Settembre 19, 2025

Consulenti finanziari con mandato e indipendenti a confronto. Un’attività fiscalmente “borderline”

Numerose le differenze nel trattamento fiscale tra le due categorie della consulenza finanziaria. Focus sulle partnership con altri professionisti.

Articolo a cura de L’AngeloFiscale.it 

L’argomento che affronteremo, sperando di fare un pò di chiarezza, è l’aspetto fiscale dell’attività di consulente finanziario, analizzando anche gli aspetti più noti lungo un percorso finalizzato a fugare i dubbi di quanti, in questo momento di profondi cambiamenti della categoria, potrebbero trovarsi nella condizione di valutare una trasformazione da consulente non autonomo a consulente indipendente (o viceversa).

Riteniamo utile ricordare che la MiFID II (la direttiva Markets in financial instruments directive 2004/39/EC) ha disciplinato i mercati finanziari dell’Unione europea. Essa ha fatto chiarezza, una volta per tutte, sulla definizione di consulenza in materia di investimenti su base indipendente e sui requisiti che un operatore deve avere per poter prestare questo tipo di servizio.

La consulenza indipendente, infatti, è offerta da consulenti finanziari (consulenti autonomi o consulenti abilitati all’offerta fuori sede) retribuiti esclusivamente a parcella, pagata direttamente dal cliente stesso, e la cui attività deve essere esclusivamente quella di fornire consulenza riguardo le soluzioni che si adattano meglio allo specifico caso del cliente.

Indipendenza significa soprattutto agire in totale autonomia e senza alcun conflitto d’interesse.

L’attività di consulente finanziario può quindi essere svolta sia nei confronti di intermediari del credito (banche, assicurazioni etc. etc.) sia autonomamente, esercitando quindi una reale attività di consulenza nei confronti del cliente finale, unico soggetto al quale poter e dover rendere conto (cd attività fee only).

Ma cosa cambia a livello fiscale nei 2 casi sopra esposti?

La risposta è da ricercare analizzando l’attività svolta dall’intermediario finanziario. Nella prima ipotesi (CF non autonomo), il professionista agisce per conto di istituti finanziari con i quali instaura quasi un vero e proprio rapporto di rappresentanza; nel secondo caso, viceversa, la consulenza espletata nei confronti del cliente lo configura come un soggetto autonomo e indipendente da qualsiasi vincolo di mandato e/o rappresentanza. Da ciò discende che, nel caso del CF non autonomo, il destinatario della fattura sarà l’istituto per il quale egli lavora, sarà assoggettato a ritenuta d’acconto ed alle ritenute enasarco ex lege (non inseriamo le percentuali perché oltre ad essere di facile reperimento, cambiano di anno in anno); nel caso del CF autonomo, la fatturazione avverrà direttamente nei confronti del cliente, ed il compenso non subirà alcuna decurtazione.

Ma l’aspetto più importante riguarda l’IVA. Infatti, il consulente che fattura all’istituto di credito per cui opera (in esclusiva) emetterà il documento non assoggettandolo ad IVA in quanto “esente ex art. 10 DPR 633/72”; al contrario, il consulente “indipendente”, che fattura direttamente al cliente, dovrà emettere la propria fattura assoggettandola alla normale aliquota IVA.

Un’ulteriore e importantissima conseguenza riguarda i costi deducibili (ossia cosa mi posso scaricare?): la differenza tra essere vincolato all’istituto di credito o assicurativo o a qualsiasi soggetto commerciale con un contratto di mandato e/o rappresentanza mi consente la deduzione di alcune categorie di costi; l’incarico di consulenza quindi il consulente fee only, avrà una deduzione di costi totalmente differente. Nella prima fattispecie, infatti, saranno consentite le deduzioni uguali a quelle dei rappresentanti (cioè l’80%) sui costi delle autovetture strumentali, e sarà interamente detraibile l’IVA sulle stesse con i tetti massimi stabiliti dalla normativa vigente (ad es. non posso comprare un’auto di 1 milione di euro e dedurne l’80%!); nel secondo caso, la deduzione seguirà le regole fiscali previste in caso di autoveicolo dell’imprenditore ad uso promiscuo (non parliamo quindi né d’ipotesi di uso esclusivo né di auto concessa in uso al dipendente o di auto propria data in utilizzo alla propria società), e quindi i costi saranno deducibili al 20% (anch’essi con i limiti stabiliti dalla normativa) e l’IVA al 40%.

Per quanto concerne le imposte dirette (in maniera “masticabile”: le tasse che si pagano ogni anno sul reddito) la differenza non sarà collegata al tipo di attività esercitata ma dipenderà da 2 fattori: il regime contabile e la forma di impresa scelta (ditta individuale, s.n.c., s.r.l. etc).

Infine, ma non meno importante, è bene affrontare anche la fattispecie della partnership tra professionisti (notai, avvocati, commercialisti etc,) e il consulente finanziario. Infatti, allo scopo di “fare rete”, spesso i consulenti finanziari decidono di collaborare con figure professionali che possono portare nuovi bacini di utenti.

Come viene regolato tra le parti questo rapporto?

La natura del rapporto è sicuramente quella di contratto di consulenza tra le parti; quindi va normato in base ad un contratto dove vengono stabilite tra le parti patti e condizioni, limiti ed importi. Da un punto di vista strettamente fiscale, il consulente finanziario o il commercialista (a seconda di chi paga chi…) che emettono fattura, lo devono fare applicando l’IVA (o meno in base al regime contabile), ma senza l’applicazione di alcun tipo di ritenuta (fiscale o previdenziale).

Per ricevere maggiori informazioni, vi rimandiamo al prossimo inserto che verrà pubblicato su Patrimoni&Finanza e nel sito angelofiscale.it.

Dott. Giuseppe Scaringi, Commercialista, Revisore Contabile, Contezionso Tributario                                         Founder langelofiscale.it

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