Marzo 29, 2024

Gli strumenti di protezione dell’imprenditore: separare l’azienda dalla famiglia. Patto di famiglia e Trust

La prima forma di difesa patrimoniale di un imprenditore consiste nel separare nettamente l’ambito familiare da quello aziendale, non facendo gravare il rischio d’impresa anche su quella parte di patrimonio che è riconducibile esclusivamente alle esigenze della famiglia.

Il nostro Ordinamento prevede il ricorso ad alcuni mezzi di protezione del patrimonio, ognuno dei quali risponde ad una propria specifica finalità, a seconda che serva a tutelare i beni facenti capo alle attività imprenditoriali o a quelli inerenti la famiglia. Pertanto, sebbene a molti possa sembrare innaturale, la prima forma di difesa del patrimonio dell’imprenditore consiste nel fare attenzione a separare nettamente i due ambiti (impresa e famiglia), senza creare alcuna “confusione” tra le rispettive risorse ed evitando i punti di contatto tra le due aree. Non è raro, infatti, che a seguito di un sequestro preventivo (che, ricordiamolo, in assenza di precedenti azioni di difesa coinvolgerà l’intero patrimonio), chi ne viene colpito faccia una enorme fatica a dimostrare al tribunale che certi beni, anziché all’impresa, erano destinati da sempre alla famiglia.

Pertanto, il lavoro di un imprenditore ha una doppia valenza: quella di portatore di reddito familiare, e quella di proprietario di un bene, l’azienda, dal quale ricavano il reddito l’imprenditore stesso ed una universalità di persone estranee alla sua famiglia.

Per i piccoli imprenditori spesso si tratta di una distinzione puramente ideale, dal momento che l’impresa assorbe tutti i mezzi finanziari (ed anche molti dei suoi congiunti, in qualità di collaboratori) dell’uomo-azienda, la cui serenità familiare dipende in tutto e per tutto dal successo della sua iniziativa. Questo atteggiamento, in caso di insuccesso e del tipico sovra-indebitamento riscontrabile nelle situazioni di crisi, mette a repentaglio anche quella parte di patrimonio che è riconducibile esclusivamente alle esigenze della famiglia in quanto tale, per cui è bene che l’imprenditore, al pari degli altri patrimonials[1], possa accedere ai tipici strumenti di protezione di quei beni (casa, conti e depositi personali, autoveicoli etc) che sono destinati ad essere fruiti da sé stesso e dai familiari.

In ambito imprenditoriale, Il nostro Codice Civile prevede la possibilità di costituire i c.d. patrimoni destinati ad uno specifico affare, e cioè uno o più patrimoni destinati ad una particolare operazione dal contenuto economico (ma non solo). Tale fattispecie “primordiale” di protezione – non sempre efficace, soprattutto se considerata “tardiva” rispetto all’insorgenza di iniziative da parte di terzi – viene costituito esclusivamente a garanzia dei finanziatori di quello specifico affare e crea un vero e proprio patrimonio separato da quello dell’azienda e della famiglia.

Altro strumento, molto meno semplice ma più efficace, è il Patto di Famiglia. Introdotto nel 2006 (L. n. 55), esso  viene utilizzato per il passaggio generazionale dell’azienda mentre l’imprenditore è ancora in vita, in deroga al divieto dei patti successori sancito dal nostro Ordinamento. Grazie a questo istituto, è possibile trasferire ad un l’azienda o rami di essa ad un congiunto, compensando gli altri familiari con il pagamento di una somma di denaro equivalente al valore delle quote dell’azienda che sarebbero loro spettate.

Per la sua validità è che necessario vi sia il consenso di tutti i legittimari, condizione spesso non perseguibile per eventuali dissensi tra questi. Inoltre, occorre contestualmente liquidare le quote di legittima ai medesimi legittimari cui non viene assegnata l’azienda o le partecipazioni societarie, e ancora più spesso questa circostanza impedisce il perfezionamento del patto di famiglia.

Le peculiarità del patrimonio aziendale, con il suo corollario di diritti di dipendenti, fornitori e finanziatori hanno richiesto uno strumento giuridico che permettesse una efficace modalità di trasmissione dell’azienda, alla cui guida non può subentrare solo colui (o coloro) che ne vengono investiti in virtù di soli criteri di legge; in tutti questi casi, infatti, gli errori o i litigi legati all’incompetenza dei nuovi dirigenti o alla mancanza di leadership possono determinare un ridimensionamento dell’impresa o addirittura la sua chiusura.

Infatti, gli imprenditori italiani di età superiore a 60 anni sono circa il 60% del totale nell’universo aziendale, ed è quindi probabile che la maggior parte di essi sarà portata a confrontarsi con il passaggio generazionale dell’azienda. Da una recente ricerca, il 70% degli imprenditori desidera far proseguire la conduzione dell’azienda da altri componenti della famiglia, mentre la restante parte non intende cederne il comando né la gestione. Ciò spiega, in parte, la bassissima percentuale (25%) di sopravvivenza delle aziende che giungono alla seconda generazione, e quella ancora più bassa (15%) che raggiunge la terza generazione.

In pratica, secondo queste statistiche, ogni 100 aziende presenti oggi solo 25 approderanno alla seconda generazione, e meno di 4 alla terza.

È interessante confrontare il Patto di Famiglia con un altro strumento giuridico che sembra tutelare con maggiore efficacia il passaggio generazionale dell’impresa: il Trust. Si tratta di un negozio giuridico tramite il quale l’imprenditore destina irrevocabilmente parte o l’intero patrimonio a un determinato scopo, a favore di specifici soggetti beneficiari; questi ultimi potranno godere di taluni benefici provenienti dal patrimonio conferito durante il periodo di efficacia del Trust, ed al suo termine si vedranno assegnare il patrimonio, il tutto secondo le regole dell’atto di istituzione del trust.

Il conferimento delle quote societarie nel Trust avviene mediante l’intestazione dei beni a un soggetto – persona fisica o giuridica – che è denominato trustee, il quale può disporre dei beni soltanto in conformità alle disposizioni contenute nell’atto istitutivo del Trust. Spesso, questo prevede anche la nomina di un guardiano (protector), al quale sono attribuiti poteri autorizzativi o di veto su determinati atti del trustee.

Il Trust, rispetto al Patto di famiglia, presenta alcuni vantaggi. Esso infatti può essere istituito con atto unilaterale del disponente senza la presenza e il consenso dei soggetti legittimari, purché, comunque, le sue caratteristiche non ledano i loro diritti. Il passaggio dei beni è soltanto futuro: finché il Trust è efficace (di solito si prevede che il trust termini con il decesso del disponente) essi sono gestiti dal trustee sulla base delle disposizioni contenute nell’atto istitutivo del Trust, così come redatto dall’imprenditore.

Da ciò deriva che il conferimento di beni immobili (o mobili registrati) e la loro tutela da aggressioni dei terzi avvenga senza l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale (9% del valore venale) che lo Stato esige nel caso di conferimento in una società, ma solo in misura fissa e del tutto marginale, dal momento che non si realizza una cessione di tali beni, ma solo un temporaneo spossessamento.

[1] Gruppo di individui nati tra il 1950 ed il 1965, ognuno dei quali è a capo di un patrimonio familiare, tra beni mobili ed immobili, superiore a 750.000 euro.

 

Se hai trovato utile questo articolo forse potrebbe interessarti sapere come tutelare il tuo patrimonio familiare dagli attacchi esterni

Scarica l’e-book “La Protezione del Patrimonio Familiare dai possibili atti di aggressione dei terzi“, edito da PATRIMONI&FINANZA.

Non costa assolutamente nulla, è sufficiente registrarsi

Buona lettura !

 

Related Posts