers si posiziona costantemente nella top 10 della lista Barron’s delle migliori consulenti finanziari donne, arrivando al nono posto nel 2019 ed all’ottavo nel 2018. È Amministratore Delegato e Consulente finanziario di JP Morgan Securities , una divisione di gestione patrimoniale di JP Morgan, ed è molto richiesta sulle strategie di gestione patrimoniale per i dirigenti , fondatori di tecnologia e imprenditori della Silicon Valley. Offre un approccio di tipo family-office alla gestione patrimoniale completa, fornendo assistenza nelle aree di diversificazione della ricchezza, della minimizzazione fiscale e della pianificazione patrimoniale, creando portafogli su misura non correlati alle posizioni azionarie tradizionali. Prima di entrare in JP Morgan nel 2016, Elaine ha iniziato la sua carriera nei servizi finanziari presso la Private Bank della Bank of America, ed ha trascorso oltre 10 anni come amministratore delegato presso Credit Suisse e quasi 14 anni presso importanti società di investimento internazionali. Il suo patrimonio gestito ammonta a circa 3,2 miliardi di dollari, ed i suoi clienti hanno un patrimonio netto medio di 300 milioni.

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Investire ai tempi del Coronavirus: nervi saldi e spirito di adattamento. Si muore ma…“niente di serio”

I consulenti finanziari ed i private bankers  dovranno trasmettere ai risparmiatori il giusto spirito di adattamento alle circostanze che, in un’epoca di tassi negativi, è l’unica strada da intraprendere per ottenere performance superiori allo zero.

Editoriale di Alessio Cardinale

I lettori che hanno visto il fortunato film “Tre uomini e una gamba”, primo grande successo cinematografico del trio Aldo, Giovanni & Giacomo, certamente ricorderanno la battuta in cui Giacomo, alla domanda della protagonista femminile di cui si era innamorato – Marina Massironi, che chiedeva se si sarebbe sposato di lì a qualche giorno – rispondeva “sì ma…. niente di serio!”. Trasponendo la scena di quella pellicola nel mondo della consulenza finanziaria, sono molti gli investitori che, da qualche giorno, stanno chiedendo ai propri consulenti se, di lì a breve, i propri risparmi potrebbero perdere qualcosa per via degli effetti del Coronavirus sull’economia mondiale; ebbene, nessuno potrà negare che, a tutti costoro, si sta rispondendo più o meno allo stesso modo: “…state tranquilli, ci sarà qualche giornata negativa, ma i vostri risparmi sono al sicuro.…”.

In pratica, è come affermare “potrebbe crollare l’economia mondiale ma…. niente di serio!”.

E mentre ci si sforza di somministrare pillole di fiducia, le borse crollano e – ciò che è peggio per il tanto decantato ottimismo – le notizie sulla diffusione del virus vengono aggiornate dai media in tempo reale. Pertanto, è consigliabile aggiornare in tempo reale anche le proprie modalità di trasmettere ottimismo, perché mentre i consulenti lavorano, i clienti pensano.

L’italietta pervasa dal benaltrismo a tutti i costi, purtroppo, ha manifestato tutta la sua mediocrità anche in questa occasione, preferendo permettere al Paese di raggiungere il primato europeo del contagio “politicamente corretto” (e più di 100 morti, al momento, ma il conteggio si aggiorna ora dopo ora), pur di procrastinare le necessarie misure di sicurezza che, senza osservare questo “doveroso” ritardo, molti idioti della politica avrebbero certamente fatto passare per una pratica antisemita o razzista verso gli “untori” stranieri.

A parte i rischi per la popolazione, il risultato per i mercati è sotto gli occhi di tutti; e così l’Ftse MIB affonda (-5% solo nella mattinata del 24 Febbraio, poi altrettanto nei giorni successivi), e trascina con sè i comparti fondamentali del lusso, dell’industria e del risparmio gestito (Azimut -8,7% e Finecobank -8,2%). Anche in Europa e USA le sedute sono in forte calo: Londra, Parigi, Francoforte e New York lasciano sul terreno una decina di punti, con oscillazioni pazzesche da un giorno all’altro. Lo spread tra Btp e Bund è schizzato subito in su, con i Btp che fanno peggio anche dei titoli greci.

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Le misure di emergenza attuate per contenere la diffusione del virus stanno mettendo uno stop all’attività produttiva del Paese, tanto più grave quanto inaspettato fino a qualche giorno fa. La conseguenza sarà che il nostro misero PIL registrerà una variazione negativa nel primo trimestre del 2020, dopo il calo del quarto trimestre 2019 (-0,3%). E’ un vero peccato, si dirà, perché i progressi registrati in gennaio sul fronte delle attese di ordini e produzione avevano riportato il sistema in area espansiva; ma si trattava, a ben vedere, di progressi concentrati nel settore terziario, mentre quello manifatturiero (la Settimana della Moda milanese è stata disertata dal 50% dei buyer asiatici, e il Salone del mobile pare verrà spostato ad altra data)  soffriva già per le prime conseguenze della possibile epidemia sulle commesse dall’estero. Infine, ma non meno importante, bisognerà fare i conti con il mancato arrivo dei turisti cinesi (numerosissimi in Italia), ed anche i turisti delle altre nazioni, se il contagio si espanderà, ci penseranno su prima di prenotare mete italiche per le loro vacanze.

Questo lo scenario che, al contrario delle grottesche battute sulla sicurezza dei propri risparmi (fino a qualche anno fa lo si diceva anche per le case, il cui valore “era destinato a crescere sempre”), raccomanda innanzitutto una corretta informazione agli investitori, nervi saldi e, per chi è molto liquido, l’opportunità di entrare gradualmente in un mercato “a sconto”, soprattutto quando il c.d. panic selling sarà finito.

E’ proprio così: i consulenti dovranno trasmettere ai risparmiatori questo spirito di adattamento che, in un’epoca infinita di tassi negativi, è l’unica strada da prendere per fare performance superiori allo zero. Qualcuno dirà che basare gli investimenti sul “time to buy” non sia mestiere del consulente, ma qualcun altro dovrà pur dire, ai clienti, che sfruttare il principio applicato ai programmi di accumulazione vale anche per gli importi di taglio medio elevato, investititi sfruttando con ragionevolezza i movimenti improvvisi di ribasso dei mercati. E’ ragionevole pensare, infatti, che le contromisure per fronteggiare il virus riusciranno a debellarne gli effetti in poche settimane (massimo due mesi), e che tenersi pronti ad aumentare un po’ la soglia di rischio del proprio portafoglio sia una buona mossa.

In definitiva, la diffusione del Coronavirus potrebbe portare il mondo verso una diffusa recessione, ma sappiamo che le recessioni non durano per sempre. Anche la Grande Depressione, così come la crisi innescata nel 2007-2008, si sono concluse per quasi tutti i paesi (Italietta esclusa, ovviamente), e le aziende di qualità superano sempre le congiunture negative, permettendo di presentarsi agli investitori con prezzi scontati.

In circostanze come queste, abbiamo bisogno di ricorrere al passato per trovare una guida; e così, ci vengono in aiuto le citazioni più significative di personaggi che hanno fatto la storia dei mercati e dell’economia capitalistica. Benjamin Graham, per esempio, ebbe a dire che “In una vecchia leggenda, i saggi hanno finalmente bollato la storia delle questioni mortali in una sola frase: anche questa passerà“.  Baron Rothschild, dal canto suo, pronunciò la famosa frase “il momento di comprare è quando il sangue scorre nelle strade“. Warren Buffett, oggi ancora vivo e vegeto, disse qualche anno fa: “bisogna essere timorosi quando gli altri sono avidi, e avidi quando gli altri sono timorosi“.

I risparmiatori non sono tutti dei piccoli Warren Buffett (che, per inciso, è gonfio di liquidità), e così anche i loro consulenti, ma se hanno liquidità in conto corrente è ora di cominciare a seguirne l’esempio.

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