Ottobre 6, 2024

Federpromm, Marucci: i consulenti finanziari come “zelanti maggiordomi” degli intermediari

“…se si esamina la sua  condizione   contrattuale, di rispetto al vincolo della restrittiva normativa, alla sua funzione di puro adempimento  amministrativo, si può ben affermare come  oggi  il consulente finanziario sia uno ‘zelante  maggiordomo’ in giacca e cravatta,  alle dipendenze dell’intermediario senza esserlo giuridicamente…”

di Manlio Marucci *

Roma 19 ottobre 2019 – Più volte e in diverse occasioni  mi sono interessato  – molto spesso in modo poco ortodosso  –  nel  capire i veri problemi di tutto il settore dell’intermediazione finanziaria ed in modo particolare della posizione espressa  dalla figura del consulente finanziario  nell’ambito dei rapporti formali  con i vari soggetti abilitati, ma soprattutto nel capire quale ruolo tale figura professionale rivesta nel contesto  più ampio della società italiana e nel contempo verificare se il suo  valore culturale di trasmissione of financial knowledge  – di educatore finanziario – abbia  un  riconoscimento formale dalla comunità dei risparmiatori. Molte ricerche ormai confermano questa tendenza e sicuramente le istituzioni ne hanno compreso l’importanza.

Manlio Marucci – Federpromm-Uiltucs

Fin dalla sua nascita con l’istituzione dell’albo professionale dei PF che risale ormai ad oltre venticinque anni, abbiamo assistito ad un processo evolutivo che tra alti e bassi della congiuntura dei mercati ha disegnato  un quadro  sufficientemente  attraente nel  sostenere ed indirizzare milioni di famiglie verso forme di investimento alternative ai classici prodotti  monetari che per i bassi tassi di interesse cercano oggi di  ottimizzare i loro risparmi verso strumenti del risparmio gestito per avere  maggiori rendimenti e per limitare il livello dei rischi. Ormai si può affermare che esiste un’ampia letteratura intorno alla figura del consulente finanziario che ne esalti sia l’aspetto più propriamente esoterico, di facciata, che di una vera attribuzione di cultore della materia, di “paidéia”,  nei confronti della comunità finanziaria. Un compito assai difficile come elemento demistificante del tessuto sociale italiano vista la scarsa propensione verso la finanza e la previdenza, senza che ne  intacchi tuttavia la natura della composizione dei rapporti strutturalmente combinati tra lo stesso sistema finanziario, sistema politico, sistema produttivo. Non cito per comodità  i dati oggi facilmente reperibili dai vari operators of the reference market .

Tale complessità dei problemi  indubbiamente, vista anche la velocità dei cambiamenti in atto, mette in crisi la natura dei modelli di sviluppo  approvati nei vari piani industriali da parte delle reti e delle banche con l’effetto di  far uscire dal mercato  migliaia di consulenti finanziari che hanno modesti portafogli , e questo nonostante abbiano dedicato anni di lavoro, risorse e sacrifici,  adeguandosi  psicologicamente ad un lavoro a partita Iva e con mancanza di tutele contrattuali e previdenziali.  Una contraddizione di fondo che mette in crisi l’intero sistema così strutturato attraverso un processo di razionalizzazione dell’utilizzo massiccio della figura dei CF e dell’avanzata della tecnologia che sembra dominare tutto  il settore della “nuova” finanza.

Assistiamo quindi ad una realtà certamente sempre più complessa che presenta però al suo interno molteplici criticità, soprattutto se il valore attribuito a queste dinamiche dello sviluppo si associa anche la situazione oggettiva delle  aspettative di chi vuole intraprendere – in un mercato sempre più competitivo – l’attività di consulente finanziario e le condizioni umane ed economiche  con cui si sono determinate le situazioni  di lavoro nel tempo.  Dinamiche che vedono in modo subalterno e strumentale la funzione dello stesso CF alla mercé degli interessi  e delle logiche espansive degli intermediari finanziari.

Non vorrei essere considerato un “guastafeste” rispetto alla vasta pubblicistica che con enfasi ha sempre valorizzato il consulente finanziario come l’anello di congiunzione –certamente vero – tra cliente, società prodotto e rete distributiva, ma il suo raggio di influenza, la sua capacità di comprendere appieno il ruolo sociale che svolge non sempre esprimono  atteggiamenti positivi  proprio perché se si esamina la sua  condizione   contrattuale, di rispetto al vincolo della restrittiva normativa, alla sua funzione di puro adempimento  amministrativo, si può ben affermare come  oggi  il CF sia uno “zelante   maggiordomo” in giacca e cravatta  alle dipendenze dell’intermediario senza esserlo giuridicamente.  Tralascio la figura del consulente c.d. fee only poiché ancora il mercato – con i limitati numeri di iscritti all’apposita sezione in OCF –  non ne ha recepito la sua rilevante importanza, anche se i tempi possono sembrare maturi.

C’è anche da dire che le case di investimento sono lì a vigilare come grandi sacerdoti che i dati e la realtà oggettiva delle condizioni di lavoro in capo ai CF (contratto di agenzia assimilabile al settore commercio, anziché –come sarebbe naturale – a quello del credito) non riescano ad essere troppo scandalose.  Alcune domande infine poste a voce alta allora sono indispensabili:  è sostenibile ipotizzare un nuovo modello di relazioni industriali applicate a tutto il settore dell’intermediazione finanziaria, creditizia ed assicurativa ? Con al centro la figura del Consulente finanziario nel rapporto fiduciario con i potenziali investitori ?  Utopia o presa di coscienza  collettiva ? O forse sarà la Robotic Process Automation  & Artificial Intelligence a dominare lo scenario futuro ?  Realtà con cui bisogna decidersi di fare i conti.

*Presidente Federpromm-Uiltucs

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